Se ascolto l’ironia rannicchiata in fondo alle cose, essa si scopre lentamente. Strizzando un occhio piccolo e chiaro, dice: “Vivete come se...”
Nonostante le molte ricerche, tutta la mia scienza è qui.
Camus, Il rovescio e il diritto
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In un salone di bellezza di Beirut quattro donne mescolano c Certo, raccontata così sembra una un inno a tagliarsi le vene: eppure, si sorride e si ride spesso. Questo perché la vita delle quattro libanesi è molto simile al caramello che dà il titolo al film: nel mondo arabo non si usa solo per i dolci ma, grazie alla sua vischiosità, anche per la ceretta. E, per chi non avesse fatto l’esperienza, posso assicurare che la ceretta araba è una delle cose più dolorose che si possano sperimentare. La pasta, formata da zucchero, acqua e uno spruzzo di succo di limone viene lavorata fino ad assumere una consistenza che esula i principi della fisica tradizionale. Il requisito essenziale è che sia appiccicosa: ma, poiché non è una ceretta intelligente, si appicicherà non solo ai peli ma anche a tutto ciò che la circonda, con speciale predilezione per vestiti e tappeti. La stesura di questa pastella gommosa sulla parte da depilare è un’operazione misteriosa: quando ci ho provato, dopo due ore (e due bolle sulle dita) di tentativi infruttuosi mi sono convinta che mi manca qualche muscolo dei pollici. Anche i più irsuti maschietti capiranno a questo punto che il caramello nella duplice accezione di dolce e di ceretta è un perfetto simbolo della condizione femminile (non solo libanese): dolcezza e sofferenza, piacere e dolore. Le protagoniste di Caramel raccontano e vivono le loro storie con leggerezza: nella scena in cui Nisrine va in clinica, per farsi ricostruire l’imene, le amiche che la accompagnano sghignazzano per tutto il tragitto per esorcizzare la sua paura. E quando Layal si ossessiona al pensiero della moglie del suo amante, le amiche pensano bene di rintracciarla per offrirle un trattamento gratuito al salone. E per offrire a Layal la sublime possibilità di vederla e farle del male a colpi di ceretta. Insomma, come il caramello, questo film è dolce ma lascia un retrogusto amaro. E, come il caramel dei saloni di bellezza libanesi, fa male. Fa male alle donne, arabe ed europee, perché si possono riconoscere fin troppo bene nelle quattro libanesi – che, per inciso, sono un ritratto fedele delle donne di Beirut di oggi: belle, indipendenti e fragili: altro che harem ed esotismi –. E fa male agli uomini: chiedete al Colui, che era con me al cinema, cos’ha provato quando Layal depila con la ceretta le sopracciglia del poliziotto. PS. Per chi volesse saperne di più, questo è il sito del film.
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