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Un blog creato da lecittadelsud il 01/06/2010

LE CITTA' DEL SUD

Identità e decrescita sostenibile delle province duosiciliane

 
 

BREVE STORIA DELLE DUE SICILIE

da: "DUE SICILIE" Periodico Indipendente - Direttore: Antonio Pagano

www.duesicilie.org

La storia della formazione dello Stato italiano è stata così mistificata che non è facile fornire un quadro fedele di tutti gli avvenimenti che portarono all'unità. Dal 1860 in poi è stato eretto dal potere italiano un muro di silenzio  Molti importanti documenti sono stati fatti sparire o tenuti nascosti, e ancora oggi sono secretati negli archivi di stato;

 

 INDICE

Sintesi storica

Situazione sociale ed economica

Le più importanti realizzazioni

Le cause della fine del Regno

I Garibaldine e l'invasione piemontese

La resistenza duosiciliana

Conclusioni

 

 

ITINERARIO STORICO NEL REAME DELLE DUE SICILIE
tratto da Giuseppe Francioni Vespoli (1828) e Antonio Nibby (1819)

Itinerario 1 (Napoli Capitale)
Itinerario 1 (da Portici a Pompei)
Itinerario 1 (da Pozzuoli a Licola)
(Intendenza di Napoli)
Itinerario 2 (da Nola al Matese)
Itinerario 2 (dal Garigliano a Venafro)
(Terra di Lavoro)
Itinerario 3
(Principato Citra)
Itinerario 4
(Principato Ultra)
Itinerario 5
(Basilicata)
Itinerario 6
(Capitanata)
Itinerario 7
(Terra di Bari)
Itinerario 8
(Terra d'Otranto)
Itinerario 9
(Calabria Citeriore)
Itinerario 10
(Calabria Ulteriore Prima)
Itinerario 11
(Calabria Ulteriore Seconda)
Itinerario 12
(Contado di Molise)
Itinerario 13
(Abruzzo Citeriore)
Itinerario 14
(Secondo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 15
(Primo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 16
(Intendenza di Palermo)
Itinerario 17
(Intendenza di Messina)
Itinerario 18
(Intendenza di Catania)
Itinerario 19
(Intendenza di Girgenti)
Itinerario 20
(Intendenza di Noto)
Itinerario 21
(Intendenza di Trapani)
Itinerario 22
(Intendenza di Caltanissetta)

 

I SONDAGGI

 

 

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ITINERARIO 17

Post n°71 pubblicato il 05 Ottobre 2010 da lecittadelsud
 


Provincia (Intendenza) di Messina (capoluogo: Messina)
Distretti: Messina, Castroreale, Mistretta, Patti

Il vallo di Messina è limitato a settentrione dal mar Tirreno; ad oriente dal Faro; a mezzoggiorno dal vallo di Catania; ad occidente da quello di Palermo. Il vallo di Messina si divide in 4 distretti, 27 circondarli, e 96 comuni. I distretti sono: Messina (Messona, Messene, Mamertina, Zancle). Castroreale, Patti, Mistretta. Le altre città che meritano osservarsi sono Melazzo e Taormina, città molto soggetta ai tremuoti, ricca di antichi monumenti. Le isole che appartengono al vallo di Messina sono quelle appellate dagli antichi Aeoliae e Vulcaniae, e presentemente di Lipari, Stromboli, Panaria, Vulcano, Salina, Filicuri, Alicuri. Esse sono tutte vulcaniche. Stromboli ha un vulcano vivente. I vini di queste isole sono eccellenti, specialniente quello detto Malvasia. Il suolo ha la medesima costruzione e le forme, da una parte sporgenti, rientranti dall'altra, degli Appennini separati dal Faro, ciò che fa congetturare, come di sopra si è toccato, essere stata un tempo la Sicilia parte ultima della penisola, e l’Aspromonte uno col Peloro. Dirigonsi gli Appennini da est ad owesl secondo la direzione della maggior estensione del suolo, nomandosi Madonie (ant. Nebrodes), servono di confine al Val Mozzara, e pare che in faccia ad occidente sieno di costruzione selciosa, ed incontro ad oriente, calcarea. Il fiume Cantaro la parte dalla provincia di Catania. Messina, situata nel centro quasi del Regno delle due Sicilie, è la città più importante pel commercio e per le operazioni stratègiche. Presso a Taormina nel 1828 si scoprì una miniera di carbon fossile, che dà più calorico del carbone inglese. In tutta l'isola gli asini sono assai più forti e più belli di quei del continente. La quantità del mele vi è più copiosa che in terra ferma. In generale i due gran valli di Noto e di Mazzara abbondano in formenti, e quello di Demona abbonda in frutte, e coltiva in ispezialilà i bachi da seta. Le acque vi sono in maggior copia che nel resto, e le minerali forse anche più salutari, ma certo men conosciute. Le seterìe di Calabria e di Catania sono le migliori e le più pregiate in tutto il regno. Nei valli di Mazzara e di Noto è ricca e divertevole la pesca del tonno e del pescespada, da maggio a tutio giugno. Il salsamento di cotali pesci è una parte d'industria utilissima a tutta l'isola.

Tusa. Partendo da Cefalù, dopo dieciotto miglia di viaggio si trova la Terra di Tusa, nelle cui vicinanze esistè la città di Alete, e non Alesa, la quale era situata nel luogo chiamato S. Maria la Palate. Di questa città non restano oggi, che pochi residui di un acquedotto. I monumenti di scultura, ed altri oggetti antichi ivi scoperti, furono dal Principe di Torremuzza donati al Museo Martiniano. Nella piazza di Tusa poi si osserva una statua togata priva di una mano, di buona scultura, ed alta circa sette palmi. Si crede, che una mano, ed una scure di marmo, esistenti nella Sagrestia della chiesa principale, appartengano a questa statua.
Caronia. Ivi, e non presso Tusa esisteva l'antica citta di Aloisa, città molta favorita dai Romani, che avea tre miglia di circuito, ed i tempj di Apollo, Bacco, ed Adrano. Fra Alete, ed Alaesa, dentro terra esisteva l'antica Mythistratum, nome oggi corrotto in Mistretta.
Patti. Si possono andare a visitare le rovine dell'antica città di Tindari situata sul mare sopra una rupe, che slamandosi, portò seco una parte di essa nel mare; queste rovine si veggono ancora, quando il mare è tranquillo, dentro l'acqua. Della città di Tindari poi esiste una gran parte del recinto antico, fortificato di tratto in tratto da torri quadrate, e dentro le mura sì vede una via fatta nella loro stessa grossezza capace di due uomini di fronte. Oltre le mura si vedono gli avanzi del teatro, che conserva la gradinata formata di grosse pietre, e che nella parte superiore dovea avere una loggia, come da alcuni pezzi caduti apparisce. Presso questo edificio si veggono le rovine di un' altra fabbrica costrutta di pietre quadrate, alla quale corrisponde un'antica strada lastricata, che conduce ad una delle porte della città. Verso occidente si osservano molte altre rovine, e poco lungi alcuni sepolcri. Varie scultore trovate fra questi ruderi si possono osservare nel Romitorio della Madonna di Tindaro, ed in un giardino del Barone della Scala, le quali attestano la magnificenza di questa antica città.
Milazzo, Mylae. Di questa città antichissima nulla oltre il nome, resta di antico, che meriti di essere menzionato. Essa è edificata sopra una lunga, e stretta lingua di terra, che là rende di sua natura assai forte, onde è considerata come una delle piazze del Regno. Federico II tentò di scavare un canale, che la separasse affatto dal continente, ma l’opera sua rimase imperfetta. La città assai più si estendeva ne' tempi passati, come apparisce da una porta, che ritiene oggi il nome del Re Giacomo di Aragona, e dalle vestigia delle mura. Nella campagna di questa città esistono acque termali sulfuree vicino alla chiesa di S. Maria, soprannomata per tal motivo delle Terme. Dalle rovine, che ivi si osservano, sembra potersi dedurre, che ivi anche anticamente esistevano bagni salutari, e che vi erano fabbriche per prenderli. Milazzo dà nome ad uno de' golfi della Sicilia, nelle cui acque accadde la famosa battaglia navale fra i Romani, ed i Cartaginesi, vinta dal Console Duillio. Questa fu la prima vittoria navale riportata dai Romani.
Isole Eolie. Da Milazzo si possono con facilità andare a vedere le Isole Eolie. Lipari, che è la principale, e che molto figurò negli antichitempi, non è più di venti miglia distante dalla costa della Sicilia. Ha diciotto miglia di giro, ed una città dello stesso nome, difesa da una buona fortezza. L’altre isole sono Vulcano già Jera, o Sacra, Volcanello, già Evonyme, Salini,  già Didyme, celebre pe’ suoi bagni, Panaria, già Hicesia, con buon porto, presso la quale sono la isoletta di Liscia Bianca, che sembra essere stata, benché piccola, anticamente abitata, e quella di Basiluzzo. Finalmente havvi l'isola di Stromboli, che conserva quasi il suo nome antico di Strongyle, ed è celebre per il Vulcano, che quasi continuamente gitta fuoco, e serve come fanale di scorta ai nocchieri. Rimpetto al Capo d' Orlando sono le isole di Filicudi, ed Alicudi, già Phaenicocles, ed Ericodes, le quali vanno pure sotto il nome di Eolie.
Messina, Messanj. Il tratto di mare, che nel partire da Reggio per Messina percorresi è di dodici miglia, ed è piacevole a traversarsi per le vedute, che presentano le due opposte spiagge della Calabria, e della Sicilia, e soprattutto pel bello aspetto, col quale l'antichissima città di Messina si mostra. A destra il promontorio di Peloro sembra volersi unire alla punta di Scilla, dalla quale è poco più di un miglio distante. La fondazione di Messina data dalla Olimpiade XXIX, o per dir meglio dall' anno 664 avanti l'Era volgare, quando que' Messenj, che erano scampati dal giogo Spartano dopo la presa d'Ira, invitati da Anassila tiranno di Reggio, pervennero ad impadronirsi di Zancle ,c1ttà ivi da prima edificata da corsali Cumesi. Essi congiuntisi ai primitivi abitatori di Zancle cangiarono il nome della città in quello della loro patria, e Messene, o Messana, come portava il dialetto dorico la nomarono. Così Tucidide, e Pausania asseriscono, il primo al caupo IV del libro VI, il secondo al capo XXIII delle cose Messeniche. Il porto è uno de' più magnifici della Europa; da ponente a levante il braccio di Sarranieri si estende a formare un bacino circolare, e sicuro per ogni sorta di bastimenti; la fortezza di S. Salvatore, che ne difende l’ingresso forma la sua punta estrema. Nella parte esterna del braccio s'erge il fanale, nella interna sono i magazzini, ed il Lazzaretto, ed a qualche distanza si scorge la cittadella. Gli edifizj, che decorano Messina, si presentano con nobile aspetto, ed occupano in prospettiva lo spazio di quasi un miglio. Dodici porte danno ingresso nella città. In essa meritano di essere vedute, la statua di bronzo del famoso D. Giovanni d'Austria nella piazza del Palazzo Reale, e quella equestre di Carlo II Re di Spagna, e di Sicilia sulla piazza del Duomo. Questa statua fu fatta col bronzo delle campane, che suonarono a rivolta contro questo stesso Re. Nel Duomo, che è di architettura così detta Gotica merita osservazione l'altare maggiore, più per i marmi ricchi, che lo adornano, che per il gusto. Molte colonne sostengono questa chiesa, formate di antichi tronchi, e varie per misura, basi, e capitelli come quelle, che da varj luoghi antichi vi sono state trasportate. D'intorno si veggono varj sarcofagi, e sepolcri degli Arcivescovi Messinesi. Nella chiesa dell' Annunziata vi sono sei colonne alte, ed altre minori fuori di essa, che la tradizione popolare crede avere appartenuto ad un tempio di Nettuno già esistente in Messina. Fuori delle mura della città esisteva anticamente al dire di Pausania il tempio di Ercole soprannomato Manticlo da colui, che preposto da Aristomene sopra i Messeni, guidò la loro colonia in Sicilia. Di questo tempio nulla più esiste, ma si citano come suoi avanzi le sei colonne della Chiesa di S. Giovanni de' Fiorentini esistente in Messina. Un bassorilievo di marmo, rappresentante l'Apoteosi di un Eroe si conserva nella Chiesa di S. Giacomo presso la Cattedrale. Finalmente merita di essere citata come una delle piazze principali d' Italia la fortezza, e come una delle più belle passeggiarle quella di Terranova. I Messinesi sono ilari, e cortesi, specialmente verso i Forestieri; un' Accademia detta de' Peloritani dà saggio della letteratura; la potestà civile, e criminale è presso il Governatore militare della città; l'Annona è amministratada un consesso chiamato Senato. I terremoti, ai quali sovente Messina è stata soggetta, e la peste del 1743, che fece morire cinquantamila cittadini, l'hannodi molto danneggiata. Da Messina al Peloro, uno de' tre promontori della Sicilia, vi sono circa dieci miglia, e merita il luogo di essere visitato per le rovine onde è coperto, e che mostrano essere ivi stata un'antica città, 0 villa, ma non già Zancle, come il Principe di Biscari pretende, la quale Tucidide, e Pausania mostrano apertamente avere esistito dove dopo fu edificata Messina. Anzi Tucidide dandoci l’etimologia di questo nome Siciliano, dice, che derivava de' Greci, e che significava falce, e ciò per la curvatura del suo porto. Onde si vede che Zancle era dove è oggi Messina, dove appunto il porto mostra tal curvatura. Trenta pilastri laterizj occupano lo spazio di cinquanta canne, e forse appartennero ad un acquedotto come pare indicarlo la piccola cisterna larga tredici palmi, venti lunga, e dieciotto alta, che resta quattro palmi sopratterra, con volta a botte, la quale ne sarà stata una conserva. Il non trovarsi attualmente conserve di acqua nelle vicine colline non può essere di opposizione a credere i pilastri avanzi di un acquedotto, giacche queste potrebbero essere sparite per le continue rivoluzioni fisiche, e politiche, alle quali la Sicilia rimase soggetta. Circa cinquecento passi lungi dall'avanzo dell'acquedotto, si trovano molte rovine sparse sul suolo appartenente al Marchese Palermo, e secondo il Biscari vi furono scoperte le vestigia di un edilizio costrutto di marmi lunghi 6 piedi, e larghi due, con strati di mattoni grossi, e pavimento di mosaico bianco, e nero. Tutti questi avanzi, e tanti altri indizj, che vi esistono di fabbriche, ed i frantumi di colonne sì sovente ivi scoperti, mostrano evidentemente, che vi fosse una qualche fabbrica insigne, e nel tempo stesso una popolazione qualunque di città, o di villa. Solino, dice il Principe di Biscari, ci lasciò una notizia indubitata dell'esistenza del Tempio di Nettuno sul Peloro, ma io non ho potuto trovare questa notizia in Solino, onde dubito, che il dotto autore del viaggio Antiquario di Sicilia non sia stato ingannato da qualche citazione male apportata. Ritornando in Messina, e prendendo la strada del Duomo, che per più miglia è amenissima, e sparsa di ville, casini, e giardini, si giunge dopo circa trentamiglia alla città di Taormina.
Taormina, Tauromenium. Questa citta, che conserva quasi l'antico nome di Tauromenium è situata sopra disagevoli rupi, come sovente le antiche città. Essa conserva ancora molte rovine, e primieramente è da osservarsi l'antico recinto, del quale restano molti avanzi specialmente dalla Grotta S. Leo fino alla Chiesa di S. Pancrazio; gli indizj di una delle Porte della città con un altro gran tratto di mura si osservano nel convento de' Cappuccini; e sul monte Tirone verso Catania si veggono altre vestigia di esse. Vi restano avanzi magnifici del Teatro, scavato nella rupe stessa, e posto in una situazione amenissima: si vedono ancora le vestigia della scena conservata in gran parte, e della doppia galleria , che coronava superiormente l'edifizio. Nella parte interna questa galleria era sostenuta da colonne, e posava sopra un' alto basamento adornato di 36 nicchie per statue. Dinanzi al basamento si vede una precinzione; ma se ve ne furono altre, non vi sono indizj da poterlo decidere. Dieci scale communicavano colla galleria superiore interiormente, e ad essa salivasi esteriormente per altre scale commode, e larghe. I marmi, che negli scavi del 1748 e 1749 vi furono scoperti, cioè 9 pezzi di colonne di granito, 11 di cipollino, 13 di porta santa, e 2 di saravezza scanalate a spira di varia dimensione, mostrano quanto questo teatro dovè essere decorato. In quella occasione vi furono pure trovate tre basi di marmo bianco, 7 capitelli corintj di varia dimensione, e lavoro, una base, o piedestallo di statua, due pezzi di cornice, e molti altri frammenti fra' quali sono da notarsi delle lastre di rivestimento di varj marmi, che decoravano il basamento della galleria superiore, come da qualche frammento esistente ancora al suo luogo si riconosce. Il Duca di S. Stefano fece situare una parte degli oggetti sovraindicati nel teatro stesso, onde servire di norma, e testimonio della sua magnificenza; il resto fu impiegato nella costruzione dell'Altare maggiore della Chiesa principale, ed uno de' capitelli più grandi fu posto nel palazzo dello stesso Duca di S. Stefano, sopra un torso di grossa colonna di cipollino. Meritano pure di essere visitate le antiche cisterne, o conserve di acqua, che sono le più magnifiche della Sicilia. Queste erano fornite dagli acquedotti, de' quali si veggono tuttora gli avanzi sparsi per la campagna per il corso di 14 miglia. Queste conserve sono cinque; quella che è meno rovinata ed è la più piccola ha 128 palmi di lunghezza, 48 di larghezza, e 3o di profondità. La seconda conserva è di livello più basso, e sta nel luogo chiamato di Gaffari, presso la precedente è 145 palmi lunga, e 5o larga; due altre, che si vedono presso la chiesa di S. Giuseppe, di diverso livello, sono della stessa lunghezza della precedente, ma hanno 39 palmi di larghezza. Finalmente della quinta, che è quasi coperta, ed appoggiata al Circo si sono trovati gli avanzi nel fare una cisterna moderna, e si è riconosciuto, che fosse alta 30 palmi, e 49 larga; la lunghezza però non si è potuta determinare. Queste conserve servivano non solo a tenere fornita la città di acque in caso di un assedio, od altro che l'avesse privata degli acquedotti; ma ancora per la Naumachia da farsi nel Circo adiacente all'ultima conserva. Di questo Circo rimangono ancora gli avanzi consistenti in un lungo pezzo di muro laterizio sotto le case de' Canonici, nel cui prospetto sono dieciotto nicchioni circolari, e diciannove nicchioni quadrati alternativamente posti; questo muro che non è se non porzione di un edificio maggiore è lungo 425 palmi, e grosso 13. In faccia a questo alla distanza di palmi 196 si osservano gli avanzi di un altro muro grosso dieci palmi, e parallelo ad esso alla distanza di quattordici palmi un terzo muro grosso sei palmi. Questi due ultimi muri, come si vede, venivano a formare un corridore o ambulacro, e sopra la volta di esso potevano stare i sedili per gli spettatori. Gli antiquarj del paese credono questi gli avanzi di una naumachia; ma se con questa opinione si accorda la prossimità della conserva di acqua, non si accorda la costruzione de’ due muri paralleli, che molto più convengono ad un circo; giacché le naumachie propriamente dette erano di forma circolare, simili agli Anfiteatri; poteva però come Circo servire a tutti e due gli usi, cioè di Circo, e di Naumachia, e perciò il pavimento di esso era di larghe pietre quadrate costrutto, affinchè fosse solido per presto asciugarsi quando la Naumachia era finita, e sopra di esso gittandovi l'arena come ne'circhi romani costumavasi, dopo i giuochi navali vi si potessero dare i circensi. La Chiesa di S. Pancrazio è probabilmente la cella di un tempio antico; i muri sono formati di massi quadrangolari di pietra senza ajuto di calce, meno ciò, che è stato modernamente aggiunto. Nella cantina del Convento di S. Agostino possono vedersi parecchie stanze sotterranee, ed in un orto annesso che è di livello più basso una parte dell'esterno di essa. L'edificio poi, che è situato presso la porta Nuova, e si chiama la Zecca è anche esso una fabbrica antica, che dai frammenti trovativi di mosaici, lastre di marmo ecc. mostra essere stato assai ricco. Ivi si osserva ancora una stanza antica laterizia coperta con volta. Molti sepolcri esistono ne' contorni di questa città, sebbene assai danneggiati dal tempo, o dalla barbarie. Meritano specialmente osservazione quello sotto il Teatro vicino la Porta Pasquale, che era adornato di stucchi dorati; i due Colombaj dietro il Convento de' Cappuccini, e quello in S. Leo, che mostra essere stato impellicciato di marmi.

 
 
 
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L'AFORISMA

Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.
Italo Calvino, da “Le città invisibili”

 


LA RICETTA
Paccheri Al Regno delle Due Sicilie
Paccheri di Gragnano ripieni di ricotta di pecora e Gamberetti di Mazzara su ragout di pomodorini del Vesuvio e salsa di Gamberi
vedi la ricetta in dettaglio

LA POESIA
"E ' a Riggina! Signò! … Quant'era bella! E che core teneva! E che maniere! Mo na bona parola 'a sentinella, mo na strignuta 'e mana a l'artigliere… Steva sempre cu nui! … Muntava nsella Currenno e ncuraggianno, juorne e sere, mo ccà, mo llà … V''o ggiuro nnanz' 'e sante! Nn'èramo nnammurate tuttequante! Cu chillo cappellino 'a cacciatora, vui qua' Riggina! Chella era na Fata! E t'era buonaùrio e t'era sora, quanno cchiù scassiava 'a cannunata!… Era capace 'e se fermà pe n'ora, e dispenzava buglie 'e ciucculata… Ire ferito? E t'asciuttava 'a faccia… Cadiva muorto? Te teneva 'mbraccia…".
(tratto da O' surdato 'e Gaeta di Ferdinando Russo)


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Cavour è un tale che muore dal freddo piuttosto che dividere il fuoco con gli altri (G.Garibaldi)

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LIBRI IN VETRINA

 

 
Il Sud e l'unità d'Italia
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Brigantino-Il Portale del Sud, 2009
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Terroni di Pino Aprile
Terroni

Tutto quello che è stato fatto
perchè gli italiani del sud
diventassero meridionali
Pino Aprile
Piemme, 2010



La Rivoluzione Meridonale
Guido Dorso
Edizioni Palomar, 2005


Fuoco del Sud
Lino Patruno
Rubbettino Editore, 2011

 

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HANNO DETTO SUL MERIDIONE


Il governo piemontese si vendica mettendo tutto a ferro e fuoco. Raccolti incendiati, provvigioni annientate, case demolite, mandrie sgozzate in massa. I piemontesi adoperano tutti i mezzi più orribili per togliere ogni risorsa al nemico, e finalmente arrivarono le fucilazioni! Si fucilarono senza distinzione i pacifici abitatori delle campagne, le donne e fino i fanciulli
L’ Osservatore Romano (1863)

Il Piemonte si è avventato sul regno di Napoli, che non voleva essere assorbito da quell'unità che avrebbe fatto scomparire la sua differenza etnica, le tradizioni e il carattere. Napoli è da sette interi anni un paese invaso, i cui abitanti sono alla mercè dei loro padroni. L’immoralità dell’amministrazione ha distrutto tutto, la prosperità del passato, la ricchezza del presente e le risorse del futuro. Si è pagato la camorra come i plebisciti, le elezioni come i comitati e gli agenti rivoluzionari
Pietro Calà Ulloa (1868)

Sorsero bande armate, che fan la guerra per la causa della legittimità; guerra di buon diritto perché si fa contro un oppressore che viene gratuitamente a metterci una catena di servaggio. I piemontesi incendiarono non una, non cento case, ma interi paesi, lasciando migliaia di famiglie nell’orrore e nella desolazione; fucilarono impunemente chiunque venne nelle loro mani, non risparmiando vecchi e fanciulli
Giacinto De Sivo (1868)

L’unità d’Italia è stata purtroppo la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico sano e profittevole. L’ unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse lo stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che in quelle meridionali
Giustino Fortunato (1899)

Sull’unità d´Italia il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata, è caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone
Gaetano Salvemini (1900)

Le monete degli stati pre-unitari al momento dell’annessione ammontavano a 668,4 milioni così ripartiti:
Regno delle DueSicilie 443,2, Lombardia 8,1, Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, Roma 35,3, Romagna,Marche e Umbria 55,3, Sardegna 27,0, Toscana 85,2, Venezia 12,7
FrancescoSaverio Nitti (1903)

Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l´Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti
Antonio Gramsci (1920)

Prima di occuparci della mafia  dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita, in Sicilia. La mafia nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia
Rocco Chinnici (1983)

L’ufficio dello stato maggiore dell’esercito italiano è l’armadio nel quale l’unificazione tiene sotto chiave il proprio fetore storico: quello dei massacri, delle profanazioni e dei furti sacrileghi, degli incendi, delle torture, delle confische abusive, delle collusioni con la sua camorra, degli stupri, delle giustizie sommarie,
delle prebende e dei privilegi dispensati a traditori, assassini e prostitute
Angelo Manna (1991)

 
 

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