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Creato da: r.capodimonte2009 il 13/10/2009
attualità, politica, cultura

Messaggi del 12/09/2017

 

L'AMARA STORIA DEL "PETROLIO ITALIANO"

Post n°1625 pubblicato il 12 Settembre 2017 da r.capodimonte2009

TERZA PUNTATA

In una intercettazione telefonica che ha fatto epoca (e che ancora oggi fa comprendere come, dietro le opzioni illiberali e cospiratorie del ministro Orlando per ridurle a niente, ci sia proprio “certa  magistratura corrotta”!), il giudice Giuseppe Chiaravalloti, vice-presidente della Autorità Garante della Privacy, avvocato generale della Procura di Catanzaro, Procuratore Generale della stessa procura, Procuratore Generale a Reggio Calabria, politico di razza, e massone, parlando dell’allora magistrato Luigi De Magistris (che stava investigando su una delle tante inchieste su Berlusconi), disse alla sua segretaria: “Lo dobbiamo ammazzare? No, gli facciamo cause civili e ne affidiamo la gestione alla camorra napoletana... Siamo così tanti ad aver subito l’azione che quando esploderà la reazione sarà adeguata...” Utilizzare questa metodologia contro un magistrato, poi, non è tanto semplice, figurarsi contro un giornalista! Né ci risulta che l’ANM né tantomeno il CSM abbiano mai criticato certi meccanismi di “distruzione” verso individui che reclamano la libertà di pensiero: come, ad esempio il reporter dei petroli, il giornalista Nicola Piccenna, il quale indagò, fino alla disperazione morale e civile, sul petrolio lucano.

Alla morte di Mattei, gli inglesi e gli americani credettero di essersi scrollata di dosso l’Eni di Mattei, invece trovarono un altro osso duro nel nuovo astro nascente della politica italiana, Aldo Moro, il quale pretese che le ricerche petrolifere in Lucania proseguissero, mettendosi in rotta di collisione con la nuova dirigenza AGIP-ENI, sterilizzata dalla DC fanfaniana e flio-americana; fino alla constatazione esatta del giacimento, calcolata da Mattei in 15 miliardi di barili! E siccome, sappiamo, che Moro stava cucendo anche una trama politica per portare il PCI al famoso “compromesso storico”, e quindi ad un disconoscimento politico della “cortina di ferro”, i servizi dei due Paesi pensarono seriamente, in prospettiva, ad un colpo di Stato.

Intanto nel 1975 era stato ammazzato Pasolini, per anni e anni si sostenne, per mere ragioni omosessuali da ragazzotti “fascisti”, in realtà, come fu dimostrato in seguito, a busta paga da Marcello Dell’Utri, il quale era stato incaricato da Berlusconi (su istruzioni della P2) di convincere lo scrittore a bloccare la pubblicazione del suo libro, “Petrolio”: la spedizione punitiva andò male, ma il capitolo mancante del romanzo, quello in cui Pasolini aveva inserito i protagonisti delle lotte intestine politico-economiche, fin dai tempi del delitto Matteotti, per evitare o consentire che la Basilicata diventasse preda delle Sette Sorelle scomparve: qualcuno disse nelle mani dello stesso Dell’Utri! A quel punto sbucò, come in un film giallo, il faccendiere Aldo Miccichè, superlatitante (rifugiatosi poi in Argentina), mediatore internazionale di commesse petrolifere anonime, provenienti dalla Gazprom russa e dai governi islamici sotto sanzioni (Iraq e Iran), il quale fu incaricato di organizzare il famoso golpe “Borghese”, il cui fine ultimo, contrariamente a quanto pensassero il golpisti, avrebbe dovuto bloccare l’acquisizione all’Eni delle commesse petrolifere italiane, e redistribuirle tra inglesi e americani. Gli scrittori Fasanella e Cereghino sostengono che l’operazione fu sospesa per l’opposizione dei tedeschi, ma che alla fine i conti con Aldo Moro furono saldati lo stesso, nel 1978: e questo in base a memorandum secretati presso gli archivi della Marina di Sua Maestà. Piccenna sostiene che Moro aveva anche altre “colpe”: quella ad esempio di aver intenzione di stampare carta moneta sovrana (lo aveva fatto con le famose 500 lire), e questo preoccupava assai l’alta finanza internazionale. In quanto al cognome Miccichè, l’attuale “faccendiere” siciliano, Giancarlo, passato anche lui attraverso inenarrabili intrighi, non risulta imparentato con l’originale!

Insomma, gira e rigira, l’ENI fu costretta a rivelare la consistenza dei “pozzi lucani”, che, l’abbiamo visto, nel 1980 risultarono “senza fondo”, ma in seguito, come per miracolo, diedero un modestissimo livello di appena 900 milioni di barili! Ma quali pozzi? Dopo trent’anni di tiritere, e il passaggio della proprietà del greggio estratto da Tempa Rossa e Viggiano alla Total (la quale ogni giorno sposterà 170 tir-cisterna verso le raffinerie di Montegrotto e di Falconara, dopo che Comuni e Regione si sono detti contrari all’ingrandimento delle infrastrutture di raffinazione del porto di Taranto!), si è persa la traccia degli antichi giacimenti di Tramutola e Grumento dove, ancora oggi, il petrolio si calpesta, ma nessuno, non si capisce bene il perché (né se lo chiede la famiglia Pittella!), ha intenzione di ricavarlo! E intanto l’Italia vende la benzina ai suoi cittadini con le più alte accise del mondo, mentre le multinazionali straniere, che si portano via allegramente il nostro prodotto pagano una royalty del 4%, la più bassa che esista! (ITALIADOC)

P.S. Per questa inchiesta abbiamo consultato:

G. Fasanella/M.J. Cereghino, Il Golpe Inglese e Tangentopoli Nera, 2014 e 2016

N. Piccenna, Articoli e blog vari

P. Aprile, Il Sud Puzza, 2013

M. Canali, Il Delitto Matteotti, 1997

R. De Felice, Mussolini, il Fascista, 1965-1966

 

 

 

 

 
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