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150° DELL’UNITA’ : REVISIONISMO E POLITICA

Post n°338 pubblicato il 11 Gennaio 2011 da kiwai
 

 

So di affrontare un tema che rischia di aprire un dibattito serrato e “difficile” con molti “amici della community “ di cui credo di aver compreso le posizioni critiche sul tema … ma devo confessare che non resisto a dire la mia ….

 

Credo che mai come oggi una corretta analisi storica del Risorgimento possa illuminarci sulle “scelte istituzionali” che dovrebbero aiutarci a svecchiare, razionalizzare e ottimizzare le risorse del nostro Paese … federalismo e questione meridionale hanno le loro radici nella storia e nella storia possiamo trovare le linee guida di un pensiero politico moderno e la strada per il superamento di antiche problematiche, ma la storia non accetta mistificazioni e il revisionismo antirisorgimentale che riemerge oggi in contrapposizione alle celebrazioni del 150° dell’Unità, ritengo che non sia né accettabile, né produttivo.

 

Non solo Bossi … cominciò Formigoni, durante il meeting di Rimini dell’agosto 2000 a parlare con toni critici del primo periodo di storia unitaria e del brigantaggio.

 

Definito il brigantaggio vero fenomeno di ribellione popolare” e i suoi protagonisti comeuomini che difesero le proprie radici e la propria storia” Formigoni, riconosciuto il ruolo fondamentale del Risorgimento nella storia d’Italia, ha aggiunto:   non si può non notare che nella seconda metà dell’Ottocento tutti i tentativi di costruire uno Stato unitario più rispettoso delle varie differenze e delle varie identità, quindi uno Stato federalista e sussidiario, sono stati cancellati dalla linea dominante e ispirata ad un modello giacobino” (Corriere della Sera, 26 Agosto 2000)

 

Accostare i governi di Cavour, della destra, ma anche della sinistra storica, al modello giacobino di Robespierre è quanto meno ardito, anche per i più audaci revisionisti, considerato il fatto che tra le varie correnti del Risorgimento prevalse proprio la linea liberale e monarchico-costituzionale, avversaria e spesso nemica delle idee giacobine.


Idee che in Italia, ad eccezione di pochi casi e di quanto accade oggi col “trattorista molisano” e i suoi sodali “travagliati”, non hanno mai attecchito nella forma del giacobinismo del Terrore.

Non solo la cultura liberale ma anche le correnti democratiche del Risorgimento impersonate da uomini come Mazzini, Ferrari, Pisacane, spesso accomunate dal pensiero massonico e anticlericale, non sono certo assimilabili ai teorici della ghigliottina.

 

Certamente, il centralismo amministrativo imposto dalla Destra Storica, una volta accantonate le proposte autonomistiche di Minghetti e l’idea federalista di Cattaneo, è un dato storico. 

 

Scelta che è da considerare con riguardo alle condizioni storiche di allora: i modelli autonomistici e federalisti furono considerati potenzialmente pericolosi per l’unità appena raggiunta, perché uno Stato diviso al suo interno avrebbe potuto indebolirsi talmente da tornare ad essere una sorta di protettorato di qualche potenza straniera.

 

Il revisionismo antirisorgimentale fa abitualmente leva sul dissesto finanziario del Piemonte, sanato a discapito delle economie “sane” degli stati prerisorgimentali e in particolare sulla pretesa spoliazione del Sud.

Molto ci sarebbe da dire sulla reale consistenza e solidità di queste economie, e sulla reale incidenza che l’estensione a quei territori del sistema fiscale piemontese ha avuto, tuttavia, in una situazione di grave dissesto finanziario, il pareggio del bilancio fu una delle esigenze prioritarie per la sopravvivenza nazionale.

In tale contesto va considerata la famosa questione dell’odiosa tassa sul macinato e della politica fiscale di Quintino Sella, che se non si sognò mai di affermare che “le tasse sono bellissime” tuttavia le utilizzò drasticamente come strumento politico.

 

I processi di accentramento amministrativo, di uniformità di leggi, pesi, misure, di abolizione dei dazi interni, di costruzione delle ferrovie, di istituzione di un sistema scolastico pubblico, sono i meccanismi che hanno caratterizzato i processi di crescita delle grandi Nazioni.

Poteva, nel contesto dell’Europa di fine ‘800, un’Italia federale reggere al confronto con le altre nazioni europee?

 

Questo non significa chiudere gli occhi di fronte alle problematiche irrisolte, alle ingiustizie, agli estremismi nella realizzazione dell’unità italiana:

l’inopportunità dell’estensione del servizio militare obbligatorio a tutto il regno d’Italia,

il feudalesimo nel meridione italiano abolito di diritto ma non di fatto,

la vendita all’asta di beni demaniali ed ecclesiastici che favorì i latifondisti,

la frattura tra Stato liberale e cattolici, anche se libera Chiesa in Libero Stato non significava anticlericalismo, ma solo fine del potere temporale della Chiesa cattolica.

 

E’ stata anche criticata la politica scolastica della destra storica, che non avrebbe tenuto conto delle diverse identità; certamente l’estensione-imposizione della lingua italiana è stata una scelta dura, ma l’unificazione linguistica degli italiani, il fatto di poter comunicare e intendersi dall’Alpi all’Etna è una ricchezza, non un regresso e di questo dovremmo ricordarci quando parliamo di rivalutare i dialetti con insegnanti “autoctoni” …

 

In sintesi non si può negare che rispetto al periodo prerisorgimentale era più progredita l’Italia di fine ‘800, pur con tutti i suoi limiti, o anche l’Italia del 1870, con i suoi 6208 km di ferrovie, che resero possibile la creazione di un mercato nazionale, rispetto ai 2725 km del 1861.

 

Io la provocazione l’ho fatta … su brigantaggio, revangismo borbonico e questione meridionale, vi rimando ai prossimi post …

 

 
 
 
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CUBA LIBRE

QUANTO COSTA
LA LIBERTA'???




La morte di un prigioniero di
coscienza, una persona in
carcere per le sue idee, senza
aver commesso alcun reato.
Orlando Zapata Tamayo,
42 anni, fù arrestato durante
la primavera del 2003 e condannato
a tre anni di carcere.
Durante la prigionia a causa della
sua attività di dissidenza nel
carcere, gli furono aggiunti altri
anni di detenzione fino a un totale
di 30 anni di reclusione.
BASTA YA!

 


 

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