Creato da jo_march1979 il 28/01/2007

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Messaggi del 28/01/2007

Delle idiosincrasie della webmater

Post n°2 pubblicato il 28 Gennaio 2007 da jo_march1979
 

Senza essere la Sibilla cumana, posso profetizzare con un buon margine di sicurezza che una delle tags ricorrenti di questo blog sarà maniacalità, nelle sue declinazioni linguistiche di “maniacalmente, maniaco e maniacale”: in effetti dei due post che ho scritto finora, sono entrambi nella categoria maniacalità.
La colpa, in questo caso, è della mia amica Alberta, che adopera questo termine così spesso e così bene che dovrebbe chiedere il copyright: immagino che le faccia un uso così felice perché è una maniaca lei stessa.
E poiché siamo amiche da più di dieci anni (ommioddio come vola il tempo; ma tanto sono ferma a 25 anni già da un po’: mi trovo bene lì, perché cambiare?), devo ipotizzare che sono una maniaca anch’io.
Per questo, invece di farmi scoprire poco a poco, preferisco essere onesta e stilare un elenco parziale - perché in continua evoluzione- delle mie maniacalità o idiosincrasie che dir si voglia.

 Piccole cose che mi provocano una grande collera (in ordine sparso):

- Gli orologi che fanno tic tac troppo forte;

 - Gli apparecchi che fanno bzzzz troppo forte ( televisione e stereo in standby, ma anche il portatile del mio colui);

- Le seguenti espressioni:
. Nel mio piccolo (grrrr, mi fa veramente incazzare),
Piuttosto che usato come “oppure” e non come “invece di” (ma che senso ha?),
. Nella misura in cui (sovente seguito da "ritengo che, si ritiene che..."; che misura? litri? chilogrammi? i pignalenti della Melevisione?)
. Comunque usato tre volte in quindici parole (es. i tronisti intronati di Maria de Filippi),

 - I tronisti intronati di Maria de Filippi ( tutti, senza eccezione alcuna);

- Ogni cosa che sia aromatizzata al cocco (creme, dolci, abbronzanti), anche se il cocco in sé mi piace;

 - La cannella: praticamente è la mia cryptonite;

- I piccioni di Napoli (che non sono pennuti come gli altri: i piccioni di Venezia stanno a quelli di Napoli come la banda Bassotti sta a quella della Uno Bianca);

- Le traduzioni troppo letterali (tipo “she used to sit” tradotto come “usava sedersi” invece di “sedeva”);

- La Biancaneve di Disney (santarellina e gatta morta che non è altro);

- La puzza di sigaro, soprattutto negli ambienti chiusi (tipo il mio professore di inglese che fumava durante gli esami: chiunque abbia frequentato l’Orientale di Napoli sa di chi parlo);

- I bambini che fanno i selvaggi nei treni e i genitori che li lasciano fare;

- Chi non rispetta la fila alla posta ( e per questo vado alla posta con lo stesso spirito di un ultrà che va allo stadio: con la consapevolezza e il desiderio di fare a botte);

- Fiona May (prima o poi le dedicherò un post per spiegare che il mio non è un odio razziale ma esclusivamente personale);

 - Paola Perego (e amo chi l’ha genialmente definita “Guardiana di oche”, cogliendone l’essenza);

CONTINUA…

Chi volesse contribuire può lasciare un commento: mi sarà di sicuro sfuggito qualcosa.

 
 
 

Dove la WEBMATER si presenta,o Little Women forever

Post n°1 pubblicato il 28 Gennaio 2007 da jo_march1979
 

Benvenuti sul mio blog!
 è la seconda volta che ne apro uno, spero che questo abbia un esito migliore del primo, dove mi ero così fissata con sfondi, colori e colonne ( in una parola con il template) da dimenticare che avrei anche dovuto scriverci qualcosa.

Incominciamo parlando del mio nickname: Jo March. Tante ( e molti) di voi sapranno già chi è: una delle protagoniste di Piccole Donne, romanzo per signorine che narra la storia delle quattro sorelle March, composto nell’800 dalla scrittrice americana Louisa May Alcott.

Perché proprio Jo? La colpa è di mia madre.

Dopo aver reso felici molti freudiani con quest’affermazione, mi spiego meglio: la mia mamma è maestra elementare, e tanti anni fa voleva sperimentare un metodo alternativo per insegnare a leggere ai bambini. Non volendo fare figuracce a scuola, pensò di usare materiale umano su cui aveva il totale controllo, cioè me, e mi fece testare questo metodo. Funzionò bene, tanto che a sette anni leggevo Piccole Donne, e si può dire che non abbia mai smesso. Fino ai quattordici leggevo tutti e quattro i volumi della saga di Piccole Donne  almeno una volta l’anno; poi, un po’ le tempeste adolescenziali, un po’ i traslochi, ho abbandonato la mia lettura annuale. Ma ho sempre avuto nel cuore le quattro sorelle March (sospiro).

A Natale scorso ho scoperto che la Einaudi (santa e benedetta) aveva appena ripubblicato i quattro volumi con tanto di saggio critico: a quel punto il mio Colui, dopo che gli avevo annunciato la lieta novella solo un milione-milione e mezzo di volte,  con un intuito fenomenale ha pensato bene di sorprendermi regalandomi questo volume.

Ho passato la prima settimana di gennaio attaccata al libro; inizialmente facevo la splendida, “rileggendo il romanzo alla luce di  una visione adulta, in chiave critica e  alla ricerca di legami con la letteratura coeva” che giustificassero i miei quattro esami di letteratura inglese. Ho capito che non avevo una prospettiva tanto distaccata quando mi sono scoperta irritata per le differenze di traduzione con l’edizione che leggevo da piccola ( es. p. 5: al posto di “carrettiere” scrivono “maschiaccio”: perché, perché?): mi sono anche un po’ impressionata quando mi sono resa conto di ricordarla praticamente a memoria. Il distacco, già vacillante nel primo volume, è definitivamente crollato nel secondo, Piccole Donne crescono, quando ho pianto per la morte di Beth – la terza sorella-  per tutta la lettura del capitolo e per i venti minuti successivi. Roba che neanche a otto anni.

Insomma, sapevo già che i libri che leggevo da piccola hanno influenzato i miei gusti da grande: da Louisa May Alcott a Jane Austen, dalla Piccola principessa alle sorelle Bronte; tutte autrici anglosassoni, ragion per cui ho sempre prediletto lo studio dell’inglese e sommamente schifato la letteratura francese, nonché sviluppato un interesse che tende all’immedesimazione maniacale per la scrittura femminile.

Ma mi ero dimenticata quanto fosse stato importante per me Piccole Donne: non è che mi abbia solo influenzato, mi ha proprio dato l’imprinting. Come le ochette che seguivano l’etologo Konrad Lorenz ritenendolo la loro mamma perché era il primo essere in movimento che avessero mai visto, così io ho seguito la scia delle piccole donne in giro per la letteratura, amando tutto ciò che in qualche modo mi ricordava loro. E a venti…cinque anni (circa, alla fine a chi importa la mia età esatta?) , giocando a fare la blogger rendo omaggio a Jo, la seconda delle sorelle March, le protagoniste di Piccole Donne. Perche proprio lei? Perché è quella che scrive, perché è quella più dinamica, quella che si realizza di più…e diciamocelo francamente, perché è l’unica simpatica lì in mezzo.


PS. A proposito della definizione webmater (vedi titolo di questo post), ero alla ricerca di un termine per definirmi in terza persona: Titolare  lo usa già Selvaggia Lucarelli, Mistress fa troppo sadomaso. Mi sono ricordata di un sito di pazze esaltate (non so più l'indirizzo, sorry) che deliravano di separazione definitiva tra i sessi, roba che anche una veterofemminista si sarebbe spaventata; quella che curava il sito si definiva appunto webmater, in un gioco di parole con webmaster che lei riteneva tanto una genialata, e a me è sembrato così’ maniaco da essere in linea con me. Quindi, leggasi in chiave ironica, per carità.

 
 
 

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