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La mafia che al nord (non) esiste

Post n°225 pubblicato il 24 Agosto 2010 da eccelso86

"Qui a Milano la mafia non esiste". A dirlo non è stato un ottuagenario un po' brillo appena uscito dal bar dello sport ma il sindaco del capoluogo lombardo Letizia Moratti. Sulla stessa linea di pensiero, come stranoto, si trovano a viaggiare a metà tra reale ignoranza ed imperdonabile ipocrisia mistificatrice centinaia di autoerevoli esponenti del Pdl ed in particolare della Lega Nord.
Nella nostra penisola, per ragioni fin troppo facili da intuire, si continua anche nel 2010 a ripetere questa sciagurata, odiosa e negazionista litania che recita, in un disperato quanto grottesco e patetico tentantivo di mantrico autoconvincimento, che la malavita organizzata è un problema ed un "vizio" esclusivamente meridionale; nato, cresciuto e confinato all'interno di quei territori ingrati, lontani e oziosi che si stravaccano, pigri ed accaldati, a sud di Roma.
Per carità, che un lavorantore brianzolo che tira picconate o monta motori per 13 ore al giorno da quando aveva 12 anni creda ancora in questa favola della mafia terrona ci può anche stare ma, che il sindaco di Milano e tanti altri esponenti di spicco dell'esecutivo si ostinino a non voler vedere un legame indissolubile che esiste, in maniera sul serio radicata ed inconfutabile fin dagli anni 80, rappresenta motivo di vergogna e delegittimazione per l'intera classe dirigente.
Senza voler scomodare Michele Sindona e
Roberto Calvi (le cui biografie invitiamo comunque a leggere con attenzione e curiositò) e la tristemente nota Banca Rasini situata nel pieno centro di Milano (via dei Mercanti), ci basta difatti citare un esempio particolarmente significativo per comprendere quanto, parlare oggi di Nord e Sud del paese dividendo la mala geograficamente, sia incredibilmente fuorviante e sinonimo di cialtroneria imbarazzante o di imperdonabile mala fede.
E' la fine del non troppo lontano 1986 quando, i picciotti siciliani, decidono che è arrivato il momento di stringere un altro patto di sangue (in tutti i sensi) con gli imprenditori del centro- nord. In particolare, con il beneplacito di Salvatore Riina, la famiglia Buscemi di Palermo (composta da membri di Cosa Nostra) entra in società con il gruppo ravennate Ferruzzi-Gardini della Calcestruzzi. La potente famiglia di Ravenna, che con Serafino Ferruzzi ha messo in piedi un impero da multinazionale negli anni precedenti, sfidando con la distrubuzione e la produzione di grano anche gli americani, è la numero uno in Italia proprio per il tanto agognato calcestruzzo.
E' un'azienda solida ed in crescita che sembrava aver trovato in Raul Gardini (succeduto al defunto Ferruzzi) un dirigente giovane, dinamico e lungimirante.
E così, la Calcestruzzi, ha modo di aggiudicarsi il monopolio del fiorente mercato edilizio (per lo più abusivo) di Sicilia, Campania e Calabria. Un mercato finanziato con diluvi incessanti di fondi pubblici che concede a Gardini, tra le varie zone calde, la collina abusiva di Palermo della famiglia di Michele Greco.
Un giro d'affari enorme che fonde in un unico impasto marcio la migliore imprenditoria nordica con la più feroce e spregiudicata malavita meridionale. Un connubio da 26 miliardi di lire (dell'epoca) di capitale capace di aumentare del 20% il valore iniziale in un solo anno di attività. In altre parole, un'azienda del Nord, riceve appalti e finanziamenti pubblici (pagati dai contribuenti di tutto il paese) per costruire case al Sud e piazza, ai vertici dei diversi consigli d'amministrazione delle cave e delle filiali sparse per la Sicilia, membri di Cosa Nostra.
Ma il patto scellerato e miliardario con la mala si rivela ben presto disastroso per Gardini che, qualche anno dopo, si toglierà la vita.
Ricatti alla famiglia Ferruzzi-Gardini, lavori malfatti e leggi anti-aziendali imposte nei territori del sud sfalderano in breve tempo il gruppo; erodendo risorse economiche e dando una lezione importante anche ai grandi manager del settentrione: la mafia non concede a nessuno la possibilità di salvarsi. Chi stringe un patto con i suoi membri, rischia la vita fin dalla prima firma e deve sottostare ad ogni capriccio, ad ogni carognata, ad ogni minaccia e ad ogni scelta imposta dagli uomini d'onore.
Quello della Calcestruzzi è un esempio tra i tantissimi che, in maniera lampante, palesa il non senso e la miopia dei discorsi a metà tra il demagogico ed il populista di chi aizza le folle ignoranti del nord contro quelle povere (ed altrettanto poco erudite) del sud in una lotta tra straccioni al termine della quale trionfano solo ricconi e mafiosi. Che motivo c'è, quindi, di fare ancora una differenziazione nord virtuoso e trainante e sud arretrato, arraffone, malavitoso ed inefficiente. I fondi pubblici tanto contestati dalla Lega nord hanno e continuano a finanziare anche i gruppi industriali del settentrione; creando mostri bifronte che investono da Roma in su e deturpano, uccidono e distruggono nel meridione.
Eppure, per scoprire l'intollerabile superficialità di certi discorsi para-politici, basterebbe sforzarsi di leggere qualche libro di storia ben scritto.
La cultura è l'unica arma di salvezza e, per potenti e  malavitosi, è molto più pericolosa di una pistola puntata alla tempia.

 
 
 

Alle donne

Post n°224 pubblicato il 18 Agosto 2010 da eccelso86

Alle donne non va mai e poi mai svelato il futuro. Alle donne non va mai e poi mai detto come andrà a finire. Tutto deve essere costruito tenendo bene in mente la loro eterna ossessione per l'eternità della casualità. Qualsiasi cosa travolga il loro universo perennemente romanzato deve sembrare appunto opera dell'imprevisto. Qualche anno fa avevo una cara "amica" con la quale si finiva praticamente sempre a fare sesso. Anche quando ero fidanzato lei mi chiamava, ci si vedeva per un tè e poi dopo qualche minuto zacchete: gambe, tette, culi, mani, braccia, capelli, sudore, polpastrelli uniti in un impasto rosa di erotica frenesia.

Ecco lei lo sapeva benissimo che ci vedevamo per farlo ma guai a dirglielo prima per telefono o per sms. Il punto è che lei non voleva "impegni seri" ma, al contempo, non sopportava l'idea che la morale comune potesse definirla come "zoccola". E così mi diceva:"Ci vediamo per un tè" o "Ci vediamo per un passeggiata?". Tutto quello che capitava non doveva essere programmato in alcun modo...le sue seghe mentali finivano inesorabilmente per superare agelvomente quelle reali che mi faceva quando il tempo era poco e l'ispirazione carente.

Paradosso simile mi capitava con Iolanda; timida ninfomane con il pallino per le candele alla vaniglia. Quando aveva casa libera (almeno due volte a settimana) mi avvertiva ed io mi fiondavo da lei. Se arrivavo sprovvisto di preservativi mi rampognava risentita perchè "hai la solita capa di merda". Se però mi presentavo sulla porta di casa sua fornito di condom extralarge (come George Clooney ma più fascinoso) osservava sinceramente sgomenta:"Ma allora sei venuto qui sapendo già che avremmo fatto sesso?". Alla terza reazione di questo tipo compresi l'indefinita e spaventevole portata del suo squilibrio mentale e me ne allontanai per entrare fra i seni prosperosi (e sempre sudaticci) della prorompente Alessandra. Anche lei non voleva impegni seri ma scoprii che era allergica al sesso non per sua pudicizia di stampo medioevale o per un'omosessualità latente di tendenza decisamente più moderna ma, in maniera poco sospettabile data la sua ossessione per la pulizia del corpo, per una candida bastarda che mi attaccò amorevolmente l'unica volta che decise di concedersi e che io non usai precauzioni (un po' come quando ti becca il controllore l'unica cazzo di volta che non hai fatto il biglietto).

Da questi discorsi da bar del maschio comprenderete quanto sia difficile la vita degli uomini e, soprattutto, la prima lezione fondamentale del nostro manuale di sopravvivenza per ragazzotti moderni: presentate questa descrizione ad una donna tipo e vedrete che vi dirà una sola cosa:"Io non sono assolutamente così". Sarà in quel momento che capirete di avere di fronte il modello perfettamente imperfetto di femmina e, probabilmente, finirete per sposarvela. Le donne, in effetti, amano circondarsi di finzioni e proiezioni filmiche perpetue; di fuori programma perfettamente programmati per essere puntuali nella loro forzata improvvisazione. Queste sono le donne e a me, detto francamente, piacciono da morire così...quelle che per "emanciparsi" parlano e agiscono come noi uomini rozzi e burberi, molto semplicemente, mi scaraventano addosso un'angoscia ed una depressione inenarrabili. Hanno dimenticato la preziosa tendenza sognate della femminilità, il ruolo fondamentale dell'altra metà della mela (che in realtà è na pera). Sono poli identici che mi respingono e spengono ogni pulsione sentimentale e sessuale. Persone che hanno perso la poesia che in quanto tale a volte appare a chi non la vive in prima persona stucchevole e patetica ma che, in realtà e paradossalmente, è tra i pochi spruzzi di vita veri e salvifici in un mondo che non ha più tempo per l'amore e per i sogni.

Per chi fosse sfornito dei basimenti della satira e dell'umorismo, diffondiamo questo monologo esemplare di Dario Cassini intitolato "Sunto del matrimonio". Così magari, i più duri di comprendonio, le femministe irriducibili e i bacchettoni del 1800, comprenderanno come va letto il testo di sopra.

Grazie ;)

 

 
 
 

La nuova "destra" berlusconiana si riscopre relativista...

Post n°222 pubblicato il 05 Agosto 2010 da eccelso86

In questo periodo di forti e continui scricchiolii governativi, le analisi dell'attuale situazione politica italiana si sprecano; così come si sprecano minacce, recriminazioni; isteriche proclamazioni di "garantismo" e "giustizialismo" che nascondono interessi totalmente strumentali e quindi slegati da ogni anima politica che possa definirsi autentica e guidata dal rispetto dello Stato che serve (e non del quale è padrona).

Da anni, in effetti, la battaglia tra la cosiddetta destra e la cosiddetta sinistra, non si combatte a suon di riforme e programmi elettorali ma a colpi di avvisi di garanzia, indagini, accuse da e verso la magistratura; tremende lotte a colpi di delegittimazione interistituzionale che ad oggi, 5 agosto 2010, presentano una classe dirigente composta perlopiù da pregiudicati-cialtroni svuotati di ogni slancio etico e/o morale e straripanti di ingiustificata boria. Ma come siamo arrivati a tutto questo? Avere un quadro completo del presente, a modesto avviso dello scrivente, è impossibile se non si considerano gli strappi di tela che si sono verificati nel passato ed hanno portato a quella che non è tanto una forma di esasperato garantismo quanto, piuttosto, un  vero e proprio atteggiamento di colpevole giustificazionismo. Gli esempi che potrei portare all'attenzione dei lettori sono innumerevoli ma ne ho scelto uno, risalente al 24 marzo del 1979 ed equiparabile ad un autentico colpo di stato.

RICORDANDO SINDONA E IL COLPO DI STAO DEL 1979

Quel giorno, infatti, oltre alla morte del segretario del Partito Repubblicano Ugo La Malfa, si verifica uno dei  più tristi precedenti storici che vedono l'utilizzazione  del potere della giustizia per l'attacco di quello economico e politico. Per ordine dei procuratori romani Antonio Alibrandi e Luciano Infelisi, viene così incriminato Paolo Baffi, governatore della Banca d'Italia. Tratto addirittura in arresto il direttore generale Mario Sarcinelli. L'accusa degli avvocati dello Stato (l'aver concesso crediti non dovuti all'imprenditore Nino Rovelli) non si regge in piedi e non a caso crolla miseramente nel giro di pochissimo tempo. L'obiettivo, però, non è quello di incarcerare i due influenti personaggi ma quello di escluderli dagli incarichi ricoperti e di sostituirli con un certo Gaetano Stammati. Ma perchè? Chi era Stammati e come mai Baffi e Sarcinelli erano diventati scomodi e  di conseguenza meritevoli di essere destituiti formulando una falsa accusa? Semplice: Michele Sindona, il banchiere della mafia che per anni ha gestito i milionari traffici della mala siciliana e non solo in giro per il mondo, è nei guai fino al collo e, con le sue banche, ha accumulato un deficit pauroso di svariati miliardi lire.

I soldi delle "famiglie" rischiano di andare miseramente perduti ed occorre chi, anche in ambitto extraparlamentare, riesca a fornire a Sindona quel "prestito" di cui necessita per non affogare; trascinando con sè nell'abisso non pochi "uomini d'onore", industriali di dubbia moralità e politici conniventi. Per salvare il denaro sporco, dunque, i due Procuratori che invece di servire la loro patria la umiliano e lo piegano al volere delle cosche e della malapolitica, organizzano per Baffi un interrogatorio in stile carcere sudamericano. L'anziano direttore della Banca D'Italia, uomo retto e giusto, viene aggredito con violenza verbale inaudita e costretto, alla fine, a firmare un documento per sospendere da ogni incarico Sarcinelli. Il resto è storia ed in questa sede non ci interessa procedere oltre con gli amarcord impietosi delle torbide manovre alla italian style. Basti sapere, comunque, che Stammati era considerato l'uomo giusto al posto giusto per risolvere l'intricato nodo Sindona.

2010: OGNI INDAGINE E' UN COMPLOTTO

Quello che abbiamo appena analizzato è solo uno degli esempi (forse tra i più eclatanti) che parlano di un potere giudiziario in grado di manovrare diversi organi dello Stato e di annichilire con accuse pretestuose ed intimidazioni chi ricopre certi ruoli e non si dimostra "pieghevole". Bene: secondo Silvio Berlusconi (tessera P2 n° ecc...ecc...), ogni indagine che colpisce lui e i suoi uomini, è dunque frutto di un meschino complotto destabilizzante e della volontà di sovvertire l'ordine politico con un colpo di stato ordito dalla fantomatica "magistratura rossa". Ora, che la magistratura sia composta da uomini e che questi ultimi, in quanto tali, possono ovviamente essere corrotti, incompetenti o addirittura folli è un dato di fatto; così come è un dato di fatto che, in passato, la mano giudiziaria sia stata utilizzata in maniera abbastanza disinvolta per colpire l'avversario politico e delegettiminare determinati (e determinanti) personaggi. Basta però questa considerazione per far urlare al complotto in ogni occasione e per trasformare il comprensibile garantismo in una sorta di muro di gomma che fa rimbalzare ogni accusa e che assicura immunità anche ai delinquenti? La risposta è naturalmente ed assolutamente NO. A tal proposito è stato insolitamente efficace il discorso tenuto ieri da Dario Franceschini alla Camera.

L'ex segretario del Pd citava infatti gli innumerevoli esempi di ministri  inglesi, francesi, tedeschi, svedesi ed americani DIMESSISI dai loro incarichi a causa di alcune "magagne" che, a confronto con quelle d'italica stirpe, fanno semplicemente sorridere. Si parla infatti di influenti uomini politici che hanno abbandonato ogni tipo di ruolo pubblico poichè avevano (in via presunta e non accora appurata) pagato parte dell'affitto di casa, una cena o dei cioccolatini con i soldi dei contribuenti. Marachelle da mocciosi in confronto agli illeciti contestati ad alcuni tra i principali dirigenti italiani (Presidente del Consiglio compreso). E dunque, in questo paese dove definirsi "liberali e garantisti" equivale spesso a dimostrarsi poi paraculi ed impuniti, perchè quasi nessun dirigente è così sinceramente certo della propria innocenza da avere il CORAGGIO di affrontare accuse e processi senza lo scudo dell'immunità? Per 15.000 e passa euro al mese, cari signori, qualche scaramuccia giudiziaria bisogna esser pur pronti a tollerarla. Del resto, i nostri parlamentari, sono tra i meglio retribuiti al mondo e dovrebbero dimostrare un senso dello Stato e della giustizia decisamente più forti e credibili. A proposito di senso dello Stato e rigore morale, per concludere, il Pdl non era un partito di centrodestra? E allora? Tutto questo "relativismo" di sinistra tradizione che sbuca ogni volta che bisogna esprimersi sulle inchieste dalla magistratura cosa c'entra? E la Lega Nord che doveva andare a mettere ordine a Roma (ladrona)? Non è che il poliziotto ingordo di compensi si è fatto corrompere dal furfante? La tolleranza a doppio zero, come vaneggiava rocamente Gentilini, vale solo con immigrati, musulmani, terroni e zingari?

A queste, e a tante altre domande, il Cavaliere ed i suoi alleati, dovranno rispondere in maniera finalmente credibile (e probabilmente definitiva) molto prima di quanto credono-sperano.

 
 
 

Pillole Amare di Storia Italiana

Post n°221 pubblicato il 04 Agosto 2010 da eccelso86

La storia è una delle materie più affascinanti e spesso dolorose da studiare. Tra le pagine di "Patria" di Deaglio ho trovato questa amara pillola dell'Italia tumultuosa e violenta degli anni 70 e ho deciso di riproporla; senza troppe pretese: solo per condividere uno delle innumerevoli episodi di miseria umana d'italica stirpe.

E' il 21 maggio del 1979: nelle vicinanze di Piazza Navona, a Roma, un giovane ingegnere somalo dorme avvolto in un mucchio di stracci e coperte. Si chiama Ahmed Ali Giama e a ridurlo in miseria è stata la sua vita da irriducibile dissidente politico. Un ragazzo sveglio e con tutta la vita a disposizione per risollevarsi dai vari e miserandi viaggi condotti tra Somalia, Urss e Yemen. Aveva cercato ospitalità in Italia ma era stato derubato di tutti i pochi averi che aveva con se.
E così, quella sera, un gruppo di ragazzi romani di buona famiglia, annoiati dalla routine capitolina, decidono di dar fuoco a quell'ammasso di stracci e carne umana "per divertimento". Giama muore carbonizzato e nessuno o quasi oggi se ne ricorda...quei giovani sono finiti in galera per soli 15 anni.

 
 
 

C'è grossa crisi...di cervelli

Post n°220 pubblicato il 02 Agosto 2010 da eccelso86

L'altro ieri ho visto un servizio al Tg3 che parlava del nuovo I-Phone 4 e delle file da acquapark il 15 di agosto che si sono create davanti ai negozi in possesso dei primi esemplari.

Migliaia e migliaia di giovani e meno giovani che avevano addirittura dormito per terra dalla sera prima per potersi svegliare di primo mattino ed essere tra i primi ad assicurarsi il tanto desiderato oggetto (tra l'altro ancora colmo di bug e con probabili problemi di ricezione). Guardavo le immagini insieme a mio padre e non riuscivamo a darci una spiegazione logica...cazzo il telefono di mio padre ha tipo 14 anni (gli stanno anche spuntando i primi brufoli) e, anche se il mio vecchio rappresenta l'eccesso opposto, sti individui pronti a passare una notte in una sacco a pelo per acquistare uno smartphone da 800 euro, in che epoca hanno deciso di spegnere il cervello? E soprattutto, la tanto nominata e sbandierata crisi (che serve più agli schiavisti che ai lavoratori) dov'è? Voglio dire: ve l'immaginate la grande depressione del 1929 con migliaia di persone in fila per acquistare un bene assolutamente inutile che costa praticamente quanto uno stipendio?

La giornalista ha chiesto ai vari "geni" presenti come mai avessero tutta questa smania di acquistare la nuova creatura di Steve-negriero-Jobs. Tuttavia non capisco come mai non le sia venuta in mente una domanda a mio avviso molto più importante. Chessò qualcosa del tipo:"Ma che diamine di lavoro fate? Perchè comprate adesso un aggeggio che tra 6 mesi costerà quasi la metà e funzionerà meglio?". E invece niente: domande standard e risposte deprimenti del tipo:"Dicono che è bello, dicono che non può mancare e quindi....". La gente acquista seguendo il "dicono che"; assurdo.

Ora io so che, solitamente, una frangia degli acquirenti di I-Phone, può essere catalogata agevolmente come una sorta di setta mononeuronale totalmente schiava di ogni cazzata che propone la Apple ma, prima di vedere quel servizio, pensavo che a tutto ci fosse un limite; che ci fosse sta diamine di crisi così tanto urlata ed usata a mo di ricatto dai vari datori di lavoro ("O ti fai schiavizzare o fai il disoccupato co sta crisi") e che quindi non ci sarebbero state flotte di non so come definirli pronti a sborsare quasi 1000 euro per comprare l'ennesimo feticcio telefonico.

Ci tengo a precisare, tra l'altro, che il sottoscritto ha un debole per certe diavolerie tecnologiche e che, in un negozio di elettronica, diventa praticamente come una donna lasciata libera in un negozio di scarpe o di borse. Il punto però è che in questo caso si scivola proprio verso l'atteggiamento maniacale e si capisce che il consumismo è ancora fortissimo e maledettamente radicato nel cervello della maggior parte delle persone. Si dice che ognuno deve poter spendere i propri soldi come vuole e in moltissimi si trovano in accordo con questa "tesi" apparentemente tanto libertina e democratica ma, a mio avviso, scatenante del meccanismo perverso all'interno del quale siamo ingabbiati. Voglio dire: quanto dura la gratificazione per l'acquisto di un prodotto nuovo? Una settimana? Un mese? Dopo quanto questo nuovo I-Phone risulterà "vecchio" o comunque tecnologicamente scontato? Io vorrei poter comprare un bell'apparecchio, anche piuttosto costoso, ma poi potermelo godere almeno per 4-5 anni...non vederlo già "superato" nel giro di 6 mesi. Evidentemente però sono troppo "all'antica" o semplicemente non ho così tanti soldi da buttar via...

Di Germano Milite

 
 
 

Pillole Nane dal Perù

Post n°219 pubblicato il 01 Agosto 2010 da eccelso86

La mia dolce metà è partira per il Perù qualche giorno fa e, ieri, ha visitato il lago Titicaca (che per estensione è equiparabile all'Umbria) e mi ha raccontato un particolare che mi ha colpito non poco; dimostrandomi che conoscono e prendono per il culo il  nostro Premier persino in quei posti sperduti ed apparentemente "scollegati" con il resto del mondo (o comunque con le gossippate italiane).
Invece, la guida peruviana che l'ha accompagnata nell'escursione, ha fatto una precisazione inerente all'antica popolazione dei Quechua; erroneamente conosciuta con il nome di Incas. Erroneamente perchè, in realtà, veniva denominato "Inca" soltanto il capo tribù e non l'intera popolazione. Per farsi intendere, quindi, la guida ha detto:"E' un po' come se gli italiani venissero chiamati tutti "Figli del Papi"; con plateale riferimento al nostro Presidente-marpione.

Senza parole...

 
 
 

La Pillola del Baia Domizia Blues Festival 2010

Post n°218 pubblicato il 27 Luglio 2010 da eccelso86

Ecco cos'è il blues...ecco come le note diventano penne capaci di scrivere sul cuore! Pura poesia attraverso la pillola del Baia Domizia Blues Festival 2010 presentato dal sottoscritto...da non perdere!

 

 
 
 

Gli italiani desiderano la stampa che hanno

Post n°217 pubblicato il 22 Luglio 2010 da eccelso86

Il problea italico non è, purtroppo, un problema esclusivamente e squisitamente (anzi, disgustosamente) politico. Ciò che va cambiato in questo bellissimo ma pecoreccio paese sono infatti la mentalità generale; l'approccio generico al mondo e la capacità critica che, al momento, è del tutto assente nell'individuo medio. E cosa si intende per "individuo medio"? Semplicemente, con questa definizione, si vuole indicare colui che rappresenta la maggioranza, ovvero la tendenza strattonante del modo di pensare della popolazione italiana.

10 anni di intensissimo confronto internettiano e reale con un vasto numero di persone di ogni fede (religiosa e politica), mi hanno portato a rendermi conto di un dato importante (almeno dal punto di vista comunicativo e giornalistico): il lettore tipico dello stivale vuole  veder scrittie,sui giornali come in rete, quasi esclusivamente notizie che possano confermare e rinfrancare le sue pregiudiziali convinzioni. Ciò perchè siamo un popolo profondamente e tradizionalmente religioso e, per tale motivo, anche chi si dice "ateo e progressista", dimostra in realtà un atteggiamento integralista ed istericamente rispettoso nei confronti delle proprie convinzioni.

La stampa sul serio libera da vincoli politico-ideologico-strumentali non piace al lettore italiano medio per un motivo preciso: perchè, nella penisola, un tipo di approccio alle informazioni che sia seriamente svincolato e non banderuolesco non c'è mai stato ed turba la personalità beelante della maggioranza degli individui. Di conseguenza, chi legge i giornali, siano essi di destra, centro o sinistra, sa già quel che vuole vedere scritto. Chi detesta in maniera ossessiva Silvio Berlusconi, ad esempio, non tollera che si parli in maniera non lusinghiera anche di altri personaggi politici della scena italiana. Mi è capitato infinite volte di essere giudicato come "un grande" quando parlavo male del nemico giurato del mio lettore e, al contrario, "un grande...pirla" quando invece osavo anche solo sfiorare il suo santone con qualche ragionevole dubbio. Fare il giornalista in questo paese è dunque molte volte decisamente stancante, demotivante e frustrante (anche perchè c'è sempre più gente malata pronta a trascinarti in tribunale per un "vaffanculo" subito...e magari strameritato). Tutto questo accade dunque poichè, quando si vota, nella cabina, coloro che credono di capirne qualcosa di politica, compiono un vero e proprio atto di fede; una sorta di rito magico con il quale affidano la loro identità, i loro problemi, le loro frustrazioni e le loro paure ad un leader o ad un ideale maximo che non deve in alcun modo (e da nessuno) essere messo in discussione.

Breve accenno, in chiusura, va fatto riguardo l'interesse che suscitano i vari argomenti trattati sia sul web che in televisione. Ultimamente si fa un gran parlare (male) della tipologia di notizie date dal Tg1. Si critica al primo telegiornale Rai, oltre ad una faziosità innegabile e sconcertante da paese sudamericano, anche una sfacciata e deprimente frivolezza dei contenuti. Eppure, dati alla mano, a quanto sembra anche il tanto più erudito ed "intellettuale" popolo di internet predilige di gran lunga temi ed articoli pruriginosi, sterilmente polemici e gossippari. A tal proposito risulta patetica ed ipocrita la critica feroce che si fa proprio al gossip. Sempre con i dati raccolti non per tre giorni su un gruppo di 100 persone ma per anni su centinaia di migliaia di utenti, si scopre infatti che sono proprio i pezzi sulle leggende metropolitane, George Clooney in tribunale a Milano, Belen che rompe con Corona, Totti che sputa in faccia ad un pitone, Danielona di Uomini e Donne che viene arrestata per spaccio di droga  e via discorrendo le notizie che "tirano" di più. Ai più disattenti questo può sembrare un discorso troppo "generalista" e "qualunquista" ma, ribadisco, non si tratta di considerazioni umorali nate da una discussione al bar dello sport; qui si analizzano difatti numeri e cifre raccolte con cura e per tempi molto lunghi.

Numeri e cifre che trasferiscono un messagio eloquente e, purtroppo, ci piaccia o no, valido praticamente da sempre: il governo che abbiamo e la stampa servile e faziosa di cui ci lamentiamo, sono in realtà il prodotto culturale di un popolo tendenzialmente frignone, guardone, sciatto ed abituato ad esser frustrato.

 
 
 

Cultura Libera ed abolizione del valore legale del titolo di studio.

Post n°216 pubblicato il 21 Luglio 2010 da eccelso86

Ogni governo ha i suoi rappresentanti “eversivi” che, per interessi diversi, propongono l’oramai mitologica abolizione del valore legale della laurea. Ogni governo, sia esso di cosiddetta destra che di cosiddetta sinistra, vede però il proprio leader concludere i giochi chiosando “il valore legale non si tocca”. Come mai? Qui destra e sinistra non c’entrano; o meglio c’entrano ma parlano la stessa lingua incomprensibile ai non addetti ai lavori ma discernibile da chi, semplicemente, si fa qualche domanda prima di agire come una pecora ammaestrata…
I difensori del valore legale nascondono ipocritamente i vari interessi baronali e castali dietro le parole “diritto allo studio”, “meritocrazia”, “uguaglianza” ecc… secondo questi odiosi individui, l’abolizione del titolo legale, ci porterebbe ad assomigliare troppo a tutti gli altri paesi del mondo occidentale e farebbe quindi crescere un’”insana” competizione tra i vari atenei e tra gli studenti. Soprattutto politicanti, docenti e sindacalisti sinistroidi, in questo caso, si scagliano con veemenza contro ogni forma di differenziazione e di vera libertà intellettuale. Sono sempre in prima linea per richiedere la droga  libera ma guai se, a diventare sul serio libera e sciolta da vincoli statalisti, divenisse la cultura. Questi personaggi polverosi e ingobbiti ci prendono per il culo da anni parlandoci di “egualitarismo” (impositivo) e propagandando una vera e propria dittatura della mediocrità attraverso una presunta democrazia sociale. Per loro tutto deve essere corporativo, “collettivo”, assistenziale e via discorrendo…guai a chi tenta di emergere, guai a chi possiede qualità superiori alla media e cerca di coltivarle e di farle uscire fuori. al momento giusto Bisogna uniformarsi, irreggimentarsi e seguire programmi di studio decisi dallo Stato (sia esso retto dalla destra o dalla sinistra poco o nulla cambia).
Ma vi siete chiesti come mai, lo Stato italiano, è così fortemente interessato a dirci cosa va studiato e cosa no? Come mai, anche la sinistra tanto vicina alla “libertà” e alla “cultura” (a ciarle), alla fine guarda con diffidenza  e spocchia  intollerabile ad ogni liberalizzazione seria della cultura? Si dirà che, senza valore legale, si impedirebbe ai meritevoli provenienti dalle classi meno ricche di studiare in atenei prestigiosi ma, a questo punto, c’è da osservare una cosa: quanti studenti meritevoli (ma poveri) possono oggi permettersi gli studi in Università di primo rilievo? Quanto è meritocratico e democratico l’ingresso nel mondo professionale di avvocati, magistrati, giornalisti, medici ecc? Che poi, inutile prendersi per i fondelli, nel settore privato il valore legale è già stato abolito e, di sicuro, un dirigente sceglie un laureato alla Bocconi o al Politecnico piuttosto di uno che si è comprato un titolo su una delle numerose (e spesso truffaldine) università telematiche. In alcuni settori, inoltre si preferiscono addirittura gli under 25 senza diplomino di laurea ma con già qualche anno di esperienza lavorativa alle spalle ai neolaureati che hanno studiato per 5 e più anni senza però aver mai assaggiato lo spesso amaro mondo del lavoro. L’Università che sogno io è probabilmente irrealizzabile (almeno oggi)…il modello suggerito da Luigi Einaudi è infatti troppo avanti per questo paesucolo provincialotto e così disperatamente attaccato a sigle ed etichette. Sarebbe però il caso che, almeno noi govani, ci svegliassimo da quest’illusione della cultura facile e alla portata di tutti e la smettessimo di farci strumentalizzare da politici e docenti della vecchia guardia.
Il sottoscritto è un caso a parte, avendo fin da bambino studiato solo ciò che per lui era interessante e vicino alle proprie attitudini ed essendo, da sempre, incline a percorsi autodidatti ma, porco cavolo, come facciamo a protestare per i “tagli alla cultura” e a non renderci conto che ogni giorno viene tranciato il futuro di milioni studenti? Tuttavia, fin quando in questa Italia umorale e finto progressista metterà la battaglia per la “maria” libera davanti a quella per la cultura libera, ci saranno solo un mucchio di frignoni confusi e di meritevoli disillusi. Certo le eccezioni, fortunatamente, continueranno ad esserci (che chi vale e passa più tempo ad impegnarsi che a lamentarsi alla fine ha buone speranze di riuscire a “realizzarsi”) ma potremo accontentarci per sempre di questa presa in giro colossale? Potremmo tollerare a iosa questa democrazia sbiadita e di facciata? Evidentemente, dati gli improperi che ricevo ogni volta che oso attaccare il sistema d'istruzione italiano in maniera argomentata, la risposta è positiva.

 
 
 

Un perdente come tanti

Post n°215 pubblicato il 19 Luglio 2010 da eccelso86

Un perdente come tanti, capitolo I

Arrivo come al solito puntuale, lui come al solito è invece in ritardo di almeno 15 minuti. Di insolito c'è invece il bar al quale mi ha fatto venire per il nostro incontro (per le nostre chiecchierate fugaci e polemiche abbiamo sempre scelto i tavoli del "Solaria"; in pieno centro). Lo vedo parcheggiare in divieto di sosta e scendere dalla sua Audi A6  con un'altra immagine consuetudinaria: il collo piegato per tenere fermo il cellulare tra spalla ed orecchio mentre con le mani tiene documentame vario.

Quando penso a Mario lo immagino proprio così: collo curvo a mo di crisi spastica, camminata sicura e rapida e sguardo incazzato (come se all'altro capo dell'apparecchio qualcuno gli stesse comunicando qualcosa di indicibilmente fastidioso ed irritante). A dire il vero Mario non l'ho mai visto ridere veramente; al massimo sogghigna  in una smorfia strana a metà tra il disgustato ed il compiaciuto. Seduto ad uno dei numerosi tavolini riparati dal sole grazie ad un gazebo di legno alzo la mano per farmi notare; lui mi vede, non cambia espressione e in pochi secondi mi raggiunge. Sposta la sedia, si accomoda e continua a parlare:"Si ma io ne ho le palle piene di questi inetti...sono persino più odiosi di quei parassiti dei sindacalisti e di quel minorato di tuo cugino. Questa gente non è nemmeno consapevole di stare al mondo e vuole dire a me come trattare i disoccupati?".

Espressione di meraviglia, passaggio del telefono dall'orecchio-spalla alla mano e poi:"Va bene Piero caro...allora puoi andare a farti fottere anche tu". Pollice sul tasto di chiusura chiamata e poi indice su quello di spegnimento. Resto allibito: lo conosco da 5 anni e non gli avevo mai visto spegnere il telefono principale in mia presenza (e non poggiare sul tavolo gli altri due). Tra me è Mario il rapporto dialettico è sempre stato piuttosto semplice: lui fa domande ed incalza, io rispondo e sto sulla difensiva anche nei rari momenti in cui è rilassato e non sta inveendo contro mezzo mondo (me compreso).

"Non c'è male"

"Ottimo...mai nessuno che mi risponde che sta una merda e che vorrebbe stermirnare tre quarti d'umanità"

Lo guardo un po' interdetto perchè gli si apre sulle labbra un crepa da sorriso che non gli avevo mai visto prima. "Dai scherzo - e mi da un buffetto sulla guancia sinistra -; oggi non sopporto l'ipocrisia generale". Giornalista da 30 anni, Mario è indecifrabile (almeno per il sottoscritto) ed ogni volta che ci incontriamo deve arringare qualcuno o qualcosa e ricordarmi che "sei solo un pulcino spennato innamorato di se e di quello che crede di combinare nel mondo". E' un adorabile stronzo che può distruggerti per poi dire, quanto stai per metterti a piangere, che stava solo bigellonando con il tuo ego. Oggi dice di essere adirato con l'ipocrisia generale e con la mancanza di tempo.

A tal proposito mi chiede:"Quanto puoi dedicarmi?"

"Anche mezz'ora"

"Mezz'ora? Wow...vuoi farmi diventare vecchio pivello? Io non ho mezz'ora da dedicare a qualcuno che non sia me da...da...da sempre credo". Spesso ha degli attacchi di megalomia ed egocentrismo autoironici e volutamente infantili che rendono molto più sopportabile il suo altrimenti impossibile carattere da iper-cinico iper-nichilista.

"Comunque - continua - è proprio questo che ti e ci fotte, pivello. Tu ed io abbiamo molto meno tempo dei te e dei me di 200 e 300 anni fa. Senza tempo non c'è poesia, non c'è riflessione, non c'è solidarietà, non c'è modo di evitare di farselo sbattere nel culo ed essere schiavi ogni santissimo giorno".

"Beh dopo devo andare a Casalnuovo per un servizio che..."

"Si si..un bel servizio che denunci i mali della società, che magari sputtani qualche politico corrotto e qualche azienda truffaldina. Poi lo pubblichi su youtube e facebook, qualcuno dei tuoi fan ti dice che sei stato bravo e tu ti senti potente"

"Esatto...come al solito prevedi tutto"; gli dico sarcasticamente.

"Non usare certa ironia con me, Gabriè...sai dove voglio arrivare"

"No, non lo so"

"E allora sei tonto e dovresti cambiare mestiere...altrimenti sarai solo un perdente come tanti altri. Un giornalistucolo arruffapopolo precario a vita"

"Oggi sei più stronzo e delirante del solito, che ti piglia?"

"Finalmente me lo hai chiesto...iniziavo a pentirmi di averti considerato così tanto in questi anni. Comunque me ne vado, ragazzo...ho già buttato nel cesso due cellulari su tre; oggi ho sfanculato gli ultimi personaggi inutili che ero costretto a tollerare ogni giorno da troppo tampo. Non ti dico poi il casino che ho preparato per la redazione di pirla senz'arte che mi ritrovavo"

"Te ne vai? E dove?"

"Lontano dall'ipocrisia...lontano da quest'inferno di scadenze, strette di mano, ascelle sudate, puttane, frignoni, raccomandati, chatters libertari sfigati, macchine, schiavi  inconsapevoli, reperibilità perseguitante, camorra e via discorrendo"

"Si ma dove di preciso? E quando parti?". Cominciavo a preoccuparmi, a patire con forza l'effetto abbandono potenziale che ti fa rendere conto di quanto è importante la persona che rischi di perdere (o che hai già perduto).

"Dove non potrà inseguirmi proprio nessuno mio giovane ed ingenuo amico ma ho deciso di concedere a te l'onore dell'ultimo saluto"

"Ah grazie...quale aeroporto?"

"Nessun aeroporto...ci vediamo a casa mia, ci guardiamo il mio preferito per la centesima volta e poi io bevo birra e tua la tua solita cocacola da lattante"

A casa di Mario c'era stato una dozzina di volte...sempre per vedere "Mezzogiorno di fuoco". L'idea di ripetere l'esperienza non mi esaltava ma questa volta avevo colto negli occhi del mio caustico e di solito fiero amico qualcosa di di definitivo; una tensione malinconica che mai lo aveva anche solo sfiorato in mia presenza.

Arrivo alle 21 in punto davanti alla sua villetta di periferia e notai che il cancello elettrico era spalancato. Citofono più volte ma non ricevo alcuna risposta; così entro con la macchina nel vialetto e la parcheggio al solito posto; davanti al suo garage. Mi avvio verso la porta e, proprio un attimo prima di poggiare l'indice sul campanello, mi accorgo che è aperta. Spingo in avanti la porta che, al contrario di come tradizione romanzesca vorrebbe, non scricchiola nemmeno un po'. "Permesso? Mario? Dove sei?". Sento il rumore della tv a tutto volume che ruggisce dal salotto e continuo a passi lenti proprio verso quella stanza. "We we...mariooo? Dove cacchio sei?". Percorro il lungo corridoio che separa l'ingresso della casa dal soggiorno e, superata la soglia di quella che ho sempre chiamato "la stanza di Mezzogiorno di fuoco", noto la luce della tv proiettata su una rivoltella; a pochi centrimetri un mano con il palmo rivolto al soffitto e le dita leggermente piegate. Qualche secondo per  mettere a fuoco l'immagine ed il cuore mi si ferma: una parte di me è già corsa fuori dalla villa e sta telefonando la polizia; l'altra procede invece tremante

 
 
 

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