Creato da anonimo.sabino il 06/09/2006

L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi di Agosto 2014

IL NAZARENO

Post n°1690 pubblicato il 25 Agosto 2014 da anonimo.sabino
 

Dopo la panoramica sulla cultura del tempo, siamo arrivati con Pilato al Gesù dei Vangeli e quindi a riprendere la loro lettura critica...


51.

     Tra il profetume,

di Nazareno avrà più tardi il nome

colui che adesso tanti ne riassume.

     Lui chiede: “In me la gente cosa vede?”

E i suoi: “Non vede in te un qualunque tizio,

ma un mago o un santo o forse Elia ti crede,

il cui ritorno annuncerà il Giudizio...”

Ma se a dirlo il cristo atteso

Pietro, acceso, si scatena,

lui trattiene il suo galoppo:

“Corri troppo. Frena, frena!”

     Trovi logico tu che si nasconda

proprio il Rivelatore che Dio manda?

Il nume che redima l’uomo reo

lasciando dietro sé l’orma del dio

     lo dovrebbe vantare, il suo lignaggio,

e mostrare il divino che in sé reca,

debellando la remora e l’oltraggio,

invece di giocarci a moscacieca

dietro formule e pozioni,

suggestioni e allegorie,

con cui stimola ogni arcano

nel pagano fantasie.

 

Cammin facendo, Gesù domandava ai suoi discepoli: “Chi sono io, secondo la gente?” Ed essi: “Chi dice Giovanni il Battista, chi Elia,chi un profeta” ... Pietro aggiunse: “Tu sei il Cristo”. Ma egli vietò severamente di dirlo (Marco 8,27; Matteo 16,12; Luca 9,18). Anche per Porfirio Gesù era un santo e con tutti i santi è salito al cielo (Agostino, De Civ. 19, 23); come tra i Manoscritti del Mar Morto il Commento ad Abacuc invitava tutti gli dei ad adorare Dio Padre e traduceva la parola idoli del Deuteronomio con angeli di Dio. Ma perfino un teosofo lamentava che si coltivasse il Vero con l’esaltare la fantasia per mezzo di tenebre, pozioni, carmi e formule (Giamblico, De Mysteriis III). 

 
 
 

SHELA (pausa nel salmodiare)

Post n°1689 pubblicato il 16 Agosto 2014 da anonimo.sabino

I RAGAZZI DEL PIAVE

     Sta passando quasi inosservata la ricorrenza di un secolo dalla prima guerra mondiale, iniziata come una breve ripicca dell’Austria contro la Serbia (che non c’entrava niente) per l’uccisione a Sarajevo dell’erede asburgico Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia, il 28 giugno 1914, da parte di un patriota bosniaco diciannovenne. Preparata in realtà da una folle corsa agli armamenti, si succedette nel corso del mese di agosto di un secolo fà l’entrata in guerra di tutte le grandi potenze, il Reich al fianco dell’Austria  ma per mire proprie, la grande Russia in difesa della piccola Serbia, ma contro il nascente colosso tedesco; e via via tutte le altre, fino all’Italia, che inizialmente neutrale, dichiarò la guerra a un’Austria ritenuta già sfiancata il 24 maggio dell’anno seguente. Alla fine dei quattro anni di guerra si contarono 17 milioni di morti, il doppio della popolazione austriaca.

     Gli ultimi ragazzi del Piave sono morti più che centenari. Uno di loro me l’ha ricordato l’amico di Stazzano Guido Rosati. Si chiamava Giovanni Frella ed era un poeta appena alfabetizzato; poeta non solo nelle gare in ottava rima e nel trasformare le cronache paesane in ballate popolari, ma per le due qualità tradizionali del poeta: la dignità e la povertà.

    La Patria lo richiamò dall’America, dov’era emigrato, per mandarlo al fronte. Vecchio e malandato,lasciò anche la domanda per la pensione sociale ai falsi invalidi: ”Se mi spetta, la Patria mi troverà, come mi ha trovato per mandarmi in guerra”. Non sapeva che ai suoi commilitoni o alle loro vedove, come ai martiri di tutte le guerre, in cambio del loro eroismo, la Patria largiva una miseria, condannando gli orfani a lemosinare un ricovero e un’istruzione in istituti religiosi,sotto il ricatto della carità.

    Nel referendum seguito alla seconda guerra mondiale al poeta, che faceva il guardiano per una grossa azienda agricola, fu imposto dal padrone di votare per la monarchia. Rispose:“Fammi i conti”. E si licenziò, andando a vivere nei boschi tra gli animali selvatici che amava. Fu dimenticato prima ancora di morire. Si chiamava Giovanni Frella ed era un poeta.

***

     ...Il Vangelo di Pilato riprenderà tra una settimana... Buone ferie d'Augusto...

 
 
 

POLITICA E RELIGIONE

Post n°1688 pubblicato il 15 Agosto 2014 da anonimo.sabino
 

50.

     Festa d’Erode:

al cristo re che in terra il Regno schiude

il ghetto accende un lume per le strade.

     Messia è dire l’Unto (Cristo in greco)

e l’attributo fu dei re giudei:

con gli Erodiani per coperchio sbieco

tu, patrio messianismo, pur ci sei.

Ma un gesù più spesso adotta

mo la frotta degli arresi

per il grande re che attende;

e lo vende ai Palestesi.

     Sì, al dio di gloria pure batte un cuore.

E ridurrà Salem ad un braciere

quando la ribellione antiromana

uscirà dalla mena clandestina.

     Stessa forse la rabbia disperata

che fa abbracciare un cristo crocifisso

e ne fa la Parola decretata

per sprofondare il mondo nell’abisso.

E ogni cristo cristi scorse

che precorsero e dipinti

che già affrescano le Chiese

vilipese d’altri vinti.

 

Herodis venere dies... Ecco la festa d’Erode, in cui l’infame giudeo fa fumare la lucerna (Persio, Sat.V,180). Benché la stessa suburra romana festeggiasse il giorno d’Erode, i Vangeli ignorano volutamente il fermento politico giudeo, per occultare i Messia politici confluiti nel mito cristiano. Maldestramente però Matteo, confessando così quando e da chi fu scritto il primo Vangelo, mette in bocca a Gesù il ricordo di Zaccaria di Barac, ucciso tra il santuario e l’altare (Matteo 23,35) dando per un personaggio biblico lo zelota ucciso in tal modo durante l’assedio di Gerusalemme, come riferisce Giuseppe Flavio (Guerra Giudaica IV,29), quarant’anni dopo la morte di Cristo. Nel 36 fu invece crocifisso Giovanni di Gamala re dei Giudei. Nel 70 fu preso Giovanni di Giscala e tradotto in catene a Roma prima di essere esiliato a Patmos (Cascioli).

 
 
 

I GESU' CONTEMPORANEI

Post n°1687 pubblicato il 14 Agosto 2014 da anonimo.sabino
 

49.

     O Cristo ignaro,

di testi sapienziali attinti in giro

e di gesù ambulanti stai nel coro.

     Venuti i più dalla tua terra amara,

per ogni strada hanno l’approdo a Roma:

da tempo della Siria la fiumara

nel Tevere riversa, con l’idioma,

riti, flauti, besciamelle,

puttanelle e giramondo,

nel naufragio che convoglia

ogni scoglia al fiume biondo.

     Colto nell’Urbe dall’epidemia,

in provincia godrai la panacea

se trovi meno turchi in terra turca

e meno marchigiani nella Marca.

    O in Cristiania sono meno i cristi?

BarAbba, Giuda, Teuda, l’Egiziano,

Gesù di Lidda quelli da me visti,

oltre il Battista e il nostro, sul Giordano;

ed un popolo in ginocchi,

che a chius’occhi avrà per nume

l’esorcista e avrà per guida

chi divida a mezzo il fiume.

 

E’ già un pezzo che il siriaco Oronte scarica le sue acque nel Tevere, trasportandovi la lingua, i costumi, le cetre dalle corde oblique, i suonatori di flauto, i timpani nazionali e le ragazze costrette a prostituirsi presso il Circo (Giovenale, Satira 3)… E’ dubbio anche che il Gesù dei vangeli fosse chiamato in vita Il Nazareno, essendo dubbia la preesistenza di Nazaret alla edificazione della Basilica dell’Annunciazione da parte di Elena, madre di Costantino, in omaggio alla favola evangelica, qualche secolo dopo la distruzione di Gerusalemme e della vicinissima Sipporis; quella descritta nei Vangeli sembra Gamala, presso il Lago, patria di Giuda Galileo e del figlio Giovanni di Gamala detto Jeshua, patriota e profeta nazireo, non nazareno, crocifisso nel 36 d.C. ( da Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica VII, 8 in Emilio Salsi, "I due messia").

 
 
 

FEDE E CREDULITA'

Post n°1686 pubblicato il 13 Agosto 2014 da anonimo.sabino
 

48.

     Profeta mio,

da vivo e poi da morto, o Galileo,

quanto penasti a diventare dio!

     Verrà pure un Concilio di Nicea

a ricavare dalla Triade l’Uno;

ma il tuo seguace d’oggi ha uguale idea

del divino che altrove tiene ognuno:

stesso Padre ogni Mistero

e il più vero ha tra i diofigli;

semidio ammette ogni altro;

e il più scaltro più ne pigli.

     Così che vari salvatori ha ognuno,

sognando d’azzeccare quello buono;

finché non tocchi l’acme quel delirio

di fideismo che lo fa settario.

     E se di norma il dubbio lo pervade

che rende disponibile con tutti,

nel tempo che un gesù lo persuade

la fede fa che tutti gli altri butti.

Non si sa? Meno ragione

l’opinione reca in serbo,

tanto più certezza cieca

scansa bieca il dubbio acerbo.

 

 

Chi è colui che non io per primo ma Platone già chiamava Re dei Re, quel Basileus che è causa, ragione ed elemento primordiale dell’universo naturale.. padre, rettore e autore del mondo...? Se il proconsole stesso lo pretendesse ne tacerei il nome (arcano) (Apuleio, Pro se de magia 64). Anche i cristiani per tre secoli usarono aderire a vari Misteri: subordinazionisti e gnostici furono dichiarati eretici solo quando divennero minoritari. Vedremo lo stesso Paolo affrontare il problema della partecipazione a vari pasti sacri pagani, lui ben fanatico, in termini possibilisti (cfr I Corinzi 8)  

 
 
 


 

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