Valle dei pensieri

Sofferenza mimetica

Riporto un raccontino scritto in una triste notte di tre anni fa...è stato il primo racconto ke ho pubblicato sul web e all'epoca riscosse successo tra i membri del forum ke frequentavo..spero piacerà anke a voi...

Pioggia, pioggia e sole si alternano nella mia mente e sulla strada che sto percorrendo; nella testa, oltre a mille confusi pensieri, una canzone di cui ricordo il motivo ma non il titolo. La gente intorno si ripara con gli ombrelli, ma io non ne sento il bisogno, la pioggia non la sento cadermi addosso; so che piove solo perché posso vedere pesanti gocce d'acqua che si schiantano sull'asfalto e sulle mie scarpe fradice. Le lacrime hanno un sapore più dolce quando si mischiano con l'acqua piovana e diventano indistinguibili per chi ti osserva: sono come urla di disperazione coperte da rombi di tuono, nessuno ci fa caso. Ho imparato bene a nascondere i miei sentimenti, a mimetizzarli tra pioggia e tuoni, a celare le tempeste della mia anima dietro quelle vere; ho imparato che nella vita non conviene avere sogni, che sogni e speranze esistono solo per essere infranti, calpestati da chi è più fortunato e abile di te.
Lei diceva sempre che un uomo senza sogni è come un cielo senza stelle, perde tutto il suo fascino e il suo significato profondo . Mi amava davvero tanto, spropositatamente, ma nemmeno il suo amore è riuscito a salvarmi; l'ho costretta a fuggire via da me, ho fatto di tutto per uccidere i pochi sogni che mi erano rimasti, per rendermi, in questo modo, come un cielo senza stelle.
Alla fine ci sono riuscito e l'ho persa per sempre.
Ho da poco saputo che si è sposata, spero sia felice, che mi abbia dimenticato.
Continua a piovere a dirotto; il sole pare non aver più la forza di farsi strada tra quei nuvoloni prepotenti.
Sono ore che cammino, bagnato ormai fino al midollo.
Ieri sera pensavo ai miei fratelli: non li vedo da anni, chissà come stanno, spero con tutto il cuore meglio di me, che mi sono lasciato andare alla deriva a soli ventisei anni.
La mia vita non doveva essere così, no, doveva essere felice; il Destino, invece, si è divertito a stravolgere tutti i mie progetti, a prendersi gioco di me.
Fanculo, fanculo tutti, fanculo tutto, fanculo questa fottutissima pioggia che non smette mai di cadere.
Sono esausto, sto camminando da troppo; oramai ogni strada che percorro sembra sempre troppo breve per permettere alla mia mente di trovare qualcosa di positivo nella miriade di pensieri negativi che l'affollano.
Mi butterò a terra lì, sì, lì vicino quel cipresso che fa angolo con via Bonomi.
Ecco, appoggio il capo sul tronco che l'acqua ha reso viscido: mi pare quasi caldo, il tronco, rispetto al freddo che ho dentro.
La gente continua a passare e nessuno accenna a fermarsi per chiedermi se sto bene, eppure dovrei sembrare proprio un disperato.
Ma, in fondo, che mi importa di morire qui, adesso?
Non ho più nulla, non ho più stelle che mi brillano dentro, si sono spente una ad una in questi sei anni di completa solitudine.
Ma se non m importa più di nulla allora perché piango?
C'è forse una parte di me che è ancora attaccata alla vita oppure è semplicemente rabbia contro il mondo, l'universo intero?
Basta, basta così!
Non voglio più vedere, non voglio più sentire, voglio diventare come quest'albero che mi ripara dalla pioggia, stare ritto, essere imperturbabile, incosciente, indifferente ogni volta che un cane mi piscia addosso.