Se ascolto l’ironia rannicchiata in fondo alle cose, essa si scopre lentamente. Strizzando un occhio piccolo e chiaro, dice: “Vivete come se...”
Nonostante le molte ricerche, tutta la mia scienza è qui.
Camus, Il rovescio e il diritto
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Dei petali di Michel FaberN.B. Attenzione! Ci sono UN SACCO di spoiler sulla trama del libro... Di ritorno dal weekend pasquale con una gran voglia di verdure bollite e di familiari muti, mi siedo a raccontarvi dell’ultimo libro che ho finito di leggere, che merita qualche riflessione più dettagliata di quelle nel box in basso a destra. Ho comprato Il petalo cremisi e il bianco di Michel Faber perchè ero stanca di sentirmi dire “Ma come, una maniaca del romanzo vittoriano come te ancora non l’ha letto?” Conclusione: non so se lo ricomprerei (al momento tenderei ad investire quei 12 euro più che altro in un manuale di sopravvivenza alla propria famiglia). La trama: in una cupa Londra di fine ‘800 Sugar, prostituta ricercatissima, attira l’attenzione del dandy spiantato William Rackam. L’uomo, folle di passione per lei, decide di averla in esclusiva, dapprima nel bordello in cui lavora, e poi in un appartamento tutto per loro. Per farne la propria mantenuta, si rimbocca le maniche e assume a direzione dell’impresa di famiglia, che fino ad allora aveva sommamente schifato preferendo inseguire i suoi sogni letterari. William Rackam ha una moglie malata e instabile, Agnes, da cui ha avuto una bambina un po’sfigata, Sophie. L’ex prostituta Sugar, che inizialmente, pur accettando le offerte di William, lo schernisce, diventa sempre più ossessionata dalla sua vita e dalla sua famiglia, e riesce ad ottenere il posto di istitutrice della piccola a casa Rackam, ovviamente in incognito. Sugar diventa indispensabile: è l’angelo guida della piccola, la segretaria di fiducia di William, del quale in pratica gestisce le aziende, e resta ovviamente un’amante focosa e pronta a tutto. Dopo un po’, tuttavia, William si fa prendere da scrupoli moralistici, e – spoiler – dopo la scomparsa di Agnes, la moglie mezza pazza, decide di risposarsi: non con Sugar, che intanto si è quasi desessualizzata, ma con una signora rispettabile. Per questo decide di cacciare Sugar da casa sua, ma lei lo previene, -altro spoiler- fuggendo, e portandosi via la piccola Sophie.
Questa, in estrema sintesi e tagliando via trame e personaggi secondari, è la storia del Petalo cremisi e il bianco (a proposito: si capisce perchè il libro si intitola così solo verso pag. 900, dalla scena in cui Sugar fa cadere dai diari di Agnes alcuni petali secchi, di colore appunto cremisi e bianco. Immagino che simboleggino Sugar e Agnes. Ma anche no). La cosa migliore del libro, a mio parere, è la ricostruzione della Londra vittoriana, realistica, dettagliata, cruda ma mai volgare. Davvero uno splendido affresco. Per il resto ho qualche perplessità. So che molti hanno abbandonato il libro per via dello stile di Faber, che, per coinvolgere il lettore, gli si rivolge direttamente, spesso in modo neanche tanto carino, del tipo “Tu , stupido! ti è piaciuto questo personaggio? Bene, non lo rivedrai più. Adesso invece guarda dove ti dico io, e solo fin quando te lo dico”. Se ne deduce che molti non ne sopportano l’atteggiamento presuntuoso, da so-tutto-io (per forza, il libro l’ha scritto lui, chiaro che ne sa più del lettore, cosa se la tira a fare?). La cosa che mi ha irritato è piuttosto l’inverosimiglianza della trama: qualcuno mi spieghi come ha fatto Sugar, una prostituta dedita da tenera età alle pratiche più turpi, a farsi una cultura enciclopedica, quasi superiore a quella di William, che ha studiato a Oxford – o in un posto del genere-. Con tutto il rispetto per le prostitute, semplicemente non poteva avere né i mezzi, né il tempo per imparare (tra l’altro: come si procurava i libri?). Stesso dicasi per le competenze di contabilità e di gestione di impresa: o Sugar ha la scienza infusa e l’autore si è dimenticato di dircelo, o si deve ammettere che la trama è un tantino improbabile. Poi mi si deve anche spiegare come faccia William, che all’inizio del libro è chiaramente un inetto, a diventare capitano d’impresa in sei mesi, solo per avere abbastanza soldi da mantenere Sugar. Mi si dirà: è la forza dell’amore. A me, più che altro, viene in mente un proverbio citato spesso da un mio amico, che recita più o meno – scusate la volgarità- “Tira più un pel di …che una coppia di buoi”. William dimostra tutta la sua stupidaggine, secondo me, quando accoglie Sugar in casa come istitutrice di sua figlia ( e qui ritorna la domanda: come fa una prostituta, cresciuta nel bordello tenuto da sua madre, verosimilmente senza essere andata a scuola e meno che mai stata a contatto con bambini, a fare l’insegnante?). Dal momento che Sugar è la prostituta più famosa di Londra, non gli sorge proprio il dubbio che qualcuno la riconosca? Il finale del libro profondamente irritato: in pratica non si conclude niente. Sugar va via, ma verso dove, perché? Che fine fanno lei e la bambina? C'è chi lo definisce finale aperto, io lo chiamerei piuttosto finale del cavolo.
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