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« Violenza e RetoricaDopo un giorno... »

Francesco della speranza

Post n°4 pubblicato il 20 Luglio 2006 da frapeace
 
Foto di frapeace

 

    “Chi di speranza vive disperato muore” recita un proverbio famoso, ma qualcuno potrebbe subito citarne un altro per controbattere ciò che questo sembra affermare: “la speranza è l’ultima a morire” o “finché c’è vita c’è speranza”. Se però facciamo un analisi più attenta ci accorgeremo che i proverbi citati più che contraddirsi fanno un uso equivoco della stessa parola. nel primo caso speranza equivale ad illusione, nel secondo essa equivale a possibilità di salvezza.

 

    Ecco un semplice esempio che mette in evidenza come le parole possano essere un contenitore di significati che spesso finiscono persino col contraddirsi. In ogni caso, generalmente, attribuiamo al  vocabolo in questione l’idea di un evento gradito che potrebbe realizzarsi nel futuro.

 

    Con il termine Speranza viene tradotto il vocabolo  greco “Elphis” che san Paolo utilizza per indicare una delle tre virtù teologali. Originariamente, nella lingua in cui è stato scritto il nuovo testamento (La Koiné, ovvero il greco parlato nei luoghi che hanno subito l’influsso ellenistico) “Elphis” stava ad indicare l’aspettativa generica di ciò che il destino, nel bene o nel male, poteva riservare. Se però la lingua profana lascia dubbi sul senso preciso di questo termine, l’uso che ne fa l’apostolo delle genti é del tutto chiaro ed esente da equivoci: per Paolo la speranza equivale all’attesa fiduciosa di un lieto evento: la salvezza. È senz’altro questo il senso che Francesco d’Assisi dava a questa, e il caso di dirlo, benedetta parola.

 

     Francesco ha avuto il coraggio di sperare contro ogni speranza (cfr. Rm 4, 18) cioè di attendere il bene in un mondo che sembrava traboccare ogni sorta di male, pensiamo all’orrore della guerra fratricida che lui stesso ha intrapreso e perso contro Perugia, al supplizio della sua prigionia, all’orrore che lo assaliva ogni volta che incontrava un lebbroso, al cadere in frantumi di tutti i suoi sogni… Solo un Miracolo poteva far nascere la speranza in  cuore così povero e ferito. Davanti all’aspettativa di un mondo che sembra offrire solo la certezza della morte Francesco si è ribellato tuffandosi nell’immane e disperata impresa di gridare che la morte non ha l’ultima parola sulla nostra esistenza e che il “Mangiamo e beviamo perché domani moriremo” (cfr. 1Cor. 15,32) è la resa più vile che possiamo concedere al nostro nemico.

 

     Il santo d’Assisi ha cercato, bussato, chiesto (cfr. Mt. 7, 7), continuamente, senza stancarsi (cfr. Lc 18, 1) ed ha trovato la risposta o meglio la Speranza. Così se tutti fuggivano davanti alle piaghe di un lebbroso lui gli andava incontro, se la gente faceva a gara ad ammassare ricchezze e ad accrescere il proprio potere lui fuggiva da ciò come di fronte alla peste; se gli altri lo deridevano per le sue “stramberie” lui piangeva per loro che erano senza Speranza, se gli altri moltiplicavano le loro illusioni per dimenticare la paura della morte, lui guardava a questa come una sorella.

 

    Sembra quasi che accogliere il vangelo faccia vivere al contrario, ma la realtà è che un uomo di Speranza va verso la sua realizzazione, mentre chi non crede, se non al proprio ventre, finisce col cancellare sempre più dai suoi tratti ciò che fa dell’uomo la gloria di Dio (1Cor 11, 7).

 

     Tuttavia anche se l’uomo ha il potere di non essere uomo ha sempre la possibilità di ritornare in se stesso. Questo Francesco lo sapeva, anzi lo sperava, proprio perché lui stesso è emerso dall’abisso della banalità di un esistenza votata a quello che tutti cercavano e continuano a cercare, per giungere sulla terra ferma che una vita fondata sul Vangelo offre a chiunque voglia.

 

      Francesco è diventato l’araldo del Vangelo, colui che grida al mondo i suoi errori e lo indirizza verso la salvezza, facendosi lui stesso via, sentiero, permettendo alla Spirito Santo di usare lo spazio della sua storia, il tempo che gli è stato concesso, come meglio credeva per la salvezza dei suoi fratelli, senza risparmiare niente per se, fino al punto  di essere conformato in tutto al suo maestro, fino al punto di diventare lui stesso un altro Cristo.

 

Fr. Umberto Pacifico Panipucci.

 
 
 
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Data di creazione: 20/07/2006
 

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