Creato da anonimo.sabino il 06/09/2006

L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi di Luglio 2015

CAMINO MONFERRATO - 16

Post n°1951 pubblicato il 24 Luglio 2015 da anonimo.sabino
 

Passai tutto il resto della vacanza a suonare l’armonium nella chiesa vuota e in lunghe passeggiate mattutine per i sentieri delle mie montagne, che mi richiamavano nel loro abbraccio; il breviario in mano, senza riuscire a leggerlo.

I paesani che incontravo sapevano chi ero, perché in paese dopo il primo giorno si sa tutto. Ma mi riconoscevano soltanto grazie a quella veste, di cui io mi vergognavo.

Per la via della Madonnella, che porta al Monte Pellecchia, incontrai un giorno due ragazzine che, scendendo dal Colle della Caparnassa (vi possedevano sicuramente un terreno da spratare, ossia da liberare dalle pietre), mi guardarono a lungo curiose. Non conoscevo le figlie di Giusto e non sapevo quale ruolo decisivo avrebbe avuto la maggiore delle due nella mia vita.

Non rividi Elena, che sarebbe arrivata più tardi in villeggiatura e avrebbe giustamente inseguito altri sogni. Il fatto che io invece coltivassi ancora, in fondo, quel sogno infantile, non tanto denunciava un tradimento virtuale dei voti temporanei, quanto rivelava a me stesso com’ero ridicolo. E veramente mal ridotto.

  Fui quasi contento che finisse presto, quella falsa libertà.

Ma anche la mia fede precipitava. Tornato a Camino, ne parlai schiettamente al Maestro Spirituale dello Studentato, il Padre Mariani:

“La mia crisi è seria:non si tratta solo di una crisi di vocazione, ma di una crisi di fede. E’ possibile che Dio goda di più nel vederci afflitti da più tormenti? Non è il nostro padre?”

  “E il Crocifisso non era il suo vero ed unico figlio divino?”

“Appunto. Io, che non sono così buono, non avrei permesso la sua crocifissione; mentre lui l’avrebbe addirittura pretesa, per perdonare l’uomo. Lei è sicuro che sia stata rivelata da Dio questa… assurdità? Il dubbio è peccato e mi spaventa. Ma io non riesco a credere…”

I nostri colloqui si concludevano con dubbi sempre meno reprimibili in me e con inviti suoi alla preghiera e alla mortificazione: a mortificarmi per vincere la superbia (tale era per lui il coraggio della ragione) e a pregare S. Tommaso che mi ispirasse la fede, S. Girolamo che mi confermasse nella vocazione, la Madonna che intercedesse per me presso l’Onnipotente, che dona la fede e la vocazione.    

Ma anche quell’Onnipotente che ci sottoponeva al bisogno di tante intercessioni mi convinceva sempre meno.


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CAMINO MONFERRATO - 15

Post n°1950 pubblicato il 23 Luglio 2015 da anonimo.sabino
 

Ci incontrammo sul piazzale della Stazione Termini, davanti al Sacro Cuore, come sempre; come se quei quattro anni di separazione solcati appena dalla sua gita a Somasca fossero stati una vacanza e come se non avessi avuto addosso una veste nera da prete. Mi baciava e ribaciava, passandomi le mani sulla faccia e poi staccandosi un attimo per rivedermi intero:

“Come sei bello! Come sei bello!” ripeteva: “Sei proprio un uomo. Se ti vedesse tuo padre, povero Ottavio!”

“Anche tu sei bellissima, come se questi anni li avessi vissuti a marcia indietro”.

  “Eh, sì, fosse vero! Ma adesso avrai fame”.

  “Infatti. Ho viaggiato tutta la notte e non ho fatto colazione”.

“Bene. Adesso entriamo al bar e ci prendiamo un bel cappuccino col cornetto, come li fanno qui a Roma. Sentirai, che bontà…”

L’avevo capito che il cappuccino, per di più con le corna, non fosse un frate francescano. Ma l’espressione mi fece ridere:

  “Che cos’è sto cappuccino?”

  Lei non rise. Viceversa, mi guardò accorata,con gli occhi umidi:

“Non sai che cos’è un cappuccino…” Nel suo accoramento non seppe più nascondere il dubbio che aveva covato per tanti anni: “Figlio mio, dove sei vissuto fino ad oggi?” E tornava a baciarmi e a passarmi le mani sul volto, come per assicurarsi che non fossi un extraterrestre.

Luciano e Vanda lavoravano, Franco era a Tata. Cresciuto com’ero, dopo quattro anni, la gente non mi riconosceva. E quella veste mi pesava: passando per le vie del paese e facendo visita ai numerosi parenti, mi accorsi di provarne vergogna: i Padri Somaschi stavano perdendo la scommessa di fare di me un giannizzero.

Solo nell’andare a regalare un’oncia di felicità alle nonne mi sentivo nella veste acconcia. Nonna Francesca, che mi sapeva fra i trenta nipoti, scoppiò in lacrime, quando mi presentai come il figlio maggiore del suo Ottavio; passava a turni mensili da un figlio all’altro, secondo l’usanza: sapeva di essere diventata un peso, dopo aver generato una intera tribù; e pregava Dio di essere tolta di mezzo senza troppe sofferenze. Di lì a poco sarebbe stata esaudita. Nonna Annarella, viceversa, era sempre battagliera e riportava ancora da sé sulla testa la legna secca necessaria per riscaldare il successivo inverno.

 
 
 

CAMINO MONFERRATO - 14

Post n°1949 pubblicato il 22 Luglio 2015 da anonimo.sabino
 

Camino 28-IV-’57 Cara mamma, dopo la breve sosta di Pasqua, veramente breve, è già ripreso il ritmo solito… Vanda sarà certamente contenta… La ettera con la quale comunicavo di non poter accompagnare Vanda all’altare.

“Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me”: cosa aveva di divino quella fanatica contrapposizione? Quel fantasma glaciale e rigido del Padre Generale, che risiedeva non so dove, dopo avermi tenuto in sospeso per mesi, comunicò il rifiuto del permesso, benché si trattasse di anticipare di un mese la visita che, dopo quattro anni consecutivi di carcere duro, era in programma…

Camino 14-V-1957 Cara Vanda, è giusto che questa volta mi rivolga direttamente a te, vicina come sei a un giorno che è unico nella vita, il giorno in cui prendi il volo dalla casa… dove abbiamo giocato insieme, dove abbiamo dormito, mangiato, litigato… Quante cose vorrei fare per vederti sempre più felice... Quando fra qualche anno tornerò ancora al paese, ti ritroverò, felice sposa, con un pupattolo tra i piedi che sarà capace di chiamarmi zio…

Fu Franco a condurla all’altare. Mentre io, lontano, mi struggevo di dolore represso. Trascorsi quasi tutto quel 19 maggio in cappella, senza sperare che uscisse la lacrima; chiedendo a Gesù, se era presente e vivo dentro quel buco di abitacolo dorato, chi fosse mai il Padre che godeva nel vedere i figli in croce.

Camino 27-V-’57 Cara mamma, anche quest’anno scolastico è terminato… e verso il 20 sarò a Monteflavio. Come vedi, puoi incominciare a contare i giorni, ma non te lo consiglio, altrimenti non passeranno più…

Monteflavio 2.6.’57 Carissimo Fabio,come mi dici di non contare i giorni per il tuo ritorno, come può essere questo? Se ci pensavo prima, figuriamoci un po’ adesso che sono rimasta sola in casa…Mi farai sapere proprio il giorno preciso che vieni, così, dato che devo andare un giorno a Roma per parlare col Direttore di Franco, per metterci d’accordo per l’anno futuro, ci verrei proprio quel giorno che arriverai tu a Roma… Vanda e Luciano sono più contenti di una Pasqua. Sembra che sia tutto il mondo suo... ogni domenica si fanno qualche passeggiata in motocicletta fuori paese…

Ora una lunga passeggiata, dopo quattro anni, l’avrei fatta anch’io, in treno. E avvertii con sorpresa che non ne avevo più voglia.

 
 
 

CAMINO MONFERRATO - 13

Post n°1948 pubblicato il 21 Luglio 2015 da anonimo.sabino
 

Ci fu una disputa sulla “storicità delle Scritture” (prova inconfutabile della fede cristiana). Storicità significava veridicità assoluta: sapere di Gesù come di Napoleone. Ma le fonti storiche più antiche residuate sulle origini del cristianesimo erano i Vangeli, tutti di fine secolo. Domandai sornionamente se erano “storiche” le contemporanee testimonianze di Tacito e di Svetonio sui primi cristiani, definiti “fanatici sfrenati”. No, perché quegli storici erano vittime dei pregiudizi del tempo; mentre sono assolutamente “storiche” le favole edificatorie dei Vangeli. Anche dopo che la stessa Chiesa ha dovuto dichiararne apocrifi (cioè evidentemente falsi) una trentina? E mi astenni (qualcuno già sbuffava verso il sofista) dal rilevare come i quattro residui fossero zeppi di contraddizioni, a parte le false firme apostoliche.

Era comodo intendere la storiografia come pacchi di verità preconfezionata, anziché come ricerca faticosa di qualche cucchiaio di verità sotto montagne di menzogne, di interessi e di fisime dei pretesi testimoni. E confutare invece testimonianze “storiche” di diversa ispirazione: lo storico ebreo Giuseppe Flavio vedeva il messia biblico nell’imperatore Flavio Vespasiano, suo patrono. Di lui gli storici raccontano miracoli.

Un giorno il Padre Tentorio cominciò a dettarci un brano di Tacito per il compito in classe. Poi ci ripensò, voltò pagina e ne dettò un altro. Per me era un invito irresistibile ad andarmelo a ricercare in biblioteca, quando lui vi ebbe riposto il testo.

…Un popolano di Alessandria, palesemente malato, abbraccia le sue ginocchia, implorando con gemiti di essere guarito dalla cecità, fidando in un responso del dio Serapide, il dio che la gente superstiziosa venera più di ogni altro; pregava il principe che si degnasse di bagnare col suo sputo le guance e le orbite degli occhi. Un altro, malato a una mano, lo pregava in nome dello stesso dio di essere calpestato dal piede di Cesare. Vespasiano dapprima ci rise e li prese in giro; e poiché quelli insistevano, si agitava tra la paura che un insuccesso si risapesse e la speranza indotta dalle preghiere di quelli e dall’incoraggiamento degli adulatori… Infine tra la moltitudine che si protendeva, eseguì quanto era chiesto. Immediatamente la mano si rese usabile e il cieco vide. I presenti ricordano ancora adesso l’uno e l’altro, adesso che a mentire non hanno alcun interesse (Historiae IV,81).

     Evidenti favole, quali invece non possono intendersi i miracoli ripresi identici nei Vangeli e attribuiti a un altro Cristo… Anche la storia oggetto di fede…

 
 
 

CAMINO MONFERRATO - 12

Post n°1947 pubblicato il 20 Luglio 2015 da anonimo.sabino
 

Passavano gli anni e un Natale si succedeva all’altro, ancora lontano da casa. Ma l’adolescente represso nella sua scapigliatura diventava un uomo cazzuto, che tra le nenie del buonismo indotto dalla ricorrenza non si sentiva più spiritualmente appagato.

Mi domandavo quale redenzione mi avessero portato l’incarnazione e la morte del figlio di Dio. La sua passione non era valsa a restituirmi allo stato felice perduto da Adamo per aver mangiato una mela. Ed ora pretendeva da me che mi crocifiggessi con lui… Per il paradiso? Il mio umile e imperfettissimo babbo Ottavio avrebbe cercato di farmi arrivare al cielo per una strada diversa dalla via crucis

  No, non filava, per niente.

Camino 7-I-’57 Cara mamma…è arrivato Natale così senza che ce ne accorgessimo, tra “regem venturum” e pastorali, ed è passato con la stessa rapidità. Quest’anno, venendo incontro ai miei desideri, il Bambino (a Monteflavio la Befana) mi ha portato un po’ di musica. La neve è venuta solo dopo Natale in grande quantità e ce n’è ancora…

…La mia vita, la conosci, tira avanti uniforme, tra scuola, studio, refezione e preghiera…

Già, uniforme e tristissima, in una brigata di ragazzotti repressi, senza il sorriso di una donna, neanche di una madre o di una sorella. Che significato poteva avere la stessa primavera?

…Nonostante che ieri fosse S. Benedetto, non ho visto nessuna rondine sotto…i merli. Ma le piante sono già piene di gemme; e peschi e mandorli sono fioriti… La disputa è andata bene: era un argomento molto difficile, c’è stata battaglia e gli applausi non sono mancati…

La disputa filosofica ricorreva con la festa di San Tommaso d’Aquino, il sette marzo; riguardava un argomento dato dai superiori e svolto a tre: un relatore, un avvocato del diavolo e un difensore della fede. A volte il relatore era affiancato da due difensori della fede e il ruolo del diavolo era affidato all’uditorio. Era un esempio tipico dell’apologetica cristiana: ti sfido a farmi un’obiezione inconfutabile. Come se non spettasse a lei darti le ragioni della fede, ma a te dimostrare il contrario. In questo modo era stato sprecato tanto inchiostro, spesso inventandosi le obiezioni di comodo a cui rispondere.

Per me era indiscutibile che ha bisogno di prove il credere, non il non credere. Ma il dirlo, a quel punto, sarebbe equivalso a bestemmiare.

 
 
 


 

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