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Post n°123 pubblicato il 04 Aprile 2007 da starman2006

Liturgia "In Coena Domini" (DAL SITO WWW.STUDIBIBLICI.IT)

 

Dal Vangelo secondo Giovanni: 13,1-15 La lavanda dei piedi

 

Con scelta intelligente la Chiesa, da sempre, nella sera del Giovedì Santo per ricordare e rivivere la cena di Gesù, non ha presentato un vangelo che narra i gesti che accompagnano le parole di Gesù sul pane e sul vino, ma stranamente questo vangelo che abbiamo ascoltato: un vangelo importante perché manifesta il vero significato di quello che stiamo per fare. In questo vangelo Giovanni, l’autore di questo brano che abbiamo ascoltato, presenta Gesù come l’unico che ha conosciuto Dio. Giovanni su questo è categorico: Dio nessuno l’ha mai conosciuto. L’unico che l’ha visto è Gesù. Quindi soltanto da quello che Gesù dice e fa si può comprendere chi è Dio. Gesù in questa cena non sta dando una lezione di umiltà, ma manifesta visibilmente chi è Dio: il Dio che da sempre nelle religioni era stato pensato e presentato come un monarca assoluto, che chiede di essere servito ed obbedito, un Dio con il quale comunicare era reso sempre più difficile dai sacerdoti a forza di regole, di prescrizioni, di sacrifici. Ebbene Gesù in questa cena spazza via tutto questo e presenta il vero volto di Dio. Ed è importante per comprendere quello che stiamo per fare.

Nella cena che noi stiamo celebrando Gesù presenta un Dio che si mette al servizio dei suoi. Noi non siamo qui, né questa sera né le altre volte che partecipiamo alla Eucarestia, per rendere un culto a Dio, per farlo contento, per dargli qualcosa. La Cena del Signore, l’Eucarestia, è quel momento nel quale la comunità si siede, si riposa perché il Dio si mette al suo servizio. Non un culto che noi rendiamo a Dio, ma è Dio che si mette al nostro servizio per manifestarci tutto quello che è. Gesù in questa cena manifesta il volto di Dio, si mette a servizio e annulla tutte le distanze, tutte le immagini del Dio seduto sul trono. Il distintivo di Gesù, che è la chiave di questo vangelo, Gesù non se lo toglie, gli rimane addosso: è il grembiule. E il grembiule è il segno di colui che per amore, volontariamente si mette al servizio dei suoi.

E questo servizio che Gesù, manifestazione visibile di Dio, rende ai suoi, non è un servizio che scende con accondiscendenza dall’alto verso il basso, non è il Signore che elargisce le sue grazie, ma Gesù, come ha ben compreso Paolo nelle sue lettere "debole con i deboli’, parte dalla parte più sporca ed impura dell’individuo, i piedi. A quell’epoca c’era una concezione di un Dio estremamente puro e qualunque impurità nell’uomo rendeva impossibile la comunione con Dio. L’uomo aveva bisogno di sottoporsi a complicati riti purificatori fatti di liturgie, di offerte e di sacrifici. Ebbene Gesù spazza via con questo gesto tutto questo. L’uomo pensava che avrebbe dovuto essere puro per avvicinarsi al Signore. Gesù gli dice no: è l’accoglienza del Signore ciò che ti rende puro. E qui in un attimo Gesù non lava soltanto le impurità dei piedi, ma con l’acqua butta via queste sporcizie, butta via tutta quella serie di strutture che i sacerdoti avevano messo tra Dio e l’uomo. Tutte quelle difficoltà per ottenere il perdono da Dio, tutto quell’insieme di pratiche religiose, sacrificali, per essere sicuri di essere in piena comunione con il Signore. La purezza con Dio non deriva dagli sforzi e dai meriti dell’uomo, ma è iniziativa di Gesù. Non è l’uomo che attraverso dei riti, attraverso dei sacrifici si rende puro per ottenere la comunione con il Signore, ma è la presenza del Signore che rende puro l’uomo indipendentemente da quella che è stata la sua condotta o il suo comportamento morale.

Ecco che allora Pietro reagisce, perché Gesù in un attimo, con questo suo gesto, spazza via i millenni di tradizione religiosa ed i millenni di immagine di Dio. Gesù, un Dio al servizio degli uomini, debole con i deboli, pensa lui ad eliminare quella parte impura dell’uomo. Non sta all’uomo farlo. Gesù non chiede, e avrebbe potuto farlo, "e adesso lavatemi i piedi", cioè togliete le impurità che impediscono la comunione con me. Gesù dice: "sono io che mi metto a lavare i vostri piedi". E questo rende l’uomo pienamente sereno. L’unica preoccupazione e occupazione dell’uomo è come accogliere questo amore e trasformarlo in servizio ed in condivisione con gli altri. Forse ci sono, e ci sono, degli aspetti che riteniamo delle impurità nella esistenza: è compito del Signore eliminarle e purificarle.

In questa cena che è strettamente legata, ed è importante che noi comprendiamo bene, al sabato della Resurrezione, c’è la prima delle due beatitudini che Gesù proclama. Nel vangelo di Giovanni ci sono due beatitudini: una legata al gesto che Gesù ha fatto: "Beati voi se capite quello che ho fatto e se lo farete gli uni gli altri" e l’altra beatitudine è quella della Resurrezione, quando Gesù dice: "Beati quelli che credono senza aver bisogno di vedere".

Se accogliamo questa sera questo Gesù che si mette al nostro servizio e lo manifestiamo in un servizio agli altri, questa è la garanzia che ci permette di sperimentare Gesù resuscitato. Vedremo sabato sera che non è possibile credere che Gesù è risorto, perché è scritto in un libro o perché ci viene insegnato. C’è bisogno di un’esperienza personale, Gesù questa sera ce ne dà l’occasione. Chi accoglie questo servizio e lo trasforma poi in servizio generoso verso gli altri farà esperienza concreta e visibile di Gesù resuscitato.

E tra poco come espressione dell’accoglienza, di questo significato della cena di Gesù, della lavanda dei piedi, faremo questo gesto del profumo. Anch’esso strettamente legato alla Resurrezione. Gesù ha resuscitato Lazzaro, vincendo la resistenza delle sorelle che gli dicono, "Signore puzza già". La morte puzza, Gesù dice: "ma non ti ho detto che se credi vedrai la gloria di Dio". L’esperienza della resurrezione di Lazzaro è condizionata dal credere. Se credi vedrai, se non credi non vedi niente. E quando la comunità vede questo risorto fa una cena e la sorella di Lazzaro unge Gesù. E il profumo invade tutta la casa. Mentre la morte puzza, la festa della vita che trionfa sopra la morte profuma. E Gesù chiede alla comunità: conservate questo profumo per il giorno della mia sepoltura, cioè conservate il profumo di una vita che per amore si fa servizio e che quindi scopre dentro di sé una qualità che è quella indistruttibile: conservatelo per il momento della mia morte. Ecco allora che quel gesto che tra poco faremo con questo unguento, con il quale ci inviteremo gli uni gli altri ad essere profumo di vita, cioè a mettersi al servizio degli altri, sprigiona quelle qualità di vita indistruttibile che faranno sì che, (e purtroppo capita, nei momenti della nostra vita nei quali ci troviamo di fronte concretamente alla morte delle persone care, delle persone con le quali viviamo), conserviamo questo profumo e sappiamo, non perché ce l’hanno detto, ma perché l’abbiamo sperimentato, che la vita è capace di superare la morte.

Ecco allora con un breve istante di silenzio accogliamo questo Gesù che si mette a lavare la parte più sporca della nostra esistenza. Ognuno di noi è segnato da delle colpe particolari, ognuno di noi porta dentro magari da anni delle vergogne inconfessate, degli aspetti della propria vita che non si vorrebbe far vedere a nessuno. Lasciamo questa sera a Gesù lavarle e purificarle. E non facciamo come Pietro: "No Signore, non ti permetterò mai che tu ti insozzi le mani". Gesù non si insozza le mani, lui che è la vita tocca le parti malate della nostra esistenza per tornare a vivificarle.

Come io ho fatto questo, anche voi dovete farlo gli uni gli altri. Gesù nel servire gli altri non si è abbassato. Il nostro servizio agli altri, non solo non ci diminuisce, ma ci innalza perché ci dona la stessa dignità della condizione divina.

 
 
 
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Come ti amo? - Come ti amo? Lascia che ti annoveri i modi.
Ti amo fino agli estremi di profondità,
di altura e di estensione che l’anima mia
può raggiungere, quando al di là del corporeo
tocco i confini dell’Essere e della Grazia Ideale.
Ti amo entro la sfera delle necessità quotidiane,
alla luce del giorno e al lume di candela.
Ti amo liberamente, come gli uomini che lottano per la Giustizia;
Ti amo con la stessa purezza con cui essi
rifuggono dalla lode;
Ti amo con la passione delle trascorse sofferenze
e quella che fanciulla mettevo nella fede;
Ti amo con quell’amore che credevo aver smarrito
coi miei santi perduti, - ti amo col respiro,
i sorrisi, le lacrime dell’intera mia vita! - e,
se Dio vuole, ancor meglio t’amerò dopo la morte.

Elizabeth Barrett Browning
 
 

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