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Creato da street.hassle il 13/05/2013

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Il rumore dei passi. Trentunesimo estratto.

Post n°234 pubblicato il 22 Agosto 2016 da street.hassle








Poi fu la volta del controllo medico di prammatica
e il Dottore entrò con passo spedito e il volto
corrucciato, quasi non vedesse l'ora di sbrigare
quelle patetiche incombenze e andarsene verso
la sua Vita: Una passeggiata con la sua fidanzata,
osservare con Lei le vetrine, un buon sigaro, un
bicchiere o due di xeres e la chiacchierata al
circolo in ottima compagnia. Questo gli si leggeva
in fronte mentre sbrogliava la fasciatura. Davanti
alla situazione peggiorata ristette un attimo, poi fissò
Curtius quasi con astio, come fosse colpa sua se non
si decideva a guarire :"Le cose non vanno per niente,
Krabbe, e se non migliorano saremo costretti ad
amputare, altro che storpio per il resto della Vita." Il
ragazzo ristette sorpreso e le lacrime presero ad
affollarglisi agli occhi mentre il dolore per essere
sbatacchiato qua e là dal mediconzolo lo costringeva
a vedere le stelle. Finita la visita il dottorino si rivolse,
con una rabbia sempre più malcelata, all'infermiera e
strepitò :"E chiuda quella porta. I malati devono avere
tranquillità, riposo e riservatezza." L'infermiera sotto lo
sguardo attonito di Curtius si avvicinò alla porta che
separava le due stanze e la chiuse con un tonfo. Sparita
era la ragazzina e i suoi occhioni vasti, sparita era la
ragazzina con il suo sorriso che pareva intaccare persino
i bordi del piccolo volto. In pochi minuti Il Dottore e
l'infermiera erano scomparsi e il ragazzo si trovava solo e
spaurito in quella stanza che sapeva di acido fenico e
ammoniaca. Ristette per un attimo a collezionare pensieri
cupi, poi un'idea meravigliosa gli attraversò il vestibolo
cerebrale e lo colmò di determinazione: si sollevò sui
gomiti e fissò le stampelle, finora inutili, che giacevano
contro il letto. Le afferrò e gettò con immensa fatica le
gambe oltre quella trappola. Il dolore gli attraversava le
 gambe come scariche galvaniche e gli devastava il
cranio, la paura di non farcela gli serrava la gola e lo
faceva ansimare come un mantice. Ma non recedette
di un centimetro. Facendo leva sulle grucce, e andando
a sbattere contro il piccolo tavolino, si fece largo. I piedi
gli si strascicavano al suolo e le caviglie spezzate dentro
l'armatura gli sbranavano muscoli e carne. Gli ci volle un'ora
per percorrere cinque metri, ma alla fine era lì. Sentiva il
cuore battergli come un martello intento su chiodi lunghissimi.
Aveva il volto madido di sudore e il buio intorno si era fatto
deciso, temperato solo dal pieno turgore della luna. Girò
la maniglia strapazzato dall'emozione, tremava vistosamente
e i denti gli battevano mentre la porta si spalancava. Folle,
posò immediatamente gli occhi sul giaciglio dei suoi sogni.
Sconvolto, lo trovò vuoto. Le forze gli mancarono in un attimo
e crollò a terra come una statua dinamitata. Perdendo
l'equilibrio e allungandosi sull'impiantito vene a incocciare con
uno strano fagotto a sua volta disteso al suolo. Nel buio allungò
le dita e trovò un viso, nel buio riconobbe degli occhi enormi, nel
buio seguì i contorni di una bellissima bocca ancora ferma nel
sorriso. E allora capì tutto. Si erano cercati disperatamente e,
alla fine, si erano incontrati. Proprio lì, mentre la Morte aveva
calato le sue ali sulla ragazza, ora indugiava ad avvolgere anche
Curtius nella sua stretta. Ma Curtius non aveva paura: il suo
percorso si era compiuto e il loro Amore, appena nato, era
bruciato in fretta nel mondo ma ora si avviava a durare per l'Eternità.
Saldo come le loro gambe, finalmente. Dolce come i baci con cui
Lui le stava riempiendo, in quel momento decisivo, il volto.


"Beh, che ne pensa?" Fece Sesil all'ufficiale. Questi era rimasto inchiodato
al letto e non osava aprire bocca quasi potesse sciupare quell'attimo di
eternità che la storia aveva scalpellinato fra loro. Solo dopo cinque minuti 
spalancò le labbra e l'aria gli si fece suono. Ma un suono stentato e asmatico
che produsse una sola parola: "Agghiacciante." "Davvero lo trova così? eppure
dovrebbe essere stato suo amico e conoscerlo bene. Quello che mi viene in
mente è: straziante. Non chiede pietà a nessuno. C'è un grande orgoglio qui
dentro. Nulla di sdolcinato e strappalacrime. L'insieme è asciutto e duro,
poche pennellate per dipingere il dottorino e l'infermiera, altri rapidi accenni
al vetriolo all'ospedale. I veri protagonisti restano i due ragazzi e il loro amore
esploso all'improvviso; una bufera in un bicchiere d'acqua. La società li
sconfigge ma loro vincono scavalcando persino la morte. Sono eternati,
trasfigurati, assunti in cielo senza carro di fuoco ma con una leggera brezza
che asciuga le loro madide fronti." Sesil Gunnarsson represse un forte
singulto e per evitare imbarazzanti confronti guardò fuori dalla finestra.
Leslie se ne accorse immediatamente e mormorò: "è per questa ragione
che lo porto sempre con me. Per me è come se fosse ancora vivo, e
attraverso le sue prose e le sue poesie ne evoco l'immagine tutti i giorni."
"Sbagliato" Replicò il pescatore alzando di qualche semitono la voce: "Lei
lo porta con sé per tenerlo in ostaggio, per non farlo uscire da quelle pagine,
perché teme che potrebbe nuocerle molto. Per una ragione che mi è ancora
sconosciuta sente una colpa profondissima nei confronti di David Fitzroy, e
questa colpa si è trasformata in ossessione costringendola a portare quel
libro nero con sé ovunque andasse, come un paio di catene. Ma i nodi 
vengono sempre al pettine, capitano Atwater, e si da il caso che un povero
islandese, ammazzato come un cane, abbia fatto conoscenza con David 
Fitzroy e che le stia chiedendo un po' di spazio nella sua coscienza. Lei
non immagina come sono i revenant islandesi: spesso burberi e brutali,
non vanno per le spicce. Quando si apre una leggera fessura nelle fasce
spazio-temporali si introducono sgomitando, senza chiedere il permesso
a nessuno." 








(Continua)









 
 
 
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