Messaggi del 26/06/2018
Post n°2687 pubblicato il 26 Giugno 2018 da namy0000
“Al di là di quel viso, di quel signore e di quella signora, che vedo in fila per il Pane come un fiume in piena, rinchiusi nel loro XXI° secolo, sono scaglionati migliaia di ascendenti che risalgono fino alla preistoria, poi perdendo l’aspetto umano, fino all’origine stessa della vita sulla terra, dopo gli innumerevoli incroci che fanno di ciascuno una creatura unica. Qualunque ipotesi facciamo sulla strana zona d’ombra dalla quale siamo usciti e nella quale rientreremo, è sempre un errore eliminare dalla nostra mente i dati semplici, le realtà banali, eppure anch’esse così strane, che non combaciano mai con le nostre realtà. Io li guardo nell’illusione di essere sull’argine, apparentemente in salvo. Ogni giorno, in quei volti anonimi, mi è così evidente il piccolo punto che rappresentiamo sulla Terra. Capisco così bene il nulla che siamo nel susseguirsi di secoli. Con i miei abiti vagamente più belli e l’orologio di marca, sento tutto il ridicolo di un’anima così camuffata, chi si ricorderà di ciò fra cinquanta, anzi un anno? Fin da bambino, sono nato non lontano dal Pane Quotidiano, vedevo la fila davanti a questa casa di legno, fuori dal tempo, sulla circonvallazione. Ora, di notte, ci passo spesso davanti, alla fine dei turni di lavoro, e quella medesima strada è la postazione fissa di prostitute dell’est Europa. Alcuni luoghi hanno un destino che li lega all’emarginazione, al diverso. I cosiddetti poveri o emarginati o più banalmente gli inadatti alle spietate leggi dell’esistere, hanno però affinato una diversa cognizione del tempo, sono sempre in fila, con il caldo e con il freddo, per un pasto, una doccia, un letto, una visita medica, un vestito. In alcune strutture per usufruire dei servizi è necessario sostenere un colloquio, in altre fare una tessera, gli stranieri lamentano pregiudizi nei loro confronti, gli italiani hanno paura dei clandestini che fanno gruppo e li escludono nei dormitori. I poveri esisteranno sempre, non sono meglio né peggio, essenzialmente sono meno competitivi, ognuno è artefice del proprio destino, si deve offrire loro un’opportunità, cominciando col garantire l’essenziale per vivere, senza eccessive elucubrazioni, quello che diamo è semplicemente per noi. Chi affascina sono i filosofi della strada, che per vocazione hanno scelto la panchina e la minestra della carità, sono parchi di parole e non chiedono nulla, accettano con dignità solo il necessario, ma non lo barattano con una vita scandita da obblighi di orario e di comportamento. Il prezzo di questa libertà, senza inibizioni e divieti, è duro, con domicilio la strada, i ponti, la stazione, i parchi. L’epilogo è sempre simile, riportato, alle prime gelate, nella pagina di cronaca del quotidiano locale. Del resto: ‹‹È sempre senza grande clamore che si entra ed esce da questo mondo››, dice Marguerite Yourcenar in Come l’acqua che scorre, e si è ‹‹Sempre da soli››. Ciò che cerchiamo di afferrare prima o poi ci sfugge, chi stringe la sua mano la rende vuota, solo aprendola la si rende piena” (Angelo C., da Perché vado al Pane Quotidiano?, Dic. 2014). |
Post n°2686 pubblicato il 26 Giugno 2018 da namy0000
Il gran registro del dolore invisibile (Dio e la storia) Noi non facciamo che insegnare opere di sangue le quali appena insegnate finiscono per punire il maestro. Questa giustizia dalla mano imparziale porge alle nostre stesse labbra la miscela del nostro calice avvelenato. Non è sufficiente non essere visti per essere innocenti. Le grandi civiltà antiche hanno generato le loro leggi e norme etiche sotto lo sguardo di occhi più alti dei loro. Noi oggi, ammaliati dall’etica del contratto, abbiamo rinunciato a questo sguardo "dall’alto", sostituendolo con milioni di occhi che ci controllano e spiano continuamente "dal basso". Ma quando introduciamo nel nostro mondo occhi non-umani più bassi dei nostri, o sono gli occhi degli idoli o quelli dei nostri manufatti, che non sanno farci vedere gli angeli e il paradiso. Quello sguardo più alto e diverso diceva, tra l’altro, che il male e i peccati che facciamo operano anche quando restano segreti. Fu così che alcune civiltà, e tra queste quella occidentale, superarono l’arcaica etica della vergogna, dove premi e punizioni erano tutti esterni all’individuo. Questo sguardo alto e profondo permea anche l’intera Bibbia, ne riempie il paesaggio e segna l’orizzonte del suo umanesimo. A dirci anche che le nostre azioni possono restare nascoste, ma non possono essere cancellate, perché la vita è una cosa tremendamente seria. Senza sentire la presenza di uno sguardo che ci vede "nel segreto", ogni morale è imperfetta ed esposta agli abusi dei potenti, che hanno molte più stanze segrete di quante non ne abbiano i poveri. Uria l’Ittita fu ucciso nel campo di battaglia, perché il re Davide sperava di poter cancellare il suo adulterio eliminando il marito della donna bellissima che si era "preso", aggiungendola alla comunità delle sue mogli e concubine: «La moglie di Uria, saputo che Uria, suo marito, era morto, fece il lamento per il suo signore. Passati i giorni del lutto, Davide la mandò a prendere e l’aggregò alla sua casa» (2 Samuele 11,26-27). Il testo di Samuele non ci dice se Betsabea, la moglie di Uria, sapesse del piano di Davide né se l’avesse almeno intuito – al talento delle donne non sfuggono i piani perversi dei loro uomini, anche se non sempre ce lo dicono, forse per il troppo dolore. Sulla terra c’è un repertorio invisibile che custodisce gli infiniti delitti che non sono mai arrivati nei libri di storia né nei verbali dei tribunali. Frammenti vivi di questo archivio invisibile ma realissimo si trovano nascosti nel cuore delle molte donne che sono state oggetto o spettatrici di questi delitti segreti. Quando ormai il delitto di Davide sembrava archiviato e dimenticato, YHWH riapre, per noi, la causa: «Il Signore mandò il profeta Natan a Davide» (12,1). Con le parole di Natan facciamo conoscenza con un genere letterario – la parabola – che sarà una nota dominante e bellissima dei vangeli: «Natan andò da Davide e gli disse: "Due uomini erano nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero, mentre il povero non aveva nulla, se non una sola agnellina, che egli aveva comprato. L’agnellina era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia. Un viandante arrivò dall’uomo ricco e questi, invece di prendere dal suo bestiame minuto e grosso per servire il viaggiatore che era venuto da lui, prese la pecorella di quell’uomo povero e l’apparecchiò per l’uomo che era venuto da lui"» (12,1-4). |
Inviato da: Penna_Magica
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il 31/08/2022 alle 18:17
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il 09/05/2022 alle 07:28