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Post n°120 pubblicato il 15 Febbraio 2017 da aliasnove
La colata di 900mila metri cubi di cemento si farà. L’incontro tra il Campidoglio e i costruttori è andato bene e nello stesso momento in cui praticamente si chiudeva l’accordo, l’assessore all’ambiente Paolo Berdini ha rassegnato le dimissioni «irrevocabili». A dimostrazione di quale fosse la sostanza di uno scontro ammantato di gossip. Dopo tante giostre, tutto va al suo posto, come purtroppo è sempre andato, a Roma e dintorni. Con rare eccezioni che confermano la regola aurea della città: vincono i costruttori, perdono i cittadini, specialmente quelli di fede romanista visto che stiamo parlando del nuovo stadio giallorosso. Ormai la grande opera è stata spiegata nel dettaglio. Il plastico mostra grattacieli, una distesa di edifici, ponti e il grande fiume che gli scorre accanto. Sappiamo che solo circa il 14% della struttura edilizia di Tor di Valle sarà riservata allo stadio. Sappiamo che tutto il resto è manna palazzinara. Sappiamo anche che i 5Stelle sono dei gran chiacchieroni, sempre in trincea contro tutto e tutti, salvo poi scoprirsi sensibili agli affari che fruttano popolarità, come indubbiamente è il caso dello stadio della Roma (con Totti sceso in campo per reclamarlo). Il vizietto del trasformismo, male antico della politica italiana, colpisce tutti, nuovi e vecchi politici, e il suo eterno spettacolo è benzina sul fuoco della disaffezione dei cittadini dalla cosa pubblica, è concime per il terreno dell’astensione. Che tristezza vedere e ascoltare gli interventi degli allora consiglieri Raggi e Frongia (giunta Marino dicembre 2014), intervenire in assemblea contro la delibera che avviava il grande sacco degli anni duemila. Citano l’Istituto Nazionale di Urbanistica, chiedono alla maggioranza della giunta marziana di fermarsi, di non infliggere alla città un colpo così micidiale. Discorsi accorati, inviti a fermarsi per non avallare «l’operazione che stravolge la lettera e lo spirito del piano regolatore». Poi i pentastellati sono andati al governo della Capitale e, come dice la canzone, todo cambia. Norma Rangeri il manifesto |
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