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MADONNA DELLA STRADA - 15
Anch’io come Vittorio cercai e cercai un lavoro; e con me mio fratello Franco. Ma in Italia il lavoro non bastava cercarlo, se non potevi comprarlo. La zia d’America, nell’intento di aiutarci, inviando nei suoi pacchi stecche di Cammel e di Chesterfield, ci aiutò anche a prendere il vizio del fumo. Non avendo nemmeno i soldi per andare a Roma in autobus, ci muovevamo di preferenza con mezzi d’occasione, rarissimi allora: solo tre o quattro monteflaviesi avevano la macchina, due il camion. Franco, con la sua qualifica di aggiustatore meccanico, non trovava una industria a cui occorresse un meccanico di precisione. Ed io con il mio diploma di maturità classica suscitavo solo diffidenze.
Come non potevo frequentare l’Università se non per prendere libri in prestito o per sostenere gli esami o per le pratiche d’iscrizione e di prenotazione necessarie, utilizzando la macchina di Inaco o il camion di Venanzio, così diventai tutt’altro che assiduo a manifestazioni e assemblee, che si tenevano di prepotenza (il relativo diritto sarebbe stato riconosciuto solo nel ’67). Quanto al Partito Comunista, che aveva a due passi la Federazione Romana, mi dissero, come poi avrei constatato, che esso guardava da Via dei Frentani al Movimento Studentesco non come possibile arricchimento della sua strategia politica, ma come a un avversario che disturbava quella strategia e che insidiava la sua Federazione Giovanile (la FGCI).
Quasi completamente assente dalla lotta per il diritto allo studio e contro i meccanismi scolastici della selezione di classe, la sinistra era anche incapace di capire che il protagonismo studentesco (Potere studentesco proclamavano patetiche scritte sui muri) era il riflesso di quella sua assenza. E sarebbe stata la contestazione a evidenziare l’inadeguatezza del marxismo, che monopolizzava l’opposizione, di fronte al montante benessere economico che il neocapitalismo era invece capace di ripartire anche a dosato beneficio delle classi inferiori, pur di sopravvivere.
Parlo in generale, dato che il mio personale destino continuava ad escludermi anche dai dosati benefici del miracolo economico. Spesso il mio accompagnatore non poteva aspettarmi, per il ritorno al paese. E allora dovevo ricorrere all’ospitalità di questo o quel paesano inurbato, che non ringrazierò mai abbastanza. Cercavo di arrivare dopo l’ora di cena, per non sentirmi mendico; il pasto del giorno erano quasi sempre le banane sfatte svendute al mercato di Piazza Vittorio. |
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