Scrive Eraldo Affinati a proposito dei romanzi:
"Servono a perpetuare l'illusione di poter comprendere il senso della vita. Producono intensità. Anche se a fondo perduto"
Post n°256 pubblicato il 14 Maggio 2009 da ditz
Come si scappa a scroscio, a passo stretto e secco. Come si scampa all'onda ripida, alla nenia mattutina. Scende un lombrico sulle righe di ferro spaurite segna il sentiero di bava, lo sente lo straniero troppo forte. Indaga il pandemonio, la piazza straborda d'omertà. Nessuno dilapida il tempo in quest'affaccio a mare, dove pazienza regna e l'attesa lenta rode la corda d'un orologio. S'ammutolisce il giorno. Non servono a niente i poeti: i porti li hanno dissepolti le gru del mare nel rimorchio di qualche carretta. I poeti servono a spaccare il capello in quattro alla parola. A non altro. Non le riempiono le tasche, né hanno gloria. La delfica deità di Dante li lascia dementi, gli arrancatori, mentre se ne vanno sicuri con qualche formula magica nel marsupio e saltano a piedi uniti con le loro certezze e i loro firmamenti accesi. I raccomandati arrancatori sociali sono l'antipoeta. Eppure hanno assonanze, che fortuna. Le hanno gratis. Un poeta le paga ogni giorno dal suo solo salario , dal conto in banca, dal bofonchìo d'una tosse, dalla sorte rosea, dal siero terso di maggio, dal mugghiar come fa mar per tempesta. Si resta senza poeti e si muore. Si resta senza dribblatori, senza fioretti, si resta spenti stasera.
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Post n°254 pubblicato il 09 Maggio 2009 da ditz
A te Pavese, che hai pizzicato la corda in culo al mondo e la corda in culo al mondo ha risuonato cupa il verso nero del mare lento. Ti sei rotta in due la schiena, Pavese, a tradurre gli americani: c' hai vinto il premio di un viaggio al confino. Le Langhe che suono hanno, che suono fanno? Le Langhe lo battono il tempo del mare nero, del male dentro? Al confino, al confino. Coi libri dentro alla giacca hai alzato gli occhi che ti erano rimasti tristi nonostante il nome fiero. Non so se ti ricordi di Tito tra i Cesari il più bello. Non so se ti ricordi di Svetonio che scrive la vita di Tito. E Tito che fa? Rivive, sopravanza. Ci resta la speranza d'un fiato di parole. Oltre la porta c'è una stanza dove s'annida il nero. Lontano resta il bisbiglio di uomini in dialetto e passi lenti. Li senti, Cesare Pavese? C'hai acceso gli orizzonti coi tuoi racconti, e le parole in fila ai versi lunghi. Eri a Brancaleone per un errore. Ti sei trafitto gli occhi con tutto quel nero davanti. Tanto che manco lo guardavi, il mare. Te ne sei andato dal barbaglio accecante delle Langhe, dai bianchi soffocanti delle nebbie per aver parlato con Ginzburg, con Spinelli. Il confine è qui: pullula di mare. Di notte si sveste e cresce con l'amore della luna. Senza falò, per pudore. Così nessuno li vede. Te ne sei andato, Cesare Pavese, insieme a quelli come te: il nero s'impiglia sempre dentro a un non so che, Pavese. Il millenovecentotrentacinque, Cesare, è stato lungo e lento, a Brancaleone. A partire dall'estate e forse non è più finito. Hai letto, quell'anno? hai scritto, Pavese? quanto t'è durato? i calabresi c'hanno provato ad allietartelo. Ma niente. Il tedio prende sempre il sopravvento, Cesare. Lo spleen t'ha arrovellato. Ha bruciato fino al condono. E te ne sei tornato alla tua terra. Un tuo amico, Davide Lajolo, t'ha ricordato nel Vizio assurdo. C'hai portato a spasso con Dos Passos, Pavese. Niente pettegolezzi, come c'hai lasciato scritto sull'ultimo pezzetto di carta. Quella notte d'agosto del millenovecentocinquanta. Una bustina di sonnifero di troppo, per terra. |
Post n°253 pubblicato il 09 Maggio 2009 da ditz
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Post n°251 pubblicato il 04 Maggio 2009 da ditz
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Post n°250 pubblicato il 23 Aprile 2009 da ditz
A Corrado Calabrò
T'ho visto, Corrado, con uno dei tre fiammiferi di Prévert in mano. Poi con Valéry che lascia agli dei l'onere del primo verso. Se fuggo dalle tue parole è solo per rispetto verso quell'interruttore che è la poesia: la chiami commutatore: fa cadere la cataratta della quotidianità. Non m'è piaciuto il tango sacro dei fronzoli di noi tutti in coda verso l'ostia d'una tua parola. Sempre così succede. Che in un momento si crea una fila indiana lunga lunga di mani strette strette e di sorrisi. Ce ne siamo andati, Corrado, zitti zitti, con le parole smozzicate dentro una mano ruvida. Oggi t'ho visto in quel tuo reading strano tra gente sempre pronta a riverire. Mi sarebbe piaciuto dirti piano quanto c'hai fatto piangere col tuo "angelo scanzonato". La pelle come carta impecorita pungeva davanti a quelllo "scollinare dell'oceano" o al "verde opaco d'uno sguardo stretto di bolina". Se è vero come dici che il mare va preso come viene cerco la mano incosciente del tuo dio che mi metta di prua e faccia al vento - che non sembri un castigo - come uno che rimane in sordina per gran tempo e poi spunta e poi s'affaccia e grida forte il suo das di parole dalle "tue finestre di silenzio". Acqua mielata di tramonto c'è passata sopra come spruzzo che sfuma all'infinito. Non è per gioco che riscrivo la tua poesia. Ce l'hai raccomandato prima: ho obbedito come un bambino che usa il suo pennino di inchiostro simpatico per un contatto in più, per l'illusione di creare il mondo. Una volta tanto ho visto dietro quella tavolata di signori uno al suo posto senza parole di comizio. Uno al suo posto, vestito normale, senza distinzione dal branco dei dottori dietro al palchetto dei microfoni, con l'acqua minerale come totem. Poi t'hanno dato la parola e ho rivisto in un momento quella veronica di Zidane quand'è volato a centrocampo lasciando fermi tutti con la zavorra del loro lignaggio. Grazie Corrado, perchè mi fai capire meglio quanto ci sia utile e dolce questo nostro movimento doloroso questa nostra rincorsa verso una vetta questo ricadere giù. Grazie Corrado, perché rimani limpido fra gli altri. Fra quelli che ho studiato. Fra Montale e Ungaretti, non mi spavento di vedervi stretti nell'abbraccio autentico d'un lento spasimo. E' l'intelligenza che si fa. Non la disfiamo in code sacre e in strette di mano.
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Post n°249 pubblicato il 07 Aprile 2009 da ditz
Tu se poltrisci mezzora con la schiena rotta, su un divano più piccolo del trepposti classico, tu se ti fermi dietro il tuo film lontano, dietro il ricordo di un nome che sbuca piano piano dalla memoria (grazie al gioco dell'alfabeto), tu se mi aspetti lo stesso anche quando faccio tardi, tu se stai ferma e presente come un macigno, tu se la polveriera spara a cannonate e apri le mani e dici che era a salve. Tu quando la mattina prima dell'alba è già troppo tardi ed esci allo scoperto per aiutarmi col caffè, tu le volte che abbiamo rovinato tutto per un silenzio di troppo. Tu che ridi quando esagero con le mie seghe mentali o quando mi coglie uno dei miei tanti infarti giornalieri. Tu che non sai stare dal lato sbagliato. Tu appena mi rimproveri e io cado dalle nuvole. Tu che non sai abbracciare caldo, ma stringi con la forza ossuta della tua magrezza. Tu che sei contenta di Morgan per il motivo che sappiamo e poi vai a leggere d'un fiato Steinbeck. Lo leggi, se era lui, come quando ti metti in testa di pulire e allora mi scosto dall'uragano, dentro una pagina di giornale che leggo a metà. Anzi, ora ce la faccio pure a leggerla tutta: da quando hanno diminuito le righe e ingrandito i caratteri. Tu che hai risolto qualche macigno come una inezia mentre io incespico sui miei umori neri e mi riprendo in tempo per la partita delle ottoemmezza. Mi piacciono le case tappezzate di cielo blu. Mi piacciono le case senza terremoti. Le finestre grandi. Le partite a calcetto con quelli ormai andati d'età. Quelli che tirano sbilenco se mettono un po' d'effetto. Mi piace il morbido del divano, la sera senza correggere. Ma correggere che? Mi piacciono i teatri durante le prove. C'è l'attore che scandisce bene. Si sente il solista della situazione. Pare che dalla voce gli esca qualche tiro angolato senza respinta della barriera di manichini. In partita è tutta un'altra cosa.
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Post n°246 pubblicato il 24 Gennaio 2009 da ditz
Si conclude questo viaggio al termine della notte dopo la traversata a bordo di una barca nel bosco per coltivare l'ambizione di sporcare lo spazio bianco fin dentro la zona cieca, tra balene e sogni, alla velocità del gattopardo, alla ricerca del tempo perduto, inseguendo la chimera, con un biglietto di sola andata, per una vita, urlando che questo non è un paese per vecchi prof, senza cognizione del dolore, sapendo che qualcuno prima o poi avrebbe detto ti prendo e ti porto via, con o senza la solitudine dei numeri primi, ehi prof! non ora, non qui. |
Post n°245 pubblicato il 19 Gennaio 2009 da ditz
Arthur. Quanti altri al mondo come lui? Quanti come lui hanno sognato di farcela? E poi sono ingrigiti nella mediocrità? Quanti istintivi, quanti precoci, quante intelligenze, quanti spiriti sensibili, sognatori, quanti di costoro? Quanti insofferenti alle regole, quanti innocenti, quanti scapestrati, quanti audaci, quanti timidi e silenti geni, quanti? Arthur. Quanti imprevedibili in mezzo a tutta quella monnezza di prevedibilità? Quanti moderni in mezzo a un vecchiume di scontate certezze? Quanti anni al liceo? Quanti libri, quanti! I veggenti, quelli col futuro appiccicato già in testa, a menadito, a memoria. I veggenti. Arthur che hai inventato il colore delle vocali. A nera E bianca I rossa O blu U verde Hai lasciato la giovinezza per essere adulto. Non più veggente, ora ottuso. Dal colore delle vocali ai formaggi decantati. Ti sei perso prima del tempo, Arthur. Il divin monello, il cattivo matto giovane Poeta, il Poeta diciassettenne. Quanti sognano di essere veggenti nel nugolo di veli, nel tedio degli addormentati, negli ospizi per sani, nei documentari sui presidenti eletti, nei corridoi che collegano stanze di incontri semisegreti prima di andare a parlare ufficilamente nei Parlamenti. Quanti sognano di alzare il canto delle vocali, Arthur? Arthur senza Dio. Arthur ateo. Arthur che se la fa con l'altro poeta e poi se ne vergogna. Arthur che non scende a patti con la Parola. Al fondo, in punto di morte, si converte. Il divino monello si fa credente modello. Ce lo racconta meglio l'Amore lontano di Sebastiano Vassalli. Ci racconta di Arthur, poeta divino, senza retorichicchia.
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Post n°244 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da ditz
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Post n°243 pubblicato il 13 Gennaio 2009 da ditz
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Post n°242 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da ditz
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Post n°241 pubblicato il 15 Dicembre 2008 da ditz
Se prima avevi Internet e ora non ce l'hai prova col 187 e avrai soltanto guai. Una miriade di chiamate una sequela di insulti una raffica di provvederemo ecco l'ode del veleno. Chiama pure dal cellulare ti risponde l'operatrice non c'è testimone oculare davanti alla nutrice di risposte a perdifiato, tutte uguali. Al telecomio infernale sanno sempre come fare: un'occhiata al terminale stermina la pazienza. L'addiesselle prima o poi arriverà? Chi lo sa. Siamo figli di una divina volontà. |
Post n°240 pubblicato il 22 Novembre 2008 da ditz
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Post n°239 pubblicato il 20 Novembre 2008 da ditz
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Post n°238 pubblicato il 11 Novembre 2008 da ditz
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Post n°237 pubblicato il 02 Novembre 2008 da ditz
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Post n°236 pubblicato il 30 Ottobre 2008 da ditz
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È RIDICOLO CREDERE
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esista
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il solo che si guarda
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(Eugenio Montale, Satura; Satura II)
PARANOID ANDROID - RADIOHEAD
Please could you stop the noise
I'm trying to get some rest?
From all the unborn chicken voices in my head
What's that, what's that
When I am king you will be first against the wall
With your opinion which is of no consequence at all
What's that, what's that
Ambition makes you look pretty ugly
Kicking squealing gucci little piggy
You don't remember, you don't remember,
why don't you remember my name
Off with his head man, off with his head man
Why don't you remember my name?
I guess he does
Rain down, rain down, come on rain down on me
From a great height, from a great height, height
Rain down, rain down, come on rain down on me
From a great height, from a great height, height
That's it sir, you're leaving,
the crackle of pig skin,
the dust and the screaming
The yuppies networking
the panic, the vomit,
the panic, the vomit
God loves his children,
God loves his children, yeah
Inviato da: Rebuffa17
il 13/06/2012 alle 17:59
Inviato da: Rebuffa17
il 13/06/2012 alle 17:58
Inviato da: Rebuffa17
il 13/06/2012 alle 17:57
Inviato da: Rebuffa17
il 13/06/2012 alle 17:56
Inviato da: puzzle bubble
il 02/05/2012 alle 21:12