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Messaggi del 22/06/2018

La storia di Nabot

Post n°2680 pubblicato il 22 Giugno 2018 da namy0000
 

"Il primo passo di ogni dittatura è la manipolazione senza scrupoli della libera comunicazione, attraverso la seduzione degli scandali e le calunnie, per indebolire la vita democratica e condannare persone e istituzioni. Un sistema — ha affermato il Papa nella messa celebrata lunedì 18 giugno a Santa Marta — che è stato applicato anche dalle dittature del secolo scorso, come conferma l’orrore della persecuzione contro gli ebrei. Ma che riscontriamo ancora oggi in molti Paesi, come pure nella vita di ogni giorno.

Per la sua riflessione Francesco ha preso le mosse dalla prima lettura, tratta dal primo libro dei Re (21, 1-16), constatandone l’attualità e invitando tutti a rileggerla per farla propria: «La storia di Nabot è commovente: è la storia di un martire, martire della fedeltà all’eredità che aveva ricevuto dai suoi padri». E «l’eredità non si vende: questa era la convinzione di Nabot». Perché, ha spiegato il Pontefice, l’«eredità era oltre quella vigna», era «un’eredità del cuore: questo non si vende».

«Io custodisco l’eredità» ha rilanciato il Papa. Ma il passo biblico, ha proseguito, ci racconta «la voglia, diciamo così, di questo re — poveraccio, non sapeva cosa voleva, non sapeva governare — che, come un bambino, diventa capriccioso: “Io voglio quello, io sono il re”». E «siccome non sa come fare, fa come i bambini quando non riescono ad avere quello che vogliono: piangono, diventano tristi». Ma ecco che «la moglie — una donna decisa, crudele, finirà mangiata dai cani — lo rimprovera: “Alzati, io ti insegnerò come si governa”». E «così nasce questa storia» presentata dalla liturgia.

«La storia di Nabot è paradigmatica di tanti martiri della storia» ha affermato Francesco: «È paradigmatica del martirio di Gesù; è paradigmatica del martirio di Stefano; è paradigmatica pure, dall’Antico testamento, di Susanna; è paradigmatica di tanti martiri che sono condannati grazie a una messa in scena calunniosa». Ma «questa storia — ha spiegato ancora il Pontefice — è anche paradigmatica del modo di procedere nella società di tanta gente, di tanti capi di Stato o di governo: comunicano una bugia, una calunnia e, dopo aver distrutto sia una persona sia una situazione con quella calunnia, giudicano quella distruzione e condannano».

«Anche oggi, in tanti Paesi — ha fatto presente il Papa — si usa questo metodo: distruggere la libera comunicazione». E ha continuato: «Per esempio, pensiamo, c’è una legge dei media, di comunicazione, si cancella quella legge; si dà tutto l’apparecchio della comunicazione a una ditta, a una società che calunnia, dice delle falsità, indebolisce la vita democratica». Poi «vengono i giudici a giudicare queste istituzioni indebolite, queste persone distrutte, condannano, e così va avanti una dittatura». Del resto, ha aggiunto Francesco, «le dittature, tutte, hanno incominciato così, con l’adulterare la comunicazione, per mettere la comunicazione nelle mani di una persona senza scrupolo, di un governo senza scrupolo».

Ma «anche nella vita quotidiana è così» ha fatto notare il Papa. Tanto che «se io voglio distruggere una persona, incomincio con la comunicazione: sparlare, calunniare, dire degli scandali». Oltretutto, ha aggiunto, «comunicare scandali è un fatto che ha una seduzione enorme, una grande seduzione». E infatti «si seduce con gli scandali, le buone notizie non sono seduttrici: “Sì, ma che bello che ha fatto!”». E la notizia «passa» subito.

Invece, di fronte a «uno scandalo», la reazione è: «Ma hai visto! Hai visto questo! Hai visto quell’altro cosa ha fatto? Questa situazione non può, non si può andare avanti così!». In questo modo, ha proseguito il Pontefice, «la comunicazione cresce e quella persona, quella istituzione, quel Paese finisce nella rovina». Così facendo, «non si giudicano alla fine le persone, si giudicano le rovine delle persone o delle istituzioni, perché non possono difendersi». In questa prospettiva Francesco ha suggerito di pensare «a Susanna, per esempio, che dice: “ma io sono nell’angolo, se io cedo alla seduzione e pecco, avrò la condanna del Signore; se io rimango nella mia fede avrò la condanna della gente”».

«La seduzione dello scandalo nella comunicazione — ha insistito il Papa — porta proprio nell’angolo, distrugge». Ed è ciò che «è accaduto con Acab, nella storia di Acab. È accaduto con Nabot. Il giusto Nabot che soltanto voleva una cosa: essere fedele all’eredità dei suoi antenati, non vendere l’eredità, non vendere la storia, non vendere la verità». (Santa Sede, 18 giugno 2018)"

 
 
 

Io regista a 81 anni

Post n°2679 pubblicato il 22 Giugno 2018 da namy0000
 

‹‹Io, regista a 81 anni, per chi non spera più››. Il 20 giugno 2018 esce il film documentario Sea Sorrow – Il dolore del mare: ‹‹Da bambina ho dovuto fuggire con la mia famiglia dalla guerra››, ricorda la celebre attrice britannica, premio Oscar nel 1978 per il film Giulia 8DI Fred Zinneman), ambasciatrice dell’Unicef dal 1990. Sposata con l’attore italiano Franco Nero. Da tanti anni la Redgrave è impegnata in campagne e iniziative in favore dei diritti umani e dell’infanzia, collabora con varie associazioni, ha visitato numerosi campi profughi, è stata in Kosovo per aiutare i rifugiati, ha visto diverse prigioni negli Stati Uniti in cui sono rinchiusi richiedenti asilo.

Il titolo di questo film documentario, girato dall’attrice a 80 anni, si ispira a La tempesta di Shakespeare: le prole che Prospero pronuncia a sua sorella raccontandole della loro fuga in mare. Il dolore del mare è una riflessione sulla tragedia dei rifugiati di ogni tempo, con un’alternanza tra immagini e interviste attuali e testimonianze del passato. Nel film c’è anche lei, che ripercorre davanti alla telecamera la vicenda che ha segnato la sua infanzia, e poi il suo impegno di volontaria per i rifugiati ungheresi in Inghilterra, dopo l’occupazione sovietica. ‹‹È stato mio figlio Carlo a insistere perché io fossi tra i protagonisti del film. Io non volevo, per carattere non mi piace espormi, mettermi al primo posto, farmi pubblicità. Nella mia vita di attrice ho dovuto rilasciare tante interviste ai giornali, era un dovere professionale. Personalmente non mi è mai piaciuto raccontare di me ai giornalisti. Ma questo film è differente: parla di uomini, donne e bambini che soffrono. Carlo aveva ragione››.

Prodotto dal figlio della Redgrave, Carlo Nero, il film racconta un tema forte, urgente, necessario: il dramma

‹‹Io sono nata nel 1937 a Londra. All’inizio della Seconda guerra mondiale, sono dovuta fuggire con la mia famiglia. Allora sono stata anch’io una sfollata interna, anche se a quel tempo questa definizione non era contemplata››. ‹‹Quando avevo 11 anni››, racconta la Redgrave, ‹‹ascoltai una trasmissione alla radio in cui leggevano gli articoli della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Quel momento è stato fondamentale per me. Dopo sono arrivate la Convenzione europea per i diritti umani, nel 1950, la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, nel 1951. Il problema è che i Governi non rispettano i regolamenti internazionali. In generale, nei cittadini c’è una grave ignoranza sulle dichiarazioni e sulle convenzioni internazionali. Ma l’ignoranza non può essere mai difesa, è una scusa››. ‹‹Le parole sono importanti››, osserva. ‹‹Noto che tanti giornali oggi stanno cambiando il significato delle parole. Per esempio, sostituiscono la definizione “migranti” con “Profughi”. Si tratta di un cambiamento voluto, fatto in modo consapevole: per la gente comune “migranti” richiama persone che vengono qui per cercare lavoro. Una parola cambia l’orizzonte››.

Rifugiati di oggi e di ieri. Oggi si scappa dagli orrori della Siria, dalle macerie dell’Iraq, dell’Afghanistan. Ieri si fuggiva dalla persecuzione nazista, dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Tragedie oggi, tragedie ieri. Esodi del presente e del passato. Dimenticare la storia: il terribile vizio del nostro tempo.

Per più di un anno l’attrice e regista ha portato il film in giro per il mondo, dall’Argentina agli Usa. ‹‹Sono felice che arrivi in Italia in questo momento storico: per la Giornata del rifugiato io sarò a Roma con una donna meravigliosa, Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa. Spero che il film abbia un valore educativo. Di fronte alle tragedie, l’appello è: restiamo umani!›› (FC n 24 del 17 giugno 2018).

 
 
 

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