UNA DONNA PERDUTA

E io pago!!!

Io non credo nel matrimonio. Non ci ho mai creduto. Non mi piace l’idea di mortificare il mio amore con un contratto che denuncia da subito l’assenza di fiducia. Non mi piace l’idea di obbligare il mio amore al mantenimento perpetuo, anche quando l'amore non c'è più. E non mi piacciono quelle donne che aspirano al matrimonio per “sistemarsi”, inseguendo in tal modo una specie di conveniente  impiego fisso e percepiscono per questo dallo Stato l’assegno familiare e la pensione di reversibilità. Ritengo che una persona in buona salute abbia il dovere di mantenersi da sola. Per contro aumenterei, e di un bel po’, gli assegni  familiari per quelle donne – sposate o no - che si occupano dei figli a tempo pieno. Queste donne cominciano la giornata lavando e vestendo i bambini, preparando loro la colazione, accompagnandoli a scuola. Passano poi al mercato per la spesa giornaliera. Tornano a casa, mettono ordine, puliscono, rifanno i letti e preparano il pranzo. Riprendono poi bambini a scuola, li fanno mangiare, spicciano la cucina, li aiutano a fare i compiti e spesso li accompagnano all’attività sportiva. Tornano a casa, preparano la cena, riordinano la cucina, li rilavano e li mettono a letto. A quel punto si “rilassano” con quello che non sono riuscite a fare durante il giorno: stirano, rammendano, riordinano l’armadietto dei medicinali, stendono i panni, scrivono la lettera rimandata da tempo, telefonano alla mamma malaticcia e stramazzano infine sul letto sognando una vita da single. Bé? Ma quanto le dovremmo pagare queste operosissime impiegate della famiglia che lavorano oltretutto per preparare la società futura?  E invece devono accontentarsi di quei sifilitici quattro soldi dell’assegno familiare che percepiscono – guarda un po’!!! -  anche quelle che, sposate ma senza impegni filiali, trascorrono le loro giornate tra il bar del tennis, lo shopping e il tè con le amiche. E io pago!