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Dispensa
Post n°349 pubblicato il 26 Dicembre 2014 da lab79
Muto nel silenzio del mondo alle quattro di notte, sposto uno a uno i ricordi di una felicità recente sullo scaffale più alto della dispensa, a maturare fino alla fine dell'inverno. Nel silenzio spengo la debole fiamma dei miei pensieri rimuginati tutto l'anno, nemmeno con un soffio ma con la punta inumidita delle dita della mano destra. Brucia, fa male, ma lo fa in silenzio. Solo la stoffa dei miei vestiti stride strofinando una piega contro un'altra, e sembra che non ci sia nessun altro rumore nel mondo, al di fuori di me. Non potrei chiedere altro che questo. Mi spoglio del mio orgoglio, ed ora non indosso altro che la povertà di me stesso: Un abito di lana, una camicia azzurra, una cravatta nera. Ai piedi, le scarpe scamosciate che porto d'inverno, per non tremare di freddo quando il riscaldamento la notte si spegne. In tasca alcuni dei miei ricordi più antichi, sparsi e disperso il senso che li legava insieme, e tutti insieme al me stesso che sono diventato, col passare degli anni. E non penso neanche al letto caldo che accoglie le ossa avvinghiate degli amanti tristi, che hanno trovato rifugio dietro la porta dell'ultima stanza in fondo al corridoio, pagando l'obolo di una bugia. Chissà che non sia il modo più onesto di vivere la propria vita: ammettendo di non essere capaci di viverla, se non al prezzo di una bugia. No, nemmeno questo dubbio trova posto nel mio animo, ora. Sorrido a malapena, tanto da rendermene conto soltanto quando per caso incrocio il mio riflesso sulla superficie liscia di una bottiglia di vetro, nella quale trasluce un liquido talmente chiaro che diresti lacrime, o forse veleno, e forse sono la stessa cosa. Ripongo anche quella nella mia dispensa, ma un po' da parte, dove non possa trovarla per caso. La cassa del cuore lentamente si svuota, si alleggerisce e intanto fuori soffia un vento caldo che non sembra nemmeno dicembre, e non so da dove arrivi, né dove mi porterà.
(Non voglio più sentire dolore, dice la voce che mi canta affianco al cuore. Ma io non la ascolto, senza rancore la lascio cantare, e la voce non trova riverbero né risonanza dentro di me. Sentire dolore significa sapermi vivo.)
Funny time of the Year - Beth Gibbons and Rustin Man (Out of Season, 2002) |
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