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DE ANDRE' E GUCCINI
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Il cuore mio non dorme mai Sa che di un altro adesso sei Tua madre va dicendo che A maggio un uomo sposerai Ma se in fondo al cuore tuo C'è un ragazzo sono io Ma chi l'ha detto ma perché Non devo più pensare a te Nessuno sa chi sono io Ma il primo bacio è stato mio Impazzisco senza te E ogno notte ti rivedo accanto a me Se bruciasse la città Da te da te da te io correrei Anche il fuoco vincerei per rivedere te Se bruciasse la città Lo so lo so tu cercheresti me Anche dopo il nostro addio l'amore sono io per te Il cuore mio non dorme mai per inventarti accanto a me Non brucia mai questa città C'è ancora un uomo insieme a te Ma se in fondo al cuore tuo C'è un ragazzo sono io Quel prato di periferia ti ha visto tante volte mia E' troppo tempo che non sa dov'è la mia felicità Impazzisco senza te E ogni notte ti rivedo accanto a me Se bruciasse la città Da teda te da te io correrei Anche il fuoco vincerei per rivedere te Se bruciasse la città lo so lo so tu chercheresti me Anche dopo il nostro addio l'amore sono io per te per te |
2 domande
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« sole = energia per tutto... | RUANDA ACCUSA LA FRANCIA » |
La televisione, dove l’unico spot circolante è quello della Chiesa
Cattolica, ci ha abituati a pensare all’8x1000 come a una magnifica
occasione per aiutare i derelitti della Terra. Nelle pubblicità
compaiono bambini di Paesi poveri, fame e miseria. Far tornare un
sorriso su quei volti emaciati è facile: basta apporre una firma sulla
dichiarazione dei redditi e si destina una quota dell’Irpef a quelle
popolazioni in difficoltà.
Una bella favola. Peccato che
resti, appunto, una favola. La Chiesa Cattolica destina solo il 20% di
quello che riceve con l’8x1000 per fare della carità (fonte Cei). Il
resto lo incamera. Le istituzioni laiche non fanno meglio. Tra il 2001
e il 2006 lo Stato italiano, attraverso l’8x1000, ha destinato
all’Africa 9 milioni di euro per combattere la piaga della fame: un
quinto di quanto ha dato per la regione Lazio (43 milioni). E pensare
che il Continente Nero, con i suoi oltre 800 milioni di abitanti, ha
preso più degli altri. All’Asia, 4 miliardi di individui, è arrivato un
milione e mezzo: il prezzo di una villa in Sardegna. O se si preferisce
un quarto di quanto il governo ha stanziato - prelevandolo dallo stesso
fondo - al solo Molise (7,2 milioni di euro). Seguono l’America
Centrale con 610mila euro e quella Meridionale con 560mila, poco più e
poco meno di 10mila euro all’anno.
E sarebbe andata ancora
peggio se nel 2006 tutta la quota statale, ovvero 4,7 milioni di euro,
non fosse stata completamente destinata a progetti contro la fame nel
mondo. Evidentemente la beneficenza va di moda solo negli spot. Secondo
la sezione di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello
Stato della Corte dei Conti dal 2001 al 2006 lo Stato italiano ha
elargito 272 milioni di euro grazie all’8x1000 degli italiani. Ma se si
vanno a guardare le aree di intervento, le differenze sono enormi: 179
milioni (il 66%) sono serviti per finanziare progetti di conservazione
di beni culturali; 59 milioni (il 22%) per affrontare calamità
naturali; 22 milioni (l’8%) per l’assistenza ai rifugiati; solo il 4% è
andato a progetti contro la fame nel mondo.
Una scelta
difficile da spiegare, a meno che non si entri nel dettaglio e
s’intuiscano alcuni meccanismi che governano la classe politica
italiana. Se si scorrono i progetti finanziati nei sei anni presi in
esame, si scopre che il 40% circa ha riguardato il restauro di chiese,
abbazie, conventi e parrocchie. Un aspetto che non è sfuggito alla
Corte che, in adunanza pubblica, ha chiesto conto alla rappresentante
del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali di tanti
finanziamenti a enti religiosi. La risposta è stata che il patrimonio
artistico, culturale, storico e architettonico degli enti religiosi in
Italia è di grande eccellenza. Vero, ma la Corte non ha potuto che
richiamare alle norme che regolano la distribuzione dell’8x1000 e che
parlano di bilanciamento nella scelta dei progetti e di urgenza degli
stessi.
La disparità di trattamento, invece, è evidente. Tanto
più se si tiene conto di altri dati. I numeri parlano da soli: i 315
milioni di euro attribuiti allo Stato dal 2001 al 2007 impallidiscono
di fronte ai 6.546 milioni ricevuti dalla Chiesa Cattolica. È il
ritorno dello spot televisivo? I creativi sono bravi, ma non così
tanto. A meno che non si voglia annoverare in questa categoria (e il
personaggio di sicuro lo merita) anche l’attuale ministro delle Finanze
Giulio Tremonti. È sua l’idea del meccanismo di redistribuzione che
tanti mal di pancia fa venire ai laici che siedono in Parlamento ma non
solo.
Non tutti gli italiani dichiarano a chi deve andare il
loro 8x1000. Solo il 40% lo fa scegliendo tra Stato, Chiesa Cattolica,
Valdesi, Luterani, Comunità ebraica, Avventisti o Assembleari. E il
restante 60%? In altri Paesi, dove la donazione deve rispecchiare una
volontà esplicita del contribuente, questa quota rimane allo Stato e
quindi a disposizione di tutti. In Italia viene invece ridistribuita
secondo le proporzioni del 40%, dove i cattolici vanno forte. Alla fine
circa il 90% dell’intero gettito va alla Chiesa. Si tratta di quasi un
miliardo di euro all’anno, 991 milioni nel 2007.
E pensare che
quando nacque l’8x1000, la sua funzione era quella di sostituire la
congrua per il pagamento dello stipendio ai sacerdoti. Lo Stato era
anche disposto a mettere di tasca propria il denaro necessario per
arrivare alla cifra di 407 milioni di euro nel caso i fondi fossero
risultati insufficienti. Oggi gli stipendi dei preti rappresentano un
terzo dell’8x1000 che va alla Chiesa, ma nessuno ha mai osato mettere
in discussione la cifra, nemmeno la commissione bilaterale
italo-vaticana che aveva il compito di rivedere le quote nel caso il
gettito fosse stato eccessivo.
Del fiume di denaro che va alla
Chiesa Cattolica, la Cei destina il 20% per opere caritatevoli, il 35%
per pagare gli stipendi dei 38mila sacerdoti italiani e il resto, circa
mezzo miliardo di euro, viene ufficialmente utilizzato per non meglio
precisate «esigenze di culto», «catechesi» e «gestione del patrimonio
immobiliare». Forse anche per questo lo slogan scelto dai Valdesi per
un loro spot radiofonico di qualche tempo fa era: «Molte scuole,
nessuna chiesa». La pubblicità in questione è stata vittima di una
sorta di censura: per mesi non è stata mandata in onda. Non è l’unica
disparità che lamentano le altre confessioni religiose.
Diversamente
dai cattolici, infatti, Valdesi, Luterani, Comunità Ebraiche,
Assembleari e Avventisti ottengono i fondi (volontariamente
sottoscritti dagli italiani) solo dopo tre anni. Alla Cei, invece, lo
Stato versa un anticipo del 90% sull’introito dell’anno successivo. Le
vie del Signore, in alcuni casi, si fanno scorciatoie. Ma le disparità
tra religioni diverse non sono le uniche che si possono riscontrare tra
i finanziamenti statali dell’8x1000.
Nonostante i criteri di
scelta dicano che, per finanziare i progetti, è necessario tener conto
di vari fattori, tra cui anche quello della maggiore o minore
popolazione presente sul territorio su cui insiste il progetto, ci sono
regioni che paiono baciate dalla fortuna. In sei anni all’Abruzzo sono
andati 13 milioni di euro, quanto la Sicilia e la Toscana, e quattro
volte l’Umbria (3 milioni di euro). E che dire delle Marche (22 milioni
di euro), che ha ricevuto più del doppio di una regione come il
Piemonte? Capire perché questo accade è praticamente impossibile.
Il
Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del
Consiglio, che si occupa della distribuzione dei fondi, dichiara di
aver tenuto conto dei criteri scelti dalla Presidenza, ma anche «della
commissione tecnica di valutazione», dei «pareri non vincolanti delle
Camere», di imprecisate «indicazioni arrivate da autorità politiche» e
dei suggerimenti delle «commissioni parlamentari». Come dire: di tutti.
Il risultato è stata la solita guerra tra lobby, che però ha provocato
un effetto perverso: l’enorme frammentazione dei finanziamenti.
Se
ognuno vuole la sua fetta di torta, per quanto piccola, l’esito è
scontato: l’8x1000 si perde in una serie infinita di rigagnoli. Il 78%
dei finanziamenti erogati, ovvero tre su quattro, è inferiore a 500.000
euro. Quasi la metà (43,22%) è compreso tra i 100 e i 500 mila euro.
Chi dovrebbe evitare tutto questo è la Presidenza del Consiglio. Per
legge dovrebbe essere il filtro che dà unitarietà e razionalità agli
interventi, ma non accade.
La Corte rileva che i ministeri si
rivolgono direttamente al dicastero delle Finanze per i progetti.
Questo ha un ulteriore conseguenza: se si elimina la responsabilità
della Presidenza del consiglio, chi controlla gli esiti dei lavori? Il
regolamento stabilisce che, passati 21 mesi, se questi non sono
iniziati, il finanziamento viene revocato. Sarebbe dovuto accadere per
esempio per la Chiesa della Martorana di Palermo, per il Complesso di
Santa Margherita Nuova in Procida o per la Chiesa di santa Prudenziana
a Roma. Non è avvenuto.
Di fronte a questi risultati non
stupisce la disaffezione dei cittadini. Nel 2004 il 10,28% dei
contribuenti aveva affidato il suo 8x1000 allo Stato. La percentuale è
scesa all’8,65% nel 2005, all’8,38% nel 2006 e al 7,74% nel 2007. Forse
avranno contribuito le leggi che in questi anni hanno decurtato la
quota statale senza tener minimamente conto delle finalità per cui era
stato istituito l’8x1000. Nel 2001 sono stati prelevati 77 milioni di
euro per finanziare la proroga della missione dei militari italiani in
Albania e nel 2004 il governo Berlusconi ha deciso una decurtazione di
80 milioni di euro anche negli anni successivi per sostenere la
missione italiana in Iraq. Le decurtazioni dal 2001 al 2007 sono
ammontate a 353 milioni di euro, più dei 315 milioni rimasti nel fondo
8x1000. Siamo lontani anni luce dai bambini dello spot in tv.
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