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« Buona festa delle donneMessaggio #63 »

La vendetta: il male del male

Post n°62 pubblicato il 12 Marzo 2007 da frapeace
 

    

immagineCos’è che permette al male di dilagare se non la sua  giustificazione? E cosa è la vendetta se non la giustificazione del male. Per vendetta s’intende il forte desiderio di far condividere il proprio dolore a chi ne è stato la causa oppure ad un oggetto che, consciamente o meno, lo rappresenta. E’ chiaro che un serial killer fa del male a gente innocente perché in essa vede una rappresentazione della causa di un suo passato dolore. E’ chiaro che Hitler ha perpetrato i suoi crimini per puro desiderio di vendetta (il suo primo carnefice, suo padre, aveva origini ebraiche). Certo la vendetta è anche un meccanismo di difesa: l’uomo, essere relazionale, tende a vendicare un male subito per far si che questo non avvenga in futuro e creare monito ai suoi simili.

Ma la vendetta è il male del male, in quanto è una ratifica dell’errore commesso: come può, ad esempio, la pena di morte essere un monito a chi uccide facendo dell’ uccisione il mezzo per affermarlo? Come può una struttura carceraria che infligge sofferenza, e quindi desiderio di vendetta, pretendere che chi ne esce non nutri risentimento per il sistema che gli ha inflitto dolore…. Come può “il male alimentato dal male” non dilagare? I grandi dittatori conoscevano, e conoscono, questo meccanismo… sanno come farsi odiare e amare dirigendo i sentimenti ostili verso i loro nemici e quelli positivi verso di se… peccato, per loro, che prima o poi il trucco si scopre…

La mia riflessione personale mi fatto giungere, razionalmente, al benficio che apporta il perdono. Ma perdonare, almeno per me, non vuol dire far finta che niente sia successo. Questo tipo di atteggiamento rende partecipi di colpevolezza anche coloro che hanno subito il torto: è il famoso “chi tace acconsente”. Perdonare quindi vuol dire non odiare chi commette l’errore e non vendicarsi, ma nel contempo impegnarsi perché l’errore commesso non accada a qualcun altro… In parole povere: perdonare il mafioso non vuol dire scusare la mafia ma, al contrario, assumere, nel contempo, un impegno concreto affinché la mafia non esista più. Penso che su questo punto si sia quasi tutti d’accordo… Ma il problema maggiore è come fare a far si che la rabbia non prendi il sopravvento di fronte a un’ ingiustizia inaccettabile? Come resistere all’allettante voglia di linciare un pedofilo colto in fragrante o un sadico aguzzino che tortura la sua vittima? Come si fa a non aver voglia di vendicarsi? Come aspirante prete non posso che dire: “bisogna odiare l’ingiustizia, non chi la commette”. Trasformare questa frase fatta in un atteggiamento concreto è quanto mai difficile ma è l’unica reazione veramente giusta verso il male…

Un proposito: usiamo la nostra rabbia per motivarci nel combattere l’ingiustizia e l’errore… senza pretese però… si fa quel che si può;-)

 
 
 
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