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Dal New York Times il long reading del sabato:A cosa puņ servire l'Intelligenza artificiale.

Post n°4163 pubblicato il 04 Marzo 2019 da g1b9
 

 

A cosa può servire (davvero) l’intelligenza artificiale, spiegato da un grande giornalista.


 Un grande giornalista e un grande Paese in tumultuosa emersione sono quello che ci vuole per capire cos’è concretamente l’intelligenza artificiale (AI) e dove ci sta portando. Thomas Friedman è tornato dopo 15 anni a Bangalore, la Silicon Valley indiana. Nel 2004 aveva visitato la "24/7", un’azienda che copriva il customer service per una serie di compagnie americane. Decine di giovani indiani diplomati perfezionavano con uno scioglilingua il loro inglese e rispondevano a centinaia di chiamate dall’altra parte del mondo, in un ambiente rumorosissimo. Oggi l’azienda si chiama "24/7.ai" ed è molto silenziosa: le richieste dagli Usa (clienti di negozi, banche, media) arrivano con messaggi via smartphone, tablet e computer e vengono elaborate dai chatbot: solo quando l’intelligenza artificiale non se la cava da sola subentra quella umana. Con persone che adesso sono molto più istruite, perché il loro inglese deve essere grammaticalmente perfetto, così come la loro capacità di comunicare con competenza ed empatia quando il bot non ce la fa. Ma hanno anche un altro compito: "taggare" la richiesta che la macchina non è riuscita a soddisfare e trasmetterla agli esperti di dati, per ricavarne un livello superiore di AI che la volta dopo consenta al bot di rispondere da solo. Questi digital conversation designer, così si definiscono, devono insomma insegnare alla macchina a sembrare sempre più umana adeguandosi ai clienti: quelli delle banche vogliono interazioni formali, quelli dei negozi le gradiscono più amichevoli. L’obiettivo è passare dall’attuale 20-50 per cento di richieste evase dai bot all’80%. Come? Per esempio rendendo sempre più sofisticato il loro "rilevatore di sentimenti negativi" in modo da "auto-generare simpatia" per rispondere ai clienti arrabbiati, un grado di complessità che per ora si può gestire solo umanamente. Chi lavora in questo campo è entusiasta, creativo, ben pagato. Friedman si chiede allora che fine abbiano fatto i ragazzi semi-istruiti di 15 anni fa. Ma non cede alla tentazione di concludere cha l’AI toglie il posto ai più deboli. Si fa altri giri e scopre che in India i prezzi delle connessioni smartphone sono crollati rendendole accessibili ai più poveri; che i raccoglitori di stracci, i più poveri dei poveri, si fanno guidare dai satelliti alla ricerca dei rifiuti accumulati in laghi e fiumi, e vengono pagati per questo; che migliaia di contadini si sono arricchiti grazie a una app che suggerisce quanto fertilizzante usare; che il governo ha creato una piattaforma con cui a insegnanti, studenti e genitori basta puntare il telefono sul codice QR di vecchi testi cartacei per accedere a un universo di contenuti interattivi. Insomma, la conclusione che ne trae il grande giornalista americano è che "non si può ancora scrivere una conclusione". Di certo, almeno in India, l’intelligenza artificiale sta aiutando anche gli ultimi.

Gianluca Mercuri.

Rassegna Stampa del Corriere della Sera

chatbot:assistenza per intellligenza artificiale  offerta alla aziende,banche,ecc.

 

 

Commenti al Post:
gabbiano642014
gabbiano642014 il 04/03/19 alle 11:34 via WEB
Rimango dell'opinione che l'intelligenza artificiale puņ generare simpatia nell'illusione.L'intelligenza articiale č un mondo globale perfetto senza "ricchezza umana".
 
gabbiano642014
gabbiano642014 il 04/03/19 alle 11:35 via WEB
Una buona giornata cara Giovanna!
 
divinacreatura59
divinacreatura59 il 04/03/19 alle 14:21 via WEB
Io continuo a preferire gli esseri umani con annessi e connessi.Ciao cara Giovanna...un abbraccio.
 
paperino61to
paperino61to il 05/03/19 alle 09:09 via WEB
se serve a sostituire l'intelligenza di molte persone che ci comandano male non sarebbe :-) ciao matota buona giornata
 
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