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SPECIALE - RE CECCONI

Post n°2057 pubblicato il 24 Maggio 2012 da s.s_lazio1900

Biografia

Luciano Re Cecconi nasce a Nerviano (MI) il 1 dicembre 1948 in una famiglia numerosa e povera. Il padre Alfredo lavora come operaio e la madre Cecilia è una casalinga che alleva con dignità i suoi quattro figli. Il suo cognome originario è Cecconi e il "Re" davanti fu dono di Vittorio Emanuele II che volle sdebitarsi con gli abitanti di Nerviano che lo accolsero con tutti gli onori. Nel 1859, dopo la battaglia di Magenta, il Sovrano, sostò a Nerviano, come è ricordato da due lapidi, una nel capoluogo, l'altra nella frazione di S. Ilario Milanese e concedette così la possibilità di aggiungere al cognome proprio la parola reale per manifestare la fedeltà alla Corona.


La giovinezza e i primi passi da calciatore

L'infanzia di Luciano è fatta di scuola al mattino e di lavoro al pomeriggio. Servono soldi in casa e lui inizia presto a guadagnare qualcosa prima come calzolaio, poi come garzone in un negozio di frutta e verdura ed infine come meccanico.

Con le macchine se la cava bene e si costruisce una Fiat 500 praticamente partendo dalla sola scocca. Ma il calcio è la sua vera passione ed appena il tempo glielo concede va a giocare nell'Aurora Cantalupo, sua prima squadra, in prima categoria. Si alza alle quattro del mattino per andare al lavoro ed alle 15.00 eccolo in campo.

Viene notato da alcuni osservatori per la sua corsa senza mai sosta. Nel 1965 arriva un'offerta dalla Pro Patria e Luciano accetta di giocare con la gloriosa squadra di Busto Arsizio con la speranza che le porte del calcio si aprano anche per lui. Deve attendere la stagione 1967/68 per esordire in Serie C, e in quella stagione colleziona solo 3 presenze, ma il suo contributo in campo è sempre di alto livello.

La stagione seguente diventa titolare e ottiene 33 presenze su 38 e, grazie al suo contributo, riesce ad ottenere un decoroso 13° posto con la sua squadra. Conosce anche una ragazza, Cesarina, che diventerà sua moglie. La squadra di Busto Arsizio non se la passa economicamente bene e deve vendere i suoi giocatori migliori scontentando i propri tifosi. Luciano è stato notato dal Foggia allenato da Maestrelli e le due società si accordano per il trasferimento che Re Cecconi accetta con non poche perplessità, anche se l'avventura in Serie B lo entusiasma.

 

Dalla Pro Patria al Foggia

Con molta umiltà Re Cecconi si allena e con la maglia rossonera dei pugliesi colleziona 14 presenze nella stagione 1969/70 che vede la promozione dei satanelli in Serie A. Maestrelli lo sprona sempre a fare meglio e Luciano lo segue con fiducia, entrando in campo per primo e uscendo per ultimo durante gli allenamenti.

Maestrelli ogni tanto gli affida i suoi gemellini Massimo e Maurizio che lui porta al cinema o ad un vicino parco di divertimenti per bimbi. Per Luciano si aprono le porte della prima squadra da titolare in Serie A. Il 4 ottobre 1970 avviene il suo esordio nella massima serie in Foggia-Milan 1-1.

Re Cecconi colleziona 26 presenze ed una rete segnata alla Lazio nella partita di andata vinta per 5-2, ma il Foggia, pur giocando un ottimo calcio, retrocede in Serie B per differenza reti. Maestrelli, che lo aveva valorizzato, se ne va alla Lazio mentre lui rimane al Foggia per giocare la terza stagione in rossonero. Sarà una stagione amara di soddisfazioni perchè la squadra chiude al 9° posto ma su di lui si sono posati gli occhi di diverse squadre tra cui il Torino e la Lazio che, grazie al suo allenatore Maestrelli, è tornata in Serie A.

 

L'arrivo alla Lazio

Per avere Re Cecconi alla Lazio, Maestrelli costringe Lenzini a fare una super-offerta per sbaragliare la concorrenza e costringe un dirigente ad andare in Puglia per far firmare il contratto al presidente dei satanelli Fesce che è ammalato.

Dopo un anno di distanza Re Cecconi ritrova l'allenatore che più di tutti lo ha valorizzato ed apprezzato. Luciano prende alloggio alla pensione "Paisiello" ai Parioli assieme a Pulici ed a altri giocatori appena acquistati. Nella Lazio ritrova anche un compagno d'armi con cui aveva legato fortemente e con cui era rimasto in contatto: Luigi Martini. Inevitabile la felicità di ritrovarsi nella stessa squadra.

Gli inizi alla Lazio sono tutt'altro che facili perchè la squadra non gira e lui stesso si trova spaesato con compagni dai caratteri difficili da contenere. In Coppa Italia la squadra naufraga, sconfitta da squadre di Serie B e addirittura dal Brindisi che militava 3 mesi prima nella Serie C. I tifosi rumoreggiavano prendendosela con lui, Pulici e altri neo acquisti non ritenuti all'altezza della massima serie, ma Maestrelli gli fece coraggio e gli consigliò di non preoccuparsi.

Il calendario aveva riservato alla Lazio un inizio "impossibile", ma già alla prima giornata contro l'Inter la musica cambiò e i nerazzurri furono molto fortunati a portare a casa un pareggio. Re Cecconi fu il migliore in campo con le sue discese e sfiorando anche la rete. La Lazio era trasformata e Luciano pure. Sfornava partite superbe e faceva volare la squadra in testa al campionato, cosa che non succedeva dal 1936/37.

I tifosi cominciavano a chiamarlo Cecco o "Cecconetzer", in onore del campione della Germania Ovest. La sua bionda chioma spaziava per tutto il campo e neanche gli infortuni sembravano fermarlo. Veniva convocato nella Lega Nazionale Italiana (una partita) e nella nazionale Under 23, all'epoca l'anticamera della nazionale maggiore, giocando 2 gare.

La Lazio volava in campo e batteva gli avversari senza remore. A Tor Di Quinto intanto si erano create delle rivalità e la squadra era spaccata in clan e lui era con l'inseparabile Martini che lo stava anche spingendo a fare del paracadutismo. Dall'altra parte Chinaglia e capitan Wilson che non si lasciavano scappare l'occasione per stuzzicarlo.

Ma in campo si era un sol uomo e la Lazio a 90° minuti dalla fine lotta per vincere lo Scudetto. A Napoli, però, va tutto storto e all'ultimo minuto svaniscono i sogni di gloria. Luciano forse sente troppo la tensione e non gioca bene e negli spogliatoi ha una crisi di pianto.

 

Campione d'Italia

Dopo le vacanze estive, Re Cecconi si ritrova con tutta la squadra nel ritiro di Pievepelago per preparare la stagione 1973/74. La voglia di riscatto dalla cocente delusione della stagione appena conclusa è enorme e la squadra si compatta anche se rimangono i clan interni con le loro piccole ripicche e lotte intestine che la Domenica magicamente scompaiono.

Stavolta la Coppa Italia è più tranquilla e la qualificazione al turno successivo avviene facilmente. Il campionato inizia alla grande per Re Cecconi che va a segno alla prima giornata a Vicenza in una gara vinta 3-0.

Sembra un'altra cavalcata trionfale ma presto la squadra perde punti preziosi. Già a Natale, però, riprende la testa della classifica. Poi arriva la gara contro il Milan il 30 dicembre 1973, attesa da oltre 80.000 tifosi bagnati ed infreddoliti in una giornata di pioggia battente. La Lazio attacca, gioca bene, ma non passa. Al 90° è proprio Re Cecconi su passaggio di Frustalupi a segnare e a correre pazzo di gioia sotto la tribuna Monte Mario, tra l'ovazione dei tifosi che lanciano persino alcuni ombrelli in campo in una bolgia indescrivibile.

La Lazio vince e questa partita passerà alla storia come una delle più importanti di quella stagione. Re Cecconi è sugli scudi, euforico e galvanizzato da questa importante rete, ma la sfortuna è li ad attenderlo. Infatti contro il Torino il 13 gennaio1974 s'infortuna gravemente al ginocchio e deve restare fermo 4 settimane.

Purtroppo una nuova ricaduta lo tiene fuori per oltre 2 mesi e alla fine perderà 8 gare del campionato dove, però, la Lazio va bene, guadagna punti, e non soffre la sua assenza. Rientra in squadra a Milano dove la squadra perde con l'Inter e Chinaglia ne chiede l'esclusione ma Maestrelli, con fermezza, dirime la situazione e Luciano torna a giocare ai suoi livelli contribuendo non poco alla conquista dello Scudetto che avviene proprio contro la sua ex squadra: il Foggia.

La gara è spigolosa ma alla fine la Lazio vince il suo primo Scudetto e Luciano viene bloccato dall'invasione festosa dei tifosi. Rientra a fatica negli spogliatoi solo con le mutande, un calzettone ed uno scarpino. Per lui la stagione trionfale continua con la convocazione per i Mondiali di Germania ma con la Nazionale non avrà molta fortuna. I laziali convocati sono solo tre, Oddi e Pulici vengono esclusi, Martini è fuorigioco per un infortunio.

Luciano non le manda a dire e critica apertamente i "Senatori" che sono ostili nei riguardi dei cosidetti "meridionali". Pur facendo parte del "clan rivale" nella Lazio, non esita a difendere Chinaglia dopo il gestaccio a Valcareggi e con Wilson e il napoletano Juliano contesta le decisioni del C.T. della Nazionale. Soffre in panchina e vede l'eliminazione dell'Italia da parte della Polonia.

Finiti i Mondiali torna a casa per godersi il meritato riposo dopo un campionato esaltante ma massacrante e dopo che la Lazio aveva rifiutato un'offerta del Torino che l'avrebbe ricoperta d'oro pur di averlo in granata.

 

Anni difficili

La stagione 1974/75 sembrava ricalcare quella precedente con la Lazio in testa a lottare per vincere un nuovo Scudetto ma, ad un certo punto, qualcosa s'inceppò e si cominciarono a perdere punti preziosi fino ad allonatanarsi irrimediabilmente dalle posizioni di vertice. Per Re Cecconi arriva comunque l'esordio in Nazionale il 28 settembre 1974 in una gara persa 1-0 a Belgrado contro la Jugoslavia.

Lo aveva convocato il neo C.T. Bernardini che lo aveva sempre ammirato. Inoltre assieme all'inseparabile compagno Martini inizia a praticare il lancio con il paracadute. E' un modo di mettersi alla prova e vincere le paure ma Re Cecconi, anche se non lo dimostra, un po' di timore a lanciarsi da un aereo in quota ce l'ha. Un pomeriggio, assieme a Martini, si lanciano sopra Tor Di Quinto e atterrano al centro del campo tra lo sguardo attonito di Maestrelli che non sa se piangere o chiamare il manicomio per farli rinchiudere.

Nel Marzo 1975 arriva intanto la doccia fredda della malattia dell'allenatore. Anche Re Cecconi viene messo al corrente delle condizioni estremamente gravi di Maestrelli e scoppia in un pianto a dirotto. Non passa giorno che non vada in clinica a trovarlo o a prendersi cura dei gemellini. La stagione finisce con un onorevole 4° posto e con la consapevolezza che senza l'amato allenatore non sarà più come prima.

Neanche a lui piace il nuovo allenatore Corsini e guarda perplesso lo smembramento della squadra che aveva vinto lo Scudetto. Solo con il ritorno clamoroso di un Maestrelli sofferente in panchina, la Lazio riesce a salvarsi dopo un'annata disastrosa che coinvolge un po' tutti, lui compreso.

Maestrelli lascia, ormai provato dalla malattia che lo sta divorando, ed al suo posto arriva Luis Vinicio e Re Cecconi sembra trovare nuovo entusiasmo anche se la mente è sempre rivolta al suo vecchio allenatore. La nuova stagione sembra iniziare bene per lui che segna una magnifica rete alla Juventus nella 1^ di campionato che vede i biancazzurri uscire sconfitti con onore per 3-2.

Poi il 24 ottobre gioca l'ultima delle sue 109 partite, con 6 reti, con la maglia della Lazio. Il ginocchio cede durante la gara con il Bologna e la diagnosi è di almeno tre mesi di convalescenza. Un duro colpo per uno come Re Cecconi abituato a lottare in campo e non a guardare gli altri giocare. Passano i mesi ed inizia la rieducazione. A Febbraio dovrebbe essere di nuovo in campo ma intanto il 2 dicembre 1976 muore Maestrelli ed ai funerali è uno di quei ragazzi che lo portano a spalla fuori dalla chiesa davanti a oltre 20.000 tifosi e piange come un bambino.

 

L'assurda tragedia della sua morte

La sera del 18 gennaio 1977 Re Cecconi, dopo l'allenamento, si trova in compagnia dei compagni di squadra Rossi e Ghedin nel quartiere Fleming nel negozio di profumeria di un amico comune, Giorgio Fraticcioli. Ad un certo punto, come scriverà Il Messaggero nella cronaca dell'accaduto, Rossi saluta la compagnia per fare degli acquisti, mentre Fraticcioli comunica a Re Cecconi e Ghedin che deve portare due flaconi di profumo ad un amico gioielliere che si trova in Via Francesco Saverio Nitti.

I due si offrono di accompagnarlo e rimangono indietro mentre il profumiere si fa riconoscere dal gioielliere che gli apre la porta. A questo punto Re Cecconi, che aveva avvisato Ghedin dello scherzo che stava per fare, esclama: "Mani in alto, questa è una rapina!" con il bavero del cappotto alzato a celare il volto. Il gioielliere, Bruno Tabocchini, non riconoscendolo, estrae una pistola e fa fuoco colpendo in pieno petto il biondo centrocampista biancoceleste.

La prontezza di riflessi permette a Ghedin, che alza le mani, di non fare la stessa fine di Luciano. La tragedia è però compiuta. Luciano cade a terra in una pozza di sangue e viene trasportato in ospedale su una macchina di passaggio. Ma non c'è più niente da fare: morirà intorno alle 20.00. E' il telegiornale della sera a dare per primo la ferale notizia che fa il giro della Capitale in un attimo. Nel libro "Lui era mio padre: Re Cecconi" edito nel 2008 e scritto dal figlio Stefano, questa versione dei fatti viene ritenuta poco credibile da Martini e D'Amico che hanno sempre ritenuto che Re Cecconi con gli estranei avesse sempre mantenuto le sue. I compagni di squadra, increduli, sono i primi ad accorrere in ospedale, ma solo Pulici riesce a vederlo nell'obitorio.

Re Cecconi lascia a poco più di 28 anni una moglie e due figli in tenera età. Ai suoi funerali accorreranno oltre 15.000 tifosi increduli per una tragedia figlia di quei tempi martoriati, ma sopratutto per la morte assurda che portava via uno dei massimi campioni che abbiano mai indossato la maglia biancoceleste. Gli è stato intitolato lo stadio polifunzionale di Nerviano, sua città natale, un impianto dove fino alla metà degli anni '80 veniva disputato un torneo giovanile a suo nome (categoria Allievi) che aveva riscosso notevole successo in ambito europeo, con Lazio e Pro Patria come squadre obbligatoriamente sempre presenti oltre a Milan ed Inter, che richiamava sugli spalti migliaia di sportivi.

Uno stadio in cui anche la Pro Patria ha giocato una gara ufficiale, quella del campionato di Eccellenza 1992/93.

 

La storia dello sceneggiato bloccato

Nel maggio 1983 su vari quotidiani viene riportata la notizia che la Rai TV sta ultimando la preparazione di uno sceneggiato televisivo dal titolo provvisorio "L’appello", che narra la vicenda della morte del giocatore. Lo sceneggiato narra la vita della famiglia del gioielliere e della loro amicizia con il calciatore, fino a quella tragica sera del 18 gennaio 1977.

I due coniugi entrano in possesso del copione e lo leggono attentamente. Lui è descritto come un individuo incolto, molto attaccato al denaro e dal grilletto facile; lei come donna quasi esclusivamente impegnata a riporre oggetti negli scaffali della gioielleria. Dopo averlo letto, i coniugi ritengono che la sceneggiatura violi il loro diritto alla identità personale.

Così, citano in giudizio la Rai dinanzi al Tribunale di Roma, chiedendo di inibire la messa in onda dello sceneggiato. Il Tribunale accoglie la domanda. Ma la Corte d’Appello di Roma riforma la sentenza di primo grado, riconoscendo il diritto di cronaca. I coniugi ricorrono per cassazione.

La Suprema Corte conferma la sentenza d’appello, affermando che “Nella dialettica che viene ad instaurarsi tra il diritto alla identità personale ed i contrapposti diritti di cronaca e di creazione artistica, si riflette quel fenomeno di confliggenza di interessi che trova soluzione attraverso il contemperamento e l’equo bilanciamento delle libertà antagoniste, in modo che la tutela dell’una non escluda quella delle altre. Un tale bilanciamento di opposti valori costituzionali si risolve nel riconoscimento della libera esplicabilità del diritto di cronaca e nella sua prevalenza sul diritto all’identità personale ove ricorra la condizione della verità dei fatti, oltre a quella dell’utilità sociale e della continenza formale”.

 
 
 
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