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Un blog creato da g1b9 il 10/01/2009

Sentimentalmente

Tutto ció che mi dá emozioni....

 
 

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   Nel mio blog utilizzo  immagini trovate sul Web. Alcune siuramente hanno il copyright;  qui sono usate con scopo culturale , divulgativo  e critico, tuttavia toglierò immediatamente l'immagine, qualora questo uso dispiacesse agli autori.

 

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Messaggi di Settembre 2018

Noi, che l'abbiamo sentita chiamare L'Juventus e anche gli altri...

Post n°4046 pubblicato il 30 Settembre 2018 da g1b9
 




Certe cose non le puoi neanche spiegare. Stanno lì da qualche parte tra il cuore e il fegato. Palpitano o fanno male. L’amore è così. Il calcio, pure. Quella cosa (la seconda) Sandro Veronesi l’ha sentita che aveva sei anni o giù di lì. «Ero in ospedale per le tonsille. Uscii juventino. I miei amici dicono sia stato un caso di malasanità...». Le tonsille sono sparite, per il tifo bianconero non c’è speranza. Ti resta appiccicato addosso senza se e senza ma. «Vince l’Juventus, vince sempre», è l’incipit di un poema che lo scrittore toscano ha scritto per la sua squadra (qui in versione integrale ). L’Juventus con l’apostrofo, come la chiamavano i vecchi «perché la J non è una lettera del nostro alfabeto». E allora l’Juventus e basta. Come i nomi di certi giocatori stranieri che pronunciano male, Lanrdup, Neved o Desciamps, e tanto si capisce lo stesso. E neanche gli italiani si salvano e gli accenti vanno dove gli pare e così Caùsio e così Favèro.



Foto d'archivio.

«Il mio poema è un regalo ai tifosi per il settimo scudetto di fila. Ma non è che voglio irridere gli avversari». Perché la sua Juve è la squadra degli ultimi. «Di quelli che soffrono, sono emarginati e qualche volta disprezzati. La squadra di chi sta in provincia. La mia prima Juve era quella di Heriberto Herrera, del brasiliano Cinesinho e dello spagnolo Del Sol. Gente che non vinceva i Palloni d’Oro ma portò via lo scudetto all’Inter invincibile degli anni Sessanta. E a me dava un po’ fastidio. Io stavo con i deboli e la prima squadra che completai sull’album delle figurine aveva i colori bianconeri. Bellissimi, una folgorazione. Mi “innamorai” di Sandro Salvadore. E non mi chiamo Sandro per niente. Salvadore, un campione persino quando segnò due volte. Ma nella sua porta».

La squadra degli ultimi che per un giorno, anzi solo per novanta minuti, diventano primi. E succede quasi tutte le domeniche e anche certi altri giorni da quando ci sono le coppe. La squadra di quelli «che mietono, di quelli che arano, che raccolgono i pomodori, insaccano le mortadelle e si mozzano le dita potando gli olivi». E ci sono tutti, un’Onu dei disperati, «indiani, romeni, albanesi, senegalesi» e anche gli italiani. Perché ci sono gli italiani che stanno male e non hanno nessuna colpa. E per questo e per loro l’Juventus è la Fidanzata d’Italia. La squadra delle campagne e delle periferie, di chi vive nelle «frazioni aggrappate alla provinciale» di «uomini e donne per i quali le gambe contano più della testa» di «emigrati, tornati, emigrati, tornati, uomini e donne che non vincono mai niente, salvo quando la Juventus vince qualcosa per loro».

Sandro Veronesi lo dice, lo scrive senza l’arroganza del primo della classe, di chi ha vinto tutto e «però siamo anche la squadra più perdente. Perché per noi è così: o primi o niente. E non è questione di presunzione». Solo di statistica. Una passione trasversale che parte dal basso e resta lì, anche se il padrone della Juve è il più ricco d’Italia «ma quando vinci la gioia è la stessa, la felicità dell’operaio uguale a quella di Agnelli». E spiega che è la «squadra del tifo inconsapevole, degli operai che tifano per il padrone, dei poveri che pagano i lussi del ricco, degli emigranti che vogliono rimanere italiani, degli immigrati che vogliono diventarlo». E quando il tifo è così anche tu che sei dell’Inter o del Milan ti accorgi che provi le stesse cose vestite con dei colori diversi. Una passione che non si fa chiudere dentro le mura di una città, anzi esplode nelle periferie dimenticate. Magari per Sandro sono state le tonsille o il sollievo di uscire dall’ospedale o solo il primo pallone che come per tutti i bambini ha due soli colori, bianco e nero.

 Carlo Baroni da  Il Corriere della Sera.

 

 ...e ieri sera l'Juventus , con una partita bellissima contro un superbo Napoli mi ha regalato le gioie semplici della fine settimana di noi, che viamo di tante  felicità riflesse. Grazie mia"Vecchia Signora"


 
 
 

Un libro al giorno...leva il medico di torno.

Post n°4045 pubblicato il 29 Settembre 2018 da g1b9
 

 

 

Se regali un libro a chi li ama sarà felicissimo; se regali un libro a chi non legge, non ti mostrerà mai la sua delusione, anzi  si dimostrerà felice anche lui...  perchè? Ci sarà un motivo, non credete ?


 
 
 

Cura omeopatica...

Post n°4044 pubblicato il 28 Settembre 2018 da g1b9
 

 

Se sognare un poco è pericoloso, la sua cura non è sognare meno ma sognare di più, sognare tutto il tempo.


   Marcel Proust

 

 

 
 
 

" Una moda che non raggiunge le strade, non è moda."

Post n°4043 pubblicato il 27 Settembre 2018 da g1b9

 

 Dinamica, indipendente e autoironica ma, allo stesso tempo, di classe ed elegante,
fin dall’inizio della sua carriera Coco Chanel mostrò il suo desiderio di vestire le donne in modo adatto al loro stile di vita, fedele al suo motto che  "una moda che non raggiunge le strade non è moda".  Creò abiti informali ed eleganti facendo indossare loro i tailleur (giacca maschile e pantaloni o gonna diritta), appartenuti fino a quel momento solo agli uomini. Il  suo stile sobrio,  fatto di una moda larga e comoda, sostituì gli abiti ingombranti della belle epòque; usò il jersey non più solo per le sottovesti ma per molti tipi di abiti.

Gusto, praticità, conoscenza di desideri e bisogni femminili hanno reso immortale lo stile di Coco Chanel. Ecco una carrellata di suoi 20 celebri pensieri che ne rivelano la forza e la classe.





Un uomo può indossare ciò che vuole. Resterà sempre un accessorio della donna.

Nessun uomo ti farà sentire protetta e al sicuro come un cappotto di cachemire e un paio di occhiali neri.

La bellezza serve a noi donne per essere amate dagli uomini, la stupidità per amare gli uomini.

Non si è mai troppo ricche, né troppo magre.

A trent’anni, una donna deve scegliere tra il suo didietro e il suo volto.

Si può essere splendidi a trent’anni, affascinanti a quarant’anni, e irresistibili per il resto della tua vita.

Una donna è più vicina ad essere nuda quando è ben vestita.

Alcune persone pensano che il lusso sia l’opposto della povertà. Non lo è. È l’opposto della volgarità.

Amo il lusso. Ma il lusso non sta nella ricchezza e nella ricercatezza, bensì nell’assenza di volgarità. Volgarità è la parola più brutta della nostra lingua e io mi dò da fare per combatterla.
La semplicità è la nota fondamentale di ogni vera eleganza.

Il colore migliore di tutto il mondo è quello che sembra stare bene su di te.

Pentiti sensatamente. Non mi pento di nulla nella mia vita, eccetto di quello che non ho fatto.

Una donna dovrebbe indossare il proprio profumo ovunque le piace essere baciata.

Se hai capito che gli uomini sono dei bambini allora hai capito tutto della vita.

Io non faccio la moda, io sono la moda.

La moda è fatta per diventare fuori moda.

La moda passa, lo stile resta.

Se sei nato senza ali, non fare mai nulla per impedire loro di crescere.

La natura ti dà la faccia che hai a vent’anni; è compito tuo meritarti quella che avrai a cinquant’anni.

C’è un momento per lavorare, e uno per amare. Il che non lascia altro tempo a disposizione.

 
 
 

Pettegolezzi e insinuazioni...

Post n°4042 pubblicato il 26 Settembre 2018 da g1b9
 

 

La gente falsa non parla, insinua.
Non conversa, spettegola.
Non elogia, adula.
Non desidera, brama.
Non chiede, esige.
Non sorride, mostra i denti.
La gente falsa è povera di spirito,
poiché non cammina,
striscia nella vita,
sabotando la felicità altrui.
La gente falsa ignora la bellezza
e la nobiltà d’animo
perché non ama,
e così finisce per non vivere,
esiste appena…

 da un testo di Marisina Vescio


In un ambiente borghese dove regna un clima di gioia, si  festeggia la nascita di un bel bambino, probabilmente l’erede tanto atteso dal signore anziano che lo tiene in braccio, soddisfatto. Lui è chiaramente il padrone di casa, le chiavi alla cintura e la mano che va  alla  borsa dei denari – richiesti con un grande sorriso da una domestica seduta lì accanto – lo evidenziano, e lo tradisce anche l’espressione: "soldi, ancora?"   Forse questo esborso  ha una  giustificazione; la giovane moglie, molto compunta sulla estrema sinistra, gli ha finalmente dato un erede ,come suo dovere, per garantire la discendenza; ma di quale stirpe si tratta? Probabilmente non della sua . Infatti  l'oscuro  personaggio sul quale converge la costruzione prospettica, un po’  ambiguo , prima di imboccare la porta ( come fosse un intruso ) si gira e  colle dita della mano fa le corna sulla testa del neonato.

Nonostante tutto la festa continua allegramente, come se nulla fosse accaduto. Infatti, a notare il gesto siamo solo noi , che osserviamo il dipinto , per cui ci viene logico pensare che  costui possa essere il padre  genetico ,cornificatore ; la servetta vicina al grande camino , e una delle domestiche in primo piano di spalle, con lo sguardo verso il fondo della stanza. Ora però il messaggio è di dominio pubblico e il pettegolezzo può dilagare indisturbato.

 
 
 
 
 

RELATHIONSHIP

Don't let someone become a priority in your life , when you are an  optional in their life... Relationships work best when they are balanced.

 

 

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