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Un blog creato da lecittadelsud il 01/06/2010

LE CITTA' DEL SUD

Identità e decrescita sostenibile delle province duosiciliane

 
 

BREVE STORIA DELLE DUE SICILIE

da: "DUE SICILIE" Periodico Indipendente - Direttore: Antonio Pagano

www.duesicilie.org

La storia della formazione dello Stato italiano è stata così mistificata che non è facile fornire un quadro fedele di tutti gli avvenimenti che portarono all'unità. Dal 1860 in poi è stato eretto dal potere italiano un muro di silenzio  Molti importanti documenti sono stati fatti sparire o tenuti nascosti, e ancora oggi sono secretati negli archivi di stato;

 

 INDICE

Sintesi storica

Situazione sociale ed economica

Le più importanti realizzazioni

Le cause della fine del Regno

I Garibaldine e l'invasione piemontese

La resistenza duosiciliana

Conclusioni

 

 

ITINERARIO STORICO NEL REAME DELLE DUE SICILIE
tratto da Giuseppe Francioni Vespoli (1828) e Antonio Nibby (1819)

Itinerario 1 (Napoli Capitale)
Itinerario 1 (da Portici a Pompei)
Itinerario 1 (da Pozzuoli a Licola)
(Intendenza di Napoli)
Itinerario 2 (da Nola al Matese)
Itinerario 2 (dal Garigliano a Venafro)
(Terra di Lavoro)
Itinerario 3
(Principato Citra)
Itinerario 4
(Principato Ultra)
Itinerario 5
(Basilicata)
Itinerario 6
(Capitanata)
Itinerario 7
(Terra di Bari)
Itinerario 8
(Terra d'Otranto)
Itinerario 9
(Calabria Citeriore)
Itinerario 10
(Calabria Ulteriore Prima)
Itinerario 11
(Calabria Ulteriore Seconda)
Itinerario 12
(Contado di Molise)
Itinerario 13
(Abruzzo Citeriore)
Itinerario 14
(Secondo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 15
(Primo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 16
(Intendenza di Palermo)
Itinerario 17
(Intendenza di Messina)
Itinerario 18
(Intendenza di Catania)
Itinerario 19
(Intendenza di Girgenti)
Itinerario 20
(Intendenza di Noto)
Itinerario 21
(Intendenza di Trapani)
Itinerario 22
(Intendenza di Caltanissetta)

 

I SONDAGGI

 

 

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« Dedicare una piazza ai m...NICOLA ZITARA: UN MAESTRO »

PERCHE’ NOI NON FESTEGGIAMO I 150 ANNI DI UNITA’

Post n°88 pubblicato il 10 Febbraio 2011 da lecittadelsud
 



Il Regno delle Due Sicilie non era affatto uno stato povero. L'Unità d'Italia è stata un'operazione di colonialismo, prima militare con il massacro delle popolazioni insorte, poi economico con la distruzione dell’economia meridionale. Alcuni meridionalisti accusarono di questo la politica governativa e le classi dominanti, soprattutto i proprietari terrieri. Infatti se da un lato il nuovo governo favori l’avvio dei processi di industrializzazione solo al Nord, dall’altro la legge 1863 espropriò le terre demaniali e ecclesiastiche (solo quest’ultime ammontavano al 40% del territorio), che finìrono nelle mani dei Piemontesi, ovviamente non interessati a renderle produttive.
Sentirsi italiani è cosa ben diversa dal sentire il senso di appartenenza verso questo stato italiano che da sempre nel mezzogiorno è stato assente, delegando l'amministrazione pubblica ad una borghesia immatura e condizionata dal malaffare. Continuare a difendere in maniera acritica questo stato, e questa unità nei modi e nei metodi in cui si è venuta a creare, non rende giustizia a quanti sono morti per difendere il regno delle Due Sicilie dall’invasione piemontese, quando si commisero efferati crimini di guerra nei confronti dei meridionali, ancora secretati negli archivi di stato. Il Mezzogiorno ha pagato oltremisura questa unità d'Italia che è stata a vantaggio solo del nord, mentre dopo il 1860 si ebbe al sud un peggioramento tale da costringere milioni di meridionali ad emigrare, quando nel regno delle Due Sicilie non esisteva nè disoccupazione, ne emigrazione.
In 150 anni le cose non sono cambiate e al blocco agrario dei primi anni del 1900 oggi si contrappone il blocco di una società corrotta e amorale in cui la criminalità organizzata sceglie i rappresentanti politici condizionando le scelte politiche dei nostri amministratori. Pasquale Saraceno, così sintetizzava l’evoluzone della questione meridionale: “la rete dei rapporti che nel Mezzogiorno oggi intercorrono tra emergenza continua di molteplici bisogni sociali, controllo politico sulla gestione di risorse pubbliche e interessi delle imprese a vario titolo dipendenti da tale gestione sembra configurare un blocco sociale, molto piú radicato e diffuso, e quindi molto piú forte, del vecchio «blocco agrario», che fu fino agli anni Cinquanta di questo secolo il bersaglio del meridionalismo classico”.
Anche i meridionalisti più unitari, come Giustino Fortunato, all fine dovettero ammettere la realtà dei fatti: "l’unità d’Italia è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L’unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all’opinione di tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari alle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali".
Nel mezzoggiorno furono in pochi a volere l'unità e la rabbia scoppiò quando il popolo meridionale si accorse di essere passato sotto un’altro re, Vittorio Emanuele II, che percepiva come invasore. Come ricorda Gaetano Salvemini:"contro la duplice oppressione cui li hanno sottoposti in questi cinquant'anni di unità politica i "galantuomini" locali e l'industrialismo settentrionale, i "cafoni" meridionali hanno reagito sempre, come meglio o come peggio potevano. Subito dopo il 1860 si dettero al brigantaggio: sintomo impressionante del malessere profondo che affaticava il Mezzogiorno, e nello stesso tempo indizio caratteristico del vantaggio che si potrebbe ricavare, quando ne fossero bene utilizzate le forze, da questa popolazione campagnola del Sud, che senza organizzazione, senza capi, abbandonata a se stessa, mezzo secolo fa tenne in scacco per alcuni anni tanta parte dell'esercito italiano".
Oggi, dopo 150 anni, nonostante da più parti si esorti il governo italiano a dire finalmente tutta la verità e riaprire quegli archivi di stato, dove, ricordando le parole del compianto Angelo Manna, “l'unificazione tiene sotto chiave il proprio fetore storico”, si continua a difendere una posizione accademica e prezzolata e non si vuole, per nessuno motivo, superare la retorica risorgimentale da cui siamo stati condizionati fin dai banchi di scuola.
Il regno delle Due Sicilie avrà avuto mille difetti ma per la prima volta nella storia era un regno indipendente che stava cominciando un lento, ma costante, processo di crescita economica che lo aveva portato ad entrare in competizione con Francia ed Inghilterra, pur non aderendo al cinismo amorale della loro economia liberale, ma seguendo l’insegnamento di un figlio del sud quale Antonio Genovesi, il quale aveva aperto il cammino verso una concezione del primato dell’etica nell’economia, del pubblico sul privato, dell’interesse generale e del bene comune sugli interessi particolari. Questo fu, forse, il motivo principale che spinse le grandi potenze a decretare la fine del bel reame. La storia di oggi ci insegna, che il nostro popolo, negli ultimi centocinquant’anni, ha subìto un processo di alienazione della propria identità e della propria tradizione, romana e cattolica, che ne avevano vivificato e modellato nel corso dei secoli i costumi, la mentalità e il comportamento. Il tentativo diffuso di annientarne questa personalità e di dissolverne questa eredità ha innescato un processo di alienazione culturale, mentre il progressivo venir meno dei punti di riferimento sociali e istituzionali ha aperto la strada allo sviluppo della criminalità organizzata. Come sosteneva Nicola Zitara “il Paese era pago di sé, alieno da ogni forma di espansionismo territoriale e coloniale. La sua evoluzione economica era lenta, ma sicura. Chi reggeva lo Stato era contrario alle scommesse politiche e preferiva misurare la crescita in relazione all'occupazione delle classi popolari. Nel sistema napoletano, la borghesia degli affari non era la classe egemone, a cui gli interessi generali erano ottusamente sacrificati, come nel Regno sardo, ma era una classe al servizio dell'economia nazionale”.
Fu una follia fondere due realtà socio economiche diverse fra di loro, due sistemi politici opposti, l'uno capitalista e l'atro improntato sullo stato sociale. Con l’invasione del Piemonte furono violati tutti i diritti intenazionali: fu invaso uno stato sovrano senza dichiarazione di guerra e fù praticata la prima pulizia etnica del mondo occidentale. Il mezzogiorno ha subito questa unità ed il risulatato è stato l'aver consegnato le province meridionali nelle mani di una classe borghese rurale immatura e trasformista che ha consentito allo stato italiano di sviluppare le industrie al nord e tagliare le commesse al sud, cosi come interrompere tutte le esportazioni dei suoi prodotti agricoli, aumentare le tasse e la pressione fiscale. Cosi scriveva, ancora, Giustino Fortunato: “forse non avviene, per esempio, che la provincia di Avellino paghi di imposte sui terreni più di quella di verone? Che Terra di bari versi all’erario per la imposta sui fabbricati più della provincia di Alessandria? Che la provincia di Napoli dia fuori per ricchezza mobile più di quella di Torino? Che la Basilicata sborsi per tasse su gli affari più del Friuli, quella di Salerno più della provincia di Como, ce che, infine, la stessa Basilicata paghi in tutto più dell’Umbria?”.
Le autorità governative, in connivenza spesso con le mafie, esercitavano ingiustizie, ricatti, soprusi e torture indicibili, arrivando ad organizzare, esse stesse, delitti, furti, cospirazioni ed agguati. Come scrisse Guido Dorso: "le rappresentanze meridionali lasciano volentieri agli uomini del settentrione tutta la politica, per accontentarsi del modesto ruolo di patrocinatori di privati interessi". E come se non bastasse oggi abbiamo al governo un partito, come la Lega Nord, il cui collante è l'intenzione di escludere i meridionali dal benessere, e che sta per approvare un disegno di federalismo che consoliderà il potere economico dei più forti e getterà nel baratro i più deboli: in poche parole non farà altro che aumentare il distacco tra nord e sud.
Rileggendo le parole di Giaginto De Sivo, per commemorare i morti nella battaglia sul Volturno per difendere il reame, viene un nodo in gola, un senso di forte frustrazione e rabbia allo stesso tempo: "La patria nostra, dalla quale andiam lontano esuli e raminghi, era buona, era bella, era il sorriso del Signore, la provvidenza la faceva abbondante e prosperosa, lieta e tranquilla, e gaia e felice; ell'era il sospiro delle anime gentili, l'amore d'ogni cuor virtuoso; aveva leggi sapienti, morigerati costumi e pienezza di vita; aveva eserciti, flotte, strade, industrie, opifici, templi e regge meravigliose; avea una stirpe di principi clementi, ultimi rampolli di S. Luigi; aveva il giovane re Francesco, figlio della venerabile Cristina, nato napolitano, buono, soccorrevole e pio. Ora le industrie sono cadute, il commercio è estinto, la sicurezza è fatta ignota parola. Han saccheggiate le nostre case, han bruttato le regge di ogni sozzura, i nostri monumenti li han mutilati, esaurito han l'erario, distrutto l'esercito, rubata la flotta, dispersi gli opifici, deserti i collegi, le accademie e le università. Han gettato alla via centomila famiglie d'uffiziali militari e civili, or morenti dalla fame; ha cacciato da' loro tuguri i pacifici contadini, han vietato di fatto la coltura de' campi, ha riempiute le carceri e sin le selpoture  di uomini  viventi, rei soltanto d'odiar lo straniero opprossore".
Che questa festa per i 150 anni di “malaunità”, sia l’occasione non per festeggiare ma per riflettere su come è stata fatta questa unità e come ancora oggi il mezzogiorno esiste in quanto colonia del nord, sfruttata, umiliata e vilipesa. Che questa festa sia l’occasione per ritrovare il nostro orgoglio che ci viene da un passato glorioso che la storia prezzolata di questo stato vuole ad ogni costo cancellare. Sia l’occasione per ricostruire la nostra identità snaturata da chi ha voluto imporci la sua cultura, i suoi usi e suoi costumi. Sia, infine, l’occasione per ritrovare l’unità di tutti i movimenti sia meridionalisti che indipendentisti, per ritornare a combattere insieme, come 150 anni fa fecero i nostri avi “briganti”, con un unico obiettivo: diffondere la verità a tutto il popolo meridionale e a tutta l’Italia, perchè il nord provi vergogna e il sud ritrovi l’orgoglio.

 
 
 
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SITI DUE SICILIE




 

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L'AFORISMA

Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.
Italo Calvino, da “Le città invisibili”

 


LA RICETTA
Paccheri Al Regno delle Due Sicilie
Paccheri di Gragnano ripieni di ricotta di pecora e Gamberetti di Mazzara su ragout di pomodorini del Vesuvio e salsa di Gamberi
vedi la ricetta in dettaglio

LA POESIA
"E ' a Riggina! Signò! … Quant'era bella! E che core teneva! E che maniere! Mo na bona parola 'a sentinella, mo na strignuta 'e mana a l'artigliere… Steva sempre cu nui! … Muntava nsella Currenno e ncuraggianno, juorne e sere, mo ccà, mo llà … V''o ggiuro nnanz' 'e sante! Nn'èramo nnammurate tuttequante! Cu chillo cappellino 'a cacciatora, vui qua' Riggina! Chella era na Fata! E t'era buonaùrio e t'era sora, quanno cchiù scassiava 'a cannunata!… Era capace 'e se fermà pe n'ora, e dispenzava buglie 'e ciucculata… Ire ferito? E t'asciuttava 'a faccia… Cadiva muorto? Te teneva 'mbraccia…".
(tratto da O' surdato 'e Gaeta di Ferdinando Russo)


PER RIDERE UN PO

cavour_garibaldi
Cavour è un tale che muore dal freddo piuttosto che dividere il fuoco con gli altri (G.Garibaldi)

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MOVIMENTI E SITI DI INFORMAZIONE


 

 

 

  




 

 

Facciamoci vedere!

 

LIBRI IN VETRINA

 

 
Il Sud e l'unità d'Italia
Giuseppe Ressa
Centro Cult. e di Studi Storici
Brigantino-Il Portale del Sud, 2009
Scarica la versione in pdf


Terroni di Pino Aprile
Terroni

Tutto quello che è stato fatto
perchè gli italiani del sud
diventassero meridionali
Pino Aprile
Piemme, 2010



La Rivoluzione Meridonale
Guido Dorso
Edizioni Palomar, 2005


Fuoco del Sud
Lino Patruno
Rubbettino Editore, 2011

 

I NOSTRI VIDEO

https://www.youtube.com/watch?v=MkiLtLOsXjE
UNITA' D'ITALIA: UNA SPORCA GUERRA DI CONQUISTA

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STORIA DELL'IMMAGINE AFRICANA DEL MEZZOGIORNO

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ZEROCITY: LA CITTA' DEL FUTURO

 

I VIDEO DALLA RETE


INNO DELLE DUE SICILIE
(Giovanni Paisiello 1787)


IL MERIDIONALISMO E IL SUO PROFETA
(Nicola Zitara a Mizar-TG2)


I PRIMATI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE
(sotto la dinastia Borbone dal 1734 al 1860)


CARO NORD
(liberamente tratto dall'omonima lettera di Giuseppe Quartucci)

 

LINGUE E DIALETTI MERIDIONALI

 

Wikipedia Napoletano

 

 

Wikipedia Siciliano

SEGNALATECI INIZIATIVE DI RECUPERO E VALORIZZAZIONE DELLE LINGUE E DEI DIALETTI MERIDIONALI ALL'INDIRIZZO: lecittadelsud@libero.it

 

CAMPAGNE E INIZIATIVE DAL WEB

 

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LE PETIZIONI

SEGNALA LA REGGIA DI CARDITELLO COME LUOGO DEL CUORE

 

SEGNALA IL PARCO FLUVIALE DELL'IRNO COME LUOGO DEL CUORE

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Comitato No Lombroso - NoLombroso.org

 

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L''ecomostro in costruzione nel cuore di Salerno
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L'uso criminoso dei NOSTRI soldi per avvelenare le NOSTRE FAMIGLIE deve finire.

 

HANNO DETTO SUL MERIDIONE


Il governo piemontese si vendica mettendo tutto a ferro e fuoco. Raccolti incendiati, provvigioni annientate, case demolite, mandrie sgozzate in massa. I piemontesi adoperano tutti i mezzi più orribili per togliere ogni risorsa al nemico, e finalmente arrivarono le fucilazioni! Si fucilarono senza distinzione i pacifici abitatori delle campagne, le donne e fino i fanciulli
L’ Osservatore Romano (1863)

Il Piemonte si è avventato sul regno di Napoli, che non voleva essere assorbito da quell'unità che avrebbe fatto scomparire la sua differenza etnica, le tradizioni e il carattere. Napoli è da sette interi anni un paese invaso, i cui abitanti sono alla mercè dei loro padroni. L’immoralità dell’amministrazione ha distrutto tutto, la prosperità del passato, la ricchezza del presente e le risorse del futuro. Si è pagato la camorra come i plebisciti, le elezioni come i comitati e gli agenti rivoluzionari
Pietro Calà Ulloa (1868)

Sorsero bande armate, che fan la guerra per la causa della legittimità; guerra di buon diritto perché si fa contro un oppressore che viene gratuitamente a metterci una catena di servaggio. I piemontesi incendiarono non una, non cento case, ma interi paesi, lasciando migliaia di famiglie nell’orrore e nella desolazione; fucilarono impunemente chiunque venne nelle loro mani, non risparmiando vecchi e fanciulli
Giacinto De Sivo (1868)

L’unità d’Italia è stata purtroppo la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico sano e profittevole. L’ unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse lo stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che in quelle meridionali
Giustino Fortunato (1899)

Sull’unità d´Italia il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata, è caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone
Gaetano Salvemini (1900)

Le monete degli stati pre-unitari al momento dell’annessione ammontavano a 668,4 milioni così ripartiti:
Regno delle DueSicilie 443,2, Lombardia 8,1, Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, Roma 35,3, Romagna,Marche e Umbria 55,3, Sardegna 27,0, Toscana 85,2, Venezia 12,7
FrancescoSaverio Nitti (1903)

Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l´Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti
Antonio Gramsci (1920)

Prima di occuparci della mafia  dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita, in Sicilia. La mafia nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia
Rocco Chinnici (1983)

L’ufficio dello stato maggiore dell’esercito italiano è l’armadio nel quale l’unificazione tiene sotto chiave il proprio fetore storico: quello dei massacri, delle profanazioni e dei furti sacrileghi, degli incendi, delle torture, delle confische abusive, delle collusioni con la sua camorra, degli stupri, delle giustizie sommarie,
delle prebende e dei privilegi dispensati a traditori, assassini e prostitute
Angelo Manna (1991)

 
 

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