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Un blog creato da lecittadelsud il 01/06/2010

LE CITTA' DEL SUD

Identità e decrescita sostenibile delle province duosiciliane

 
 

BREVE STORIA DELLE DUE SICILIE

da: "DUE SICILIE" Periodico Indipendente - Direttore: Antonio Pagano

www.duesicilie.org

La storia della formazione dello Stato italiano è stata così mistificata che non è facile fornire un quadro fedele di tutti gli avvenimenti che portarono all'unità. Dal 1860 in poi è stato eretto dal potere italiano un muro di silenzio  Molti importanti documenti sono stati fatti sparire o tenuti nascosti, e ancora oggi sono secretati negli archivi di stato;

 

 INDICE

Sintesi storica

Situazione sociale ed economica

Le più importanti realizzazioni

Le cause della fine del Regno

I Garibaldine e l'invasione piemontese

La resistenza duosiciliana

Conclusioni

 

 

ITINERARIO STORICO NEL REAME DELLE DUE SICILIE
tratto da Giuseppe Francioni Vespoli (1828) e Antonio Nibby (1819)

Itinerario 1 (Napoli Capitale)
Itinerario 1 (da Portici a Pompei)
Itinerario 1 (da Pozzuoli a Licola)
(Intendenza di Napoli)
Itinerario 2 (da Nola al Matese)
Itinerario 2 (dal Garigliano a Venafro)
(Terra di Lavoro)
Itinerario 3
(Principato Citra)
Itinerario 4
(Principato Ultra)
Itinerario 5
(Basilicata)
Itinerario 6
(Capitanata)
Itinerario 7
(Terra di Bari)
Itinerario 8
(Terra d'Otranto)
Itinerario 9
(Calabria Citeriore)
Itinerario 10
(Calabria Ulteriore Prima)
Itinerario 11
(Calabria Ulteriore Seconda)
Itinerario 12
(Contado di Molise)
Itinerario 13
(Abruzzo Citeriore)
Itinerario 14
(Secondo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 15
(Primo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 16
(Intendenza di Palermo)
Itinerario 17
(Intendenza di Messina)
Itinerario 18
(Intendenza di Catania)
Itinerario 19
(Intendenza di Girgenti)
Itinerario 20
(Intendenza di Noto)
Itinerario 21
(Intendenza di Trapani)
Itinerario 22
(Intendenza di Caltanissetta)

 

I SONDAGGI

 

 

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ITINERARIO 1 (terza parte: da Pozzuoli a Licola)

Post n°41 pubblicato il 15 Giugno 2010 da lecittadelsud
 

Provincia (Intendenza) di Napoli (capoluogo: Napoli)

Distretti: Napoli, Casoria, Castellammare, Pozzuoli

 

Passata la grotta Puteolana, opera rispettabile per la sua antichità, s'incontrano due vie. L'una a dritta è detta di Succavo, perché conduce a'tagli delle pietre vulcaniche, o alla famosa pietraia con questo nome. L'altra a sinistra che conduce a Pozzuoli, si appella de' Bagnuoli (il nome di Bagnuoli viene dalla gran quantità di bagni o delle acque minerali che scaturiscono ne'colli intorno): la discorrono alti e vigorosi pioppi in tutto il suo corso. Dopo breve cammino, di prospetto ad un casamento, questa via si vede bipartita. Una corre dritta al lago di Agnano, e circondando alcuni monti che lo coronano, sale al real bosco degli Astroni (cratere di un vulcano estinto, e luogo assai delizioso per caccia, rinchiuso dai monti in forma di anfiteatro con tre laghetti nel mezzo: iI maggiore è permanente, laddove gli altri due più piccioli facilmente si disseccano). L'altra prosegue collo stesso nome sulla riva del mare a Pozzuoli.

 

Pozzuoli. Quantità di superbi avanzi testificano in Pozzuoli la sua antica magnificenza. La dolcezza dell'aria che vi si respira, l'amena situazione, l'abbondanza delle acque le più eccellenti e la fertilità delle campagne fanno vedere che non senza ragione i Romani faceano di questo luogo la loro delizia. La Cattedrale, dedicata a S. Procolo, si trova eretta sulle ruine del tempio, che Calpurnio fece innalzare in onore di Ottaviano Augusto. Di sua vetusta elevazione sono appena visibili alcuni grossi pezzi di marmo con alcune colonne corintie sostenenti un architrave. Altro avanzo di antichità è il Tempio di Giove Serapide.  E' un grandioso edificio quadrilatero lungo palmi 94o e largo 840 in fuori della cella. Tutto il pavimento è lastricato di lunghi e larghi pezzi di marmo hianco e cipollino con una profusione singolare. Nel fondo, dal lato di oriente, si apriva la cella in una basilica semicircolare, sporta fuori del quadrilungo. Ha di lunghezza 5oo palmi e 240 di larghezza. Qui si vede nel centro la gran nicchia dove sedea la divinità, circondata da vari ordini di colonne e di fregi, e da due statue laterali di cui restano le basi.. Si entrava nella cella da un maestoso pronao tetrastilo di cui sono oggi in piedi tre colonne di cipollino.

Merita di essere osservato l’Anfiteatro. La sua figura è ellittica a due piani costrutti di grosse pietre quadrate: l'arena era di lunghezza palmi 231 e 161 di larghezza. Conservasi una parte della sua inferiore galleria. L' edificio potea contenere circa 5.ooo persone. Nelle vicinanze sono gli avanzi del tempio di Diana a destra, e di Nettuno a sinistra, l'uno quasi di prospetto all'altro. Il primo è di forma rotonda al di dentro, con grandi archi in mezzo della sua fabbricazione, il secondo è sull' alto del colle, di prospetto a Bauli, ed è diviso in due parti. La prima che guarda la strada, era propriamente il tempio, l'altra, che volge al mare, ne costituiva il portico. Pozzuoli non richiama l'attenzione del viaggiatore unicamente per le venerande reliquie della remota antichità, ma per le opere ancora della natura. I fenomeni di ogni maniera che osservami in questo suolo, diedero origine alle più brillanti favole del paganesimo. Dopo il Vesuvio, la Solfatara è il luogo più importante per l'azione terribile del fuoco, e per le vestigia che il medesimo vi ha lasciato: le sue viscere sembrano essere agitate da un perenne calore. Non può non restar sorpreso chicchessia, ponendo il piede nel cratere della solfatara: la sua figura presenta una conca ovale, ovvero un bacino circundato da tre parti da monti calcinati per la lunghezza di palmi 1300 e per la larghezza 1100. È indubitabile che questo antichissimo vulcano abbia il suo piano esteriore sostenuto da volte e da archi profondi architettati dalla natura, sotto cui si aprono abissi e caverne impercettibili. Se si scuote la terra co' sassi al di sopra, se ne sente il cupo rimbombo. Tutto il suo piano è alto sul livella del mare 291 piedi. Molti spiragli vi tramandano nembi di vapori acquei di gas idrogeno solforato e di gas acido solforoso che s'innalzano a grandi altezze. Nella loro bocca, ove il calore supera di molto l'acqua bollente, si raccoglie dello zolfo sublimato in fiocchi. Sopra tutte le pietre apparisce in efflorescenza gran quantità dì solfato acido, di allumina ossia allume di rocca, di muriato di ammoniaca o del sale ammoniaco, come pure di solfato di ferro. E’ anche degno di essere veduto il Porto di Pozzuoli. Là poteano stanzionare sicuramente le navi che venivano da tutti i mari di oriente e di occidente allora conosciuti.Veggonsi ancora i ruderi del suo molo, che si vuole costrutto da Adrìano e rifatto da Antonino suo figliuolo. Questa fabbrica è una catena di grandi piloni, detti dagli antichi Pilae Puteolanae: son formati di grossi mattoni con la nostra pozzolana, tanto decantata da Vitruvio, e congiunti insieme con irchi fortissimi laterizi, che lasciavan passare le onde del mare. Erano siti nella stessa linea per 1600 palmi in lunghezza. Altri monumenti di antichità sono due vasti edifici, i quali forse nella loro origine non formarono che un solo: dalla costruzione sembra che sia stata ampia conserva di acqua. Uno viene dal volgo appellato il labirinto di Dedalo a cagione delle sue oscure camerette, fabbricate e disposte dentro la collina, e che per lunghe aperture hanno tra loro doppia comunicazione. L'altro edificio è detto le Tombe.

Pozzuoli fu detta anticamente Dicearchia, allorché non era che il navale o l'arsenale de' Cumani, primi di lei abitatori. Poi ne vennero in possesso i Scuni, che fuggivano dalla tirannia di Policrate. Si resse in repubblica assoluta, finché non venne occupata da' Romani. Questi nell'anno 537 vi dedussero una colonia sotto il comando di Q. Fabio per difenderla dagli attacchi di Annibale e nel 559 ve ne stabilirono altra col distintivo di Augusta. Cicerone la chiamò municipio, e Tacito la confonde tra' municìpi e le colonie. L' antica città situata sull'alto era molto grande e spaziosa. Arrivava sino alla Solfatara, dove avea principio la strada che menava a Napoli. Erano assai forti e rinomate lo sue mura, cinte all'intorno d'inespugnabili torri. Fra' celebri spettacoli Puteolani, e scenici e gladiatóri, avea anche luogo quello della Butizia. Era un bovicidio, ovvero un clamoroso sacrificio di bovi. La villa di Cicerone fuori del reciato di Pozzuoli descrittaci da Plinio, e diversa già dalla Cumana come si rileva dalla stesso Cicerone, fu dove egli tenne le sua Accademia, e vi compose le sue dottissime questioni. Il tempio delle Ninfe, poco di là lontano, e che si vuole edificato sotto Domiziano, è famoso per gli abbocamenti che vi ebbero Apollonio Tianeo e Demetrio. Pozzuoli soffrì delle terribili sciagure a causa delle guerre e delle varie scorrerie fattevi da barbare nazioni: essa andò in breve tempo a decadere dall'antico suo lustro.

Tutto l’agro Pozzolano, che è un aggregazione di materie vulcaniche terrose, è abbondante di acque minerali, mirabili per infinite infermità. In Pozzuoli è ottima fabbrica di sapone e la pesca è copiosa e delicata.

Laghi Lucrino ed Averno. Il Lago Lucrino è rinomato nell'antichità per l’abbondanza de' pesci, e delle ostrichè, la cui pesca apparteneva ai Romani, onde si vuole, chè portasse un tal nome a Lucro, cioè dal guadagno, ch' esso produceva. Giulio Cesare unì il Lago Lucrino e l'Averno col mare; equest'opera fu detta Porto Giulio, chè da Plinio era riguardato come una maraviglia. Una parte del Lago Lucrino rimase coperta da un terremoto sì violento, chè nella giornata de'29 Settembre 1538, un grosso villaggio, chiamato Tripergole, situato tra il mare ed il Lago, fu interamente sommerso con i suoi infelici abitanti. Nel medesimo luogo si aprì la terra, di dove s' innalzò una fiamma, ed un denso fumo, meschiato d'arene e d'ardenti pietre; e con tali materie si vide formare quell' alta montagna chè si vede a destra della nostra via poco prima d'arrivare al lago e che si chiama Monte Nuovo. Il Lago Averno, che resta un miglio distante dal Lago Lucrino, cessò dì comunicare col mare, dopo il suddetto terremoto. Esso rimane in una valle, e sembra essere il cratere d' un vulcano estinto. La denominazione di Averno è voce Greca, che vuol dire senza uccelli, perchè i surriferiti laghi erano negli antichi tempi talmente circondati di selve, che il puzzo di solfo ch'esalava, faceva morire gli uccelli che vi volavano sopra. In queste orrende selve si asserisce da Strabone che abitavano i Cimmeri, popoli barbari, la professione de'quali era di far gl'indovini. Omero ci dice che vivevano dentro profonde grotte, senza veder mai la luce del Sole. Gli Antichi credevano, che per questa grotta si discendesse nell'Inferno. Alcuni Autori hanno preteso che il Lago Averno sia senza fondo; ma pure, essendo stato misurato, si è trovato , che non è più profondo di 95 canne, e del diametro di 3oo in circa. Ottaviano Augusto fece tagliare tutte le selve ed Averno non ritenne di terribile altro che il nome. Nelle vicinanze di questo Lago si vede l' apertura d' una grotta, che da molti Scrittori è stata giudicata per quella della Sibilla Cumana; benchè da molti altri si voglia che quel gran canale, che fece scavare Nerone, servisse per condurre tutte le acque calde di Baja nel promontorio di Misene. Questa grotta, o sia canale, essendo stata abbandonata, non è praticabile per più di 15o passi.

Baia. Questa rovinata Città, al dire di Strabene, prese il suo nome da Bajo, compagno d'Ulisse, chè vi fu sepolto. La sua bella situazione, la fertilità del terreno, l'abbondanza d' eccellenti pesci, le deliziose passeggiate sulla spiaggia del mare, e nei prati, la gran quantità di sorgenti minerali di tutti i gradi di calore, atti a dar piacere, e a render la salute; tutto ciò vi attirò i più ricchi voluttuosi Romani. Seneca ci dice, chè il soggiorno di questi luoghi era pericoloso per chi volea conservar qualchè dominio sulle proprie passioni. Giulio Cesare vi aveva la sua villa, in cui da Livia fu avvelenato Marcello. Il Castello di Baja è situato sull'altura, ch' è la sola parte abitata di questa costiera: nel piano altro non si vede chè avanzi di costruzioni, chè sostenevano gli edifici, i giardini ed i terrazzi, ma chè dal mare sono rimasti sommersi, e gli avanzi di tre Tempi, chè si credono quelli di Venere Genitrice, di Mercurio, e di Diana Lucifera.

Sepolcro d' Agrippina. Altro non ci rimane di quest'antico monumento, chè una parte di fabbrica in forma di semicircolo, con gradini intorno, e con una volta ornata di bassirilievi di stucco. Si chiama volgarmente il Sepolcro d' Agrippina, perchè si sa, chè in queste vicinanze fu uccisa per ordine del tiranno suo figlio Nerone: ma, siccome Tacito ci dice ch' essa fu sepolta in un' umile tomba, presso la villa di C. Cesare, Dittatore, perciò si crede, chè questo edificio possa essere stato un Teatro, come sembra per la sua forma. Vi sì entra al chiarore d'una torcia, il chè ha fatto si chè le mura interne siensi tutte annerite. e

Cento Camerelle. Questo grand' edificio vien detto Laberinto, per cagione del gran numero delle stanze chè contiene, le quali sono a volta e coperte di un intonaco durissimo, chè si conserva ancora bianco. Alcuni vogliono chè fossero costruzioni di qualchè gran fabbrica e altri le credono carceri pe'delinquenti.

Piscina Mirabile. È questa una gran conserva dell' acqua Sabbata, chè Lucullo fece costruire per provvedere d' acqua dolce quei chè vivevano in questi contorni; e specialmente per uso della flotta Romana, la cui stanza era nel vicino porto di Miseno. Per due scale, ciascuna di 40 gradini, si discende in questo ammirabile edificio, il qunle è diviso in cinque anditi, e in molte arcate, sostenute da 48 pilastri, tra' quali vi è un muro, chè divideva in due parti la fabbrica, forse per tenervi divise le acque. La sua lunghèzza è di 278 palmi, la larghèzza di 93, e l'altezza di 25. Tutta la costruzione è di mattoni, e ricoperta d' un intonaco della durezza del marmo.

Capo Miseno. È quel Promontorio chè forma la punta Orientale e Meridionale del golfo di Pozzuoli, ed ivi era situata la Città di Misene. Virgilio dice ch prese un tal nome da Miseno, compagno d'Enea, per esservi stato sepolto. Giulio Cesare sotto la direzione di Agrippa, fece cominciare un magnifico porto, chè dal suo nome si disse Porto Giulio. Di poi fu terminato da Augusto, per servire alla principal flotta de' Romani, la quale invigilava alla sicurezza del Mare Mediterraneo. La Città di Miseno divenne un luogo di delizie e di lusso come Baja. I più ricchi Cittadini Romani, i Senatori, ed anchè gl' Imperatori vi avevano le loro ville , fra le quali, quella di Nerone era la più magnifica, come pure l' altra di Lucullo, di cui si veggono ancora gli avanzi: in essa morì l'Imperator Tiberio; alia medesima villa eravi annesso un Teatro, i cui avanzi dimostrano, ch' era molto grande. Questa Città fu presa, e sacchèggiata da' Longobardi nel 836, e poi distrutta da' Saraceni nel 89o; ed in oggi non vi si veggono, chè rovine, chè non possono dare alcun' idea de'brillanti Secoli de’Romani. Vedesi sotto la collina una grotta, detta Dragonaria, la quale, secondo Suetonio, era una Piscina fatta cominciare da Nerone, per condurre nella sua villa tutte le acque calde, ch' erano in Baja.

Fusaro. Questo lago, celebre presso i Greci ed i Latini, da' mitologi e da' poeti fu detto palude Acherusia o di Acheronte. Tutte le anime doveano tragittarlo: i malvagi vi rimaneano, i giusti passavano a' Campi Elisi. La lunghezza del Fusaro non oltrepassa tre miglia: ineguale è la sua larghezza. Il lago abbonda di squisiti pesci e di famose ostriche: le sue acque comunicano col mare per ampio e lungo condotto, espressamente edificato. Piccola e bella Casina Reale sorge nel Fusaro. I monti, lungo le maremme, hanno copiosa caccia.

Cuma. Questa Città era situata sopra di un monte, presso al mare. Strabone dice che la fondazione di Cuma è anteriore a quella di tutte le altre Città dell' Italia; e che fu edificata da' Camei dell'isola EuBea della Grecia, i quali con alcune navi vennero in Italia co' Calcidesi, per trovare un nuovo domicilio. Dicono gli Storici essere stata questa Città sì forte, chè rimaneva molto difficile l'assalirla. Questa Città dagli Antichi era chiamata Fortunata, e Felice, tanto pel numero, e per le ricchèzze de' suoi abitanti, quanto per la sua felice situazione, e per la fertilità del suolo. Nnel i2o7, fu interamente distrutta da' Napolitani. Nella sommità del monte eravi il famoso Tempio d' Apollo Sanatorio, falso Dio patrio della Colonia Calcidese, in cui fu collocata da'Cumani la celebre statua d'Apollo, chè d'Attica aveano portato in Cuma, e chè dicevasi aver pianto in diversi disgraziati eventi, come riferiscono vari Scrittori. Sotto l'istesso Tempio, in un antro scavato nella montagna medesima, vi fu stabilito l'Oracolo dell'Apollo Cumano. In questa orribil grotta le famose Sibille Cumea e Cumana rendevano gli Oracoli d' Apollo, chè mai non furono intesi dai superstiziosi, e dagli sciocchi, chè lì domandavano. L' ingresso della suddetta grotta è ornato d' un bel frontispizio di marmo, chè guarda verso Oriente. In uno scavo fatto in Cuma nel 16o6, fu trovato un Tempio di buona architettura, del quale veggonsi ancora gli avanzi presso la via Appia e l’Arco Felice.

Licola. Questo lago è nel territorio, che un tempo apparteneva a' Cumani. Ad un di presso tiene la stessa figura del Fusaro, ma il perimetro è di circa cinque miglia. Il massimo fondo è di palmi quattro. Ebbe principio da quel canale, che a Nerone saltò in testa di far navigabile per lo corso di centoquaranta miglia dall'Averno ad Ostia. Il lago abbonda di pesci di ogni sorta: nelle sue vicinanze era la celebre selva Gallinaria, al presente nominata bosco di Varcaturo. Poco distante da questo lago, in gennaio 1809, fu scoperto antico sepolcreto Greco- Cumano.

Arco Felice. Tornando da Cuma verso Pozzuoli, s'incontra l'avanzo d' un grosso muro di mattoni, in cui vi è un arco, chè anticamente era sostenuto da colonne, il quale chiamasi Arco Felice. Il muro ha 75 palmi d' altezza, e l' Arco palmi 23 di larghèzza: si conosce chè il tutto formava una parte del recinto della Città, e chè l’Arco servìva di porta.

 
 
 
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L'AFORISMA

Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.
Italo Calvino, da “Le città invisibili”

 


LA RICETTA
Paccheri Al Regno delle Due Sicilie
Paccheri di Gragnano ripieni di ricotta di pecora e Gamberetti di Mazzara su ragout di pomodorini del Vesuvio e salsa di Gamberi
vedi la ricetta in dettaglio

LA POESIA
"E ' a Riggina! Signò! … Quant'era bella! E che core teneva! E che maniere! Mo na bona parola 'a sentinella, mo na strignuta 'e mana a l'artigliere… Steva sempre cu nui! … Muntava nsella Currenno e ncuraggianno, juorne e sere, mo ccà, mo llà … V''o ggiuro nnanz' 'e sante! Nn'èramo nnammurate tuttequante! Cu chillo cappellino 'a cacciatora, vui qua' Riggina! Chella era na Fata! E t'era buonaùrio e t'era sora, quanno cchiù scassiava 'a cannunata!… Era capace 'e se fermà pe n'ora, e dispenzava buglie 'e ciucculata… Ire ferito? E t'asciuttava 'a faccia… Cadiva muorto? Te teneva 'mbraccia…".
(tratto da O' surdato 'e Gaeta di Ferdinando Russo)


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LIBRI IN VETRINA

 

 
Il Sud e l'unità d'Italia
Giuseppe Ressa
Centro Cult. e di Studi Storici
Brigantino-Il Portale del Sud, 2009
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Terroni di Pino Aprile
Terroni

Tutto quello che è stato fatto
perchè gli italiani del sud
diventassero meridionali
Pino Aprile
Piemme, 2010



La Rivoluzione Meridonale
Guido Dorso
Edizioni Palomar, 2005


Fuoco del Sud
Lino Patruno
Rubbettino Editore, 2011

 

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(Giovanni Paisiello 1787)


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(Nicola Zitara a Mizar-TG2)


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(sotto la dinastia Borbone dal 1734 al 1860)


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HANNO DETTO SUL MERIDIONE


Il governo piemontese si vendica mettendo tutto a ferro e fuoco. Raccolti incendiati, provvigioni annientate, case demolite, mandrie sgozzate in massa. I piemontesi adoperano tutti i mezzi più orribili per togliere ogni risorsa al nemico, e finalmente arrivarono le fucilazioni! Si fucilarono senza distinzione i pacifici abitatori delle campagne, le donne e fino i fanciulli
L’ Osservatore Romano (1863)

Il Piemonte si è avventato sul regno di Napoli, che non voleva essere assorbito da quell'unità che avrebbe fatto scomparire la sua differenza etnica, le tradizioni e il carattere. Napoli è da sette interi anni un paese invaso, i cui abitanti sono alla mercè dei loro padroni. L’immoralità dell’amministrazione ha distrutto tutto, la prosperità del passato, la ricchezza del presente e le risorse del futuro. Si è pagato la camorra come i plebisciti, le elezioni come i comitati e gli agenti rivoluzionari
Pietro Calà Ulloa (1868)

Sorsero bande armate, che fan la guerra per la causa della legittimità; guerra di buon diritto perché si fa contro un oppressore che viene gratuitamente a metterci una catena di servaggio. I piemontesi incendiarono non una, non cento case, ma interi paesi, lasciando migliaia di famiglie nell’orrore e nella desolazione; fucilarono impunemente chiunque venne nelle loro mani, non risparmiando vecchi e fanciulli
Giacinto De Sivo (1868)

L’unità d’Italia è stata purtroppo la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico sano e profittevole. L’ unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse lo stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che in quelle meridionali
Giustino Fortunato (1899)

Sull’unità d´Italia il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata, è caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone
Gaetano Salvemini (1900)

Le monete degli stati pre-unitari al momento dell’annessione ammontavano a 668,4 milioni così ripartiti:
Regno delle DueSicilie 443,2, Lombardia 8,1, Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, Roma 35,3, Romagna,Marche e Umbria 55,3, Sardegna 27,0, Toscana 85,2, Venezia 12,7
FrancescoSaverio Nitti (1903)

Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l´Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti
Antonio Gramsci (1920)

Prima di occuparci della mafia  dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita, in Sicilia. La mafia nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia
Rocco Chinnici (1983)

L’ufficio dello stato maggiore dell’esercito italiano è l’armadio nel quale l’unificazione tiene sotto chiave il proprio fetore storico: quello dei massacri, delle profanazioni e dei furti sacrileghi, degli incendi, delle torture, delle confische abusive, delle collusioni con la sua camorra, degli stupri, delle giustizie sommarie,
delle prebende e dei privilegi dispensati a traditori, assassini e prostitute
Angelo Manna (1991)

 
 

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