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(tempo di lettura: 3 minuti) Gli altri bambini mi avevano eletto "Re dei fifoni". Se non volevo essere chiamato così a vita, avrei dovuto scendere nella Cripta dei Perduti e bussare sulla lapide del Vecchio Pazzo. Solo allora avrei potuto abdicare, ed eleggere qualcun altro al mio posto. Mi avevano sfidato e adesso erano lì per controllare. Il gruppetto si fermò al limitare del camposanto, voci beffarde pronosticarono la mia rinuncia. Col cuore che mi scoppiava varcai il cancello del cimitero poco prima di mezzanotte. Il cigolio dei cardini mi suonò come il lamento dei morti che stavo disturbando. Le gambe mi sembravano di budino, obbedivano di malavoglia e in ritardo a quello che comandavo loro. Mi diressi verso la parte vecchia, quella con le lapidi sghembe e scheggiate, coperte da licheni. La ghiaia scricchiolò sotto le mie scarpe come costole frantumate, e in fin dei conti non c’era niente di strano: stavo camminando sopra ossa centenarie. La luna andava e veniva, coperta da nuvole pigre. Imboccai il vialetto che portava alla cripta. Una civetta stizzosa s’alzò in volo al mio passaggio e scivolò via maledicendomi. Si diceva che il Vecchio Pazzo s’aggirasse ancora nei pressi della sua tomba, senza riuscire a trovar pace. Cent’anni prima era stato sorpreso a dedicarsi a strane pratiche magico-alchemiche. Una folla rabbiosa di timorati di Dio lo aveva ucciso con falci e forconi, poi l’aveva bruciato. C’erano quasi tutti gli abitanti del nostro paese, e chi non era presente pregava perché il demonio soccombesse. Mentre scendevo i gradini del sotterraneo mi tornarono in mente tutte le storie che si raccontavano da un secolo. Entrando nel buio della volta, guardai il cielo stellato chiedendomi se mai l’avrei rivisto. Credevo che sarei morto se avessi scorto qualcosa di diverso da muri, lapidi e vasi da fiori. Invece, quando vidi il Vecchio Pazzo che mi aspettava, lo riconobbi subito e provai quasi sollievo. Mi guardò con ferocia affettuosa e mi disse: – Ti hanno chiamato Re dei fifoni, fagli vedere quello che vali: vendica in un colpo solo il tuo onore e la mia vita rubata! Seppi all’istante che era giusto così. Staccai una delle lance arrugginite della cancellata, uscii e uccisi tutti i bambini che m’aspettavano. Qualcuno tentò di scappare, pochi chiesero pietà, nessuno rideva più. Li guardai e pensai che per essere un re avevo una corte un po’ troppo silenziosa.
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