Se ascolto l’ironia rannicchiata in fondo alle cose, essa si scopre lentamente. Strizzando un occhio piccolo e chiaro, dice: “Vivete come se...”
Nonostante le molte ricerche, tutta la mia scienza è qui.
Camus, Il rovescio e il diritto
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Attenzione: contiene spoiler!
In un brillante commento al mio ultimo post, in cui narravo di una ragazza che confondeva Dante con Leopardi, il mio amico-navigatore Eric_van_Cram dichiarava che i classici sono immortali anche perchè riescono a sopravvivere a mazzate come questa.
Farò incidere a lettere d’oro tale frase sulla copertina del libro Il salto di Saffo (di Erica Jong, Bompiani 2006), perché non ci sono altre parole per commentare un tale pasticcio di fiction, mitologia, letteratura, erotismo di bassa lega, errori storici e allegra superficialità.
Come si evince dal titolo, il libro è incentrato intorno alla celebre poetessa greca Saffo, la quale, in apertura del volume, sta per buttarsi da una rupe. Mentre esita sul ciglio del burrone, ripercorre tutta la sua vita. Qui, a pagina 10, finisce la parte ragionevole del libro: nelle oltre 300 pagine seguenti succede quanto di più improbabile una mente americana possa concepire.
Rapida digressione storica: di Saffo si sa pochissimo: nacque nel VII secolo a.C. da una famiglia nobile, forse si sposò, forse ebbe una figlia, forse viaggiò per il Mediterraneo. Probabilmente si dedicò all’istruzione delle fanciulle in una sorta di scuola sull’isola di Lesbo. Le fiorite testimonianze di storici e biografi e i pochi - meravigliosi - frammenti poetici che ci sono pervenuti hanno alimentato l’idea che Saffo cantasse l’amore tra donne – che non a caso è spesso definito saffico o lesbico -. Fin qui mi sta bene: il punto è che poi mi arriva Erica Jong,che negli anni ’70 è stata una sopravvalutata scrittrice della libertà sessuale, che prende la figura di Saffo con tutte le tessiture storiche, letterarie e morali in cui è avvolta, e in cosa me la trasforma? In una ninfomane che se la fa con ogni essere maschile femminile animale vegetale e minerale che incontra, tralasciando discutibili dettagli come le incongruenze storiche (leggete qui per saperne qualcuna) e il semplice buon senso. Passi che nel libro il grande amore di Saffo è il poeta Alceo, perché è una notizia citata anche da alcune fonti classiche (anche se agli studiosi di oggi sembra un evento improbabile); passi la passione per le donne, che è una parte importante della Saffo poetessa e personaggio nella cultura greca, e nostra. Ma nel libro Saffo se la fa anche con la sua schiava Prassinoa (fin dall’infanzia, aiutandosi con grazioso fallo artificiale grande come una sequoia), con la sacerdotessa di Iside (in un sarcofago! roba che neanche nei filmetti porno), con il faraone Nakao (che non è vissuto nello stesso periodo di Saffo, ma che sarà mai), con lo schiavo e favolista Esopo (vissuto un secolo dopo di lei, un po’ di differenza d’età fa tanto donna emancipata, no?), con TUTTE le giovani figlie delle Amazzoni (che, non so se la signora Jong ne sia stata informata, non sono esistite sul serio ma erano figure mitologiche) ... e sono sicura di essermene dimenticata qualcuno (forse i Centauri, per i quali vale lo stesso discorso delle Amazzoni). Incidentalmente, Saffo NON va a letto con il marito (che cosa borghese...), né prova il minimo trasporto affettivo per uno/a dei suoi amanti. Quello che mi ha fatto imbestialire non è che Saffo se la faccia con ogni essere dotato di respiro, ma che ciò avvenga senza il minimo rispetto per la cultura classica, snaturata a rappresentare tesi di vetero-femminismo e sesso da B-movies. Per esempio, nell’isola delle Amazzoni, ad un certo punto ci si chiede che fine abbia fatto Esopo. Risposta: è impegnato a ingravidare vergini. Le Amazzoni, che erano figure di un certo spessore simbolico nella mitologia classica, per la Jong sembrano tante ave di femministe arrabbiate, ed Esopo è il Brad Pitt di turno che le riporta a più miti consigli, come nella più maschilista delle tradizioni. Il peggio però è quando, nel corso del tour sessuale lungo il Mediterraneo, Saffo e i suoi amichetti sbarcano sull’isola dei Filosofi, dove ci sono tre vegliardi impegnati a discutere sulla sostanza della Terra (chiaro riferimento alla filosofia presocratica). Cosa fa la poetessa più famosa dell’antichità di fronte alle tre figure simbolo di una fonte della cultura occidentale? Ovvio, li mette su una barchetta e li abbandona in mezzo all’oceano, preferendo la compagni degli schiavi dei filosofi, perché muscolosi e in perizoma (testuale).Poteva venire in mente solo ad un’americana, così come il finale. Secondo la tradizione (anche se sconfessata già da autori latini), Saffo si suicida buttandosi dalla rupe perché il bel barcaiolo Faone non la ama. Nel libro, Saffo si butta ma – spoiler – viene ripescata nell’oceano da Esopo e altri amichetti, nel migliore stile hollywoodiano. Il libro si chiude così con l’idilliaca visione di Saffo (che nel frattempo è diventata nonna), Amazzoni, Centauri, Esopo e compagnia bella che vivono fornicando in armonia su un’isoletta.
Con queste premesse, è inutile dire che la figura di Saffo è stata mitizzata, esaltata e denigrata a seconda dell’epoca e della sensibilità degli studiosi: i classici diventano immortali proprio perché hanno sempre qualcosa da dire, di nuovo ed eterno insieme.
Tanto per cominciare, la stessa Saffo è un’antipatica presuntosa, e più che una grande poetessa sembra Barbarella, l’eroina sexy degli anni ’70: non si può giocare così con una figura così importante, facendola diventare una specie di Alice perversa nel Paese delle meraviglie (dall’isola delle Amazzoni all’Oltretomba, dall’Egitto dei faraoni alla terra dei Centauri). E come si fa a mescolare così barbaramente mitologia e storia, eventi verosimili, fantasiosi e semplici puttanate?
Ma Saffo si sente ancora inquieta, e pronta a nuove avventure. Conseguentemente, immagino che nel secondo volume si farà tutti i Cavalieri dello Zodiaco.
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