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La vaselina la portiamo noi

Post n°73 pubblicato il 10 Maggio 2006 da crisse
 
Tag: Lavoro
Foto di crisse

Vi devo alcune spiegazioni circa l’inca…tura dei giorni scorsi, oggi a dire il vero un po’ stemperata per… Ma andiamo per ordine.

Il martedì dopo Pasqua ero in ferie, e mi pregustavo una giornata in giro per negozi dopo mesi di assenza dalla prima linea degli acquisti.

Intanto prima grande gioia il pranzo da Mc Donald col “mio” Big Mac, la coca rigorosamente senza ghiaccio ed il “Fruit Bag” (della serie, come rendere esotica la mela della nonna: proverò anch'io questa sera "E' pronto il Fruit Bag!").

Esco, giornata di sole, proprio il massimo… suona il telefono: chi è? Era il mio responsabile che mi chiede la disponibilità ad una trasferta di una settimana “in the U.S.” per aiutare il nostro gruppo di lavoro già presente in loco, periodo previsto a scelta tra il 21 aprile e il 12 maggio.

Perché no? Mi prendo un finto periodo di riflessione, ne parlo a casa,... meglio di no, ma se si tratta di una settimana… ok.

Non pensate alle luci della 5° strada, al lusso di Las Vegas: occorrerà andare nel buco del c..o della Carolina del Sud, che se fosse una bella ragazza potrebbe anche non essere male come esperienza. La prospettiva tipo è: ufficio-cena-letto-ufficio (quando uno è in trasferta non ha distrazioni!).

Passano i giorni, ma non viene la conferma del viaggio. Il cliente ci sta pensando, mi dicono. Basta che mi avvisino qualche giorno prima della partenza (sempre che si partirà, a questo punto…)!

Martedì 2 maggio mi dicono che tutto è bloccato, niente da fare. Non si parte più.

Venerdì 5 maggio, ore 22:30, il cliente telefona per sapere perché non sono là da loro, mi stavano aspettando!

Sabato 6 maggio, ore 17:00 il mio responsabile mi telefona (io fesso: perché non spengo il telefono quando non lavoro?): l’impegno è cambiato ed è passato a sei settimane almeno, da solo (il gruppo di lavoro torna venerdì) in pasto agli “ammerigani”, poi si vedrà… Ma come, ho accettato una settimana… e tutti gli altri miei impegni? E la famiglia? E la settimana al mare a giugno?

Dopo gli alti e i bassi di questi giorni, ieri sera ho scritto un poemetto piuttosto brusco circa il trattamento riservato: dopo che ho parato il culo a molti dei miei superiori in questi anni, mi sono massacrato di lavoro anche fuori orario e non pagato, mi sono prestato a (quasi) ogni cosa pur di venire incontro alle esigenze dell’azienda. Almeno mi aspettavo che mi chiedessero: “Ci sono nuove esigenze: che ne pensi? Sei d’accordo?”. Forse sarebbe stato fantascienza pensare ad un incentivo…

Tanto io sono giunto alla conclusione che non sono i soldi ad essere importanti, quanto la qualità della vita: che mi faccio di un aumento se poi posso andare per negozi due volte l’anno? E su questo punto, purtroppo, non hanno molto da offrirmi (il discorso è lungo e andrebbe affrontato a parte, quindi to be continued…).

Concludevo dicendo che non accettavo l’incarico (so che è inutile…), a meno che l’azienda non accettasse delle condizioni folli (tipo compagnia di un traduttore simultaneo… che idea ridicola… hi hi hi).

Ho spedito il poemetto a mezzo mondo e oggi pomeriggio mi ha voluto incontrare niente popò (una somiglianza c’è, in effetti) di meno che il capo mega galattico, Suo Condottiero Magnifico, il nostro Beneamato Amministratore Delegato!

Scena: scrivania dirigenziale dimensioni campo da tennis completamente vuota, solo il telefono con 85 bottoncini colorati (ma cosa fa tutto il giorno? telefona all’144? Va a trovare le segretarie e “lavora” alle loro scrivanie? No: dice stronzate, e lo stavo per scoprire personalmente!), sfondo con vetrata aperta sulla skyline di Milano con Duomo, Castello, Alpi comprese nel servizio. Io sedia modello Fracchia. Impossibile ricostruire con esattezza cosa "ci" siamo detti, ma più o meno suonava così:

“Anch’io sono stato trasfertista e so cosa significa, quali sacrifici devono essere fatti…” (presidente operaio, eh?).

“Non la abbiamo coinvolta in fase di decisione perché, avendo di lei un’alta considerazione e sapendo dei problemi che ha in famiglia, non volevamo turbarla e abbiamo cercato in tutti i modi di trovare un’alternativa. Soltanto quando ci siamo ritrovati a picchiare la testa contro il muro siamo stati costretti a coinvolgerla, ma ormai le cose erano state decise…” (questa annotatela perché è bellissima!).

“Il cliente deve capire che non è possibile impegnare le persone per mesi, dodici ore al giorno (!!!), senza rientrare a casa: mi impegno personalmente a fare presente la cosa.” (uhff, ora sì che mi sento molto più sollevato!!!).

“Ma sa, se è il cliente che si impunta anch’io corro il rischio di essere scavalcato nelle decisioni, per cui occorrerà essere diplomatici e conquistarne la fiducia…” (ecco perché la scrivania è vuota: tu non fai un c…o e altri decidono per te!).

La conclusione è degna di nota:

“Ora che l’ho incontrata di persona capisco tutte le voci positive che ho sempre sentito accompagnare il suo nome: pare che tutti in azienda la apprezzino notevolmente ed anch’io dopo questi soli quindici minuti non potrei che confermarlo!”.

Della serie: te lo mettiamo nel culo, ma almeno la vaselina la paghiamo noi.

Questa mattina ho inviato il mio primo curriculum ad un’altra azienda: non è che da voi c’è un posticino?

 
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