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Guardare è ciò che posso fare

Post n°129 pubblicato il 12 Giugno 2006 da crisse
 
Tag: Io

Come siamo maleducati noi italiani!

Questa mattina trovo subito la strada e mi presento puntuale alla signorina che mi fa le domande di rito: “È suo il bagaglio? Contiene cose solo sue? L’ha lasciato anche solo per un attimo? Contiene oggetti…”. Qualcosa di imprevisto accade. Silenziosamente, un raggio si sole, un angelo biondo entra nella mia vita. Forse non un angelo, a dirla tutta. Gli angeli sono senza sesso, e questa di sesso ce ne ha anche troppo. Alta quasi quanto me, occhi azzurri, sopracciglia disegnate da un artista, più folte al centro e poi via via più sfumate, orecchie piccole con due piccoli brillanti ai lobi e su cui poggiano i capelli biondi raccolti in una coda alta che le cade appena sopra le spalle, due piccole ciocche che sfuggono da dietro, bocca sottile e delicata, labbro superiore quasi impercettibilmente inarcato, naso regolare, dritto fino a finire un pochino all’insù, zigomi alti e ben tondi, jeans che delineano un sedere piccolo, ma ben formato, e gambe atletiche. Mani affusolate a ben curate. Camicia bianca, seno disegnato.

Valige? E chi ce le ha le valige? Cosa sono “valige”? Il mio sguardo fisso su di lei. La mia bocca, forse, un po’ socchiusa. Non so quanto tempo sia passato. Lei si guarda intorno, mi vede, gli sguardi si incrociano. È un istante. Una scossa e mi sveglio dall’incantesimo.

Cazzo, che cretino. Non è bello fissare le persone, non si fa. Chissà che ha pensato lei. Negli US per sguardi così si rischia anche il carcere! È già ritenuta una molestia, così come fare battute a sfondo sessuale, o cose del genere. Il mio secondo pensiero, poi, è andato al mio aspetto. Già sono brutto di mio, con questi occhi più all’infuori di quelli di Max Pezzali, la mascella squadrata che mi rende un cinghialotto, molti capelli lasciati sulla strada degli anni. E oggi anche la barba lunga, lasciata crescere per non avere trovato il tempo per raderla. Lavoro, lavori, lavoro, notti insonni, e poi ancora lavoro. In questi giorni non ho avuto un attimo di respiro. Ed ora mi presento qui, inadeguato all’incontro.

Una voce mi riporta alla realtà. “… non è che porta armi, eh?”. La guardo: “Cosa?”. "Porta in valigia armi o oggetti che possano assomigliare a armi?”. “Mah… penso proprio di no.”. Nell’attimo di indecisione lei passa avanti. Al check-in chiedo al gentile signore se fosse rimasto libero il posto vicino a lei. Mi assegna il 9C: chissà se è riuscito a mettermi accanto alla mia dea?

Seduto in attesa dell’imbarco, mi metto lontano, ma la vedo in uno spiraglio. Che dire più che bella? Bellissima. Qualsiasi cosa faccia. Scrive su un foglio come nessun’altra prima abbia mai fatto, sbuffa come mai abbia visto fare. Dolce , bella, buffa… cosa chiedere di più?

Saliamo sul bus. Io davanti, lei dietro. Niente fuori posto, nulla di più perfetto. Mi guarda…No, beccato! Ancora… ancora, … ma non riesco a guardare altrove. Ops! Ma questa volta ha sorriso, e poi si è girata da un’altra parte.

Si siede al posto 6G, a quattro metri da me. È più avanti, ed in diagonale, la vedo distintamente. Anche la nuca è perfetta. È seduta vicino a un signore indiano che avrà per lo meno 50 anni. Che spreco!

Vengono proiettati dei film, hanno invitato a chiudere le tende dai finestrini per vedere meglio. Nella penombra un faretto la illumina, ogni tanto si volta di profilo. Tanto per cambiare un profilo… perfetto.

Azz… porta la mano alla bocca e vedo un’enorme fascetta di brillanti all’anulare destro. Mi sa di anello di fidanzamento. E ti pareva che una così fosse single? Ma d’altronde che vado a pensare? Anch’io sono impegnato, no?

 

A Philadelphia passo l’esame dell’immigrazione e cerco un posto dove mangiare qualcosa. C’è una specie di chiosco, con qualche tavolino. Prendo un panino e mi siedo. Do il primo morso ed uno schizzo di una strana salsina arancione mi finisce sul braccio. Fiuuuu! Questa volta vestiti salvi! Sento ridere qualcuno dietro di me. “Attento, la salsa può essere pericolosa.”. Ach, mi volto, è la mia dea! Siede al mio tavolo, con una confezione di patatine. “Il viaggio è stato stancante, eh?”. Ecco, lo so, balbetterò qualcosa come sempre e ci farò la mia figuraccia. Figura per figura mi butto. "E sì, molto. Io mi chiamo c., e tu?” “Margherite” “Sei americana? E dove sei diretta?” “Dallas, in Texas. Anche tu?” “Ma che sfiga, no! Ma potrei cambiare itinerario. Non so cosa direbbe la mia azienda e cosa mi costerebbe, ma potrebbe valerne la pena.”. Lei ride e mi offre una patatina. “Non posso ricambiare con il panino!”. Si guarda attorno, tira su un attimo il nasino, e dice: “Potresti offrirmi qualcosa in quel locale”. Andiamo, prende una bibita di cui non ho ben capito il nome. È gialla. Inizia a spiegarmi che è stata in Italia per lavoro. Si occupa di contabilità ed è stata inviata dalla sua azienda a fare alcune verifiche presso la loro filiale a Milano. È stata là una settimana e adesso torna a casa. Anch’io le dico due cose di me, ma è già tardissimo, sto per perdere il volo, devo andare. Mi dice che il mese prossimo probabilmente tornerà a Milano e se le do un riferimento telefonico magari mi chiama. Ma glieli do tutti i riferimenti, se vuole le lascio anche il telefono. “Ma così non potrei più chiamarti!”. Ride, e le si formano due fossette… e socchiude gli occhi… e la punta del naso vibra tutta…

È venuto il momento di salutarci. Si avvicina per darmi un bacio sulla guancia. È un attimo e la prendo sulla bocca. Aspetto che si ritragga… ma no. Sento le sue labbra morbide sulle mie, sento un bruciore dietro la nuca, sento di essere in un nuovo mondo. Sento…

 

A volte mi capita di volare con l’immaginazione. E vivo avventure ad occhi aperti.
Chissà come si chiama davvero, chissà di dov’è.
Chissà se è davvero americana.
Chissà se mangia patatine o beve bevande gialle.
Ma è bello sapere che esiste, e che può essere.

 
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