Creato da Topkapy1973 il 24/11/2006
A difesa di una squadra innocente
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RIFLESSIONE AD ALTA VOCE

La Juventus ha vinto il mondiale di calcio in Germania.
La stagione successiva come è andata?

Buffon
Zambrotta
Cannavaro
Thuram
Chiellini
Camoranesi
Emerson
Vieira
Nedved
Trezeguet
Ibrahimovic (Del Piero)

Capello


Questa era la formazione che vinceva lo scorso anno.
Dicono grazie ai furti di Moggi.
Un anno dopo TUTTI questi giocatori e l'allenatore sono arrivati primi nei rispettivi campionati.

Questi, signori, sono i FATTI.
 

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Esclusivo: un pericolo per John

Post n°520 pubblicato il 02 Settembre 2009 da Topkapy1973

(segue..)

 


L’origine della storia di “Calciopoli”, da questo punto di vista, assume una nuova luce. E molti fatti che potrebbero apparire inspiegabili, diventano meno misteriosi se si pensa qual era il risultato finale che si prefiggeva Torino. Il dottor Guariniello, come sempre, ha fatto il suo dovere e non ha abusato del suo ruolo né dei suoi poteri nel momento in cui ha deciso di continuare a tenere sotto controllo i telefoni di Moggi e Giraudo al termine dell’inchiesta sul presunto uso di sostanze vietate da parte di alcuni calciatori juventini. Il processo si è concluso positivamente per la Juventus, ma il dottor Guariniello aveva tenuto aperta un’altra branca di quella inchiesta e disposto nuovi controlli e attività investigative. Da quelle nuove intercettazioni non emergeva nulla di penalmente rilevante ma il PM aveva deciso di trasmettere quelle intercettazioni alla Federazione Gioco Calcio affinché verificasse se da quelle carte emergevano per caso violazioni ai regolamenti sportivi.
Franco Carraio, presidente della FIGC, tiene chiuse a lungo nel suo cassetto quella grande quantità di intercettazioni arrivate da Torino. Poi all’improvviso decide di tirarle fuori. Perché e su sollecitazione di chi? Da quel momento si forma la palla di neve che in breve diventerà una valanga. Accade di tutto. La regia giornalistica e il distillato quotidiano delle notizie. I processi sportivi. L’incredibile richiesta del legale della Juventus di condannare la squadra alla serie B. La rinuncia della stessa società a fare ricorso al TAR senza “contrattare” migliori condizioni (come l’annullamento della retrocessione, accettando una forte penalizzazione, come Milan e Fiorentina). La vendita di alcuni pezzi pregiati (come Ibrahimovic o Vieira) a una diretta concorrente come l’Inter a un prezzo irrisorio, accompagnato dai ringraziamenti dei dirigenti juventini. Gli scudetti tolti a tavolino e assegnati all’Inter (che li ha presi e festeggiati) proprio da un suo ex consigliere di amministrazione (Guido Rossi). L’assunzione dello stesso Rossi nel gruppo Fiat con una consulenza di molti milioni di euro. Il mancato coinvolgimento legale nella vicenda di Franzo Grande Stevens, che era il presidente di quella Juventus “chiacchierata”. Il salvataggio del Milan e della Fiorentina dalla serie B (segno evidente che si voleva colpire solo la Juve). La scoperta di molte manipolazioni nelle intercettazioni. La “fama” di chi le aveva eseguite e messe a disposizione che figura indagato in importanti inchieste penali. L’operazione-spionaggio condotta da una società che faceva capo a un altro dirigente proprio dell’Inter. Il “patteggiamento” della Juventus anche se la giustizia sportiva non ha scoperto alcun “reato”. Un processo, a Napoli, che non approda a nulla. La magistratura campana che, anziché occuparsi di munnezza e camorra, impiega uomini e mezzi investigativi per “Calciopoli”. E tante altre cose ancora. Con un punto fermo: la Juventus è la maggior danneggiata, Moggi e Giraudo vengono fatti fuori.
Insomma quello che Giraudo aveva intuito al termine della stagione 2004-2005 (“Luciano, questo è l’inizio della fine”), si verifica puntualmente. Moggi ricorda di aver risposto che non capiva, la Juve stava vincendo tutto, le cose andavano bene. Ma Giraudo era scuro in volto e pessimista per il futuro. Che cosa stava succedendo, che cosa stava per succedere? Moggi non aveva lo stesso tipo di antenne di Giraudo all’interno della galassia Fiat per raccogliere voci e segnali o per fiutare l’atmosfera. Ma, anche nel suo “piccolo”, Moggi si accorge che qualcosa non va, che c’è una certa freddezza, che nessuno collabora più come dovrebbe. Nel suo libro l’ex direttore generale della Juventus racconta il contenuto di una telefonata con Lapo Elkann, facendo questa premessa: “Vi sembrerà banale, ma più di ogni altro discorso può valere questo colloquio”. E’ il 4 febbraio 2005, Moggi chiama Lapo e chi chiede di poterlo incontrare al più presto “per farci due chiacchiere”. Lapo cerca di guadagnare tempo e alla fine, messo alle strette, “si ricorda” che qualche giorno dopo sarà a Palermo proprio in concomitanza con la partita di campionato della Juventus, per consegnare una Y di colore rosa al centravanti Luca Toni. I due decidono di vedersi nell’albergo che ospita la squadra, a Villa Igiea, Moggi anticipa il problema che si è venuto a creare per le auto di rappresentanza. “All’improvviso ci venivano create difficoltà crescenti anche sulle piccole cose. Le auto di rappresentanza per i giocatori o i dipendenti della società, ma anche per fare dei piccoli favori a persone funzionali al nostro lavoro, dovevano essere cose automatiche in una grande azienda. In quel periodo, invece, faticavamo a far tutto. Ad avere qualsiasi cosa. Non parliamo poi dei soldi per il mercato dei giocatori: rubinetti chiusi. Fortunatamente siamo riusciti a gestire la Juve senza bisogno di interventi esterni degli azionisti di riferimento, altrimenti sarebbero stati problemi. Gli attacchi interni ed esterni c’erano eccome. La nostra solitudine era palpabile”.
Il primo a parlare (o a essere mandato avanti), come sempre, è Lapo: “Fece pesanti ironie su di noi in diverse interviste. Disse che “alla Juve si dovrebbe sorridere di più”, non nascose mai la sua antipatia per la Triade. Non ci saremmo mai aspettati un colpo così basso, per di più in pubblico”. Ma i problemi veri non erano né le vetture né le uscite di Lapo. “Sono successe cose anche più grosse – ricorda Moggi -. Gli eredi dell’Avvocato e quelli del Dottor Umberto non erano chiaramente in sintonia sulle scelte future e sugli assetti del gruppo. Forse io sono rimasto schiacciato da questa lotta. E’ stranissimo, infatti, l’atteggiamento tenuto dalla Juventus società, ma anche dalla proprietà, prima, durante e dopo lo scoppio di questo scandalo, vero o presunto che sia. In società (il cui presidente, non dimentichiamolo, era Franzo Grande Stevens sicuramente molto addentro alle cose del palazzo di Giustizia di Torino, NdA) erano al corrente dell’inchiesta a nostro carico aperta dai giudici torinesi e delle intercettazioni telefoniche alle quali eravamo stati sottoposti sia io che Giraudo. Il tutto era stato archiviato in sede penale ma il dossier con le intercettazioni era stato inviato per conoscenza alla giustizia sportiva della Federcalcio. Io non sono mai intervenuto su Carraro o sui giudici, Giraudo neppure. Se avessimo avuto tutto il potere che ora vogliono far credere, quelle carte forse sarebbero state distrutte. Invece nessuno si è interessato più di tanto. Tutti abbiamo continuato a telefonare senza misteri. Allegramente in certi casi. Eravamo assolutamente tranquilli di non aver fatto niente di male o di strano. Abbiamo continuato le nostre conversazioni nell’ambiente del pallone senza chiedere aiuti o sconti a nessuno. Del resto la richiesta di archiviazione del 19 luglio 2005 firmata da Guariniello che ci assolveva in toto parlava anche di troppo chiaro, come si legge nelle conclusioni del giudice: “Di quattro partire di campionato giocate a intercettazioni in corso, su tre non si sono registrati commenti di alcun genere idonei a supportare l’ipotesi di reato, su una invece sono state registrate significative conversazioni tra tutti i protagonisti della ipotizzata possibile frode sportiva, ma da esse non soltanto non si traggono riscontri alla ipotesi investigativa, bensì elementi di prova di segno contrario”. Ecco cosa c’è scritto, tra l’altro, nell’ordinanza. Insomma, non facevamo un bel niente”.
A fronte di questo viene da chiedersi: possibile che il presidente della Juventus, di quella Juventus, e cioè Grande Stevens, non conoscesse questi particolari? Perché non ha fatto nulla per salvare la Juventus? Perché non ha messo in campo tutta la sua conoscenza del diritto e anche il suo prestigio, la sua autorevolezza, il suo peso per salvare la Juve? Possibile che pur di sacrificare Giraudo e Moggi, e la possibilità che Andrea Agnelli salisse al potere nella Juventus, si sia buttata via anche l’onorabilità, la rispettabilità, il prestigio della squadra bianconera e dei suoi milioni di tifosi? “Nessuno - prosegue Moggi – si è preoccupato che quel pacco di carte potesse uscire da qualche parte e portare discredito alla Juventus. Anzi, il giornale che per primo ha pubblicato le intercettazioni integrali e forse più di ogni altro ha dato risalto negativo a questa vicenda, è stato proprio “La Stampa”. E la campagna contro la Juventus è stata orchestrata dalla “Gazzetta dello Sport”, l’altro giornale partecipato dalla famiglia”. Questo è un altro particolare significativo che depone a favore della tesi secondo cui i vertici del Gruppo, non avendo mosso un dito per arginare l’ondata di fango contro la Juve e non avendo consentito un’adeguata difesa della società, potessero in qualche modo essere al corrente dell’operazione in corso e non ne fossero, sotto certi aspetti – quelli che abbiamo visto – dispiaciuti per i risultati cui avrebbe portato ai danni di Giraudo e Moggi. E’ pensabile infatti che il Gruppo che controlla “La Stampa” ed è, anzi in quel momento era, l’azionista principale e più “pesante” di RCS Mediagroup, la casa editrice del “Corriere della Sera” e della “Gazzetta dello Sport”, non abbia mosso un dito per “richiamare” i direttori a un maggiore “rispetto” verso la vecchia Signora? Possibile che direttori e giornalisti sempre attentissimi a non mettersi in urto con la proprietà, e gli interessi nei vari settori di attività, in quella occasione siano andati così a lungo a ruota libera senza avere la certezza che a Torino quella linea faceva piacere?
Moggi va al cuore del problema e, ben consapevole che per distruggere lui e Giraudo avrebbero dovuto distruggere anche la Juventus e riprenderne il controllo assoluto, aggiunge, aprendo un nuovo scenario: “Anche se la Triade avesse commesso gravi reati, una società quotata in Borsa doveva comunque sempre difendere i suoi manager. Non foss’altro per non affossare i suoi beni, il capitale, l’immagine. Invece, anche senza prove, anche senza carte, con le sentenze di là da venire, siamo stati scaricati come se avessimo la peste. Ho avuto la sensazione condita da qualche certezza, che il piano fosse proprio questo: far fuori Giraudo, Bettega e Moggi. Costi quel che costi”.
Fino a questo punto l’ex direttore generale della Juve non ha mai parlato di John. Ma non bisogna pregarlo a lungo per rivelare un altro indizio: “Anche John Elkann - dice - ci ha scaricato immediatamente. Domenica 7 maggio 2006 la Juventus ha giocato in casa contro il Palermo. Era la prima partita dopo la pubblicazione delle telefonate, lo scandalo stava divampando, ma senza contorni netti. Eppure il giovane John ha detto deciso che “la proprietà starà vicina alla squadra e all’allenatore”. Già sepolti Giraudo e Moggi che alla Juve hanno dedicato dodici anni di vita”. Moggi rivela un altro particolare significativo che certo non depone a favore di John in quanto ai metodi adottati a Torino per “scaricare” qualcuno: “In quei giorni nessuno mi ha chiamato e non soltanto per starmi vicino, ma neppure per chiedermi spiegazioni. Per avere la mia versione dei fatti. Credo che sarebbe stato naturale. Anche a un bambino che sbaglia, prima della punizione si chiede una giustificazione. A Moggi no. Punito. Condannato. Ripudiato. Cancellato”.
John disse in quella occasione, spiega: “Ci siamo resi conto dei problemi quando i giornali hanno pubblicato le intercettazioni; erano proble¬mi gravi. Lì abbiamo capito che il manage¬ment Juve non si era comportato in manie¬ra scorretta. Quindi, abbiamo reagito con decisione per uscire dalla crisi. Non è stato difficile. Anzi, è stato semplice prendere la decisione, difficile metterla in pratica. Una reazione radicale, perché grande era la re¬sponsabilità. Sono così arrivate penalizza¬zioni pesanti, ma c’era differenza tra quan¬to ottenuto dai ragazzi sul campo e quanto fatto dal management. Ora c’è un rinnovo totale ai vertici. Noi come proprietà conti¬nuiamo a seguire la questione, le nuove in-dagini, ma vi posso garantire che non tro¬veranno nulla che non va bene nell’attuale management. La Juve resta la Juve con la sua splendida storia”.
Allora è proprio vera la nostra ipotesi di partenza? Se John era il primo e principale beneficiario dell’“azzoppamento” di suo cugino Andrea, e se questo obiettivo si poteva raggiungere bloccando i due dirigenti della Juve che avrebbero potuto mettere Andrea sull’altare, perché mai John avrebbe dovuto avere riguardo per Giraudo e Moggi, perché mai avrebbe dovuto “proteggere” la Juve e quindi anche quei due, perché mai avrebbe dovuto fare un autogol buttando all’aria le proprie ambizioni e le proprie prospettive mettendosi in gara col temibile e temuto cugino?

 

(continua...)

 
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