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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi del 17/04/2015

TATA GIOVANNI - 5

Post n°1882 pubblicato il 17 Aprile 2015 da anonimo.sabino
 

     Sarei sprofondato per la vergogna. Eppure sulla vergogna ebbe il sopravvento la tristezza. Rannicchiato nel lettino, ignorai i sarcasmi dei monelli e gli sbraitamenti che la suora continuava a fare con Palmira, mentre mi ammucchiavano la roba in uno scomparto d’un grande armadio. Rividi solo la sagoma scura di mia madre che si allontanava lungo le mura; e nascondendo la faccia sotto il lenzuolo, piansi tutte le lacrime che avevo, senza singhiozzare, perché nessuno se ne accorgesse.

     L’istituto ci dava una bella divisa per le occasioni: giacchetta, pantalone lungo e mantello, tutto nero. Aveva un Comitato di Benefattori, di quei riccastri, cioè, che investono qualche scampolo dei loro ingombranti avanzi in vita eterna. Per loro veniva allestita, con tanto di inno, la festa a ricordo del fondatore, quel brav’uomo di Giovanni detto Tata (papà) che si dice andasse in giro a raccogliere i trovatelli per dare loro un ospizio. Ma era poco più che un lager. Il pantalone lungo della divisa fu l’unica cosa che non mi dispiacque: era legge non scritta, almeno in Italia, che i bambini portassero i calzoni corti e le donne la sottana.

     Se al paese mia madre mi aveva fatto sentire raramente i morsi della fame e potevo comunque smorzarli cercando frutti per i campi, more e cornioli per le fratte, bacche nella macchia, cicoria e bulbi commestibili da dissotterrare per i pascoli, in quell’istituto, almeno negli anni del dopoguerra, c’era davvero la fame. Si aspettava come la manna il camion dei rifornimenti, provenienti forse dall’America attraverso l’Opera di Assistenza Pontificia. Ed essi consistevano in una scodella di semolino di non so cosa senza alcun condimento, che nonostante la fame ci ripugnava; o in pezzi di formaggio marrone che prima agli occhi e poi in bocca sembravano di sapone; oppure, ed era una festa, in un quarto di ciriola con mezza mela o con un graspo di quattro chicchi d’uva.

     Per fortuna la farina lattea americana, per quanto disgustosa, al mattino ci empiva la scodella e ci assicurava un  minimo di nutrimento.

 
 
 


 

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