Creato da kiwai il 24/12/2009

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impressioni di un aborigeno della Nuova Guinea

 

 

« LA SANITÀ CUBANA È LA MI...FALSI E BUGIARDI .. COME SEMPRE! »

IL DE’JA’VU DIETRO L’ANGOLO

Post n°567 pubblicato il 05 Novembre 2011 da kiwai
 

 

Ma vi siete chiesti chi siano gli indefettibili fans del castrismo?

No?

Bene, sappiate che nella sgangherata galassia ultra sinistra non tutti, oltre gli ostinati seguaci della Rifondazione Comunista, hanno l’inossidabile faccia di bronzo di continuare a raccontare le “magnifiche sorti e progressive” del socialismo cubano (fatta eccezione per il Boia Maximo Guevara, un cult generalizzato e insostituibile).

 

Il capetto di cotanta nobile schiera è il «Bertinotti valdese» quel Paolo Ferrero, che ha bruciato le tappe (e Vendola) incendiandole col suo giacobinismo da ultimo giapponese.

Comunisti come lui non li trovi neanche tra i guerriglieri colombiani.

 

Quanto a linguaggio è meno “poetico” dell’Orecchino Forato, ma non meno vuoto, parlando di occupazione diceva:

«Il nesso tra scomposizione e precarizzazione genera una vertenzialità diffusa e processi di privatizzazione ed esternalizzazione».

Invece se discettava di economia frullava le stesse parole:

«La vertenzialità diffusa dei processi di privatizzazione ed esternalizzazione generano il nesso tra scomposizione e precarizzazione».

 

Da ministro dello sciagurato governo Prodi, mentre diceva no a tutto, assunse brillanti iniziative:

contro la legge berlusconiana sulla droga, incoraggiò chi fumava spinelli dicendo: fumate e siate felici. A chi invece la roba se la inietta, propose «la stanza del buco», un comodo locale di Stato per spararsi l’eroina.

Cercò di cooptare nella Consulta nazionale sulle tossicodipendenze, l’ex brigatista di Prima linea Susanna Ronconi, con due omicidi sulle spalle. A Ferrero era sembrata un’ottima credenziale e le aveva offerto il posto, ma, subissato di proteste, dovette annullare la nomina.

Per poi risolvere alla radice il problema degli immigrati illegali, ebbe quest’altra pensata:

permessi di soggiorno in premio agli illegali che, trovato un lavoro, denunciassero i datori di lavoro (nero, ovviamente).

 

La sua è una biografia “esaltante”:

“Nato in val Germanasca, Piemonte profondo, a sette anni, Paolino si trasferì con la famiglia nella vicina Villar Perosa, la cittadina degli Agnelli. Il babbo lavorava alla Riv-Fiat. Il ragazzo si diplomò all’Istituto tecnico industriale. Diciassettenne era già iscritto a Democrazia proletaria e l’anno dopo indossava la tuta di operaio alla Mvp, un’altra officina della galassia Fiat. Quanti bulloni abbia stretto è ignoto. Comunque, da subito, si specializzò in volantinaggio e propaganda di partito.

Tre anni dopo, nel 1981, la sua esperienza lavorativa si esaurì definitivamente per chiusura dell’azienda. Assurto a cassintegrato, passava in azienda solo per riscuotere il sussidio mensile.

Questa fortunata circostanza di prendere soldi gratis è stato il primo regalo che gli ha fatto Bertinotti. Fu infatti il futuro leggendario Subcomandante a mettere in ginocchio la Fiat, occupandola nel 1980 alla testa delle truppe cigielline, con conseguente blocco dell’attività e liquidazione delle aziende di contorno. Grazie a lui, Paolino, a 21 anni, smise di lavorare.”

 

Nel 1985, ventiquattrenne, lo ritroviamo contemporaneamente segretario piemontese di Dp e segretario nazionale della Federazione giovanile evangelica italiana, un quasi sinonimo della Fgci, la gioventù comunista, ma molto più di sinistra .. ricettacolo dei «comunistelli di sagrestia». La Fgei allevava, con metodo, barricadieri e puledri della sinistra sparsa, pci, dp, pdiuppini. Arrivavano in frotte i gay e, come fra amici, i brigatisti rossi in cerca di spiritualità.

 

Capogruppo di Rc nel consiglio comunale di Torino, il pio valdese si presentava in tenuta no-global griffata. Sandali a stringhe, pantaloni e camicia. Metà trappista, metà capo indiano col borsello a tracolla penzolante sul fianco, marca The Bridge. Il non plus ultra del contestatore. È tuttora, secondo testimoni, la sua veste preferita quando non calca i palazzi.

 

In competizione con Vendola, aveva adottato un nuovo slogan per propiziarsi l’elezione a capo di Rc:

«Dove il pensiero è debole, la Fiat è forte» e, viceversa: «Dove il pensiero è forte, la Fiat è debole».

Come dire, se si tornerà al marxismo autentico, tramite lui, la Fiat è spacciata.

Tanto, sottintende Paolino ripensando alla propria esperienza, c’è sempre la cassa integrazione per vivere a sbafo.

 

Questo è solo uno degli “aspiranti salvatori dell’Italia” nel dopo Berlusconi.


liberamente tratto da g. perna - ilgiornale.it

 

 

 
 
 
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CUBA LIBRE

QUANTO COSTA
LA LIBERTA'???




La morte di un prigioniero di
coscienza, una persona in
carcere per le sue idee, senza
aver commesso alcun reato.
Orlando Zapata Tamayo,
42 anni, fù arrestato durante
la primavera del 2003 e condannato
a tre anni di carcere.
Durante la prigionia a causa della
sua attività di dissidenza nel
carcere, gli furono aggiunti altri
anni di detenzione fino a un totale
di 30 anni di reclusione.
BASTA YA!

 


 

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