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Protezionismo pericoloso

Post n°2546 pubblicato il 04 Febbraio 2009 da Antalb
 

È un intellettuale maverick, come lo definirebbero nel suo continente un po’ più a nord, semplicemente per il fatto di non essere un socialista. Mario Vargas Llosa è un grande scrittore, ma anche un politico latino americano. Scriveva: «Il nazionalismo ha sostanzialmente contribuito al nostro sottosviluppo. Solo lentamente stiamo imparando che la ricchezza non deriva dall’innalzar barriere, ma dal cancellarle. La ricchezza di una nazione nasce dall’andare fuori nel mondo a conquistare mercati, e al tempo stesso a catturare tecnologie, capitali e idee che il mondo ci può offrire». Ciò che può apparire una banalità, non lo è certo per un intellettuale-politico sudamericano, ma soprattutto non lo è per ciò che concretamente sta avvenendo in questi mesi in tutto il mondo.


Ma ci sono due ulteriori considerazioni da fare. La prima riguarda il passato. È universalmente riconosciuto che una delle cause che trasformò il crac borsistico del ’29 nella grande depressione, sia stata proprio la chiusura dei commerci. I modi per farlo sono infiniti. All’epoca fu votata la Smoot-Hawley che chiuse le importazioni di merci straniere negli Usa con aumento delle tariffe del 100 per cento su ventimila prodotti. Ovviamente la risposta degli altri Paesi fu di fare altrettanto, con un ritorno del protezionismo mondiale. Aumentare i dazi sui formaggi francesi o sull’acqua minerale italiana, o riservare i «lavori verdi» di Obama agli americani, più o meno questo sono. Ciò che si vede subito è una temporanea protezione di posti di lavoro e del reddito domestico; ciò che si potrà vedere dopo è che in tal modo la crisi peggiora.


Una seconda considerazione, minimale ma interessante nelle sue conclusioni paradossali, riguarda la definizione di «connazionale» da proteggere. Quanto circoscrivere il concetto? Se il principio è di proteggere ciò che è più vicino, il passo dalla Nazione, alla regione, alla provincia, al comune, al quartiere e infine alla famiglia è rapidissimo. Soprattutto in una fase di crisi economica, in cui i morsi sono sempre più prossimi. Insomma una volta violato il merito e la libertà di mercato, è difficile dosare il principio «della vicinanza etnico-geografica»: con facilità si rischia di giustificare un’economia del clan.

 
 
 
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