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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

 

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IL CARDELLINO - 7

Post n°1914 pubblicato il 02 Giugno 2015 da anonimo.sabino
 

   Oltre alla visita in famiglia, ogni anno ci concedevano una gita, in una delle stupende città toscane, Firenze, Pisa, Lucca, Livorno. Aspettavamo quel giorno come il deserto aspetta la pioggia. Benché la meta principale fosse sempre un santuario, si respirava vita terrena, a sentirci tra  la gente e a inseguirvi furtivamente con gli occhi la presenza femminile.

     Ma andavo di buon cuore perfino ai funerali, in compagnia degli incappucciati della Miserihordia. Mi sentii beato il giorno che caddi, senza conseguenze, da una pianta di fichi; perché ad accorrere furono Fiorenza e Gina, due figlie della Valentina. E mi riempivo di gioia quando ero chiamato, con i più robusti, a tirare su per l’erta lastricata il carretto carico dei viveri che l’automezzo scaricava nella piazzola ai piedi del colle. Là mi sentivo non più “morto al mondo” ma vivo tra vivi, davanti a una bambina che ci guardava seduta su un muricciolo o nel sentire un bimbo piagnucolare:

     “O vìa, mamma, ‘un fa’ la pitolina, ‘un mi ci mandare all’asilo, oggi!”

     Cantavo con passione solo che ci fosse un estraneo a sentirmi. Mi sentii costantemente eccitato nel cantare un giorno nel Conservatorio di San Michele; e capii cosa significasse la parola bischero in Toscana quando una delle educande, dopo la nostra esibizione, mi si fermò davanti col vassoio dei pasticcini e tale io mi sentii.

     “L’usignolo di Monteflavio” diventò “il cardellino della Madonna” dopo un melodramma oratoriale così intitolato, nel quale cantavo l’assolo di una bella Ave Maria dei pargoli. Parlava della fuga di un bambino, Mino, da una comunità, convinto dal Diavolo travestito da cacciatore; e, nel secondo atto, del suo ritorno, dopo la delusione e i pericoli della libertà (chissà quali, se non proprio quelli che correva in gabbia). In quella recita mi identificavo facilmente con il cardellino che fuggiva dalla gabbia per ridiventare usignolo e trovavo più simpatico (e meno pericoloso) il diavolo che il serioso maestro.   

     Recitai in altri ruoli; ma come attore non credo che valessi molto. Riuscivo assai meglio nel creare. Poesie; ed anche canzoni, orecchiando vecchie arie o stornelli …E li toscani / so’ fichi fatti all’ombra e nun so’ boni. Sfottevo, a volte.

 
 
 
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