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Messaggi del 14/02/2019

Ha il coraggio della pace

Post n°2933 pubblicato il 14 Febbraio 2019 da namy0000
 

“Ha il coraggio della pace, papa Francesco. Di chi sa che non c’è più tempo e che l’avvenire dell’umanità passa attraverso lo sforzo ‹‹urgente›› delle religioni di ‹‹costruire ponti fra i popoli e le culture››. Per questo, al termine dell’incontro interreligioso, presso il Founder’s Memorial, con un gesto senza precedenti, insieme con i musulmani, firma una dichiarazione che impegna la massima autorità islamica sunnita, che fa capo ad Al-Azhar, il noto centro teologico e spirituale del Cairo, ‹‹con i musulmani d’Oriente e d’Occidente››, insieme alla Chiesa cattolica ‹‹con i cattolici d’Oriente e d’Occidente›› ad ‹‹adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio››.

Cattolici e musulmani chiedono ‹‹a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco, e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione››. ‹‹Lo chiediamo››, si legge nella dichiarazione, ‹‹per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome vega usato per terrorizzare la gente››.

No alle violenze e a tutti i fondamentalismi, dunque, ‹‹in nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, in nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera››, nel nome dei poveri e dei ‹‹popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre, in nome della fratellanza umana che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali››, fratellanza ‹‹lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini››.

Un passaggio su tutti è la misura della novità storica: ‹‹La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano››.

Non è tutto. ‹‹La protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee – è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali››, si legge nel testo firmato da Ahmad al-Tayyeb, grande imam di al-Azhar, e dal Papa. ‹‹Ogni tentativo di attaccare i luoghi di culto o di minacciarli attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale. Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica››…. (FC n. 6 del 10 Febbr. 2019)

 
 
 

Chiudere i porti non è la soluzione

Post n°2932 pubblicato il 14 Febbraio 2019 da namy0000
 

‹‹Chiudere i porti non è la soluzione. Servono vie sicure e legali per i disperati che rischiano le loro vite in cerca di salvezza. L’Italia ha l’obbligo morale e legale di accettare i rifugiati che fuggono dalla guerra e dalla violenza, da paesi come la Libia e il Congo. La decisione del governo italiano di partecipare ai bombardamenti della Libia del 2011 ha contribuito ad aggravare il problema dei rifugiati, spingendo gente a fuggire verso l’Europa. Per fermare l’esodo dei rifugiati l’Italia e l’Unione europea devono adottare una migliore politica nei confronti dell’Africa. Gli europei devono fare in Africa investimenti sociali ed economici, andando alla radice dei problemi che costringono gli africani a fuggire. Devono impegnarsi a fermare i conflitti locali e trovare urgentemente delle soluzioni politiche. Da 3 anni sto ripetendo che le grandi potenze, gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, l’Europa devono lavorare insieme per fermare le guerre prima che queste peggiorino e devono aiutare i rifugiati che fuggono da queste guerre. La guerra in Siria e in Yemen non si ferma, la gente continua a soffrire e le sofferenze dureranno per anni fino a quando  leader mondiali non troveranno una soluzione e io sono convinta che, se vogliono, possono farlo. Essi devono considerare la vita umana più importante degli interessi economici e delle convenienze politiche. Abdullah vive a Erbil, ancora tormentato dal suo dolore. Ripete sempre che nessuno può entrare nel suo cuore e capire la sua sofferenza. Ma la sua speranza è di sviluppare le attività della Fondazione che porta il nome di Kurdi, in modo da aiutare i bambini rifugiati, soprattutto gli orfani. Abdullah spera di poter dare a loro quello che non ha potuto dare ai suoi figli, Ghalib e Alan. Per non dimenticare i tanti bambini colpiti dalla guerra e aiutarli ad avere un futuro migliore, dando loro istruzione, assistenza sanitaria e tutto ciò di cui possono avere bisogno. Quando io e i miei familiari parliamo della guerra e della tragedia che ci è successa, piangiamo. Ma allo stesso tempo, ricordiamo i nostri momenti felici a Damasco, specialmente i ritrovi del venerdì sera in famiglia, con gli amici e i vicini, il buon cibo, i balli, le risate. Questi ricordi mi danno conforto e aiuteranno tanti siriani a riprendersi dopo la guerra. Negli ultimi 8 anni i siriani hanno sofferto abbastanza, ma chi è rimasto in Siria cerca di andare avanti con la propria vita. Di recente sono stata a Damasco e ho visto che molte persone stanno tentando di ricostruire il loro Paese. I siriani hanno bisogno di aiuti, non di sanzioni, queste fanno solo male alla popolazione. Spero che il mio libro La storia di una famigli che cercava la salvezza possa spingere tante persone a prendere iniziative a favore della pace››. A parlare è una donna la cui famiglia è stata devastata da una tragedia del mare. È Tima Kurdi, la zia del piccolo Alan, il bambino curdo siriano di 3 anni morto annegato sulla spiaggia turca di Bodrum nel settembre del 2015. La foto di quel piccolo corpo riverso sulla spiaggia, con indosso una maglietta rossa e dei pantaloncini blu, ha commosso il mondo. Insieme ad Alan morirono anche suo fratello Ghalib e la mamma Rehana. Sopravvisse solo Abdullah, il capofamiglia. Tima, 48 anni, la sorella di Abdullah, fa la parrucchiera e vive dal 1992 in Canada, a Vancouver, con il marito e il figlio. (FC n. 6 del 10 febbr. 2019).

 
 
 

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