Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi del 09/02/2019

Il volo charter 571

Post n°2928 pubblicato il 09 Febbraio 2019 da namy0000
 

1972, 13 ottobre, Il volo charter 571 della Fuerza Aerea Uruguaya, decollato da Montevideo e diretto a Santiago del Cile, per un errore di rotta si schiantò contro le Ande, a circa 4.200 metri di altitudine. A bordo c’erano 45 persone, fra cui un’intera squadra di rugby, gli Old Christians Club. Nella squadr giocava Roberto Canessa. Aveva 19 anni, e studiava medicina. Roberto fu tra i sopravvissuti: riuscì a resistere al freddo, alle valanghe e alla fame, cibandosi della carne dei compagni morti. Fu la violazione di un tabù che gli salvò la vita. oggi, 2019, Roberto Canessa è cardiologo pediatrico, capo dei reparti di Ecocardiografia e Cardiologia presso l’Ospedale italiano in Uruguay, e racconta la sua storia in un libro scritto insieme a Pablo Vierci, Dovevo sopravvivere (Carlo Delfino Editore).

CANESSA, LEI NEL LIBRO SI CHIEDE QUAL È IL CONFINE TRA LA VITA E LA MORTE. HA TROVATO UNA RISPOSTA?

‹‹È una domanda che non ha una risposta definitiva. Tuttavia, il fatto di essermi trovato per 71 giorni al limite, sul ciglio dell’abisso all’età di 19 anni, mi permette di avere un approccio diverso o, come dicono alcuni dei miei pazienti, “so vivere al margine”. Ho capito che questo confine, che sembra sempre estremamente labile, è piuttosto soggettivo. Noi, sulle Ande, siamo stati considerati condannati, pensavano fossimo morti, ma non lo eravamo››.

LEI SCRIVE CHE CON LA SUA ESPERIENZA SULLA CORDIGLIERA SI È SENTITO CAVIA DI UN ESPERIMENTO. QUAL È LA LEZIONE PRINCIPALE CHE HA TRATTO DA QUELLA ESPERIENZA?

‹‹Sulla montagna ho capito che i gruppi che funzionano sono quelli in cui ciascuno dà il meglio di sé. Tutti eravamo parte di un organismo che si è rivelato molto generoso, perché tra le nostre priorità, oltre alla fuga, c’era anche il prendersi cura dei feriti, di coloro che soffrivano maggiormente. In quel momento ho scoperto, non perché me lo hanno raccontato, ma perché l’ho vissuto, che una situazione limite, estrema, particolarmente dura, molto umiliante, permette all’essere umano di tirare fuori il meglio di sé e non il peggio››.

PERCHÉ SI è DEDICATO PROPRIO ALLA CARDIOLOGIA INFANTILE?

‹‹Penso di dedicami alla cardiologia pediatrica dei feti e ai neonati con cardiopatie congenite gravi perché anche molti di questi giovani pazienti sono stati considerati condannati e ritenuti già morti. Le loro madri si rivolgono a me perché con questi pazienti ho un’empatia particolare, dato che sono stato uno di loro. Quindi ciò che faccio è chiedere alle madri di fare tutto il possibile per salvarli, invito loro a non desistere solo perché qualcuno li ha condannati››.

SENTE DI REGALARE UN FUTURO A TANTI BAMBINI CONDANNATI ALLA SOFFERENZA E MAGARI ALLA MORTE?

‹‹Ho scoperto che i bambini affetti da cardiopatie gravi hanno diversi punti in comune con il Roberto che era su quella montagna, quando avevo appena 19 anni. Per prima cosa, il loro amore per la vita, perché magari possono avere un cuore che funziona a metà ma sicuramente possiedono un amore doppio per la vita. La seconda caratteristica in comune con i bambini sopravvissuti è la loro generosità. Sono tutte creature buone, forse perché hanno avuto una seconda opportunità o perché hanno vissuto per molto tempo al confine tra la vita e la morte, com’è successo a me››.

DOPO LA SUA ESPERIENZA, NELLA VITA C’È ANCORA QUALCOSA CHE LE FA PAURA?

‹‹Ho paura che possa succedere qualcosa ai membri della mia famiglia. È la sola cosa che mi fa paura››.

NEL CORSO DEGLI ANNI, COME È CAMBIATO IL SUO RAPPORTO CON LA FEDE?

‹‹Mi sento ogni giorno più vicino al Dio che ho conosciuto sulle Ande, quello della montagna. Non era lo stesso del catechismo, quello dei “no” e dei divieti. Il Dio che ho conosciuto su quella montagna era mio amico e io gli dicevo che se voleva poteva rendermi l’impresa difficile ma non impossibile. Non gli chiedevo di camminare al mio posto, ma che mi mettesse sulla retta via, affinché potessi investire anche l’ultimo sprazzo di energia per salvarmi e salvare gli amici che ci aspettavano vicino alla fusoliera››.

SI SENTE IN COLPA O C’È ANCORA QUALCUNO CHE LA FA SENTIRE IN COLPA PER IL CANNIBALISMO?

‹‹L’antropofagia è stata l’umiliazione più grande della mia vita. Quando è nata l’idea di nutrirci dei cadaveri, mi sono reso conto che questo “combustibile” funzionava, perché conteneva proteine e lipidi, e sapevo che le proteine si trasformano in carboidrati. Tuttavia, una cosa è rendersi conto che il combustibile è adeguato, un’altra è mettere il boccone in bocca. Non riuscivo a farlo, perché non potevo chiedere il permesso ai miei amici morti. Quindi ci siamo ricordati del patto di aiuto reciproco: se morissi per me sarebbe un onore se i miei amici utilizzassero il mio corpo per poter sopravvivere e salvarsi. Così abbiamo iniziato a cibarci dei cadaveri, cosa che ci ha permesso di guadagnare tempo. Ci siamo salvati perché ci siamo messi in marcia, perché ci siamo comportati come un gruppo pieno d’amore e solidarietà››.

QUAL È OGGI IL SUO SOGNO DI FELICITÀ?

‹‹La vita dopo le Ande è stata dura, ho sempre saputo che non sono uscito vivo da quella montagna per essere “famoso” né per “dormire sugli allori”. Sentivo di dover ringraziare le persone che ci hanno permesso di sopravvivere all’incidente aereo su quella montagna. Quale miglior ringraziamento se non collaborare affinché i bambini nati con cardiopatie congenite possano sopravvivere, i quali proprio come noi in quell’incidente non hanno fatto nulla per meritarsele? Sono crisalidi che possono morire o trasformarsi in farfalle. Sono vite potenziali, come lo eravamo noi. Tuttavia, affinché possano vivere, è necessario molto coraggio, sforzo, voglia di farcela. Questo è un proposito che ogni giorno al mio risveglio mi ricarica di una grande energia, che deriva da questi pazienti ma anche da quella montagna. Non sono anziani né adulti, bensì all’origine della vita, i più deboli, vulnerabili, quindi questa è la mia chiamata, devo aiutarli perché sono cosciente di come si sentono, perché io sono stato uno di loro››. (FC n. 5 del 3 febbr. 2019).

 
 
 

Lotto per cambiare le coscienze

Post n°2927 pubblicato il 09 Febbraio 2019 da namy0000
 

suor Gabriella Bottani, milanese, comboniana, per anni in missione in Brasile, da quattro anni coordina Talitha Kum, il network internazionale delle religiose, la ‹‹rete di reti›› contro la tratta di persone, nata 10 anni fa in seno all’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg), nell’ambito di un progetto in collaborazione con l’Organizzazione internazionale dei migranti (Oim) e tra i promotori della Giornata che si celebrerà l’8 febbraio.

Negli anni si sono attrezzate, hanno lavorato sulla formazione e sull’organizzazione. ‹‹Di fronte a un’organizzazione criminale estesa bisogna rispondere con forze e strategie capillari››, dice suor Gabriella.

In questi anni ‹‹è cambiata la nostra coscienza e stiamo imparando a collaborare››, dice Gabriella. Oggi sono 22 le reti intercongrazionali, nazionali o regionali, che operano in 76 paesi. ‹‹Non diamo ricette, ma aiutiamo la gente a mettersi insieme e a studiare la loro realtà. Da questa formazione nascono strategie locali, secondo i carismi e le persone che ci sono in quel luogo››. ‹‹Il numero delle vittime dei trafficanti sembra stia crescendo, e lo confermano le statistiche Onu. Inoltre, 10 anni fa le vittime erano maggiormente coscienti della loro situazione. Oggi la dinamica dello sfruttamento sembra essere stata internalizzata. Ci sono persone che sono in condizione di grave limitazione della libertà, ma non riescono a riconoscerlo. È complesso. Succede perché la pressione sociale per i soldi e il consumo è così radicata che la libertà sembra quasi non essere più un valore. La violenza verso le ragazze è drammatica. Non è un telefono, un profumo, vivere all’estero, possedere un passaporto piuttosto che un altro che restituisce dignità. Bisogna trasmettere la bellezza di essere persona, non per quello che hai ma per quello che sei››.

QUAL È IL RAPPORTO TRA TRATTA E MIGRAZIONE? ‹‹I confini tra tratta di persone e contrabbando di migranti si sono confusi. Spesso chi si rivolge ai contrabbandieri per poter raggiungere un paese senza avere i documenti validi per l’entrata, cade vittima dei trafficanti che li sfruttano sia durante il tragitto, sia nel paese desiderato. Capita a tante ragazze nigeriane, abusate sessualmente lungo il tragitto in Niger, Mali e in Libia, subiscono ogni forma di violenza e tortura. Una volta in Europa, lo sfruttamento continua››.

IN CASO DI RIMPATRIO QUALCUNO SEGUE LE RAGAZZE? ‹‹Diversi progetti accompagnano il rimpatrio delle vittime. Il ritorno e il reinserimento sociale nello Stato di origine è un problema complesso, e l’incidenza di chi cade di nuovo nella rete è alta, soprattutto tra coloro che non sono rientrati volontariamente e coloro che non trovano un lavoro con un salario dignitoso. È una delle grandi sfide che la società deve affrontare: che alternativa offriamo a queste persone, una volta che sono state riscattate dalla schiavitù? Spesso le famiglie associano il bisogno di una vita migliore al progetto migratorio di una figlia. Non dimentichiamo che le rimesse dei migranti superano di 3 volte i soldi inviati ai governi per i progetti di sviluppo. Inoltre sono più stabili e arrivano direttamente alle famiglie. Dal punto di vista economico, quindi, la tratta viene spesso vista come un beneficio. Questo, unito a povertà, cultura dello sfruttamento, patriarcato, sostiene la dinamica perversa che l’alimenta››.

CHE LAVORO FARE CON I “CLIENTI” DELLE RAGAZZE SCHIAVE? ‹‹Per lo sfruttamento sessuale punire non basta. Le persone e la società devono essere responsabili delle proprie azioni. Bisogna capire perché la domanda del sesso a pagamento è in crescita, e dobbiamo rieducarci alle relazioni. Vale anche per le persone trafficate a fini lavorativi. Ripartiamo dalla nostra consapevolezza: i pomodori a 1 euro al chilo nascondono uno sfruttamento. Il cliente, il consumatore, deve essere responsabilizzato in un contesto ampio di rispetto del lavoro›› (FC n. 5 del 3 febbr. 2019).

 
 
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Febbraio 2019 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28      
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

ULTIME VISITE AL BLOG

namy0000cassetta2lcacremaprefazione09annamatrigianonoctis_imagoacer.250karen_71m12ps12Penna_Magicanonnoinpensione0donmarco.baroncinilisa.dagli_occhi_bluoranginellaninettodgl19
 

ULTIMI COMMENTI

Grazie per aver condiviso questa esperienza così intensa e...
Inviato da: Penna_Magica
il 08/02/2024 alle 11:19
 
RIP
Inviato da: cassetta2
il 27/12/2023 alle 17:41
 
Siete pronti ad ascoltare il 26 settembre le dichiarazioni...
Inviato da: cassetta2
il 11/09/2022 alle 12:06
 
C'è chi per stare bene ha bisogno che stiano bene...
Inviato da: cassetta2
il 31/08/2022 alle 18:17
 
Ottimo articolo da leggere sul divano sorseggiando gin...
Inviato da: cassetta2
il 09/05/2022 alle 07:28
 
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963