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I miei zii si lamentano. Si lamentano che nessuno li porti a spasso, che nessuno li faccia uscire a prendere aria, neanche fossero rinchiusi in un carcere duro alla Toto’ Riina. « E’ dallo scorso autunno che non ci portate a mangiare una pizza, figli degeneri! » inveiscono contro i figli. E uno si macera di sensi di colpa. Il fatto è che gli zii con velleità zingaresche hanno la quisquilia di 92 anni lei e 95 anni lui! Potrebbero andare in pizzeria da soli, se volessero, ma lei ha bisogno di appoggiarsi al braccio di qualcuno per non so che pasticcio di ossa e lui, da parte sua, è infastidito da un ginocchio birichino che lo costringe a camminare con il bastone. Hai capito? E io, con 40 anni di meno, non mi alzo dal letto se una mano pietosa non mi ricollega una ad una tutte le ossa sparpagliate nel letto durante la nottata! 92 anni lei e 95 lui, genitori di due figli ormai vecchietti anche loro ma senza lo spirito che anima i due stizzosi vegliardi che hanno vissuto tutta la vita in quella città irrespirabile che è Roma, che si sono seduti a ogni ora a una tavola ispirata ai più alti valori di colesterolo, glicemia e trigliceridi, che si sono dedicati a pantagrueliche pappate nelle tante ricorrenze dell’anno, pigri e salottieri, sempre insieme e mai d’accordo. Le urla belluine che accompagnano le loro omeriche litigate sono ormai per il vicinato l’esempio più genuino di un’intimità sbracata, in particolare per il sôr Alvaro, vicino prossimo, che attraverso di esse è venuto a conoscenza della sua tresca trentennale con la zia di cui fino ad allora ignorava l’esistenza. Poiché l’amore è più forte di ogni tempo e più cieco di una talpa cieca, lo zio continua a vedere la moglie come era 70 anni fa quando in preda agli ardori giovanili minacciava l’omicidio-suicidio se non fosse riuscito a sposarla. Non si è accorto, lo zio, delle pieghe che avvizziscono le guance della zia, né del suo corpo accartocciato dagli anni e degli occhi, una volta di uno splendido smeraldo, e oggi spenti e incolori. Come convincere l’Otello furioso che le sue analisi scabrose sulla relazione della zia - oltretutto dedita al bigottismo religioso più frataiuolo - con il povero sôr Alvaro, inveterato scapolone ottantenne, sono assolutamente ridicole? Le sue grida incontrollate a colpi di “Io vi uccido in flagrante”, seppure rivolte alla moglie, sembrano in verità indirizzate al sôr Alvaro in un disperato tentativo di allontanarlo dalle tentazioni della carne cadente della zia più che per la volontà di finire la sua vita da assassino come nel peggiore romanzo d’appendice. Non riesco ad immaginare un rudere novantaduenne attorcigliato in un amplesso passionale al vicino di casa ottantenne o il vicino ottantenne avviticchiato e sconocchiato da una zia novantaduenne. Ma vuoi vedere che il segreto della loro longevità si nasconde proprio in questa vita scomposta e litigarella? In tal caso ci sarebbe speranza anche per me …
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