Scrive Eraldo Affinati a proposito dei romanzi:
"Servono a perpetuare l'illusione di poter comprendere il senso della vita. Producono intensità. Anche se a fondo perduto"
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Valzer con Bashir
Post n°267 pubblicato il 17 Giugno 2009 da ditz
Dopo che vedi "Valzer con Bashir" se ti alzi in piedi subito rischi di cadere per via di quelle visioni che ti rimangono per ore stazionarie, irremovibili nella mente perplessa, confusa da quella lucente bellezza, dalla lucida razione di arte che ci spetta: gli occhi gialli dei cani, randagi e neri, che avanzano da una memoria che si sfolla. E il cielo? Giallo anche quello. C'è un lirismo in "Valzer con Bashir" che la mia testa bacata me lo fa paragonare a un libro, a un poema: "Farsalia" di Lucano. Perché uno si aspetta che un film "di guerra" parli di guerra. O che un libro "di guerra" parli di guerra. E invece scopri che questo film e quel libro parlano sì di guerra ma ne parlano con un livello lirico inversamente proporzionale al livello retorico-enfatico di tante interviste sulla guerra. "Valzer con Bashir" si prende la briga del documentario ma documentario non è. La prima ora è un viaggio filosofico-esistenziale nelle vostre vite che manco ve ne accorgete. La bellezza sconvolgente delle immagini, la forza lirica delle parole, la sapiente regia nel miscelare l'orrore della guerra, il mancato ricordo, il senso di colpa, la strage di Sabra e Chatila con il vortice di bellezza dell'animazione, col disegno computerizzato, sofisticato, dettagliato. Tutto questo dentro la mente di Ari Folman diventa un meravigliosa tragico documento poetico della guerra con gli occhi di un diciottenne che piano piano vede riaffiorare dal buio della dimenticanza un rigagnolo di ricordi. E scava, e chiede, e cerca. E trova un gioiello: la paura di morire si mischia alla guerra-spettacolo osservata dai balconi delle case. L'ossimoro spiagge-mimetica militare. E ancora la discoteca e i mitra. E il rettangolo trasparente da cui guardare la strada che avanza: ed è l'occhio di un cingolato. Poi una esplosione. E la fuga dei ragazzini-soldato verso la morte. Tranne uno. Che per salvarsi fugge di notte verso il nero del mare. Gli monta in groppa e comincia a nuotare. Eccola la fuga del soldato verso il mare. Di notte. A nuoto. Verso luci lontane. L'onda si dilata e il grandangolo la rende più onda. Più ampia. Alla fine la stanchezza. Come un panno-straccio. Il soldato da nuotatore si fa relitto trascinato dalla corrente. E la paura ci perseguita mentre perseguita lui. Fino all'ultima onda: la spiaggia. La salvezza. Il sospiro di sollievo. Lui e noi, all'unisono. Guardare "Valzer con Bashir" è tirare un sospiro di sollievo: dire che nonostante tutto ne vale la pena. Se leggi una pagina di Lucano più o meno si hanno quelle sensazioni lì. "Quando i soldati, occupato il Foro, ricevettero l'ordine Quis furor, o cives, quae tanta licentia ferri. Una follia davvero immane è questa licenza delle armi. Che non è propriamente una licenza tipo 007 con licenza d'uccidere. Forse è più un offrire sangue senza senso. Un sacrificio vano. L'immagine dei cavalli colpiti a morte, stramazzati, segnano la polveriera dei nostri ricordi: e si illumina la spia rossa che segna un nome sotto: Eugenio Montale. Poi ci clicchi sopra e sbuca pure Guernica di Picasso. Agiti bene: eccolo Freud. I sogni, i numeri, le cordicelle del pensiero aggrappate alla notte. Il defribillatore cerebrale aperto, la valvola di sfogo sfriziona aria di sogni dai buchini onirici, raccattapalle attentissimi prendono servizio appena chiudiamo gli occhi, o appena ci remmizziamo. Torni indietro: c'è sempre Marco Anneo Lucano. La storia dentro alla poesia. Si chiude il valzer di Ari Foman. Un valzer sconsideratamente perfetto |
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(Eugenio Montale, Satura; Satura II)
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You don't remember, you don't remember,
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Off with his head man, off with his head man
Why don't you remember my name?
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Rain down, rain down, come on rain down on me
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Rain down, rain down, come on rain down on me
From a great height, from a great height, height
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