Valle dei pensieri

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Una foto che fa tenerezza e mette angoscia allo stesso tempo..non scordiamoci mai quanto sia orribile la guerra.Guardate questo soldato:stringe la bimba priva di vita come fosse figlia sua a dimostrazione che, l'unico vero nemico, sia, appunto, la guerra!!!

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Ecco la donna più bella del mondo(ovviamente dal mio punto di vista:-P), mia nonna:)...in questa foto sembra un attrice nn credete?!

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La prima pagina del mio libro

Post n°25 pubblicato il 30 Novembre 2006 da dream3r86
 

Il cerca Talenti

inserisco una parte del primo cap del mio libro:versione rivista e migliorata,spero sia d vostro gradimento,se trovate errori v prego d dirmelo.grazie di cuore a tutti quelli ke interverranno)

I

La venere mora

immagineFinestra spalancata; addosso solo un boxer di tessuto leggero, nella testa i pensieri e i ricordi d un trentacinquenne in bilico tra la saggezza assoluta e i dubbi di un bambino…14 agosto; a baia sul mare diluviava:

uno di quei temporali estivi rinfrescanti che ti portano dentro un po' d'inverno e ti illudono che il caldo sia cessato. La mia camera era tanto vicina al mare da permettermi di vedere l’effetto che fa l’acqua che “bagna” altra acqua…Attendevo lei, la mia distrazione, la mia perversa passione. La aspettavo lì, in una delle tante camere d'albergo dove, nei momenti di solitudine, veniva a trovarmi e a lavare via con l' odore del sesso la puzza del passato e dei rimorsi. Nell'attesa osservavo passivamente la pioggia che continuava a cadere sul balcone: me ne stavo lì, impassibile, a sentirla e a guardarla mentre i lampi portavano per qualche attimo il giorno in quella notte così buia. Da bambino, ogni volta che vedevo un lampo, immaginavo che sopra la nuvola dalla quale era partito ci fosse un gigante con un enorme macchina fotografica che si divertiva a fotografare il mondo di notte, a turbare il sonno di uomini e animali con quel flash abbagliante! Poi, sono cresciuto, il gigante è sparito e i lampi sono diventati una di quelle tante cose alle quali ti abitui, una di quelle innumerevoli cose che non ti sorprendono più.

Gli schizzi mi bagnavano le gambe procurandomi un piacevole solletico e la tenda, mossa dal ventomi sfiorava il ginocchio sinistro. Chiusi gli occhi, i minuti passarono inesorabili e ad un tratto: driiiiiiiiiin...il campanello interruppe bruscamente il mio sonno lieve. Mi alzai e barcollando mi diressi verso la porta, un attimo prima di aprire un ulteriore driiiiiiiin mi sollecitò ad accelerare il passo.

Aprii la porta sicuro di sapere chi avrei trovato ad attendermi dall’altra parte e, con grande piacere, scoprii che le mie previsioni erano esatte: era lei; le presi il viso con entrambe le mani e, sfiorandole le labbra morbide e rosa con il pollice destro, le dissi"Eccomi,eccomi bellezza,eri tanto impaziente di vedermi?". Lei rispose con il suo solito, indimenticabile sorriso, poi mi prese la mano che le avevo appoggiato sulla bocca e se la mise sul petto. Era un gesto che facevamo spesso, un gioco tenero del quale già conoscevamo le regole: il nostro segnale di partenza. Io la strinsi, la presi in braccio e la gettai sul letto: i suoi lunghi capelli neri erano sparsi sulle lenzuola. Il suo viso era il sole, i suoi capelli i raggi, le sue mani le chiavi per il mio paradiso. Indossava solo una veste bianca di seta che lasciava intravedere il corpo e le sue forme perfette; la sua pelle era scura come una notte senza stelle e questa caratteristica risaltava ancora di più i suoi denti, bianchi come la neve.

Non avevo mai avuto una donna così bella,di una bellezza al contempo delicata e disarmante: due seni perfetti, stavano in una mano sola,li stringevo delicatamente mentre piano la baciavo. Anche le sue mani erano stupende: lunghe e sottili come ogni donna dovrebbe averle mi sfioravano il petto, poi le labbra,poi ancora il petto, sempre più giù…

Il vento aveva preso a soffiare forte, la pioggia aveva completamente infradiciato la sedia sulla quale ero seduto fino a qualche minuto prima ma i tuoni erano come sordi, zittiti dal silenzio dei nostri baci, dal “rumore”della pelle sulla pelle! Passammo quasi tutta la notte così: l’uno di fianco all’altra, a stringerci, a trovare il giusto tempo per respirare insieme, poi, verso le quattro del mattino, crollammo. Volevo guardarla almeno qualche attimo mentre dormiva e così mi sforzai di essere io l’ultimo a chiudere gli occhi. Il tempo ancora concesso alla notte trascorse veloce e mi risvegliai dopo solo qualche ora. Erano da poco passate le nove e lei dormiva ancora beata, con un viso incredibilmente sereno. Badai a far piano scendendo dal letto e mi diressi in bagno per farmi una doccia; guardai prima fuori dalla finestra, non pioveva più, solo canto di uccelli e gocce di pioggia che alleggerivano, cadendo, le foglie delle piante che adornavano la ringhiera del terrazzo. L’aria sapeva ancora di bagnato e faceva un piacevole freschetto. Dedussi, respirando a polmoni aperti, che aveva smesso di piovere da poco, poi mi ricordai della doccia che mi aspettava e tornai verso il bagno, diedi un ultimo sguardo alla mia venere mora e poi entrai nella vasca.

Dopo pochi minuti il rumore dell’acqua che scorreva svegliò il suo sonno leggero. Avevo la doccia a due centimetri dalla faccia quando sentii il letto scricchiolare e intuii che probabilmente si stesse alzando. L’acqua continuava a scorrermi sul viso e mi appesantiva i capelli. Poi, mi misi la doccia sul petto, mi voltai istintivamente verso il letto e la vidi:era li, con la testa appoggiata sul legno di frassino dello stipite che mi osservava con un sorriso appena accennato; ci fissammo per alcuni secondi entrambi consapevoli che, come tutte le altre volte, il bello stava per finire, l’incantesimo di perfezione stava per spezzarsi e io sapevo che, ancora una volta, ciò sarebbe dipeso esclusivamente da me e dalla mia incapacità di legarmi a qualcuno che non fosse me stesso. Uscii dalla doccia, mi misi addosso un asciugamano che era palesemente troppo piccolo e mi diressi nuovamente verso il letto. Lei, che era ancora lì, ferma sull’uscio, si scansò con l’aria di chi pensa “ho capito,ho capito,risparmiami le solite frasi”. Raggiunsi il letto e la guardai come per dire “Dai, non costringermi a tirar fuori le solite scuse,sai cosa fare, rivestiti e va via!”. Rimanemmo qualche altro secondo occhi negli occhi, lei con indosso solo gli slip, bella da far paura, venne verso il letto per rivestirsi e non disse una parola, si rimise il reggiseno, la sua veste trasparente e si avviò verso la porta d’ingresso: la aprì come per uscire, poi indietreggiò, la socchiuse e aggiunse, senza voltarsi “Sai perché faccio l’amore con te anche se so che poi, ogni volta, finisce allo stesso modo?” e io “no, non lo so, dimmelo tu” “beh, perché sei l’unico uomo che abbia mai conosciuto che riesce a fare l’amore dolcemente, senza brutalità, quasi come se riuscissi sempre a mettere a freno l’istinto, nei tuoi movimenti, nel tuo modo di possedermi c’è una dolcezza senza tempo, senza fine…la tua anima è delicata, io lo so, lo capisco quando vengo a letto con te ma poi, dopo avermi avuta, torni il solito stronzo di sempre!”.

Posai lo sguardo sui suoi capelli e sulle sue spalle minute e con aria assente, di chi è consapevole di essere “sbagliato”ma che non vuole proprio far nulla per cambiare "non mi crederai, ma fino a qualche anno fa era il contrario: cambiavo in peggio quando facevo sesso e tutta l’innata dolcezza dei miei gesti e del mio essere finiva li, non ero io durante i miei rapporti ma poi ,tutto, non so perché, è cambiato e ora riesco a essere dolce solo quando faccio l’amore.

Lei stette li, immobile per un po’, poi aprì nuovamente la porta e disse: “allora forse avrei dovuto conoscerti prima, forse saresti stato capace di amarmi”. Chiuse la porta con delicatezza; il movimento stesso che gli diede trasmise incertezza, voglia di restare ma consapevolezza di dover andare via, amarezza. Mi misi le mani tra i capelli bagnati, pensai a quanto sul serio ero stronzo, a quanto mi amasse quella povera donna e a quanto io fossi spaventato da quel suo amore così sincero e inspiegabilmente profondo. Non appena le avevo detto dove sarei stato ad alloggiare mi aveva raggiunto e aveva prenotato nella camera di fianco alla mia. Eravamo divisi da una parete, da un percorso di vita diverso, da idee e da un modo di vivere talvolta opposti ma uniti da quei momenti unici durante i quali c’eravamo solo io e lei, il mondo intorno diveniva un trascurabile dettaglio, tutto aldilà delle sue labbra pareva superfluo. Eppure, ogni volta, quel dettaglio, quel superfluo mondo che ci circondava prendeva il sopravvento, si tramutava in un motivo per finire, per chiudere, per staccare, per arrivare fin quasi ad odiarsi! Ci conoscevamo da quasi due anni ormai e mi rendevo benissimo conto che da quando lei era entrata nella mia vita tutto era divenuto meno triste e monotono. Nonostante ciò, comunque, non riuscivo ancora a legarmi, a fare quel passo avanti che ci avrebbe permesso di stare insieme sul serio, di essere una coppia. Di colpo mi alzai e l’asciugamano mi scivolò di dosso rimanendo per metà sul letto e per metà abbandonata sulle mattonelle di porcellana; mi diressi completamente nudo verso lo specchio che si trovava nel bagno, appoggiai le mani sul lavandino e poi me le misi sulla faccia. Quello fu uno dei tanti giorni in cui mi chiesi se finalmente fossi diventato uomo, se raggiunti i trentacinque anni, potessi finalmente dire di essere divenuto tale.

Forse si diventa uomini quando non si ha più paura di affrontare i propri demoni, quando si raggiunge un equilibrio che ti permette di essere egoista o altruista a seconda delle circostanze, a seconda delle persone con le quali ti relazioni, insomma, quando riesci a mutare il tuo modo di essere senza troppe difficoltà, senza farti frenare da ottuse convinzioni. Già, le convinzioni, la vita mi aveva insegnato che sono fatte apposta per cadere, dopo essersi tramutate in dubbi, e che solo gli ottusi non cambiano mai idea. Io di idee ne avevo cambiate tante, innumerevoli volte avevo rivoluzionato il mio modo di pensare, di agire, avevo rinunciato a tanti sogni e adesso, alla mia età, non volevo più cambiare nulla; forse ero come regredito ma arrivai alla conclusione che non ero affatto diventato uomo e che, probabilmente, non lo sarei mai stato.

 
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