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Un blog creato da lecittadelsud il 01/06/2010

LE CITTA' DEL SUD

Identità e decrescita sostenibile delle province duosiciliane

 
 

BREVE STORIA DELLE DUE SICILIE

da: "DUE SICILIE" Periodico Indipendente - Direttore: Antonio Pagano

www.duesicilie.org

La storia della formazione dello Stato italiano è stata così mistificata che non è facile fornire un quadro fedele di tutti gli avvenimenti che portarono all'unità. Dal 1860 in poi è stato eretto dal potere italiano un muro di silenzio  Molti importanti documenti sono stati fatti sparire o tenuti nascosti, e ancora oggi sono secretati negli archivi di stato;

 

 INDICE

Sintesi storica

Situazione sociale ed economica

Le più importanti realizzazioni

Le cause della fine del Regno

I Garibaldine e l'invasione piemontese

La resistenza duosiciliana

Conclusioni

 

 

ITINERARIO STORICO NEL REAME DELLE DUE SICILIE
tratto da Giuseppe Francioni Vespoli (1828) e Antonio Nibby (1819)

Itinerario 1 (Napoli Capitale)
Itinerario 1 (da Portici a Pompei)
Itinerario 1 (da Pozzuoli a Licola)
(Intendenza di Napoli)
Itinerario 2 (da Nola al Matese)
Itinerario 2 (dal Garigliano a Venafro)
(Terra di Lavoro)
Itinerario 3
(Principato Citra)
Itinerario 4
(Principato Ultra)
Itinerario 5
(Basilicata)
Itinerario 6
(Capitanata)
Itinerario 7
(Terra di Bari)
Itinerario 8
(Terra d'Otranto)
Itinerario 9
(Calabria Citeriore)
Itinerario 10
(Calabria Ulteriore Prima)
Itinerario 11
(Calabria Ulteriore Seconda)
Itinerario 12
(Contado di Molise)
Itinerario 13
(Abruzzo Citeriore)
Itinerario 14
(Secondo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 15
(Primo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 16
(Intendenza di Palermo)
Itinerario 17
(Intendenza di Messina)
Itinerario 18
(Intendenza di Catania)
Itinerario 19
(Intendenza di Girgenti)
Itinerario 20
(Intendenza di Noto)
Itinerario 21
(Intendenza di Trapani)
Itinerario 22
(Intendenza di Caltanissetta)

 

I SONDAGGI

 

 

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Itinerario 8

Post n°52 pubblicato il 16 Luglio 2010 da lecittadelsud
 



Provincia (Intendenza) di Terra d’Otranto (capoluogo: Lecce)
Distretti: Lecce, Brindisi, Gallipoli, Taranto

La Terra d’Otranto, o sia il Leccese, abitata anticamente da'popoli Salentini o Messapi e dai Calabri, abbraccia quattro distretti Lecce, Taranto, Brindisi e Gallipoli; quarantaquattro Circondati, e centoventidue Comuni. E limitata al nord e all'est dall' Adriatico, al sud dal mare Ionio, all’ovest dalla provincia di Bari e dalla Basilicata. La sua superficie è quasi tutta piana, ed è ricca in ogni genere di prodotti, precipuamente in oli. Questa provincia è fra le più colte e più industriose del regno. Le sue manifatture di cotone e di lana nate sotto il beato impero di Ferdinando I, hanno oggi la riputazione che viene dal tempo e dall' industria sempre crescente. E sono lodate le manifatture di cuoi, di cappelli, di sapone, di stoviglie elegantissime, e le fonderie per oggetti di bronzo. I muli di questa provincia sono stintati i più belli, dopo quelli di Spagna. La Terra d' Otranto è stata in tutti i tempi feconda di uomini di grandi ingegni.

Ostuni. Questa città un tempo vescovile, è vantaggiosamente situata sul giogo Appennino nei confini della Puglia Peucezia. Credesi che traesse la sua origine da Ustonio secondogenito di Diomede, per cui Ostuni si disse; e che indi da'Cretesi ed altri Greci che in vari tempi quivi furono, fosse stata ampliata. Gli oliveti di Ostuni sono ben coltivati; le terre abbondano di frutta squisite e di mandorle; il mirto è serbato per la concia de'cuoi, e'l lentisco per gli odorosi saponetti. La caccia è copiosa. E’ osservabile il convento dei Frati Minori Conventuali, antico castello detto il Colombo, che da Federico II fu concesso a S. Francesco d'Assisi. Qui si veggono i cavalli forse più alti del regno.
S. Vito. È noto solo per essere un luogo di posata pei viaggiatori. E’ edificato in un piano con vago e ridente orizzonte.
Brindisi. Questa città, situata in una penisola in riva all'Adriatico, è per cosi dire abbracciata da due seni di acqua, che formano il suo porto ampio magnifico, ma infelicemente in gran parte internato. Ha vasto recinto di mura dalla parte dell' istmo, che si frappone fra i due seni indicati, opera degli Aragonesi, restaurata poi da Carlo V. Ha pure un castello che vi fece costruire Federico II nella sua spedizione per Terra Santa. Brindisi era a' tempi di Roma la capitale de' Salentìni: così è chiamata da Floro. Lo spazioso porto, che la natura le ha dato, formò la sua prosperità. I Romani soggiogati i Salentini, vi stabilirono una colonia sotto il consolato di Torquato e di Sempronio. Questa città è arcivescovile. Evvi in Brindisi un lazzaretto, recentemente restaurato a spese della provincia, ed un convitto regolato da'Cherici Regolari delle Scuole Pie. Questa città vide fra le sue mura Silla, Pompeo, Cesare, Cicerone, Augusto, Mecenate, Orazio e Cocceio Nerva. In questo porto approdò Agrippina stringendo al seno l'urna funebre di Germanico, avvenimento da Tacito descritto con patetica con rapida ed inimitabile eloquenza. Brindisi benchè afflitta da fiera peste nel XIV secolo, e saccheggiata Barbari, da Ludovico re d'Ungheria e da Luigi d’Angiò, era tuttavia popolatissima fino al 1456, allorché un tremuoto intieramente la distrusse, e con le rovine coperse e seppellì la massima parte de' suoi abitanti.
Mesagne. Gli storici municipali vogliono questa terra surta dalle rovine dell'antica Messapia, e grave lite hanno ancora con gli abitanti di Massafra, i quali credono dovuta questa gloria alla patria loro. Noi non ci daremo la pena di esaminare per chi stia la ragione. Qualunque sia l'origine di Mesagne, essa può di leggieri rinunziare agli antichi fasti in grazia de'doni, de'quali è stata seco larga dispensatrice la natura. Situata in vasta ed amena pianura, circondata da feraci terreni, sotto un cielo sereno ove si respira aria salubre, alla vista delle sue ridenti campagne, essa trasporta il pensiere del viaggiatore nelle più deliziose contrade dell' Oriente. Le siepi dei terreni sono di maravigliosa bellezza. Formate della nobile pianta, volgarmente detta sempreviva esse ci fan credere esserci in un momento trasportarti in lontani paesi. Questa pianta, la quale non ha alcuna somiglianza con le altre di che sono ricche le contrade della penisola, s'innalza maestosa oltre i dodici piedi, e stende in ampia sfera le ramose sue braccia, dalle quali le api suggono deliziosissimo mele, e l'uomo tragge con la macerazione un filo, oggi in molti lavori sostituito con più vantaggio alla seta. I suoi oliveti sono ricchi di prezioso olio.
Cellino. Edificato in un piano, trovasi alla stessa distanza tra Brindisi e Lecce. Il territorio è molto proprio alla semina; ci sono anche vigneti ed oliveti; e ci si coltiva della bambagia, e del tabacco.
Campi. La situazione di questo paese è in amena pianura: il suo territorio è alto alla semina delle biade e alla piantagione delle vigne e degli oliveti. Non manca la caccia; abbonda di rettili velenosi, specialmente di vipere. Gode di buon'aria. Presso Campi il ponte di fabbrica a tre archi è di nuova costruzione.
Lecce. Essa è fondata sulle ruine dell' antica Licia: posta in fra due mari, i venti la signoreggiano, imperocché è lontana appena sette miglia dalla marina di S. Cataldo, e quindici miglia da quella dei Ionio, formando il centro d' un cerchio, del quale Brindisi, Gallipoli ed Otranto segnano la periferia ad uguale distanza di ventiquattro miglia da Lecce. E cinta di buone mura e di torri, con un Castello edificato o rifatto da Carlo V: ha molti vasti edifizi, tra i quali il grandioso convento dei soppressi Celestini convertito in casa dell'intendente della provincia, gran numero di chiese di elegante disegno, vari pubblici stabilimenti, un collegio Reale, alcune ampie strade ma tortuose, ed un bel teatro regolarmente fabbricato. La porta di Napoli è ornata da magnifico arco trionfale, dedicato dai Leccesi all'lmperadore Carlo V. Vi sono molti giardini nel perimetro delle mura; le frutta sono eccellenti, e le melagrane in particolare di straordinaria soavità. Le rose fioriscono quasi in tutti i mesi dell’anno, e gli agrumi imbalsamano l'aria che si respira. Il territorio interrotto dalle bianchissime ville dei Leccesi, è in parte smaltato di timo e di melissa; ed in parte di vigne, di olivi, di mandorli, di ciliegi e di altre fruttifere piante coronato. Il tabacco forma vantaggioso oggetto di coltura in Lecce. La fabbrica ch' è per conto dello Stato, ha ampio edificio con vasti magazzini. Si lavorano in ogni anno 44o,ooo libbre di tabacco, comprese 40,000 per fumare; e si vendono all'estero circa 3,700 cantaia di foglie. Il Vescovado di Lecce si dice antichissimo, volendosi S. Oronzio nativo di questa città il primo suo pastore. Federico d'Aragona divenuto re di Napoli e coronato dal cardinale Francesco Borgia, volle che la sua moglie Isabella del Balzo, figlia di Pirro si fosse coronata in Lecce, come segui nel dì 8 Settembre del 1497. Questa città, un tempo colonia de'Romani, e la quale può vantarsi d'aver dati due sovrani ed una regina al trono di Napoli, ha oggi la gloria di essere stata dichiarata contea in favore di S. A. R. il Principe D. Antonio conte di Lecce. Nel XV secolo Lecce era cosi popolata, che perdè 14,00o abitanti nella peste del 1466. Scipione Ammirati era nato in Lecce. Tra le sue arti particolari si distingue l'esteso lavorio de' merletti di lino fino, e de’fiori di falso argento e seta.
Otranto. Famosa città dei Salentini, giace sulla bocca del golfo di Venezia, ed ha un porto molto comodo, ma non abbastanza coverto dal vento aquilonare. La città presente fu ben fortificata dopo l'orribile saccheggio che le diedero i Turchi nel 1480. La Cattedrale ha un pavimento a musaico mirabile per l’epoca della sua costruzione, che si vuole eseguito a'primi tempi dei Normanni: le colonne di granito orientale appartengono ad antico tempio di Minerva. Queste colonne sono unici avanzi di una città, le cui mura erano fortificate da cento torri, e che ora, come Taranto, occupa il solo sito della rocca. I suoi dintorni coperti di piante ortolizie sono ameni per l’abbondanza de'fonti e delle sorgenti di acque, che scorrono tra i boschetti di lauri, di mirti, di aranci e di olivi. Qui il filosofo Pitagora sparse i primi semi della sua sapienza. Dal capo d' Otranto volea Pirro per mezzo d' un ponte, che avrebbe avuto la lunghezza di circa 3o miglia, unire l'Italia alla Grecia. Questa città è arcivescovile. Nel suo mare è sempre feconda la pesca. A spese della provincia si è formato in Otranto un lazzaretto capace di 5oo individui, riducendosi a tal uso il soppresso convento de' Cappuccini.
Gallipoli. Giace al ponente di terraferma sul Ionio nel fine di due seni, che curvandosi e restringendosi per 4ooo passi formano in fine una punta, o sia un istmo cui dirimpetto è sita la città. Avanti al castello, creduto opera di Carlo I d' Angiò, e meglio fortificato poi da Ferdinando I con torrione ed altre fabbriche, è un lungo ponte a dodici archi che unisce i due mari, i quali ne formano non una penisola, ma una vera isola. È celebre la fontana posta appiè del gran ponte per l'ottima qualità dell' acqua che scaturisce: vi sono molte sculture in pietra viva con varie figure favolose fatte sin da' tempi del gentilesimo. Gallipoli greca d' origine, e che trae il nome dalla bellezza della sua situazione, è tutta cinta di alte mura, che protette da varie torri e bastioni la chiudono in giro, difendendola dagli attacchi nemici, e dalle ingiurie d' un mare per lo più sempre agitato: il suo aspetto dalla marina è al sommo grato e maestoso. È il centro del commercio della provincia, precipuamente per l'olio che quasi tutto trasportasi ne'suoi magazzini, o posture per imbarcarlo. L' aria è asciutta e temperata; gli inverni e l' està sono miti; e vi è quasi continua primavera. Il suo territorio è fertile; gli uliveti e vigneti vi danno ubertosissime ricolte; e gli agrumi vi abbondano e profumano l'aere. Questa città per aver seguite le parti di Pietro d'Aragona, fu da Carlo d'Angiò intieramente distrutta: i cittadini campati dalla strage l' abbandonarono, e dopo 100 anni tornarono a rialzarne le ruine. Il quarto anno dopo la resa d' Otranto fu presa e saccheggiata dalla flotta de' Veneziani: forte della sua fedeltà e del suo coraggio, priva d'ogni esterno soccorso resistette sino alla morte. Si crede Gallipoli eretta in vescovado a' tempi di S. Gregorio, o prima ancora, poiché si trova un tal Giovanni Vescovo di questa città, cui quel pontefice indirizzò due lettere. Gallipoli è capoluogo del 4° distretto della provincia di Terra d'Otranto; Il suo mare pescosissimo è ricco di coralli. Le sue fabbriche di cotone sono antichissime e animano l' industria della popolazione.
Nardò. Questa città vescovile è sita in ampia e deliziosa pianura. Essa è tutta cinta di torri, le quali sono da passo in passo nel giro delle sue mura, con quattro porte. E coverta da annosi oliveti e da fruttiferi giardini di melaranci, particolari produzioni del suo territorio. L’analogia del nome con la Neritos ardua saxis di Virgilio la fa credere colonia Greca. Le scienze vi furono coltivate fin dal XI secolo, avendovi i Normanni stabilite pubbliche scuole. Nardo è celebre tuttavia per le meteore che appariscono nel suo territorio, comunemente chiamate mutate. Esse sono prodotte dalle esalazioni delle vicine paludi. Le coltri di cotone in detta città sono appena seconde a quelle d'Inghilterra; perché il cotone di Terra d' Otranto è meno bianco di quello del levante, più sottile però, più lungo e più forte. I suoi terreni producono naturalmente molte erbe medicinali
Cupertino. Si vuole surto dalla distruzione de'casali di Mollone, di S. Barbara, di Cilliano e di S. Vito a cagione delle scorrerie de’ barbari, che spesso faceano in quella provincia. Vi si gode un' aria mediocre; e 'l territorio è molto fertile per le produzioni di prima necessità al mantenimento della vita. Alfonso Castrioti vi fabbricò un forte e magnifico castello, come si rileva da amica iscrizione ivi esistente.
S. Pancrazio. Questa terra distante da Lecce e da Brindisi 18 miglia, produce frumento, vino ed olio. L' aria è mediocre.
S. Giorgio. È bagnato dall' Adriatico, ed è posto in un piano. Gli abitanti sono addetti all'agricoltura e alla pastorizia. L'aria è buona; ed i prodotti consistenti in grano, legumi, vino ed olio sopravvanzano al bisogno della popolazione. Nel tratto di strada di nuova costruzione, da S. Giorgio a Taranto, sono due ponti considerevoli, dei quali uno a due archi.
Taranto. Ecco l’amenissima fra le città della Magna Grecia: la dolce voluttà che spira d'intorno, annunzia la molle Taranto. Queste mure sacre a Nettuno furono innalzate la prima volta da barbari: ma quei barbari erano iti assai innanzi nella civiltà, quando pervennero sulle spiagge loro i Cretesi e di poi gli Spartani Partèni. Vuoi tu conoscere l' antica potenza di Taranto? Rimonta all' età di Archita. Allora i navigli di queste coste discorrevano tutti i mari, e questo porto era il centro del commercio della Grecia, della Sicilia, dell’Italia, dell' Asia. I mercadanti stranieri recavano le ricchezze dell' Oriente, e le cambiavano co' prodotti di ogni maniera di questa terra eminentemente feconda. In quel tempo i Tarantini ebbero fama di sapienti, rinomati nelle arti e prodi in guerra. Ma l’età di Archita passò troppo presto; ed i suoi nipoti degeneri, snervati dal lusso e dal dolce clima, sdegnarono di trattare le armi, e nell' ubbriachezza della ridente fortuna giunsero a commettere in mani straniere la difesa di quanto uomo ha nel mondo di più prezioso e di più sacro. La grandezza di Taranto andò perduta: la più agguerrita delle città espugnata da Fabio Massimo, subì il giogo de' Romani. Rifugge l'animo di rammemorare la crudeltà del feroce vincitore. Morirono assaissimi Tarantini: trentamila furono venduti a vil mercato, come bestie da soma: la città fu saccheggiata dall'insolente soldato: e di tanta rapina furon serbati tremila talenti nel pubblico tesoro quasi per crescere con l'immagine delle ricchezze passate il dolore della miseria presente. Ove è oggi Taranto, era altra volta l'antica sua rocca: e prima assai che quella sorgesse, questo suolo era ricoperto dalle acque: ora le acque circondano la città d'ogni parie. Essa è congiunta alla terraferma per mezzo di questi due ponti. Quello all' oriente è detto di Lecce: questo a tramontana di Napoli. Il delizioso lago che fa specchio a' vicini colli, è il mare piccolo. Vedi di lontano le verdeggianti montagne della Lucania. Quello è l'Aulone, che Orazio non sapeva obbliare in mezzo alle delizie della voluttuosa Roma: là è il Galeso, e qua sorgevano i pini che altra volta facevano ombra alle sue sponde. La gloria di questo fiume vive immortale ne' versi dei più rinomati poeti del secolo di Augusto. Rimane appena una incerta tradizione del sito ove erano i templi di Venere, di Diana, di Sacco, e quelli sacri ad Èrcole, alla Pace, a Mercurio, a Nettuno: ma gli archeologi non sanno indicarci ove erano i templi di Giove e della turba degli Dei minori. Uno storico latino ci addita imminente al porto il teatro de' Tarantini: questi avanzi di opera reticolata sarebbero le ultime reliquie di quel vasto monumento. Il pesce del mare piccolo di Taranto vince in sapore ed isquisitezza quello di tutti gli altri mari. Queste acque sono oggi ancora ricche di conchiglie di ogni specie. Ma come estraevasi da queste conchiglie la porpora, ornamento de' re e degli antichi dominatori del mondo? Come tingevansi quelle lane preziose, i cui tessuti formavano l'invidia delle dame Romane? La barbarie, succeduta alla rovina di quel possente impero fece perdere i segreti di un'arte, che in vano tentasi oggi imitare dalla moderna chimica. Taranto ricorda nell'antichità molti nomi gloriosi: nell' era nostra essa si vanta di aver dato i natali a Giovanni Paisiello.

 
 
 
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L'AFORISMA

Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.
Italo Calvino, da “Le città invisibili”

 


LA RICETTA
Paccheri Al Regno delle Due Sicilie
Paccheri di Gragnano ripieni di ricotta di pecora e Gamberetti di Mazzara su ragout di pomodorini del Vesuvio e salsa di Gamberi
vedi la ricetta in dettaglio

LA POESIA
"E ' a Riggina! Signò! … Quant'era bella! E che core teneva! E che maniere! Mo na bona parola 'a sentinella, mo na strignuta 'e mana a l'artigliere… Steva sempre cu nui! … Muntava nsella Currenno e ncuraggianno, juorne e sere, mo ccà, mo llà … V''o ggiuro nnanz' 'e sante! Nn'èramo nnammurate tuttequante! Cu chillo cappellino 'a cacciatora, vui qua' Riggina! Chella era na Fata! E t'era buonaùrio e t'era sora, quanno cchiù scassiava 'a cannunata!… Era capace 'e se fermà pe n'ora, e dispenzava buglie 'e ciucculata… Ire ferito? E t'asciuttava 'a faccia… Cadiva muorto? Te teneva 'mbraccia…".
(tratto da O' surdato 'e Gaeta di Ferdinando Russo)


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Cavour è un tale che muore dal freddo piuttosto che dividere il fuoco con gli altri (G.Garibaldi)

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LIBRI IN VETRINA

 

 
Il Sud e l'unità d'Italia
Giuseppe Ressa
Centro Cult. e di Studi Storici
Brigantino-Il Portale del Sud, 2009
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Terroni di Pino Aprile
Terroni

Tutto quello che è stato fatto
perchè gli italiani del sud
diventassero meridionali
Pino Aprile
Piemme, 2010



La Rivoluzione Meridonale
Guido Dorso
Edizioni Palomar, 2005


Fuoco del Sud
Lino Patruno
Rubbettino Editore, 2011

 

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(Giovanni Paisiello 1787)


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(sotto la dinastia Borbone dal 1734 al 1860)


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(liberamente tratto dall'omonima lettera di Giuseppe Quartucci)

 

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HANNO DETTO SUL MERIDIONE


Il governo piemontese si vendica mettendo tutto a ferro e fuoco. Raccolti incendiati, provvigioni annientate, case demolite, mandrie sgozzate in massa. I piemontesi adoperano tutti i mezzi più orribili per togliere ogni risorsa al nemico, e finalmente arrivarono le fucilazioni! Si fucilarono senza distinzione i pacifici abitatori delle campagne, le donne e fino i fanciulli
L’ Osservatore Romano (1863)

Il Piemonte si è avventato sul regno di Napoli, che non voleva essere assorbito da quell'unità che avrebbe fatto scomparire la sua differenza etnica, le tradizioni e il carattere. Napoli è da sette interi anni un paese invaso, i cui abitanti sono alla mercè dei loro padroni. L’immoralità dell’amministrazione ha distrutto tutto, la prosperità del passato, la ricchezza del presente e le risorse del futuro. Si è pagato la camorra come i plebisciti, le elezioni come i comitati e gli agenti rivoluzionari
Pietro Calà Ulloa (1868)

Sorsero bande armate, che fan la guerra per la causa della legittimità; guerra di buon diritto perché si fa contro un oppressore che viene gratuitamente a metterci una catena di servaggio. I piemontesi incendiarono non una, non cento case, ma interi paesi, lasciando migliaia di famiglie nell’orrore e nella desolazione; fucilarono impunemente chiunque venne nelle loro mani, non risparmiando vecchi e fanciulli
Giacinto De Sivo (1868)

L’unità d’Italia è stata purtroppo la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico sano e profittevole. L’ unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse lo stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che in quelle meridionali
Giustino Fortunato (1899)

Sull’unità d´Italia il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata, è caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone
Gaetano Salvemini (1900)

Le monete degli stati pre-unitari al momento dell’annessione ammontavano a 668,4 milioni così ripartiti:
Regno delle DueSicilie 443,2, Lombardia 8,1, Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, Roma 35,3, Romagna,Marche e Umbria 55,3, Sardegna 27,0, Toscana 85,2, Venezia 12,7
FrancescoSaverio Nitti (1903)

Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l´Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti
Antonio Gramsci (1920)

Prima di occuparci della mafia  dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita, in Sicilia. La mafia nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia
Rocco Chinnici (1983)

L’ufficio dello stato maggiore dell’esercito italiano è l’armadio nel quale l’unificazione tiene sotto chiave il proprio fetore storico: quello dei massacri, delle profanazioni e dei furti sacrileghi, degli incendi, delle torture, delle confische abusive, delle collusioni con la sua camorra, degli stupri, delle giustizie sommarie,
delle prebende e dei privilegi dispensati a traditori, assassini e prostitute
Angelo Manna (1991)

 
 

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