come le nuvole
le guardi e credi di poter parlare di loro, di aver catturato la loro essenza ed ecco che sono altro e ancora altro e non le puoi incasellare, descrivere e neppure toccare...
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La comitiva si riuniva sulla spiaggia verso le sette di sera e rimaneva lì, a far collezione di tramonti, fino all’ora di cena. I suoi componenti, tra i sedici e i ventidue anni, erano quasi tutti belli, di certo abbronzati, con un alta percentuale di magri e una maggioranza di strampalati. Sara era, in tutto e per tutto, una di loro. In quella calda estate, ognuno di loro respirava, a pieni polmoni, l’ebbrezza di scappare via da casa in sella ad un motorino, senza un pensiero al mondo, con i capelli al vento grazie ad un codice della strada ancora permissivo. Tutti si sentivano, chi più chi meno, eroi immortali, destinati a grandi ed irripetibili vite. La comitiva era un magma fluido, che inglobava e sosteneva e in cui confluivano, di continuo, apporti vitali di gente nuova, mentre altri sparivano per un pò, alla ricerca di quella intimità necessaria al nascere di una storia d’amore. Tullio, il cugino di Chiara, entrò a farne parte che la stagione era inoltrata. Veniva da Roma e aveva fatto il viaggio in sella alla sua splendida Honda 750. Con Sara fu antipatia a prima vista, rapida ed immotivata. Lei pensò che lui se la tirasse troppo, lui che lei si dava arie eccessive. L’avvicinamento fu dunque lento, graduale e si caratterizzò, soprattutto, per quel lieve, dolce e costante prendersi in giro, badando bene a non tirar troppo la corda, alla ricerca di conferme circa l’interesse reciproco. Poi, quando fu palese che bastava solo sfiorarsi perché incredibili reazioni chimiche avessero luogo,Tullio ruppe gli indugi e le chiese di uscire in moto, loro due da soli. Lei accettò. Cominciarono così due settimane di quelle che, a distanza di decenni, avrebbero ricordato nell’intimità della propria anima, allorquando avessero voluto soffrire un pò. Non mancò nulla in quella brevissima parentesi d’estate prima dell’inevitabile separazione. Né baci, prima timidi e poi sempre più appassionati, né folli corse in moto, nell’aria tiepida di quel settembre adolescente. Lei riportò persino la più classica delle bruciature da tubo di scappamento, su di un polpaccio, e la mostrò in giro orgogliosa, come un segno di appartenenza, simile alle ragazzine americane che indossano la giacca, di due taglie più grande, del loro boyfriend. Lui le disse che mai aveva provato una attrazione così forte per le altre ragazze e lei sapeva che non mentiva, perché il suo stesso corpo era fonte di continuo stupore. Il pomeriggio prima della partenza di Tullio, la tristezza si estese all’intero mondo. Nuvoloni neri e una pioggia torrenziale accompagnarono la loro ultima uscita in moto e li condussero, bagnati ed ansanti, a cercare rifugio all’interno di una grotta sul mare. Poterono così struggersi per la separazione e giurarsi amore eterno, mentre un pubblico ululante di onde scarmigliate, suggellava il tutto. Nei giorni successivi lei quasi non toccò cibo e la notte ripescò, infinite volte, stesa a pancia in su in terrazza, il ricordo di quei baci di cui provava a resuscitare ogni sfumatura. I suoi genitori, naturalmente, non si accorsero mai di nulla. In seguito fu tutto uno scriversi. Un fuoco d’artificio di grafomania, una miriade di lettere appassionate, romantiche, stucchevoli, retoriche ed immortali. Poi , pian piano, impercettibilmente, lo scambio epistolare si trasformò in un diario della loro vita lontani. Lei intuì che, così come nella sua esistenza, altri amori erano entrati in quella di Tullio, ma non per questo sentì venir meno il legame speciale che li univa. Fu dunque sorprendente quello che accadde di li a pochi mesi, allorquando, una sera di aprile, Sara se lo trovò davanti all’improvviso, all’uscita dalla sua lezione di scuola guida. Lei era insieme alle sue amiche e rideva inconsapevole, stringendosi nel giubbino, per ripararsi dal freddo. A stento, lo riconobbe nella versione invernale. Incredibilmente, invece di provare un tuffo al cuore per la piacevole sorpresa, si sentì invasa da irritazione e sconcerto. Scambiarono poche parole ingessate mentre, in disparte, le amiche aspettavano incuriosite. Poi lei gli disse che doveva tornare a casa e che si sarebbero risentiti. Tullio la informò che si poteva fermare solo due giorni. Nelle ore successive, al telefono, Sara si giustificò affermando di non riuscire a trovare nessuna scusa per allontanarsi da casa e la conversazione proseguì stentata, mentre in lei la voglia di scappare via, turandosi le orecchie, era sempre più pressante. Tullio non riusciva a comprendere cosa stesse succedendo, dove avesse sbagliato, chi era la ragazza di ghiaccio che taceva dall’altro lato del telefono. Non si incontrarono più, né quella volta né mai. Sara, nemmeno in seguito riuscì a capire il perché della sua crudeltà. Tullio avverte un dolore sordo quando gli accade di ripensare a lei.
Questo racconto partecipa all’iniziativa di Tuttiscrittori (alias la dolce Elliy), dal titolo “Mi sono innamorato(a) di te”…
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J'ai une mémoire admirable,
....je oublie tout !
CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG
Sexy, no?
Ma mi riporta anche alla constatazione che raramente quegli adolescenziali amori estivi soppravvivevano all'autunno, a quel rivedersi infagottati nei nostri abiti invernali.
Sempre gli stessi, ma pure così diversi, privati della magicità delle notti estive.
Bello Carpe.... buona serata. Chiara
Sei bravissima, Carpe. Continua a partecipare a questi giochi letterari, ti prego!