Creato da aliasnove il 10/01/2013

IL LAVORO

Nell'era della globalizzazione

 

 

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I BUCHI NERI DEL CAPITALISMO E DEL SINDACATO

Post n°352 pubblicato il 19 Giugno 2021 da aliasnove

La logistica si sta rivelando ogni giorno di più come il vero cuore nero del capitalismo italiano. Il punto di snodo delle linee strategiche del modello produttivo dominato dalle grandi piattaforme, quello dove con maggiore intensità si scaricano i processi di accelerazione in corso e, di conseguenza, si esasperano i livelli dello sfruttamento e le tensioni nel rapporto capitale-lavoro.

La morte atroce di Adil Belakhdim davanti ai cancelli della Lidl di Biandrate ne è una terribile conferma. Riproduce il profilo della più classica conflittualità sindacale in tempi d’imbarbarimento dell’agire padronale, quando si arriva a toccare la nuda vita, e a toglierla, in un contesto nel quale la logica del profitto mostra di non rispettare più nulla, né leggi dello Stato (di uno Stato che ha abdicato alla propria sia pur formale imparzialità) né della decenza.

Adil era il coordinatore novarese del Si Cobas, sindacato radicatissimo nel comparto ma spesso ignorato o marginalizzato ai tavoli negoziali, aveva 37 anni, due figli, e la dignità di chi non abdica ai propri diritti. Ora sappiamo che il presidente del Consiglio Draghi chiede di “fare piena luce”. E ci domandiamo: “su cosa?”. Basterebbe una sia pur fuggevole occhiata ai fatti, di oggi e delle settimane passate, per capire.

Qualche giorno fa a Tavazzano, vicino a Lodi, l’aggressione a un altro picchetto dei lavoratori Si Cobas da parte di energumeni sul modello tardo ottocentesco dei Pinkerton americani, a terra numerosi lavoratori, uno in gravi condizioni. E prima ancora, gli scontri a San Giuliano Milanese, sempre in quel triangolo incandescente della logistica che sta tra lodigiano, cremonese, piacentino – punto d’incrocio dei grandi assi autostradali su cui viaggiano, ininterrotti i flussi di merci – dove il nuovo far west del lavoro mette in scena il proprio mucchio selvaggio.

All’origine di tutto l’iniziativa della FedEx TNT, gigante della trasportistica globale – circa 400.000 collaboratori, 160.000 veicoli, 657 aerei, 22,4 miliardi di dollari di fatturato – grande beneficiata dalla pandemia, che fin da febbraio ha deciso di chiudere il proprio hub piacentino, dove i Cobas erano maggioritari, lasciando a casa centinaia di lavoratori e distribuendo le proprie sedi logistiche nei capannoni lodigiani e milanesi, dove appunto i licenziati hanno inseguito il proprio lavoro disperso e sono stati accolti a sprangate.

È un anticipo di come questi padroni intendono la “ripartenza” e interpretano la fine del blocco dei licenziamenti. Draghi, se vuole la luce, farebbe bene ad accenderla in casa propria. Ma questa storia non parla solo dell’imbarbarimento padronale. Parla anche di un fallimento storico del sindacato confederale. Del buco nero che il suo abbandono dei canoni più propri del sindacalismo classico ha lasciato scoperto.

Della sua incapacità di tutelare le fasce più sfruttate (spesso composte da lavoratori migranti, i più vulnerabili). Della sua pervicace volontà di
tagliare fuori le rappresentanze di base dalle trattative. Talvolta della sua, reale o apparente, connivenza con una controparte che non sanno, o non vogliono, contrastare come si dovrebbe.

Non si deve dimenticare che lo sciopero per cui Adil è morto si svolgeva nel quadro della giornata nazionale di mobilitazione della logistica proclamata da tutto il sindacalismo di base contro gli episodi di “squadrismo padronale” ma anche contro il contratto nazionale di lavoro di recente siglato dai Confederali e considerato, appunto, collusivo. Così come fa male, a chi ha conosciuto la Cgil in altri tempi, sapere che
l’intervento della polizia contro i picchetti dei lavoratori della FedEx TNT di Piacenza che all’inizio di aprile protestavano contro la chiusura, era stato richiesto da esponenti della Camera del lavoro locale, che infatti nei giorni successivi era stata circondata in segno di protesta da centinaia di lavoratori disgustati.

Spettacolo che dovrebbe far riflettere i tanti che ancora in Cgil credono nella propria storia, e che a me personalmente ha ricordato il luglio del’62 a Torino, quando migliaia di operai Fiat assediarono la sede della Uil, rea di aver firmato un contratto separato con Valletta. E fu, quello, l’inizio
del poderose ciclo di riscossa operaia che sarebbe culminato con l’autunno caldo. 
Marco Revelli  il manifesto

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Commenti al Post:
woodenship
woodenship il 21/06/21 alle 03:25 via WEB
Il lavoro smart s'è fatto di sangue e morte:ma cosa ci sia poi di così intelligente e virtuale non si è ancora capito. Visto che ad essere sfruttati e ammazzati sono sempre esseri umani....Ciao alias...........
 
 
aliasnove
aliasnove il 21/06/21 alle 12:45 via WEB
Un fatto gravissimo.. concordo Wood
 
e_d_e_l_w_e_i_s_s
e_d_e_l_w_e_i_s_s il 02/07/21 alle 18:52 via WEB
La tragedia che si è consumata alla Lidl è immensa e non proporzionale alla pena inflitta al guidatore del camioncino ( ma ormai siamo abituati in Italia, non è così, Alias?) però le trragedia che avvengono troppo spesso sui luoghi di lavoro non sono da meno. E sono buchi neri. Nerissimi. Buona continuazione di estate
 
 
aliasnove
aliasnove il 02/07/21 alle 19:34 via WEB
Pienamente d'accordo con te Elena.. grazie a presto
 
chiedididario66
chiedididario66 il 02/07/21 alle 19:18 via WEB
Questa è la guerra dei poveri. I capitalisti ci godono a vederla. Non pensano che i ricchi sono diventati sempre più ricchi per opera dei mangia polenta. Pensano che sia una cosa unilaterale. Non è così, perché se i poveri incrociano le braccia anche loro diventano poveri. Ci metteranno più tempo, ma lo diventeranno. Se vogliono far lavorare a basso costo, nessuno farà girare i soldi. Saranno si e no sufficente per vivere e pagare le tasse. Di conseguenza si bloccherà il consumo, come sta succedendo. Non c'è più equilibrio in questo mondo. Si va solo da una parte.
 
 
aliasnove
aliasnove il 02/07/21 alle 19:36 via WEB
Concordo Dario... loro riescono bene a dividere i lavoratori. Ciao
 
alberto.gambineri
alberto.gambineri il 03/07/21 alle 15:05 via WEB
Tutto nasce da un gigantesco equivoco: credere (o forse illudersi…, o forse far finta…) che in qs (piccolo e fragile) paese si potesse improvvisamente gestire lavoro e occupazione su livelli americani; le grandi multinazionali arrivano gonfie e tronfie a dispensare posti di lavoro, che solo nelle ingenue aspettative di chi vi aderisce sono una risoluzione stabile alla disoccupazione, ma in realtà sono spesso peggio del precariato (visto che i malcapitati, che credevano di aver trovato la sistemazione della vita, si ritrovano non di rado ad un brusco risveglio dal sogno di una serenità economica e a dover fronteggiare la chiusura di una filiale, quindi lo spettro del licenziamento); i governi, sempre distratti incapaci e instabili, non hanno mai saputo gestire una materia che presuppone, invece, competenza e grande autorità (l’Italia non è gli USA dove se perdi il lavoro è assai probabile che lo ritrovi a breve giro, né gl’italiani hanno la mentalità degli americani che si trasferiscono da uno stato all’altro per motivi di lavoro senza grossi traumi); né il sindacato si è mai preoccupato di far molto di più che sostentare se stesso, limitandosi ad indire scioperi, per lo più inutili, o a contrattare, quando va bene, qualche miserrimo incentivo all’esodo; un saluto
 
 
aliasnove
aliasnove il 04/07/21 alle 20:03 via WEB
Concordo pienamente.
 
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