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« 26 AGOSTO 2006: AD ASSIS...IL RITORNO DELL’ANTISEMITISMO »

FORSE NON TUTTI SANNO CHE...

Post n°73 pubblicato il 29 Agosto 2006 da paologis
 
Foto di paologis

Quest'anno, il 23 ottobre, ricorrono i 50 anni dalla rivoluzione ungherese scoppiata nel 1956 contro il regime comunista sovietico che illuse l'Ungheria di aver ritrovato la democrazia solo per circa un mese e venne repressa nel sangue dall'Armata Rossa.
Il 22 ottobre insorgevano infatti contro il governo comunista appoggiato da Mosca gli studenti della capitale ungherese appoggiati dagli operai, scoppiava una furiosa e sanguinosa rivolta che vide addirittura defenestrati dalla sede del partito comunista ungherese alcuni dirigenti vicini ai sovietici. Veniva instaurato il giorno 28 ottobre un governo democratico con a capo Imre Nagy, dirigente di partito, con il quale l'Ungheria diede avvio all'uscita dal comunismo e dal patto di Varsavia.
La reazione sovietica non si fece sentire e, il 31 ottobre, Mosca decise l'intervento armato: il 1 novembre l'Armata Rossa iniziò l'invasione ed il 4 la resistenza fu schiacciata con carri armati (le cifre parlano di circa 25.000 ungheresi uccisi e 250.000 in fuga verso l'Austria ed i Paesi limitrofi). Il 22 novembre Nagy ed altri leader controrivoluzionari furoni arrestati a tradimento (gli avevano promesso un salvacondotti) e quindi processati e fucilati nel 1958.
Venne restaurato un governo filosovietico ed ancora il 7 dicembre del 1956 a Salgotarjan la polizia comunista sparò ed uccise decine di ungheresi intenti a protestare.
Nagy sperava in un aiuto occidentale che sostenessa la rivoluzione ma solo la Chiesa si mobilitò con Papa Pio XII ed il Cardinale Montini, in quei giorni per la prima volta si espresse pubblicamente Gioventù Studentesca di Don Giussani ma tutto fu inutile. In quei giorni fu infatti liberato il cardinale Mindszenty che si rifugiò nell'ambasciata statunitense dopo 8 anni di prigionia nelle segrete della sede della Polizia Comunista ungherese (le celle erano veramente disumane).

Ma quale fu la reazione del Partito Comunista Italiano (PCI) davanti ad una repressione tanto sanguinosa da parte dei sovietici? Antonio Giolitti ed altri dirigenti lasciarono il PCI, il 29 ottobre infatti 101 intellettuali con la tessera del partito comunista avevano firmato un appello di solidarietà con la rivoluzione (2 giorni prima dell'invio dei carri armati sovietici). In realtà la reazione ufficiale di Togliatti e soci fu quella di appoggiare la repressione.
Il giorno 8 dicembre 1956 l'VIII Congresso del PCI diede il suggello approvando l'intervento e la repressione; ecco cosa disse Concetto Marchesi, dirigente di partito facente parte della parte culturale: "E' indubitato che senza l'intervento delle forze sovietiche l'Ungheria sarebbe oggi mano alla più spietata reazione" ed ancora "Si è ripetuto e si ripete che nella sommossa erano operai e studenti: ma l'operaio socialista che combatte fianco a fianco al fascista si mette dalla parte del fascismo. La qualifica di operaio e di studente non basta a nobilitare la loro azione". In quei giorni Giancarlo Pajetta gridava alla camera "Viva l'Armata Rossa!" mentre l'Unità definiva gli insorti "gruppi di teppisti" ed il 25 ottobre pubblicava un articolo di Togliatti con questo titolo "Da una parte della barricata a difesta del socialismo". Nell'articolo si leggeva che "I ribelli controrivoluzionari hanno fatto ricorso alle armi. La rivoluzione socialista ha difeso con le armi se stessa, le sue conquiste, il potere popolare come è suo diritto e dovere sacrosanto".  "Alla sommossa armata, che mette a ferro e fuoco la città non si può che rispondere se non con le armi. [...] Tutto questo è molto doloroso, tutto questa doveva essere evitato, ma quando il combattimento è aperto, e chi ha preso le armi non cede, bisogna abbatterlo". Sempre Togliatti sulla fucilazione di Nagy nel 1958 commenterà:"Ho visto che deputati di tutte le correnti, a cominciare dai fascisti, hanno fatto rumorose dichiarazioni a proposito del processo e della condanna dei capi della rivolta del 1956. Per conto mio, non ho nulla di particolare da dichiarare. La lotta in Ungheria fu una esasperata lotta politica e di classe fra la reazione ed un regime popolare che dovette alla fine difendersi con tutti i mezzi". Quanto ai 101 citati sopra, 14 ritirarono la firma, molti altri invece uscirono dal PCI come fecero oltre 20.000 iscritti. Non mancò però gente che restò invece in orbita PCI o ci sarebbe tornata in seguito come Antonio Giolitti.
In ogni caso la dirigenza del PCI continuò a approvare il massacro ungherese anche dopo aver condannato la repressione in Cecoslovacchia nel 1968 con Luigi Longo e quella in Polonia nel 1981 per bocca di Berlinguer. Questo perché mentre per Praga e Danzica i reazionari avevano cercarto di riformare il socialismo, a Budapest avrebbero voluto abbandonarlo.
Solo nel 1988 Fassino partecipò ai funerali simbolici di Nagy organizzati a Parigi, nel trentennale della sua morte, dall'intellettuale dissidente Francois Fejto, non senza però scatenare le proteste della vecchia guardia del PCI. Nel 1989 sarebbe poi stato lo stesso Occhetto a partecipare ai funerali very di Nagy organizzati a Budapest da un governo che ormai aveva annunciato il ritorno alla democrazia.

In occasione del 50° anniversario dell'inizio di quei moti il presidente ungherese Laszlo Solyom ha invitato Giorgio Napolitano (attuale presidente della Repubblica Italiana) a partecipare alla commemorazione. Questo gesto ha provocato dure critiche in Ungheria da parte di un folto gruppo di ex combattenti ungheresi protagonisti della resistenza ungherese all'invasione sovietica del 1956.
Ecco la lettere aperta inviata al presidente magiaro da parte di Sandor Racz, Laszlo Balas Piri e Maria Wittner, sopravvissuti alla repressione sovietica del 1956:
"Nel ruolo di sopravvissuti della rivolta del '56, protestiamo nel modo più fermo contro il suo invito ad un politico, anche se presidente della Repubblica Italiana, che diede sostegno internazionale agli assassini sovietici per schiacciare nel sangue i desideri di libertà dell'Ungheria".
Il nostro (purtroppo essendo italiano pure il mio) Presidente si schierò apertamente con Mosca e con la repressione
Ecco come Napolitano attaccò Giolitti che aveva dissentito dal PCI:

"[...] l'intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore dell'Europa si creasse un focolaio di provocazione [...], oltre che ad impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell'URSS ma a salvare la pace nel mondo".

Napolitano ha ammesso l'errore solo lo scorso anno, nella sua biografia, confessandodi averci messo "molti anni" a riconoscerlo.
Sicuramente non è abbastanza per il popolo ungherese, servirebbe una condanna pubblica, un gesto come quello di Gianfranco Fini del 2003 che, dopo aver visitato in Israele il Museo dell'Olocausto condannò pubblicamente tutto il Nazismo e tutto il Fascismo, Repubblica di Salò compresa, rispetto all'orrore della Shoa.
L'attuale Presidente della Repubblica Italiana dovrebbe fare lo stesso con il comunismo poiché, come scrisse Montanelli, nel 1956, mentre l'Armata Rossa trucidava a Budapest i dissidenti ungheresi ormai inermi, nel Parlamento italiano i deputati del PCI (come ricordato sopra) urlavano "Viva l'Armata rossa!" e tra le file di quegli onorevoli sedeva anche l'attuale capo di Stato italiano.
In tutta risposta Napolitano ancora non ha deciso se recarsi o no a Budapest il prossimo ottobre (il rischio di contestazioni è altissimo) ed è un vero peccato, perché se proprio dalla capitale ungherese il Presidente della Repubblica Italiana accusasse se stesso per l'appoggio a quella sanguinosa repressione ed il comunismo intero per i crimini commessi allora si che si guadegnerebbe il rispetto di tutti, allora si che diventerebbe a tutti gli effetti il presidente di tutti.

Nella foto il monumento in onore ai caduti del 1956 che si trova davanti al Parlamento di Budapest

 
 
 
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