Creato da aliasnove il 10/01/2013

IL LAVORO

Nell'era della globalizzazione

 

 

BUON ANNO

Post n°383 pubblicato il 05 Gennaio 2024 da aliasnove

 Nel 2023 i morti sul lavoro sono stati 1485, una media di 4 al giorno. 900 sono morti in fabbrica, in cantiere o in ufficio mentre 585 hanno perso la vita a bordo di un veicolo: si tratta di autotrasportatori o di persone che hanno avuto un incidente in itinere.

 
 
 

TUTTO CORRE, TRANNE LA SICUREZZA

Post n°382 pubblicato il 01 Settembre 2023 da aliasnove

 

Treni, binari e stazioni che spesso sono associati a vacanze, viaggi, lavoro e paesaggi che scorrono sotto i nostri occhi, la notte scorsa si sono trasformati in un incubo per i cinque operai investiti dal treno e per i loro familiari, i compagni di lavoro che si sono salvati, i due macchinisti, incolpevoli protagonisti della tragedia, e per tutti i ferrovieri.
Resta da spiegare perché sette persone specializzate in quel tipo di manutenzioni si siano trovate a lavorare sul binario con la circolazione ancora attiva. Sarebbe stato chiuso al traffico solo pochi minuti dopo.

Le regole sulla carta sono chiare, prima di accedere al binario la squadra di lavoro deve ricevere una comunicazione formale per il nulla osta, che può arrivare solo dopo una complessa procedura che inizia dal gestore della circolazione, il capostazione locale o dirigente operativo che governa il traffico. Questo la trasmette a un dipendente di Rfi sul posto che assume il ruolo di titolare dell’interruzione del traffico che a sua volta la gira ad un’altra figura che funge da scorta alla squadra di lavori; una sorta di “accompagnatore” che funge da anello di congiunzione tra Rfi e la ditta appaltatrice. Alla fine dei lavori, attestata formalmente sul posto, il flusso di comunicazioni viaggia al contrario attraverso la scorta, i titolare dell’interruzione per arrivare al capostazione che solo allora potrà riaprire la linea al traffico e lasciar passare di nuovo i treni. Ma la realtà del lavoro è ben diversa da quanto scritto sui documenti aziendali.

NON SAPPIAMO con esattezza dove e come questo schema non abbia funzionato. Servirà l’inchiesta della procura e dei servizi ispettivi della Asl che si occupano di infortuni sul lavoro. Sappiamo però con certezza che vi è una frequenza inaccettabile di questa tipologia di infortuni gravi e mortali che accadono sui nostri binari, sempre uguali a se stessi e sappiamo anche che né Rfi, datrice di lavoro, né sindacati, né le altre istituzioni preposte hanno affrontato efficacemente la grave questione.

Certo è che lavorare col traffico aperto è una modalità ad altissimo rischio. Sul punto è in atto da anni un braccio di ferro, tra lavoratori, Rls, sindacati, ora sostenuti anche dall’Agenzia per la sicurezza ferroviaria Asfisa, contro Rfi, proprio per sospendere obbligatoriamente la circolazione durante le manutenzioni.
Resta infatti pericoloso non solo lavorare sul binario sui cui passa il treno, per poi spostarsi «su avvistamento» al suo passaggio, metodo ormai quasi in disuso, ma è pericoloso anche lavorare sul binario attiguo, tenendo conto che il treno passa a pochi centimetri da chi lavora, della complessità delle attività, della presenza di mezzi e macchinari rumorosi e del fatto che le lavorazioni oramai si svolgono prevalentemente di notte.

VISTI I PRECEDENTI procedimenti giudiziari in casi analoghi di investimenti sui binari, temo che sarà ricercato soltanto l’errore umano dell’ultimo anello della catena di comando, senza che la giustizia si interroghi sulla frequenze e prevedibilità di queste morti, senza nessuna riflessione sulle dinamiche e le conseguenze del sistema degli appalti, sul peso abnorme che svolge la ricerca del profitto, sul peso della precarietà contrattuale nelle prassi lavorative irregolari, ignorate o anche solo tollerate.

A spingere la magistratura a cercare verso i piani più bassi della scala gerarchica delle ferrovie c’è oltretutto una normativa sulla sicurezza del lavoro obsoleta e autoreferenziale che avvantaggia le imprese del settore ferroviario ed Rfi in particolare rispetto al resto del mondo produttivo e industriale. Caso forse unico di impresa che emana da se stessa la normativa di sicurezza mediante le sue «Istruzioni». Infatti, il settore ferroviario gode di una vecchia normativa dal sapore borbonico risalente al 1974, oggi assolutamente inadeguata e di difficile interpretazione e applicazione. L’armonizzazione necessaria con il resto dell’ordinamento, per garantire a chi lavora con le ferrovie le medesime tutele degli altri lavoratori, prevista dal Testo Unico 81/08, dopo innumerevoli rinvi viaggia con oltre 15 anni di ritardo.

QUELLA DI IERI è stata una immane tragedia, balzata giustamente all’attenzione dell’opinione pubblica per il numero delle persone coinvolte contemporaneamente, e per l’inspiegabile arretratezza dei sistemi di protezione. Tra i ferrovieri viene già chiamata la «nostra Thyssen». Siamo nel 2023, circondati da tecnologie avanzatissime che vediamo in azione dappertutto, anche nelle stesse ferrovie. Basta guardare ai sistemi informatici che fanno viaggiare i treni a grande velocità, le stazioni connesse col mondo, le biglietterie online: ma per la sicurezza degli operai che lavorano per consentire tutto questo, siamo ancora ai dispacci telefonici e alle regole del secolo scorso.

Ci dobbiamo interrogare tutti sul da farsi tralasciando l’ipocrisia dei comunicai di solidarietà, per primi impresa e sindacati, ma anche governo, magistratura, Ispettorato del lavoro e Regioni, titolari del potere e dovere di vigilanza sulla salute e sicurezza dei lavoratori. Ma l’unico rimedio veramente efficace non può che trovarsi in una rinnovata consapevolezza dei lavoratori e una loro mobilitazione. Per mettere in discussione tutte le fasi critiche e pericolose delle lavorazioni, iniziando dalle manutenzioni.  *Dante De Angelis   il manifesto

* macchinista e Rls, licenziato due volte (e due volte reintegrato dai giudici) per le denunce sulla sicurezza

 

 
 
 

L'IMPLOSIONE DEL TITAN E DELL'INDIFFERENZA

Post n°381 pubblicato il 24 Giugno 2023 da aliasnove

Se siete dispersi in mare conviene avere un conto in banca milionario: allora vi verranno a cercare. Se si tratta di un conto miliardario vi cercheranno con grande impegno. Se, infine, siete miliardari e famosi, impegnati in esplorazioni esotiche e sempre sotto l’occhio dei riflettori, allora il mondo si fermerà per ritrovarvi. Questa è la lezione che si può trarre dalla tragedia del Titan, il microsommergibile inghiottito dall’oceano il 18 giugno con i suoi cinque passeggeri. Giovedì pomeriggio la guardia costiera degli Stati uniti ha annunciato che il giocattolo per milionari era stato individuato e che le cinque persone a bordo erano morte.

Un destino annunciato: negli anni scorsi alcuni ex dipendenti della Ocean Gate e numerosi esperti avevano messo in dubbio la sicurezza del Titan, mai certificato da alcun ente marittimo.

Si scopre ora che la marina americana aveva immediatamente individuato il luogo e il momento del disastro, domenica sera, ma per non rivelare le capacità dei suoi sistemi di rilevazione supersegreti aveva lasciato che il mondo si cullasse nell’illusione che il Titan fosse integro e semplicemente incapace di comunicare, alimentando le false speranze di un salvataggio tempestivo. Decine di navi e aerei americani, canadesi e francesi avevano partecipato alle ricerche nella zona dove si trova il relitto del Titanic, da alcuni anni trasformato in attrazione turistica. Le televisioni di tutto il mondo hanno trasmesso continui bollettini di aggiornamento, fantasticando di richieste di soccorso provenienti dal battello e raccolte dai sonar.

Niente di tutto questo per il peschereccio Adriana, che il 13 giugno aveva lanciato disperati Sos dalle acque al largo di Pylos, nel Peloponneso. La guardia costiera greca era arrivata a pochi metri dall’imbarcazione dov’erano stipati circa 700 migranti ma non aveva fatto nulla. Dopo qualche ora il peschereccio si è rovesciato, un centinaio di disperati sono riusciti a salvarsi, gli altri sono finiti in fondo al mare.

I migranti non hanno conti in banca, non sono personaggi dello spettacolo, celebrità a caccia di brividi negati ai comuni mortali. Non hanno pagato 250.000 dollari a testa per vivere l’emozione di vedere da pochi metri di distanza i resti del più celebre naufragio del ventesimo secolo. Quindi non meritano la nostra attenzione, non meritano le ricerche, non meritano la mobilitazione delle marine di tre paesi per essere salvati. Non lo meritano anche se sarebbe stato sufficiente provvedere al trasbordo per risolvere la situazione. Mentre al largo di Terranova si trattava di una mission impossible che prometteva momenti emozionanti a beneficio delle televisioni, al largo di Pylos c’era solo da compiere il dovere di soccorso imposto dalla millenaria legge del mare: troppo banale, troppo noioso.

Una nave militare in mare costa 50.000 dollari al giorno. Decine di navi e aerei di tre paesi mobilitati per una settimana portano il conto a milioni di dollari, cifre con cui si potrebbero non solo soccorrere ma accogliere decine di migliaia di migranti, salvare donne e bambini. Peccato che i migranti non abbiano nome, tranne quando le onde ne gettano il cadavere sulla spiaggia, come nel caso del piccolo Alan Kurdi, nell’ottobre 2015. Dei miliardari a bordo del Titan, invece, sappiamo tutto: chi erano, cosa avevano fatto in precedenza, perché avevano voluto fare il viaggio che si è rivelato fatale.

Un viaggio che fa parte delle mode cui si dedicano con entusiasmo i nuovi padroni del mondo: se volete scalare l’Everest il biglietto vi costerà 93.500 dollari, se volete andare al Polo Sud 98.500, mentre se volete ammirare il nostro sfortunato pianeta da 80 chilometri d’altezza la Virgin Galactic di Richard Branson vi porterà in orbita per 450.000 dollari.

Commentando il naufragio nell’Egeo, che arriva poche settimane dopo quello di Cutro, diretta responsabilità del governo Meloni, padre Alex Zanotelli si è chiesto: «Come abbiamo fatto a diventare belve feroci?» Sbaglia. Le belve uccidono per sfamarsi, noi uccidiamo per indifferenza. Sono feroci per necessità, noi siamo feroci per comodità, noia, egoismo. Negli equilibri del creato le iene si comportano molto meglio di noi. Fabrizio Tonello il manifesto

 
 
 

AVANTI MARSCH

Post n°380 pubblicato il 03 Giugno 2023 da aliasnove

«Siamo sull’orlo di due abissi: l’inverno nucleare, basta un incidente e ci siamo, e l’estate incandescente per la crisi climatica. Serve un unico forte movimento per la pace e l’ambiente»: così il missionario comboniano Alex Zanotelli fotografa l’attuale momento storico.

Festeggiamo la Repubblica, che vieta la guerra come mezzo di offesa ma anche di risoluzione delle controversie, con una parata militare.
È assurdo e l’ho sempre detto in questi anni. Ma cos’ha a che fare la parata militare con la festa della Repubblica italiana? Una repubblica che è bastata sull’articolo 11, che ripudia la guerra, mentre invece siamo in guerra da tutte le parti. Una contraddizione totale.

Il conflitto in Ucraina va avanti da più di un anno, si riaccende l’ex Jugoslavia. In Italia non c’è un vero dibattito.
C’è una narrativa in questo paese in cui incredibilmente la parola pace è scomparsa. La guerra in Ucraina ha riarmato l’Europa, quello che sta avvenendo fa paura. Secondo il rapporto Sipri, nel 2022 la spesa militare degli stati dell’Europa centrale e occidentale è stata di 345 miliardi di dollari, per la prima volta ha superato quella del 1989. A questo ha contribuito anche l’imposizione dettata dalla Nato di impiegare il 2% del Pil in armamenti. Il presidente Usa Biden ha detto «voglio che la guerra in Ucraina continui per indebolire la Russia per poi fronteggiare la Cina» e questo sta infiammando tutto l’Indopacifico. Gli Usa hanno dato i sottomarini atomici all’Australia e hanno chiesto alle Filippine di installare altre 5 basi militari. Si sta armando fino ai denti il Giappone, che ha una costituzione pacifista. Si sta armando anche la Germania, che pure ha una costituzione pacifista, mettendo sul piatto 100 miliardi. Una Germania che si arma è pericolosa per l’Europa. Giochiamo tutti col fuoco.

Il parlamento Ue ha approvato il progetto di legge Asap a sostegno della produzione di munizioni anche con i fondi del Pnrr.
Una cosa di una gravità estrema. Quei fondi dovevano servire per scuola, sanità, creare possibilità di vita. Invece si potranno dirottare verso l’industria bellica, ci sono già 500 milioni di euro preventivati, una bestemmia. Mi preoccupa come il Pd sta votando: il Partito democratico e la sinistra devono svoltare su questi temi. Non è concepibile barcamenarsi tra visioni opposte.

La giustificazione del provvedimento sono gli arsenali vuoti. Stiamo ristrutturando l’industria europea verso il settore militare?
Siamo dentro un’economia di guerra, del resto basta vedere quante porte girevoli ci sono nel governo verso Leonardo, uno dei maggiori player della sicurezza. Papa Francesco ha detto «siamo già dentro la Terza guerra mondiale». E Gutierrez, il segretario Onu, afferma che stiamo andando «a occhi aperti» verso una nuova guerra mondiale.

Nel 2024 ci sono le elezioni europee che potrebbero segnare un cambio radicale verso destra.
Nel mio libro Lettera alla tribù bianca racconto come il suprematismo sta invadendo il mondo: Bolsonaro, Trump, i paesi europei come Polonia e Ungheria. Se in Spagna vincesse Vox rischiamo che l’ultradestra travolga le stesse istituzioni Ue. Dobbiamo dire «gente, vogliamo davvero andare verso il disastro totale?». Non solo l’olocausto nucleare ma anche l’estate incandescente. Spese militari, guerre, voli di aerei da combattimento stanno pesando sull’ecosistema tanto quanto lo stile di vita del 10% più ricco del mondo. Il pianeta non sopporta più la presenza dell’homo sapiens, divenuto demens.

Industria di guerra, cambiamento climatico provocheranno nuovi movimenti migratori a cui l’Europa risponde chiudendo i confini.
I migranti superano già i 100 milioni, immaginiamo cosa succederà quando il calore crescerà nella zona saheliana. La gente scapperà e vale lo stesso per i conflitti. Fuggono da guerre che facciamo noi, da cambiamenti climatici che provochiamo noi nel nord del mondo. L’Africa nel prossimo secolo potrebbe raggiungere oltre 2 miliardi di persone ma chi ci potrà vivere se si va avanti in questo modo? Ai nostri politici interessa il profitto, se arriva dagli armamenti non importa. Questi sono gli ultimi dati di spesa in Italia: 4 miliardi e 200 milioni destinati all’esercito per 200 carrarmati; alla marina 12 miliardi per la terza portaerei e il raddoppio della flotta; all’aeronautica 8 miliardi e 700 milioni per F35 e Eurofighter Typhoon. È follia. 
il manifesto

 
 
 

IL BUCO NERO DELLA GUERRA

Post n°379 pubblicato il 03 Maggio 2023 da aliasnove

Tutto sarebbe filato liscio al Concertone del Primo Maggio se non ci fosse stato l’intervento del fisico Carlo Rovelli. Sfilata di cantanti sui quali gli esperti hanno subito stilato una classifica, convinta conduzione necessariamente retorica ma manco troppo, e soprattutto decine e decine di migliaia di giovani e non, sotto la pioggia ad ascoltare, a partecipare al solito rito.Che stavolta è sembrato a tutti meno ripetitivo, meno sottrazione del conflitto e più restituzione di temi veri, perché ridotto all’osso del confronto tra il triste presente del lavoro precario e i contenuti della Costituzione. Intanto nelle stesse ore, quasi a contraddire la giornata «altra» dei giovani in piazza per il Concertone che resta organizzato e voluto dalle tre confederazioni sindacali, la presidente del Consiglio Meloni – che chiama Cgil-Cisl-Uil con il termine spregiativo “la triplice” come del resto i fascisti hanno sempre fatto nel Belpaese – mandava in onda, volutamente in alternativa al protagonismo sindacale delle piazze, uno spot sulla «sua» febbrile giornata lavorativa, sullo sfondo i ministri ridotti a comparse, con un piano sequenza che scavava negli angoli di Palazzo Chigi, così indimenticabile da far apparire quello della “Giornata particolare” di Ettore Scola come una prova d’esami dello Sperimentale di cinematografia. Poi l’intervento di Carlo Rovelli che ha fatto ancora di più la differenza.Il fisico, teorico e studioso dei «buchi bianchi», considerato tra i maggiori divulgatori scientifici al mondo, gentile e pacato come sempre si è rivolto ai giovani leggendo un suo testo nel quale ad ogni tratto ha ripetuto un intercalare: i problemi seri del mondo dove «non tutto è meraviglioso» possono essere affrontati solo dai giovani, «solo voi potete affrontarli».«C’è una catastrofe ecologica che sta arrivando e rischia di rovinarvi il futuro – ha detto – e nessuno prende le decisioni per fermarla perché a qualcuno dà fastidio, ci sono diseguaglianze che crescono, ma voglio dirvi che stiamo andando verso una guerra che cresce e invece di cercare soluzioni i Paesi si sfidano, invadono paesi, soffiano sul fuoco della guerra e la tensione internazionale non è mai stata così alta come adesso».Poteva bastare la catastrofe ambientale, si poteva pure sopportare la denuncia delle diseguaglianze che dilagano e che si aggraveranno con i provvedimenti del governo Meloni come in piazza hanno denunciato i segretari confederali e in particolare Landini, ma l’insistenza sulla guerra è stato davvero «troppo», uno «scandalo»: «Spendiamo più di due trilioni di dollari in spese militari – ha continuato Rovelli senza alcuna reticenza e dichiarando quello che, secondo i sondaggi, pensa la maggioranza degli italiani – , invece di usare le risorse per la musica, costruire strade etc, le usiamo per ucciderci l’un l’altro. I potenti vogliono essere più potenti e come in Italia vogliono essere vassalli dei potenti, ma la guerra si fa anche perché costruire armi è una delle attività più lucrative del mondo».E incredibilmente non contento ha aggiunto tra gli applausi, stavolta accusando il governo: «In Italia il Ministro della Difesa è stato vicinissimo a una delle più grandi fabbriche di armi nel mondo, presidente della federazione dei costruttori di armi, il Ministero della difesa deve servire per difenderci dalla guerra, non per fare i piazzisti di strumenti di morte. Tutti dicono pace, ma aggiungono che bisogna vincere per fare la pace, volere la pace dopo la vittoria vuol dire volere la guerra. E il governo italiano sta decidendo di mandare una portaerei a fare i galletti davanti alla Cina – (è vero, lo ha annunciato lo Stato maggiore della Marina ndr) -, queste sono le scelte che rischiano di distruggere le nostre vite».Poi, sempre rivolto ai giovani, ha concluso con estrema chiarezza contro i Signori della Guerra: «Questo non è il mondo che ci piace: il mondo non è dei signori della guerra, ma vostro, perché siete tantissimi e il mondo potete cambiarlo, insieme, potete fermare la distruzione del Paese, potete fermare i signori della guerra, costruire un mondo lavorando assieme per risolvere i problemi. Sognate un mondo migliore e costruitelo, non vivete nell’attesa di sogni irrealizzati. Non abbiate paura di imbrattare i muri, cambiate questo mondo». Parole inequivocabili di verità, esortazioni più che legittime.Infuriato naturalmente il governo, per il quale questa guerra è una polizza assicurativa: finché dura – in strano connubio con le scelte criminali di Putin – il sostegno internazionale atlantico è garantito.Crosetto, il gigante «buono» – che cresce di statura e peso ad ogni lievitazione della spesa militare per il nostro riarmo, che infatti sale – e che dopo avere presieduto Leonardo come ministro sparge armi e imprese d’armamenti Made in Italy come parmigiano in giro per il mondo – non ha forse ridato con Meloni subito i missili agli Emirati in guerra con lo Yemen e già occupanti con i Saud del Bahrain? – si è risentito per essere stato definito «piazzista di morte». Dopo le scuse dei conduttori del Concertone «perché è mancato il contraddittorio», il gigante «buono» con signorilità padronale per chiarire la natura del suo lavoro vuole invitare a cena Rovelli. Che ha risposto sì, ma ricordando che «non è un fatto personale».No, non è un fatto personale, è solo l’articolo 11 della Costituzione scritto dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». Lo scopo è quello della pace. Non il buco nero della guerra. Tommaso Di Francesco il manifesto

 
 
 
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