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“Esco, mà. Devo incontrare un uomo che mi ha promesso un lavoro ». Queste furono le ultime parole che sua madre Maria gli udì dire prima di perderlo per sempre. Lo aspettò la notte ma senza preoccuparsi troppo perché spesso lui restava a dormire dalla nonna e qualche volta si dimenticava di avvertire casa. Anche per questo quando la mattina vide il letto ancora intatto non se ne curò più di tanto. Chiamò sua madre e chiese di parlare con lui. Ma lui non c’era, non ci sarebbe stato mai più. Io credo che le sue cellule cominciarono a impazzire in quel momento. Dopo le ricerche della polizia, dopo l’intervento a “Chi l’ha visto?”, dopo 3 anni di speranze smorzate e illusioni smarrite, mia cugina Maria se ne andò divorata dal cancro del dolore.
Lui la tradiva come poteva, tenuto conto del suo aspetto non proprio piacevole, ma possedeva uno spiritaccio non comune e ogni tanto acchiappava. Voleva tanto bene a sua moglie, ma il vizietto non l’aveva perso mai. Finché un bel giorno si innamorò. Ho detto “un bel giorno”? No, quello fu il giorno in cui ebbe inizio il suo personale tormento e la sua personale estasi. Dilaniato tra la passione per la nuova fiamma e l’amore devoto per la vecchia moglie, le sue cellule iniziarono a guastarsi silenziose e lui non se ne accorse fino a quel giorno quando si alzò dal letto e ricadde senza vita. Era quello il giorno esatto in cui aveva stabilito di lasciare la moglie per andare a vivere con la nuova compagna. Macerato dai sensi di colpa e divorato dalla passione aveva già tentato di uccidersi due volte. Il cancro del dolore decise per lui.
Aveva già superato la quarantina, quarant’anni senza gloria e senza onori, quarant’anni di vita spenta e piatta, arricchita solo dai sogni. E un giorno il suo sogno più irraggiungibile si avverò. Lui arrivò sul suo cavallo bianco, splendido cavaliere sanza macchia (et sanza palanche), la rapì e la condusse nel suo castello di menzogne, sotterfugi e bassezze, finché dopo averle tolto le mutande oltre a tutto il resto, se ne andò senza voltarsi indietro. Lei quasi impazzì dal dolore, pianse tutte le lacrime che aveva, si attaccò alle più impossibili speranze, escogitò tutti i mezzi per ritrovarlo, smise di mangiare e di sognare. Fu salvata dal cancro del dolore che tre anni dopo, pietosamente, mise fine alla sua misera vita
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