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Storie di Ordinaria Follia

Post n°331 pubblicato il 23 Gennaio 2009 da Rhino8

Sono nell’Ufficio del consulente legale. Seduto di fronte a Lei, conversiamo circa un contratto da modificare. Ufficio open space, con dei pannelli di legno “a griglia” che dividono solo formalmente le aree dell’ufficio legale, segreteria, area amministrativa e presidenza dal resto degli uffici tecnici e di progettazione. Ma non coprendo completamente la visuale come e non garantendo la benché minima insonorizzazione. Stanno passando nel corridoio il Capo con un suo collaboratore e degli ospiti. Nel frattempo c’è un problema su un veicolo in Spagna, cliente muy importante, il Capo è in fibrillazione, per questo. Ovviamente il Post Vendita (io me medesimo) è sereno, sa che il veicolo è in officina, ha già contattato cliente, officina (improvvisandosi conoscitore dello spagnolo) e fornitore dei motori, ed è dell’avviso che ora deve lasciarli lavorare tutti in pace, non rompergli le palle ogni mezz’ora per chiedere notizie sullo stato d’avanzamento dei lavori. Alla fine riceverà una relazione, cercherà di trovare una soluzione più veloce possibile per risolvere il problema, e stop. Il cliente non fa pressioni particolari, è sereno anch’esso, non c’è motivo per agitarsi. Ma il capo è in fibrillazione uguale. In un caso analogo siamo rimasti scottati, ma non si ottiene da tutti la stessa collaborazione. Mi vede, mi chiede novità, mentre gli altri si fermano qualche passo indietro, rimanendo fuori dal mio campo visivo. Mi alzo, mi paro di fronte a lui. Vuole assolutamente che io chiami ancora il cliente, l’officina, gli spieghi cosa deve fare (“Ma.. lo sapranno bene, anche loro! Sono un’officina o no?” – dico io),  come farlo, di farlo velocemente, di mandarci il preventivo (“Ma.. se non sanno ancora dov’è il guasto!”- dico io).

“Poi altrimenti.. come in Portogallo!” Il tono di voce è alto, è tutta mattina che è così. Mentre si muove verso l’uscita ed apre la porta, sbotto e sintetizzo i miei pensieri in: “Ma.. insomma, mica posso chiamare in un’altra nazione qualcuno di completamente sconosciuto ed a cui sto chiedendo un favore e dirgli: “Oh, mi raccomando, non lavorate col culo!!!””. Nel dirlo, faccio due passi seguendolo, e mi ritrovo oltre i pannelli. “Tu no, ma io sì!” –risponde.

Mi fermo. Scuoto la testa. Sento dietro di me il collaboratore e gli ospiti che ridono, passandomi a fianco, mentre il collaboratore mi dà una pacca sulla spalla scuotendo la testa e ridendo anche lui. Sorrido anch'io, composto, aspetto che escano anche loro per mettermi a ridere più liberamente della scenetta di cui sono stato involontario protagonista.

Cioè, noialtri qua, le rotelle mica ce le abbiamo a posto tutte. Ma.. siamo pittoreschi, nevvero? ;-)

 

 
 
 

Fuori Orario

Post n°330 pubblicato il 20 Gennaio 2009 da Rhino8

Fuori Orario lo sono stati i treni che ho preso nell’ultima trasferta a Como. 3/3 in ritardo, ed una trasferta che doveva essere “comoda” con l’abbondante tempo di attesa destinato ad una sigaretta sulla banchina trasformato in uno slalom in corsa, paglia accesa in bocca, zaino in spalla e moccoli che si accumulavano per essere scaricati una volta saliti su quel dannato treno. E’ uno spazio temporale, quanto la fitta alla milza e la produzione di bile nel caso non fossi riuscito a salire su quei treni.

Fuori Orario è il titolo di un doppio album della Bandabardò, che come devo aver già detto circa un miliardo di volte è tra i miei gruppi preferiti, se non “IL”.. ma la questione va valutata giorno per giorno, a seconda dell’attrazione lunare, di Venere in un segno d’Aria, Giove in uno di Terra e Plutone in uno di Fuoco. Saturno ovunque sia è contro, ed anche se è il più bello che vada a farsi fottere. E’ uno spazio reale, fisico, da godesi con l’udito.

Fuori Orario è il nome di un Circolo Arci nei pressi di Gattatico (RE ma controvoglia, più PR). Sito all’interno di una ex stazione ferroviaria. Entri, e fai il biglietto per la serata in biglietteria (e dove, altrimenti?). Alla tua sinistra , una sala ristoro. E l’Area Stazione, aperta, dove al termine del concerto puoi rimanera a far baraca tota sira. Sali le scale, “scavalchi” la necessaria barriera architettonica divisoria e parzialmente insonorizzante, e sei nell’Area Treni, adibita a concerti. Le scale durante il concerto diventano i posti a sedere, ulteriore spazio sui ballatoi. Un bancone bar alla sinistra, un vagone in fondo adibito a bar con posti a sedere ma più agile nel servizio. Ed una ragazza a servire decisamente carina, che certo non guasta. Per di più simpatica, e con un sorriso.. vabbè, fermiamoci qui che è meglio. Ah, la media costa 3 €, anche questo è positivo. E’ uno spazio reale, fisico, da godersi e basta.

Fuori Orario sono io, o per lo meno una parte di me, quella rimasta quindicenne che vuole smascherare  la menzognera  carta d’identità, che non indossa orologi e non chiede mai l’ora. Fuori Orario è quello che sono sempre stato, ma non del tutto, anzi: puntuale negli appuntamenti con gli altri ma in costante ritardo negli appuntamenti con Me stesso sicuramente, con la vita forse.
Fuori Orario. Uno spazio mentale, infinito ed indefinito, in cui però si respira aria di libertà, ed i sorrisi hanno la magia della spensieratezza e della naturalità, partono dal cuore passano dal cervello senza inquinarsi.. ed arrivano direttamente alle labbra, puri.

Come alla fine accade anche in quello spazio reale, finito e delimitato del locale, in una sera in cui suona la Banda, che all’ennesimo tentativo mi “premia” facendomi finalmente ascoltare live Sans Papier. Omaggia De Andrè suonando in suo onore “Un Giudice”. Saluta tutti prima con Beppeanna e poi con Sogni Grandiosi.
Si ascende di livello, il finito del locale perde di significato, anche la birra è composta da luppolo malto ed endorfine, si bussa all’infinito e questo apre. Meraviglioso.
 

 

 
 
 

Rhiner Mauer (x2)

Post n°329 pubblicato il 07 Gennaio 2009 da Rhino8

Ehssì. Due! Dicasi due!!! Muri abbattuti in poco tempo.

Tutti alla ricerca di certezze, nella vita, che aiutano a mantenere elevati i livelli di serenità, autostima, senso di “protezione”. Barriere invalicabili, fino a quando non vengono abbattute o scavalcate alla facciaccia dei fottuti ma in quel momento distratti cecchini. Che quindi passano dall’essere dei fottuti cecchini (insulto semplice, senza svolazzi) a dei cecchini fottuti (dato di fatto: fregati, buggerati, raggirati). Cambiando l’ordine delle parole cambia il significato, nelle sue sfumature. Figo. Ora però, non so perché mi sono infilato in questo trip, e tocca uscirne, e tornare a Bomba (egguarda che ti scopro su wikipedia!) e spiegare quali sono i due muri che mi sono crollati in questi giorni.

Il primo, anche se non temporalmente, è stato del tutto indipendente dalle mie volontà ed azioni. Nego qualsiasi coinvolgimento. Il 15 settembre, è la data in cui le parole “casa mia” hanno iniziato ad indicare un appartamento in cui sul citofono c’è il mio nome (hemm.. sì, è vero, non ancora.. ok, provvederò, lo prometto) e non quello dei miei genitori.  Lassù (è al terzo piano), l’acqua era stata vista finora solo sotto forma di precipitazioni esterne caotiche e disordinate nello spaziotempo (pioggia, neve..) o di interne a comando, forzate ed ordinate (tramite rubinetti). Ma in bottiglia, mai. Ed ecco il colpo gobbo. Amici (li credevo tali..) invitati per una sana serata di poker alla texana che si presentano (giustamente) bussando con i piedi. Uno però trasportava acqua. Devo averci messo tempo a riconoscerla, prima di rimproverare l’autore dell’eresia. Che prima afferma: “No, no, tranquillo, è per me, sai ho tanta strada da fare e ci tengo alla patente..” e poi non l’ha neanche bevuta. Bastardo. Tornerai, un giorno, e sarà ancora lì ad aspettarti.

Come è potuto avvenire l’abbattimento del secondo muro, molto più alto e spesso, simile a quello eretto da Apollo e Poseidone a protezione di Troia, merita un antefatto. Evitando prima di buttarmi sul trip per cui anche questa città storica sia stata eternizzata in qualche modo di dire.. riguardante delle intenzioni o dei progetti non andati a buon fine.

I primi tre giorni dell’anno li ho passati in montagna, a Dimaro, dove ogni tanto dimora (hahaha. Dimaro-dimora. Devo smetterla di leggere Bergonzoni, provoca assuefazione e turbe psicolinguistiche) Andrea. Fantastica località dolomitica paradiso per sciatori, fungaioli e passeggiatori, sono stato invitato appunto da Andrea e dal Gato to enjoy their company e sciare qualora avessi voluto (no, non ho voluto. Il mio livello da sciatore è tale per cui al termine della giornata il divertimento non è sufficiente da ripagarmi della sofferenza degli scarponi e delle pelli d’orso in velocità sulla neve. E volevo solo rilassarmi, e cambiare aria. Magari la prossima volta..). Arrivati in casa, accendiamo le due stufe, una a legna ed una a cherosene. Vicino alla seconda, metto ad asciugare le ciabatte da doccia, quelle gommose antiscivolo, diffuse tra chi pratica sport e vuole continuare ad andare a raccogliere i funghi in montagna, non sotto i propri piedi. Memore del gesto compiuto ma con colpevole ritardo, vado a recuperarle. Stupida scimmia. La ciabatta destra a causa del calore si era ristretta ed accartocciata in punta. In pratica una ciabatta misura 42 aveva subito una mutazione in babbuccia orientale misura 36.

Non mi dilungo oltre sull’antefatto, come neanche sulla realtà che sono così bravo ad organizzarmi con i tempi.. da riuscire ad incasinarmi ed essere sempre di corsa anche in vacanza. Insomma, il 5 mi ritrovo diretto verso la palestra, ma senza ciabatte. Non importa, tanto la palestra è all’interno di un centro commerciale, le comprerò. Certo. Peccato che la ricerca in tre negozi di scarpe ed affini risulti infruttuosa. Non esistono più, le ciabatte. Solo ed esclusivamente infradito. Cazzo. Le infradito le ho sempre odiate, mi risultano scomodissime. Il fatto che siano “alla moda”, poi, risulta essere per me un ulteriore deterrente. Ciò che indosso deve farmi sentire a mio agio, devo starci comodo. Che sia alla moda o no. Il resto, non mi interessa. Anzi, spesso le trovo antiestetiche, e proprio non arrivo a capire certe cose, tipo.. l’utilizzo delle infradito sotto i jeans. Perché non usare gli zoccoli del Dr. Scholl’s??? Eppure.. insomma, ne ho viste così tante in questi ultimi anni da avere il rigetto.

Alla fine, m’è toccato capitolare. E dato che se uno deve annegare, deve farlo in mare e non in una pozzanghera, non ho preso quelle “monouso” da 4 euro con disegnati Bugs Bunny, Topolino o la scimmietta che ride. Per i 30 metri tra spogliatoio/sauna/doccia/spogliatoio le posso anche usare. Certo, non aspettatevi di vedermele addosso con i jeans.

E così risulta anche chiaro il perché quelle sei bottigliette d’acqua da mezzo litro, un paio d’ore dopo, hanno fatto traboccare il vaso.

 
 
 

Adiòs, Amigo!

Post n°328 pubblicato il 31 Dicembre 2008 da Rhino8

Non so. Sta per finire un altro anno, almeno secondo la scala metrologica globale del tempo (l’altra è quella particolare, riferita al singolo, la cui essenza si esplica nei compleanni..). La tendenza è quella di ricordarsi dei dolori passati, e di caricare di aspettative l’anno futuro, illusorio portatore di gioie, almeno fino a quando tali aspettative non saranno deluse e andranno per forza switchate verso l’anno successivo.

Cosa dire di questo 2008. Per me, un anno paradisiaco, in alcuni aspetti. Un anno infernale, in altri. Un anno di crescita, comunque. Questa, la trasporterò nel 2009, essendo entrata nel mio inconscio a comandare le mie reazioni istintive e quindi essendo entrata a far parte di me. Il resto è allocato nel cassetto dei ricordi, la cui apertura può portare tanto allo stimolo dei muscoli facciali che portano alla manifestazione di un sorriso, quanto allo stimolo delle ghiandole lacrimali che fanno fuoriuscire parte del loro prezioso succo.

 

I propri sogni (o le aspettative che dir si voglia), non si realizzano da soli. D’altra parte, tutto ha un prezzo. L’augurio per questo nuovo anno, per me come per Voi passanti su queste pagine, è di avere sempre la forza e la voglia di rincorrerli e perseguirli, a dispetto delle difficoltà da superare. E che riusciate a realizzarne quanti più possibile.



 
 
 

Parabola con doppia morale

Post n°327 pubblicato il 28 Dicembre 2008 da Rhino8

(ovviamente, non è farina del mio sacco, ma gira per il web da una vita e mezza. Ogni tanto mi ritorna, e la rileggo sempre con piacere. Anche perchè.. è tutto vero!!!)

Un professore di filosofia era in piedi davanti alla sua classe, prima della lezione, ed aveva davanti a sè alcuni oggetti. Quando la lezione cominciò, senza proferire parola il professore prese un grosso vaso per la maionese, vuoto, e lo riempì con delle rocce di 5-6 cm di diametro.
Quindi egli chiese agli studenti se il vaso fosse pieno, ed essi annuirono.
Allora il professore prese una scatola di sassolini, e li verso nel vaso di maionese, scuotendolo appena. I sassolini, ovviamente, rotolarono negli spazi vuoti fra le rocce. Il professore quindi chiese ancora se il vaso ora fosse pieno, ed essi furono d’accordo.
Gli studenti cominciarono a ridere, quando il professore prese una scatola di sabbia e la verso nel vaso. La sabbia riempi ogni spazio vuoto.
“Ora”, disse il professore, “voglio che voi riconosciate che questa é la vostra vita. Le rocce sono le cose importanti - la famiglia, il partner, la salute, i figli, l’amicizia - anche se ogni altra cosa dovesse mancare, e solo queste rimanere, la vostra vita sarebbe comunque piena.
I sassolini sono le altre cose che contano, come il lavoro, la casa, la moto, l’auto.
La sabbia rappresenta qualsiasi altra cosa, le piccole cose. Se voi riempite il vaso prima con la sabbia, non ci sarà più spazio per rocce e sassolini. Lo stesso e per la vostra vita; se voi spendete tutto il vostro tempo ed energie per le piccole cose, non avrete mai spazio per le cose veramente importanti.
Stabilite le vostre priorità e dedicate più tempo alle cose importanti, il resto e solo sabbia”.

Dopo queste parole, a lezione quasi terminata uno studente si alzò e prese il vaso contenente rocce, sassolini e sabbia, che tutti, a quel punto, consideravano pieno, e cominciò a versargli dentro un bicchiere di birra. Ovviamente la birra si infilò nei rimanenti spazi vuoti, e riempì veramente il vaso fino all’orlo.

MdF:
Non importa quanto piena sia la vostra vita, c’e sempre spazio per una BIRRA!!!

 
 
 

Riflessione del mattino

Post n°326 pubblicato il 20 Dicembre 2008 da Rhino8

Le cose più difficili del mondo sono amare, e volare. E per la prima, non ci si può neanche affidare a terzi.

Una possibilità, però, esiste. Sono insegnabili.

 
 
 

Post N° 325

Post n°325 pubblicato il 17 Dicembre 2008 da Rhino8

Capita di non ricordarsi nulla di una serata. Ma riguardo alla cena aziendale di ieri sera ho un vuoto talmente spinto che neanche al CERN.. tanto da quasi dubitare si sia mai svolta. Ma i sorrisi di certi colleghi al mio passaggio, e la ferocia del mal di capa, testimoniano il contrario..

 
 
 

Intervallo

Post n°324 pubblicato il 09 Dicembre 2008 da Rhino8

Una volta al giorno, magari in pausa salto del pranzo, mi concedo tuffo di dieci minuti (o poco più ;-)) nel sapore del bel cazzeggio dei tempi che furono. Oggi, vagando sul tubo. Assaggiate, se volete. 

 

 
 
 

Post N° 323

Post n°323 pubblicato il 03 Dicembre 2008 da Rhino8

..Io vendo promesse di ogni sorta
Qualcuna la mantengo
Di tutte le altre invece non mi importa..

..Io vendo scommesse sul futuro
Qualcuna vince molto
Di tutte le altre invece non mi curo..

..Una monetina per sapere che non ho sbagliato mondo
Adesso le riconto, se no mi confondo..

..Milioni di monete per il sogno di una terra dopo il mare
Per chi malgrado tutto continua a navigare..

Non so perché ascoltando questa canzone, m’è venuto da pensare quanto scritto dopo. Che a ben vedere non c’entra nulla, perché è ovvio ch’io mi riferisca ad Entità diverse. Ma tant’è. Alea iacta est, e rien ne va plus. Prima, ascoltate.

Il destino. Anzi, il Destino. Dio. La Fortuna. No, non va bene. La fortuna ha il suo opposto, il suo contraltare nella sfortuna, nella sfiga. C’è lo Ying e lo Yang. Il Destino, no. Dio no. Sì, occhei, ci sarebbe il Diavolo, l’Antagonista. Ma il Destino, no. L’unico antagonista del Destino è l’Uomo. Quello che cerca di sottrarvisi, quello che cerca di plasmarlo a suo piacimento, quello che cerca di indirizzarlo verso le mete da lui stesso prefissate. Il Destino è immateriale, mentre l’antagonista è materialissimo. Il Destino è l’aspettare, l’attendere un avvenimento. Ma per chi è in vita, l’unico accadimento certo, scritto nel Destino, è la morte. Il Destino decide la nascita (dove, quando..) e la morte. Il resto, è solo un confronto tra le energie a disposizione, da mettere in campo per conquistarsi un traguardo, e l’altezza e la durezza degli ostacoli che si frappongono nella strada verso il raggiungimento di questo. Allora “Destino” è sinonimo di “Dio”. Ma io non credo in Dio. Perciò, neanche nel Destino. Allora.. ecco cos’è. E’ una scusa. Copre il “Non sono stato all’altezza”, vuoi per mancanza di forza, vuoi per mancanza di abilità, vuoi per mancanza di intelligenza, vuoi per qualunque mancanza non tu non voglia ammettere agli altri, o anche a te stesso. Il Destino è una mancanza. Dio è una mancanza. Anzi, ne sono il simbolo. Tappano gli umani buchi: senza di loro non c’è più nulla a rendere gratis la sconfitta, o un risultato imperfetto, o un difetto di conoscenza, o altro. Tappabuchi universali per un Ego altrimenti groviera. Che invenzione.

 
 
 

La vera cura

Post n°322 pubblicato il 01 Dicembre 2008 da Rhino8

Mi è stato girato in e-mail questo articolo di Massimo Gramellini, editorialista del quotidiano "La Stampa". E' un punto di vista originale. Lo condivido. E volevo rendervene partecipi, riportandolo qui in seguito.

Spero di non sconvolgere nessuno rivelando che «La cura» di Franco Battiato, giustamente considerata da tutti (anche da Celentano che l’ha appena inserita nel suo nuovo album) una delle più belle canzoni d’amore di ogni epoca, è dedicata a una persona che ciascuno di noi conosce o crede di conoscere piuttosto bene. Non esiste donna che, ascoltando i versi di quel capolavoro, non abbia sognato di incontrare un amante che, invece di parlarle affannosamente dei propri problemi, le sussurrasse protettivo all’orecchio: «Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale e io avrò cura di te». In effetti la canzone contiene una serie di promesse da far impallidire dieci campagne elettorali. Oltre a una serie di doni non irrilevanti che il protagonista si offre di portare in dote - il silenzio, la pazienza, le leggi del mondo - alla fortunata destinataria viene assicurato un servizio di pronto soccorso sui seguenti temi: paure, ipocondrie, turbamenti, ingiustizie, inganni, fallimenti, ossessioni, malattie e lotta all’invecchiamento. C’è da far innamorare di Battiato persino Berlusconi. Ma la verità, e magari per qualcuno sarà una sorpresa, è che in questa canzone l’artista catanese non si rivolge a una donna o a un altro essere umano, ma a colei a cui probabilmente già pensava Leonardo quando disegnò la Gioconda: la parte nascosta di se stesso. Perché solo chi riesce ad amarsi nel profondo, «superando le correnti gravitazionali», avrà poi la forza di scacciare l’egoismo e di amare veramente il suo prossimo.

Certo, avrei potuto aggiungere il video de "La Cura". Ma sarebbe stato troppo semplice.  Ed al momento, sono più in sintonia con queste note.

 
 
 
 
 

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CEREBRALMENTE SCONNESSO MA CONNESSO SU..

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17/4 Marlene Kuntz- Palabrescia

19/4 Baustelle- Fillmore (PC)

23/5 Afterhours - Palasharp (MI)

31/7 Goran Bregovic - Sommacampagna (VR)

29/8 Caparezza - Festa di Radio Onda d'Urto (BS)

01/9 Mercanti di Liquori - Festa Democratica (BS)

26/9 Bandabardò - Auditorium D.Stratos (MI)

8/11 Bandabardò - Palasharp (MI)

15/11 Caparezza - Live Club (BG)

17/1 Bandabardò - Fuori Orario (RE)

21/1 Edguy - Rolling Stone (MI)

31/1 Apres la Classe - Fuori Orario (RE)

13/2 Frankie HiNRG - Fuori Orario (RE)

20/2 Bandabardò - Live Club (BG)

21/3 Caparezza - Fuori Orario (RE)

 

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