LE CITTA' DEL SUDIdentità e decrescita sostenibile delle province duosiciliane |
QUESTO BLOG LANCIA LA CAMPAGNA:
- CONSUMI + RINNOVABILI = CITTA' SOSTENIBILI
UN FUTURO MIGLIORE E' POSSIBILE SOLO SE RINUNCIAMO A
QUALCOSA OGGI PER GARANTIRLA DOMANI AI NOSTRI FIGLI
NOI VOGLIAMO CHE LE NOSTRE CITTA' DEL SUD DIVENTINO CITTA' RINNOVABILI E QUINDI SOSTENIBILI
manda la tua mail di adesione a: lecittadelsud@libero.it
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"campagna citta sostenibili"
L’Italia continua a soffocare a causa delle polvere sottili. Esposizioni, anche di breve durata, ad elevate concentrazioni di PM10 possono causare gravi conseguenze alla salute dei cittadini. Per ridurre l’inquinamento da polveri sottili servono interventi strutturali quali il rilancio del trasporto pubblico, la limitazione dei veicoli più inquinanti, la riduzione dei limiti di velocità, la diffusione del “car sharing” e della mobilità “dolce”, ovvero quella ciclabile e pedonale, con l’aumento delle aree a traffico limitato e delle isole pedonali.
LE CITTA' VANNO RIPENSATE NELL’OTTICA DELLA MOBILITA’ SOSTENIBILE E DEL MIGLIORAMENTO DELL'EFFICIENZA ENERGETICA DEGLI EDIFICI
SALVIAMO LA NOSTRA ECONOMIA
ATTENZIONE!!!
E' DISPONIBILE UNA NUOVA APPLICAZIONE PER CHI VUOLE FARE LA SPESA PREMIANDO LE AZIENDE DEL SUD ITALIA E A KM O
CLICCA SULL'IMMAGINE PER SCARICARLA
segui I PRODOTTI FATTI AL SUD su facebook
SE OGNI MESE UNA FAMIGLIA DI MERIDIONALI (CIRCA 6 MILIONI IN ITALIA) SPENDE 200 euro DI PRODOTTI DEL SUD, OGNI ANNO LE NOSTRE IMPRESE INCASSERANNO 14,4 MILIARDI DI EURO CHE POTRANNO AIUTARE L'ECONOMIA DEL SUD.
DIAMO UN AIUTO CONCRETO ALLO SVILUPPO DELL'ECONOMIA DEL SUD
NOVITA': SCARICA IL VOLANTINO "COMPRA PRODOTTI DEL SUD" E DISTRIBUISCILO DAVANTI AL TUO SUPERMERCATO
(campagna promossa dal Partito del Sud e Insieme per la Rinascita)
PENSA GLOBALE, MANGIA LOCALE
TRE BUONI MOTIVI PER ACQUISTARE PRODOTTI A "CHILOMETRI ZERO"
1) privilegiando l'acquisto di prodotti locali e di stagione si può risparmiare oltre 100 euro al mese rispetto ai 467 che ogni famiglia destina mensilmente in media all'acquisto di alimenti e bevande al mese
2) i prodotti non subiscono troppe intermediazioni e non devono percorrere lunghe distanze prima di giungere sulle tavole subendo i rincari dei costi di trasporto dovuti al caro petrolio.
3) in questo modo diamo una mano a salvare la terra dal surriscaldamento globale e aiutiamo le economie locali ad uscire dalla crisi
per maggiori informazioni CLICCA QUI
Lo spreco è diventato uno stile di vita che possiamo correggere con efficacia e leggerezza, cercando di evitarlo anche attraverso i piccoli comportamenti.
Il suo contrario, non sprecare, è una chiave per affrontare il cambiamento con più ottimismo e con qualche sogno. Entra nella community di uomini e donne che vogliono provare a non sprecare. Che cosa? I beni materiali, certo: cibo, acqua, oggetti, soldi, risorse naturali. Ma anche i beni immateriali: la salute, il corpo, il tempo, il talento. E innanzitutto la vita
SALVIAMO IL NOSTRO AMBIENTE
NO AL NUCLEARE
Il popolo italiano ha votato a larghissima maggioranza, con i 3 referendum del 1987 e con l'ultimo del 2011, contro il nucleare. Germania, Belgio, Olanda, Spagna, Svezia e per ultima la Svizzera, hanno deciso di non costruire più centrali nucleari nel loro territorio, puntando sulle energie rinnovabili. Esistono 5 buone ragioni per dire NO con forza al nucleare:
1) per far funzionare le centrali dovremmo importare uranio il cui prezzo sta salendo ancora più rapidamente del petrolio; L'URANIO, COME IL PETROLIO, E' UNA FONTE ESAURIBILE, QUINDI DOPO LE GUERRE PER IL PETROLIO CI SARANNO LE GUERRE PER L'URANIO
2) non esiste il nucleare “sicuro” e “pulito”: i reattori di “quarta generazione” sono previsti tra 25-35 anni e intanto il governo vuole costruire centrali di “terza generazione” (vedi Cernobyl)
3) le centrali hanno il problema dello smaltimento delle scorie che restano radioattive per centinaia e migliaia di anni.il nucleare è fuori mercato, vive grazie a sovvenzioni statali e militari:
4) le stime Usa per i nuovi impianti danno il costo del kWh nucleare addirittura del 20% in più del gas o del carbone, e per questo negli Usa, nonostante gli enormi incentivi stanziati da Bush, nessun privato ci investe dal 1976.
5) la strada da seguire è l’affrancamento dalla schiavitù del petrolio investendo grandi risorse sulle fonti rinnovabili e puntando sul risparmio energetico
CLICCA QUI PER ACCEDERE ALLA RETE NAZIONALE ANTINUCLEARE
NO ALLE DISCARICHE ED AGLI INCENERITORI
La strategia Rifiuti Zero”, permette il più alto bilancio energetico (e quindi il più alto risparmio in rapporto a tutti gli altri sistemi (inceneritori, rigassifficatori, dissociatori molecolari) si articola in:
1) il recupero dei materiali “post consumo” attraverso l’allungamento del ciclo di vita delle merci (sia in fase di progettazione che di uso mediante il riutilizzo);
2) la messa al bando della plastica monouso e la riduzione degli imballaggi inutili a monte;
3) la raccolta differenziata porta a porta che rende possibile percentuali di recupero vicine all’80 %. Con il raggiungimento di queste percentuali così come avviene in migliaia di città nel mondo, che fanno a meno di inceneritori e discariche, il problema “rifiuti” sarebbe per la gran parte risolto;
4) l’attivazione della filiera per il riciclo del secco da trasformare in nuova materia e dell’umido da inviare a compostaggio;
5) l’utilizzo degli impianti di TBM trattamento a freddo o meccanico/biologico, capaci di inertizzare, il residuo 20% dei rifiuti attraverso un processo del tutto naturale e paragonabile a ciò che avviene normalmente in un bosco in inverno (digestione aerobica). Questo processo permetterebbe la riduzione di peso di circa la metà ed il deposito sicuro del materiale di risulta, tra l’altro utilizzabile per la sotto pavimentazione stradale. Gli impianti di TMB a chiusura del ciclo in alternativa agli inceneritori, oltre che essere sicuri sotto il profilo ambientale e sanitario sono anche molto più economici e forse è proprio questo il vero motivo di tanto ostracismo;
6) la visibilità dei residui del ciclo è fondamentale per il fatto che attraverso di essi è possibile affrontare a monte il problema in termini di una diversa progettazione dei beni e degli stessi materiali in maniera tale da abolire a monte, dal lato della produzione i rifiuti non recuperabili.
Come possono le nostre città rispondere ai rischi e alle opportunità che ci si presentano a causa del Picco del Petrolio e del Cambiamento Climatico?
Come possiamo aumentare la nostra resilienza (per mitigare le conseguenze del Picco del Petrolio) e ridurre drasticamente le nostre emissioni di CO2 (per mitigare gli effetti del Riscaldamento Globale) in tutti gli aspetti della vita e delle attività di questa comunità?
Il modello di Transizione (Transition Town) cerca di dare una risposta a questi interrogativi partendo dal riconoscere due punti cruciali:
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Abbiamo usato un’immensa quantità di creatività, ingenuità e adattabilità durante il percorso di crescita energetica che la nostra civiltà ha compiuto fino ad oggi grazie alle fonti di energia fossili e non c’è ragione per non fare lo stesso anche nel percorso di decrescita che dobbiamo fronteggiare.
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Se agiamo subito, in modo collettivo, è molto probabile riuscire a creare un nuovo e piacevole modo di vivere con maggiori relazioni tra le persone e maggiore integrazione con l’ambiente rispetto all’attuale frenetico sistema dipendente dal petrolio.
La Transizione è un esperimento sociale su grande scala che lavora attraverso reti di comunità. Coloro che intendono considerare, adottare, adattare e implementare il modello della Transizione all’interno della propria comunità avviando una Iniziativa di Transizione locale. Il Transition Primer è il documento che riassume in poche pagine tutto quello che è importante sapere sulla Transizione.
scarica qui il documento
Negli ultimi decenni il processo di trasformazione di suoli agricoli e boschivi ad usi urbani in Italia ha assunto ritmi impressionanti e impatti sempre più rilevanti in termini ambientali e sociali. Il boom dell'edilizia residenziale dal 1994 ad oggi ha portato a realizzare oltre 11milioni di nuove stanze a fronte di una popolazione in leggerissima crescita. Il primo paradosso è che questa edilizia speculativa non ha dato alcuna risposta al disagio delle persone che realmente hanno bisogno di una casa, se mai ha favorito il riciclaggio dei proventi illeciti della criminalità organizzata. Il secondo è che nessuno (Ministeri o Regioni) monitora la crescita del consumo di suolo e ha ancora definito una chiara politica in materia. Il tema dello stop alla crescita del consumo di suolo deve entrare nell'agenda politica delle Regioni perché queste hanno competenza esclusiva in materia urbanistica. Per fermare i processi occorre dare priorità al recupero delle aree già urbanizzate, fissare dei tetti massimi di nuove aree trasformabili, fermare la localizzazione di insediamenti commerciali e residenziali fuori da qualsiasi logica di pianificazione urbanistica e dei trasporti, obbligare la compensazione ecologica degli impatti creando nuovi boschi. (dal rapporto Legambiente "Ambiente Italia 2010")
Gli attuali modelli di crescita urbana e suburbana delle nostre città minacciano seriamente la nostra qualità della vita. I sintomi del male sono: l’aumento della congestione e dell’inquinamento atmosferico come conseguenza dell’aumentata dipendenza dall’automobile, la perdita di prezioso suolo libero da costruzioni, la necessità di costosi investimenti per strade e servizi pubblici, la iniqua distribuzione di risorse economiche, una perdita di senso della comunità. Con la progettazione, a partire dalle migliori soluzioni del passato e del presente, noi possiamo, in primo luogo completare gli insediamenti esistenti, e poi, pianificare nuove comunità che rispondano meglio alle esigenze di coloro che vivono e lavorano al loro interno. Una tale pianificazione dovrebbe rispondere a questi principi fondamentali.
I processi di diffusione e dispersione insediativa e la crescente crisi da congestione delle città hanno spinto molte amministrazioni, sopratutto americane, ad attuare consistenti investimenti in infrastrutture di trasporto su ferro in ambito urbano e Regionale. Questo ha contrubuito ad accrescere la consapevolezza del ruolo delle infrastrutture su ferro come occasione di riqualificazione urbana e di riorganizzazione degli assetti insediativi, ovvero, del ruolo delle aree delle stazioni come determinante nell’organizzazione dei sistemi urbani.
Attraverso il TRANSIT ORIENTED DEVOLOMENT (TOD) è possibile:
Favorire uno sviluppo “compatto” nelle aree di influenza delle stazioni:
Migliorare la qualità e la vivibilità delle aree di stazioni
Favorire l’accesso pedonale alle stazioni
Ridurre lo sprawl urbano
Incrementare la sicurezza
Favorire lo sviluppo economico
Favorire le opportunità di investimento dei privati
Massimizzare l'uso del trasporto collettivo su ferro:
Ridurre l'utilizzo delle autovetture
Ridurre l'inquinamento atmosferico
Incrementare i ricavi delle aziende di trasporto
Favorire l'interscambio modale
Ogni giorno in Italia si verificano in media 652 incidenti stradali, che provocano la morte di 16 persone e il ferimento di altre 912. Gli abitanti delle città passano circa un'ora (o anche più) al giorno incolonnati nel traffico, spostandosi a una velocità media che nel migliore dei casi supera di poco i 25 km/h. Vivere in una grande città significa dormire trenta minuti a notte in meno a causa dei rumori da traffico. E sono circa 20 milioni gli italiani che abitano nelle medie e grandi aree urbane. Le polveri sottili insidiano gravemente la salute dei cittadini. 57 città italiane su 88 che hanno dati completi sulle Pm10 superano il limite previsto dalla legge.
PIU STRADE E PARCHEGGI COSTRUIAMO PIU INCORAGGIAMO IL CONSUMO DI SUOLO E L'USO DELL'AUTO
Campagna di sensibilizzazione contro l'uso delle auto nei centri urbani
I Sistemi Urbani necessitano di “spazi di riserva” sia per l’allocazione delle infrastrutture tecnologiche, sia per la realizzazione dei nuovi progetti urbani che devono soddisfare le necessità di sviluppo economico e sociale dei suoi attuali abitanti e di quelli futuri. Tale riserva di spazio costituisce la fonte cui la città deve attingere per creare nuove infrastrutture ed ampliare e/o migliorare quelle esistenti per adeguarsi alle necessità di modernità ed efficienza limitando il consumo di suolo. Il sottosuolo, quindi, non può più essere considerato come una risorsa illimitata ma come un bene “limitato”, come risorsa essenziale e “finita” e in quanto tale da gestire in maniera più razionale attraverso idonei strumenti di pianificazione.
SALVIAMO IL NOSTRO PATRIMONIO CULTURALE
Utilizzata dai Borbone come riserva di caccia, ora e' una riserva marina inserita nel parco naturale del Cilento. La riserva conta un grande varietà faunistica e nel 2006 ha ospitato delle uova depositate da una tartaruga "caretta caretta".
NONOSTANTE SIA PUBBLICIZZATA SU TUTTE LE GUIDE TURISTICHE E SIA CONSIDERATA DA LEGAMBIENTE FRA LE 11 PIU' BELLE SPIAGGE D'ITALIA,
È INACCESSIBILE.
Inviamo una e-mail al principe Angelo Granito Pignatelli di Belmonte (info@palazzobelmonte.com) per chiedere di rendere fruibile un bene universale, aprendolo al pubblico e dotandolo di una pista ciclabile e di una navetta elettrica che colleghi San Marco e Ogliastro Marina.
Un altro pezzo di storia meridionale svenduto
RESTITUITE LA REAL CASINA DI PERSANO E I SUOI CAVALLI AL PROPRIO TERRITORIO
Persano e i cavalli sono sempre stati una sola cosa, i segni comuni di un grande amore che i Borbone avevano per la nostra terra. La Real casina fu voluta da Carlo III di Borbone e realizzata tra il 1752 ed il 1754, prima dall’ingegnere militare spagnolo Juan Domigo Plana e poi dal Vanvitelli. Nel 1741, il sultano di Costantinopoli donò quattro cavalle purissime di razza araba che furono usate come riproduttrici gettando le basi della razza Persana. Con l’unità d’Italia la razza fu prima soppressa (decreto Ricotti del 1874), poi ricostituita nel 1900 e infine trasferita a Grosseto. Oggi la razza è stata recuperata e salvata grazie all'interessamento del principe Alduino di Ventimiglia. Gran parte del territorio di Persano è ora demanio militare dell’esercito: Persano è sinonimo di Esercito Italiano e la Real Casina Borbonica è ora sede di un comando militare, quindi di non facile accesso per studiosi e turisti. Così il territorio di Persano è solcato, ancora oggi, dai cingoli dei carri armati e non da quelli, ben più importanti e pacifici, dei trattori. Una perdita incalcolabile per il nostro turismo e la nostra economia già così depressa. Lanciamo un’appello ai nostri politici affinchè capiscano l’importanza di Persano e della razza Persana per lo sviluppo dell'economia locale e e si adoperino per farle ritornare entrambe al proprio territorio.
Per saperne di più sulla "real razza" clicca qui: "Il cavallo Persano tra passato e futuro"
Manda una mail all’indirizzo: lecittàdelsud@libero.it e sostieni questa iniziativa per ridare dignità alla nostra cultura e sviluppo ai nostri territori.
S A L V I A M O C A R D I T E L L O
La Tenuta di Carditello, a metà strada tra Napoli e Caserta, oltre a essere una delle più importanti opere di architettura neoclassiche della Campania (realizzata da Francesco COLLECINI, con affreschi di Jacob Philipp Hackert), in quasi un secolo di lavoro ha rappresentato un laboratorio innovativo per la produzione della mozzarella, l'allevamento di cavalli, bufale e vacche e la coltivazione di cereali, foraggi, legumi, canape e lino. Nonostante le dichiarazioni di intenti e gli impegni assunti dalle Istituzioni pubbliche locali e nazionali, il Sito Reale di Carditello attende ancora una precisa destinazione d'uso e un progetto complessivo di rilancio, inserito nell'area territoriale di riferimento e nell'ambito più generale del futuro disegno di sviluppo provinciale e regionale.
LEGGI il manifesto-appello
Sottoscrivi il documento inviando una e-mail a: carditello@sitireali.it
oppure su facebook al gruppo Salviamo Carditello
VOTA CARDITELLO COME LUOGO DEL CUORE
Alle porte di Salerno, tra i comuni di Pellezzano e Baronissi esiste un oasi naturale che pochi conoscono
IL “PARCO FLUVIALE DELL’IRNO”
Dopo lunghi anni di incuria e di sprechi, nonostante l'aria sia riconosciuta dalla Comunità Europea come Zona di Protezione Speciale, il parco continua ad essere un sogno: le acque delle falde sono inquinate, accumuli di detriti e rifiuti ovunque, i sentieri inaccessibili e parzialmente franati, le piste ciclabili mai realizzate, il recupero del patrimonio architettonio mai avviato.
ABBIAMO PERSO UN VERO E PROPRIO ECOSISTEMA, UN’OASI DI BENESSERE PER NOI TUTTI. RIPRENDIAMOCI IL NOSTRO PARCO
FIRMA LA PETIZIONE PER SENSIBILIZZARE L'OPINIONE PUBBLICA ED I MASS-MEDIA E FARE PRESSIONE SULLE AMMINISTRAZIONI DI SALERNO, PELLEZZANO E BARONISSI AFFINCHE' CONSEGNINO IN TEMPI RAPIDI QUESTA AREA PROTETTA ALLA FRUIZIONE DEI CITTADINI.
CLICCA QUI PER LA PETIZIONE
GUARDA IL VIDEO
VOTA IL PARCO FLUVIALE DELL'IRNO COME LUOGO DEL CUORE
BREVE STORIA DELLE DUE SICILIE |
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da: "DUE SICILIE" Periodico Indipendente - Direttore: Antonio Pagano |
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La storia della formazione dello Stato italiano è stata così mistificata che non è facile fornire un quadro fedele di tutti gli avvenimenti che portarono all'unità. Dal 1860 in poi è stato eretto dal potere italiano un muro di silenzio Molti importanti documenti sono stati fatti sparire o tenuti nascosti, e ancora oggi sono secretati negli archivi di stato; |
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INDICE |
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ITINERARIO STORICO NEL REAME DELLE DUE SICILIE
tratto da Giuseppe Francioni Vespoli (1828) e Antonio Nibby (1819)
Itinerario 1 (Napoli Capitale)
Itinerario 1 (da Portici a Pompei)
Itinerario 1 (da Pozzuoli a Licola)
(Intendenza di Napoli)
Itinerario 2 (da Nola al Matese)
Itinerario 2 (dal Garigliano a Venafro)
(Terra di Lavoro)
Itinerario 3
(Principato Citra)
Itinerario 4
(Principato Ultra)
Itinerario 5
(Basilicata)
Itinerario 6
(Capitanata)
Itinerario 7
(Terra di Bari)
Itinerario 8
(Terra d'Otranto)
Itinerario 9
(Calabria Citeriore)
Itinerario 10
(Calabria Ulteriore Prima)
Itinerario 11
(Calabria Ulteriore Seconda)
Itinerario 12
(Contado di Molise)
Itinerario 13
(Abruzzo Citeriore)
Itinerario 14
(Secondo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 15
(Primo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 16
(Intendenza di Palermo)
Itinerario 17
(Intendenza di Messina)
Itinerario 18
(Intendenza di Catania)
Itinerario 19
(Intendenza di Girgenti)
Itinerario 20
(Intendenza di Noto)
Itinerario 21
(Intendenza di Trapani)
Itinerario 22
(Intendenza di Caltanissetta)
I SONDAGGI
LE INIZIATIVE
PER ADERIRE ALL'INIZIATIVA CLICCA SULL'IMMAGINE E COLLEGATI ALLA PAGINA DI FACEBOOK. PER PARTECIPARE AL FORUM CLICCA QUI
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Ripe Rosse (Montecorice - SA)
Hotel Alimuri (Vico Equense - NA)
Punta Saponara (Porto Cesareo - LE)
Lido Rossello (Realmonte - AG)
Crescent piazza della Libertà (Salerno)
TURISMO E BENI CULTURALI
FAI PARTE ANCHE TU DEL PRIMO CAMPER CLUB PER CHI VUOLE RISCOPRIRE I LUOGHI E I SAPORI DEL NOSTRO ANTICO E GLORIOSO REGNO DELLE DUE SICILIE
info: duesiciliecamperclub@libero.it
Post n°140 pubblicato il 13 Marzo 2018 da lecittadelsud
Che cosa abbiamo in comune con il Nord Italia? E, sopratutto, che cosa abbiamo in comune con chi ha votato la Lega Nord? Forse il solo fatto di abitare la stessa penisola e parlare la stessa lingua. Ma, a parte questo, nulla! Neanche 157 anni di convivenza, seppure forzata, sono bastati per renderci un popolo unito, e probabilmente mai lo saremo, fino a quando prevarranno pregiudizi, discriminazione e disparità economiche. I partiti politici, che dovevavo rappresentare tutti gli "italiani", da nord a sud, non si sono mai fatti carico di riequilibrare le differenze economiche e sociali create dalla piemontesizzazione del mezzogiorno. Ed oggi hanno pagato questa scelta di abbandonare il sud al proprio destino restituendo una coloritura politica delle regioni del Sud, che come sottolinea Pino Aprile "indica i confini della popolazione che ha meno diritti e più insulti da un secolo e mezzo”. Se cosi fosse, (ed è cosi) allora vorrebbe dire che il mezzoggiorno sta cominciando a prendere coscienza del suo essere una colonia interna. Sta cominciando a capire che il voto di scambio, alla lunga, non porta nessun beneficio perchè i nostri figli riprendono con forza ad emigrare. Anche per farci curare dobbiamo spostarci al nord, e quando non si ha la possibilità di farlo si è obbligati a morire. Perchè questo è il destino per che vive nelle colonie, dove i diritti della popolazione non sono equiparati a quelli dei cittadini dello Stato occupante. E figuriamoci se il voto espresso da una "colonia" possa avere un suo peso nel cambiare le sorti politiche dello "Stato occupante". Il voto del Sud, a detta di giornali e televisioni (tutti del Nord), infatti, esprime solo la naturale propensione dei meridionali ad essere assistiti e a non voler lavorare. Denigrare il voto dei meridionali però serve al Nord per svuotarlo del suo vero significato politico: questa volta, a differenza di 157 anni fa, non vogliono piu ascoltare le nostre grida di dolore (chi sa perchè i piemontesi, invece, le ascoltarono molto bene). E allora come finirà? Finirà che chi ha più potere economico e mediatico prevarra su chi ha meno diritti. Il Nord, che ha votato in massa per la Lega, non rinuncerà ai suoi privilegi e al controllo del potere e delle risorse del mezzogiorno. Quindi lo scenario più probabile è che Salvini diventi presidente del consiglio con buona pace dei meridionali, che a meno di sollevazioni popolari, continueranno ed essere sfruttati ed insultati. |
Quello che è successo al San Paolo, domenica contro il Livorno, fa parte di una commedia degli "errori" a cui siamo oramai abituati da sempre. Appare sempre più stridente la contrapposizione tra i due famosi striscioni, quello esposto sul campo prima della partita e quello espoto in curva B. Il primo che cercava di tenere desta l'attezione sulla tragedia dei fuochi, il secondo che, con una ironia autolesionista, e in maniera inconsapevole, "distraeva" quell'attenzione attraverso un attacco personale rivolto alle autorità sportive. A, parte l'errore di comunicazione per cui la maggior parte non ha capito inizialmente il senso della scritta "Napoli Colera", crediamo che se da un lato sia stato un vero è proprio autogol l'essersi "ironicamente" autodenigrati, dall'altro si è persa una importante occasione per portare alla ribalta nazionale il dramma della terra dei fuochi, ben più importante della polemica contro le autorità sportive. Oltretutto, la chiusura della curva del Milan era stato già un segnale forte dato proprio dalle autorità sportive, a cui evidentemente le curve del nord non erano abituate. Allora bisognava lavorare su questo cambio di rotta, piuttosto che intraprendere una polemica sterile che rischia solo di indispettire chi ha, comunque, compiuto un gesto storico, come quello di chiudere una curva di serie A per razzismo territoriale. Allora, senza voler attaccare nessuno, sopratutto chi da 50 anni ogni domenica a Napoli e "all'estero" va a "battersi" per i colori azzurri, raccogliendo insulti e offese in giro per l'Italia, diciamo semplicemente che in un momento cosi grave per le nostre martoriate terre, dove è in atto un vero e proprio "biocidio", forse il mondo del calcio dovrebbe sposare per un attimo la causa del mondo "esterno", e, per una volta, provare ad essere una sola cosa per il bene di tutti. Proprio in quella giornata, forse, non era necessaria l'immancabile ironia napoletana, ma questa è solo una nostra modestissima opinione. |
Nel regno delle Due Sicilie, femminielli e omosessuali sono parte integrante della società. Per esempio, i femminielli insegnavano ai giovani i ruoli del sesso, facevano da sensali, predicevano il futuro con la tombola, e portavano le donne a Montevergine perché avessero gravidanze feconde. Le leggi sull'omosessualità vigenti nel Regno delle Due Sicilie erano le più illuminate dell'Italia pre-unitaria, e i reati sessuali (stupro, sevizie, ratto, violenza su minori, oltraggio al pudore e simili) venivano trattati a prescindere dal sesso dei soggetti. Con l’unità d’Italia viene applicato lo Statuto Albertino, copiato dai prussiani. Lo statuto prussiano è influenzato direttamente da quello Vittoriano, che è la fonte di ogni persecuzione ancora oggi nelle numerose colonie del Commonwealth, ed istituisce il famigerato paragrafo 175, che impone la prigione ad ogni “uomo che” permette o “commette atti licenziosi e lascivi con un altro uomo”. Il codice penale del Regno di Sardegna fu esteso nel 1860 al resto dell'Italia appena unificata. Il famigerato articolo 425, che puniva gli atti omosessuali su querela di parte o in caso di "scandalo", entrò così in vigore anche nelle altre province del neonato Regno. Ci fu però un'eccezione molto significativa: al momento di promulgare il "nuovo" codice nell'ex-Regno delle due Sicilie, l'art. 425, assieme a pochi altri, fu abrogato. È questo un sintomo del disagio con cui le bigotte disposizione legislative sarde sull'omosessualità venivano accolte nel resto d'Italia. Si tratta anche di un implicito riconoscimento degli effetti devastanti che una legge repressiva avrebbe avuto sui costumi del Sud Italia, dove una fase di comportamento omosessuale veniva data implicitamente per scontata nella vita di ogni individuo. Fu insomma una prima, silenziosa ammissione della diversità fra le due "culture" dell'omosessualità, quella mediterranea e quella nordica, esistenti anche oggi in Italia. Di fatto si giunse comunque a un paradosso: la pratica omosessuale fra adulti consenzienti poteva costituire un reato a Torino, Milano, Cagliari o Ancona, ma non a Firenze, Napoli, Bari o Palermo. Una situazione decisamente anomala. Quando però venne il momento, dopo interminabili discussioni, di promulgare il primo codice penale veramente "italiano" (il codice Zanardelli, del 1889), il contrasto fra le due disposizioni legislative fu risolto una volta di più secondo la tradizione del codice napoleonico. Quello omosessuale ritornò così ad essere un comportamento che, se compiuto fra adulti consenzienti in privato, non era preso in considerazione dalle leggi. Questo durò poco, perchè durante il fascismo gli omosessuali vennero inseriti tra i gruppi da colpire per la "tutela della razza". Il fascismo si basava su almeno un secolo di tradizione giuridica e clericale repressiva italiana, che puntava a cancellare del tutto l'omosessualità negandole qualsiasi spazio di visibilità, fosse pure deviante. La repressione delle condotte omosessuali in Italia fu estremamente efficace: Viviani e De Filippo non citeranno mai la figura del femminiello nelle loro numerose opere! Il sud ha perso 152 anni di civiltà ed oggi siamo costretti a dover discutere su una legge contro l'omofoba, quando la nostra cultura mediterranea, per secoli, ha considerato l'omosessualità un fatto assolutamente naturale e lecito. |
Decreto portante la classificazione delle dogane della frontiera di terra Napoli 12 Luglio 1824
FERDINANDO I PER LA GRAZIA DI DIO RE DEL REGNO DELLE DUE SIClLIE, DI GERUSALEMME ec. INFANTE DI SPAGNA, DUCA DI PARMA, PIACENZA, CASTRO ec. ec. GRAN PRINCIPE EREDITARIO DI TOSCANA ec. ec. ec.
Vista la legge del di primo di giugno 1817 ed il nostro decreto degli 8 di marzo di questo anno, relativo alla classificazione delle dogane del littorale de’ nostri dominj al di qua del Faro; Sulla preposizione del nostro Consigliere Ministro di Stato Ministro Segretario di Stato delle finanze; Udito il nostro ordinario Consiglio di Stato; Abbiamo risoluto di decretare, e decretiamo quanto segue:
Art. 1. Le dogane della frontiera di terra del nostro regno saranno divise in due classi: 1° d’importazione ed esportazione non limitata; 2° d importazione ed esportazione limitata pe’ generi su’ quali il dazio non dovrà eccedere i ducati dodici
Art. 2. Saranno dogane d importazione ed esportazione non limitata Portella per Fondi, Castelluccio, Casabiggiani in Villa Carmine, Cittaducale, Carsoli, Martinsicuro per Giulia.
Art.3. Le dogane d’importazione ed esportazione de’ generi su’ quali il dazio non dovrà eccedere i ducati dodici saranno le seguenti: Lenola, Pastena, S.Giovanni Incarico, Collenoci, Isoletta, Roccavivi, Civitellaroveto, Capistrello, Cappapadocia, Cavaliere, Tufo, Leofreni, Borgo S.Pietro, Capradosso, Cantalice, Cittareale, Grisciano, S.Vito Teramano, Passo di Civitella, S.Egidio e Controguerra;
Art. 4. I conduttori de’ generi che dall’estero saranno introdotti per terra ne’ nostri dominj di qua del Faro, dovranno battere le strade qui appresso indicate:
Per la dogana di Fondi, entrando nel regno percorreranno la strada regia consolare che passa per 1’Epitaffio, Portella, Fondi, Itri e Mola. Per la dogana di Lenola entrando nel regno percorreranno la strada detta Quercia del Monaco che va in Lenola. Per la dogana di Pastena entrando nel regno percorreranno la strada che porta alla Madonna delle Macchie, e da questa direttamente per la piana in Pastena. Per la dogana di S.Giovanni Incarico entrando nel regno percorreranno la strada detta Fontanelle che va in S.Giovanni Incarico. Per la dogana d’Isoletta entrando nel regno percorreranno la strada rotabile detta Santa Giusta che va in Isoletta. Per la dogana di Collenoci entrando nel regno percorreranno la strada rotabile che porta alla Zingardara, ov’è la detta dogana di Collenoci. Per la dogana di Castelluccio entrando nel regno percorreranno la strada rotabile detta de’Colli che va in Castelluccio. Per la dogana di Roccavivi entrando nel regno percorreranno la strada detta Prato di Campoli che va in Roccavivi. Per la dogana di Civitellaroveto entrando nel regno percorreranno la strada detta Serra di S.Antonio e della Croce che va in Civitellaroveto. Per la dogana di Capistrello entrando nel regno percorreranno la strada detta Serra di S.Antonio, S.Vito e Pescocanale, che va in Capistrello. Per la dogana di Cappadocia entrando nel regno percorreranno la strada detta Cesacotta e Serra che va in Cappadocia. Per la dogana di Cavaliere entrando nel regno percorreranno la strada detta Rivotorto che va in Cavaliere. Per la dogana di Carsoli entrando nel regno percorreranno 1’antica strada Valeria ora detta del Trajetto che va in Carsoli. Per la dogana di Tufo entrando nel regno percorreranno la strada detta dell’Aja vecchia che va in Tufo. Per la dogana di Leofreni entrando nel regno percorreranno la strada detta della Pozzella e delle Cimate della foce che va in Leofreni. Per la dogana di Borgo S.Pietro entrando nel regno percorreranno la strada detta Pereto del poggio Vittiano al ponte che va in Borgo S.Pietro. Per la dogana di Capradosso entrando nel regno percorreranno la strada detta S’Bucetto che va in Capradosso. Per la dogana di Cittaducale entrando nel regno percorreranno la strada consolare detta Salara che va in Cittaducale. Per la dogana di Cantalice entrando nel regno percorreranno la strada detta delle Fossate che va in Cantalice. Per la dogana di Casabiggiani sita in Villa Carmine entrando nel regno percorreranno la strada di Casapulcina che va in Casabiggiani, o pure quella detta Valleorticara che va anche in Casabiggiani. Per la dogana di Cittareale entrando nel regno percorreranno la strada detta Forchetta che va in Cittareale. Per la dogana di Grisciano entrando nel regno percorreranno la strada detta Romana via fiume Tronto che va in Grisciano. Per la dogana di S.Vito Teramano entrando nel regno percorreranno la strada che direttamente porta in essa chiamata via S.Vito. Per la dogana di Passo di Civitella entrando nel regno percorreranno la strada detta Galluccio che va nel passo di Civitella. Per la dogana di S.Egidio entrando nel regno percorreranno la strada rotabile detta Fonte del rocco che va in S.Egidio o pure quella detta della Cona della Madonna delle grazie che va an che in S’Egidio. Per la dogana di Controgucrra entrando nel regno percorreranno la strada del mulino di Controguerra che va nello stesso Controguerra. Per la dogana di Martinsicuro per Giulia entrando nel regno percorreranno la strada regia consolare del ponte che va direttamente in Martinsicuro e Giulia
Art.5 Le attuali nostre dogane d’Isola, Sora, S.Germano Tagliacozzo Pelrella e Leofari rimangono abolite
Art.6 La dogana limitata di Carsoli divenuta giusta 1’articolo 2 del presente decreto, dogana illimitata sarà in correlazione pe’ transiti colla dogana pontificia di Riofreddo, un vece dell’abolita dogana di Tagliacozzo
Art.7 Tutti i generi esteri che saranno sorpresi ne’ lenimenti de’ comuni confinanti collo Stato estero in istrade diverse da quelle indicate nell’articolo 4, sfornite della bolletta a pagamento verranno arrestati in contrabbando, e sottoposti alle pene stabilite nelle leggi in vigore. Sono eccettuate da tali disposizioni le mercanzie che essendo suscettive di bollo doganale, ne fossero munite.
Art.8 La dogana di Silvi sarà compresa nella disposizione dell’articolo 3 del citato nostro decreto degli 8 di marzo di questo anno.
Art.9 Tutte le disposizioni contenute nella enunciata légge del dì primo di giugno 1817 che non sono contrarie al presente decreto restano in vigore.
Art10 Le disposizioni contenute nel presente decreto cominceranno ad avere la di loro esecuzione dal dì primo del prossimo mese di settembre. Art.11 Il nostro Consigliere Ministro di Stato Ministro Segretario di Stato delle finanze è incaricato della esecuzione del presente decreto
Firmato FERDINANDO Il
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Post n°134 pubblicato il 14 Marzo 2013 da lecittadelsud
Francesco Marzio Proto Carafa Pallavicino, duca di Maddaloni (Napoli, 1815 – Napoli, 1892), è stato un politico italiano. Nel 1848 venne eletto come deputato di Casoria alla Camera Napoletana. Dopo un lungo esilio, si fece eleggere come deputato alla Camera del Regno d'Italia nel 1861. Il 20 novembre del 1861, Francesco Proto presentò una mozione che fu un violento atto di accusa contro la politica del Governo nei riguardi delle province napoletane dove si venne a creare una situazione che non si riusciva più a controllare. La mozione, per la sua dura e cruda verità, irritò il Governo e il deputato di Casoria venne, quindi, invitato a ritirarla e, al suo rifiuto, la Presidenza della Camera non ne autorizzò la pubblicazione negli Atti parlamentari e ne vietò la discussione in aula. Dopo poco il deputato Francesco Proto si dimise dal Parlamento, tornando a Napoli dove morì nel 1892. Il suo intervento duro intervento comincia con queste parole: “Io mi fo oso di presentare alla Camera questa mia mozione d'inchiesta parlamentare par i fatti che si passano nelle provincie napoletane. Essi sono di tal natura, che richieggono pronti rimedi, o sopratutto rimedi giusti e saggi. Né ciò solamente è necessario per la salute lei mio paese, ma sì per la salvezza di tutta Italia ad un tempo. La questione napolitana oggi non è questione di colori, la qesttione napolitana è questione di cuore.” Ecco alcuni passi tratti dalla mozione d’inchiesta:
CORRUZIONE E DISFACIMENTO MORALE gli uomini di stato del Piemonte hanno corrotto quanto vi rimanea di morale, hanno infrante e sperperate le forze e le ricchezze da tanto secolo ammassate; hanno spoglio il popolo delle sue leggi, del suo pane, del suo onore, e sin dal suo stesso Dio vorrebbero dividerlo, dove contro Iddio potesse combattete umana potenza. Hanno insanguinato ogni angolo del regno, combattendo e facendo crudelissima una insurrezione, che un governo nato dal suffragio popolare dovrebbe aver meno in orrore. II governo di Piemonte toglie dal banco il danaro de' privati, e del danaro pubblico fa getto fra i suoi sicofanti; scioglie le Accademie, annulla la pubblica istruzione; per corrottissimi tribunali lascia cadere in discredito la giustizia; al reggimento delle provincie mette uomini di parte, spesso sanguinosi ladroni, caccia nelle prigioni, nella miseria, nell'esilio, non che gli amici e i servitori del passato reggimento, (onesti essi siano o no, che anzi più facilmente se onesti) ma i loro più lontani congiunti, quelli che non ne hanno che il casato; ogni giorno fa novello oltraggio al nome napoletano, facendo però di umiliare cosi nobilissima parte d'Italia; pone la menzogna in luogo di ogni verità; travolge il senso pubblico per le veraci idee di virtù e di onoratezza; arma contro ai cittadini i cittadini; e tutti in una vergogna conculca e servi e avversarii e fautori. II governo piemontese trucida questa Metropoli, che la terza è di Europa per frequenza di popolo, e la prima d'Italia per la bellezza di doni celesti, e la più gloriosa dopo Roma; questa Metropoli onorata e serbata libera sin dagli stessi dominatori del mondo;
LA PIEMONTIZZAZIONE La loro smania di subito impiantare nelle provincie Napoletane quanto più si poteva delle istituzioni di Piemonte, senza neppur discutere se fossero o no opportune, fece nascere sin dal principio della dominazione piemontese il concetto e la voce piemontizzare. Questo fatto è ben lo specchio che riflette la oscena opera degli uomini preposti alla pubblica cosa, e nella dilapidazione dello erario del Napoletano chi non saprebbe affigurare la ragione delle sventure che per noi sì durano? E dopo tanto sperpero della pubblica pecunia, è egli ricco il popolo? Ha pane, ha lavoro, suprema bisogna dell'umanità? Intere famiglie veggonsi accattar l'elemosina; diminuito, anzi annullato il commercio, serrati i privati opificii per concorrenze subitanee, intempestive, impossibili a sostenersi, e per lo annulla mento delle tariffe e per le mal proporzionate riforme; null'altro in fatto di pubblici lavori veggiamo fare se non lentamente continuarsi qualche branca di ferrovia, o metter pietre inaugurali di opere, che poi non veggonsi mai continuare. E frattanto tutto si fa venir di Piemonte, persino le cassette della posta, la carta per i Dicasteri, e per le pubbliche amministrazioni. Non vi ha faccenda nella quale un onest'uomo possa buscarsi alcun ducato, che non si chiami un piemontese a disbrigarla. A mercanti di Piemonte dannosi le forniture della milizia, e delle amministrazioni, od almeno delle più lucrose, burocratici di Piemonte occupano quasi tutti i pubblici uffizi, gente spesso ben più corrotta degli antichi burocratici napolitani, e di una ignoranza, e di una ottusità di mente, che non teneasi possibile dalla gente del mezzodì. Anche a fabbricare le ferrovie si mandano operai piemontesi, ed i quali oltraggiosamente pagansi il doppio che i napolitani; a facchini della dogana, a carcerieri vengono uomini di Piemonte, e donne piemontesi si prendono a nutrici nell'ospizio dei trovatelli. quasi neppure il sangue di questo popolo più fosse bello e salutevole. Questa è invasione, non unione, non annessione! Questo e un voler sfruttare la nostra terra, siccome terra di conquista. Il governo di Piemonte vuole trattar le provincie meridionali come il Cortes od il Pizzarro facevano nel Perù e nel Messico, come i fiorentini nell'agro Pisano, come i genovesi nella Corsica, come gli inglesi nei regni del Bengala. Ma esso non le ha conquistate queste contrade, perciocché non è soggiogare un paese il prepararsene l'ausilio per cospirazioni, od il corrompere e lo squassare la fede dello esercito, cd i! comperarne i condottieri, ed i consiglieri del principe indurre al tradimento. Soffrite pur che il diciamo, il governo piemontese fa a Napoli come quel parassito che, invitato a desco fraterno, ne porta via gli argenti.
L’ESERCITO NAPOLETANO Lo scioglimento dell'esercito borbonico fu poi il più grave delitto del governo piemontese, perciocché per esso sperperandosi follemente un gran nerbo di forza italiana facevasi sempre più fiacco il nuovo regno, e serviva meravigliosamente di talento dei politici austriaci, che mal vedevano l'esercito delle provincie meridionali si aggiugnesse a quello delle subalpine Muoiono della fame. Chieggiono lavoro, ne lo si vuol concedere loro. Vi ha gentiluomini che sonosi offerti anche a vangare la terra per buscarsi pane più sufficiente. però sono essi trattati peggio che i galeotti. E perché mai? Qual delitto hanno commesso eglino, perché il governo piemontese abbia a spiegar tanto lusso di crudeltà? Perché abbia a torturare con la fame e con l'inerzia e la prigione uomini nati in Italia come noi? Ma più che stolta ed ingiusta, fratricida ed immanissima tornava la dissoluzione dello esercito napoletano. perché essa diede agio ai soldati di esso di riassembrarsi e di affortificar l'ira di un popolo conculcato, che da per ogni dove insorge per la indipendenza della nazione napolitana contro la signoria subalpina. Lo esercito napoletano, tradito da' suoi generali, voleva mostrare al mondo che non era esso traditore nè codardo, e si ragunava ne' monti, e benché privo di armi e di condottieri, piombava terribile contro ad un esercito non reo della sua oppressione.
LA GUERRA CIVILE Il sangue di questa guerra fratricida piombi su quelli che l'accesero, ed esso gli affogherà; sangue di 20mila uomini spenti, quali nella lotta, quali fucilati perché prigionieri o sospetti od ingiustamente accusati; e di 13 paesi innocenti dati in preda al sacco ed al fuoco. Essi colpevoli dello aver fatto nascere e fecondato la insurrezione, credendo poterla vincere con il terrorismo, e con il terrorismo crebbe l'insurrezione, e così corrompesi anche quel solo di buono che avevasi il Piemonte, l'esercito piemontese; conciosiacchè misero quell'esercito che la necessità della guerra civile spinge ad incrudelire ed abbandonarsi a saccheggi e ad opera di vendetta. La mente mi si turba e tremami la destra in pensando le immanità, che faranno terribilmente celebre la storia di questa rivoltura, e le quali io mi propongo descrivere in altra opera, avvalorandole de' documenti, sittosto le ire saranno calme. I delitti perpetrati in questa guerra civile ci farebbero arrossire della umana spoglia che vestiamo. Gente della nostra patria vien passata per le armi, senza neppur forma di giudizio statario, sulla semplice delazione di un nemico, pel semplice sospetto di aver nudrito o date asilo ad un insorto. Soldati piemontesi conducono al supplizio i prigionieri negando loro i supremi conforti della fede; né a pochi feriti venne ricusata l'opera del cerusico, cosicché furono lasciati morire nelle orribili torture del tetano. Testé a Caserta furono fatti prigionieri due dei cosi detti briganti, e da due giorni si teneano in carcere digiuni. Gridavano essi pane! pane! E niuno rispondeva loro. Finalmente fu schiuso il doloroso carcere, e quando quei miseri fecersi alla porta credendo ricevere alimento, furono presi e condotti nella corte e fucilati. Ogni campo si troverà gremito di croci sepolcrali: ogni capanna ricorderà le stragi di questo tempo: ogni tempio adornerà un altare espiatorio che ricordi la guerra fratricida: ogni provincia mostrerà i ruderi di una o più città incendiate, e colà trarranno in pellegrinaggio i nepoti delle nostre vittime, e gli additeranno ai loro figliuoli siccome esempio terribile del dove possa condurre una Nazione il voler attuare pensieri innaturali od immaturi.
L’INVITO A “RINSAVIRE” Salviamo da più lunghi mali questa patria. Cansiamo una invasione di stranieri oggi che la Francia ci abbandona a noi stessi, che Roma non potete più sperare, che il fantasma dell'Austria, e della coalizione nordica ci sorge d'incontro minaccioso, che Italia al modo che si è pretesa farla, non par più possibile si faccia, che da non pochi è tenuto nullo il plebiscito, e da moltissimi, anche ammettendolo, non è tenuto più valido il poter nostro, come quello che alle condizioni di esso non più si conforma. Il governo di Piemonte non può superare le difficoltà interne, e dove anche bastasse a ridurre in fede le provincie napolitane, sorgerà giorno che tutti infolliranno gli spiriti d'Italia contro a questa egemonia piemontese, e per verità ciò che in sei mesi or sono, consigliava opportuno a fare Italia (1) cioè il trasferire a Napoli la sede della Monarchia, oggi nol saprei più suggerire, perciocché lealtà di gentiluomo mel difende. Il governo piemontese metterebbe in compromesso l'antico senza poter più serbare il novello acquisto. Rinsaviamo dunque. Il male è più radicale che non si pensa. Non ama Italia soltanto quegli che la vorrebbe Una ed indivisibile; ma quegli più è suo amico che la vuole civile e concorde, piuttosto che barbara e discorde, ed Una e morta, purché in deserto feretro di regina
(Dalle cose di Napoli- Discorso del Duca di Maddaloni deputato al primo Parlamento italiano, Unione Tipografica Editrice, Torino, 1862) |
Pubblicato il numero di dicembre 2012 del Check-Up Mezzogiorno, raccolta ragionata e commentata dei principali indicatori economici e sociali meridionali, a cura dell’Area Mezzogiorno di Confindustria e di SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno. Il Check-up, con un ampio corredo di tabelle e grafici, articolati in 11 capitoli ed in un ampio “Focus crisi”, fornisce una dettagliata fotografia dei principali fenomeni economici e sociali relativi al Mezzogiorno – dal quadro macroeconomico alle caratteristiche delle imprese, dal mercato del lavoro alla dotazione infrastrutturale, dal credito all’attuazione delle politiche sviluppo – arricchiti dal dettaglio regionale e da confronti con gli altri paesi europei. In particolare, il nuovo approfondimento “Focus crisi”presenta l’aggiornamento di un numero più selezionato di indicatori di natura più squisitamente congiunturale, al fine di illustrare (anche graficamente, grazie all’ausilio di un vero e proprio “cruscotto”), l’impatto della crisi economica e finanziaria sulle regioni meridionali. Il rapporto analizza e documenta il permanere di rilevanti divari di sviluppo, sia interni sia internazionali, mettendo in evidenza anche i segnali positivi che provengono dall’area, ed in particolare, quelli provenienti dal tessuto produttivo meridionale, a partire dalla significativa ripresa dell’export. Tra il 2007 e il 2011 il Prodotto Interno Lordo (PIL) del Mezzogiorno, in termini reali, ha subito una riduzione di quasi 24 miliardi di euro (-6,8%), mentre gli Investimenti Fissi Lordi nel 2011 sono stati di 8 miliardi inferiori rispetto al 2007 (-11,5%). Nel Mezzogiorno il numero di imprese attive al III trimestre 2012 (circa 1 milione e 700 mila) si è ridotto dello 0,9% (-16.287) rispetto al III trimestre 2007, mentre per il Centro-Nord il saldo risulta positivo (+2,7%). Il calo dell’attività economica nel Mezzogiorno ha avuto riflessi altrettanto importanti sul livello di occupazione ampliando ulteriormente i già profondi divari esistenti. Nel Mezzogiorno, tra il 2007 ed il 2012 il numero di occupati si è ridotto di circa 330 mila unità, mentre nel Centro-Nord, al contrario, ci sono 32 mila occupati in più nel 2012 rispetto al 2007. Il tasso medio di disoccupazione dei primi due trimestri nel 2012 è salito a 17,4% (era pari al 13,6% nello stesso periodo del 2011). Il calo dell’occupazione e le crescenti difficoltà economiche delle famiglie si traducono in un problema che può avere effetti strutturali per lo sviluppo economico del Mezzogiorno: “l’emorragia di capitale umano”. Sono sempre di più, infatti, i cittadini meridionali che decidono di lasciare il Mezzogiorno per andare a vivere nel Centro-Nord o all’estero. Il persistere della crisi è causa ed effetto del forte calo degli investimenti pubblici. La spesa in conto capitale nel Mezzogiorno si è ridotta, dal 2007 al 2011, di circa 7 miliardi di euro, passando dai 22 miliardi del 2007 a poco più di 15 nel 2011. I problemi infrastrutturali, burocratici e di corruzione, il deficit di servizi ad elevato valore aggiunto, la restrizione del credito, l’insufficiente spesa in ricerca, i ritardi dei pagamenti della PA, sono tutte questioni nodali che scoraggiano tale propensione ad investire e che una rinnovata e forte politica di sviluppo dovrebbe porre al centro della propria azione. Al centro di questa politica dovrebbe tornare l’esigenza di una rinnovata politica industriale per il Mezzogiorno che torni a promuovere gli investimenti delle imprese meridionali. Una politica rinnovata e migliorata, e dotata di strumenti e risorse adeguati. In questo scenario caratterizzato da un drastico calo della domanda interna (a causa del calo di consumi e degli investimenti), le imprese si sono volte con maggiore decisione verso i mercati internazionali più dinamici. Non a caso, quella delle esportazioni (come documenta il Focus Crisi) è l’unica variabile che si è riportata, già oggi, al di sopra dei valori pre-crisi. Inoltre, se si guarda alla dinamica più recente, questa è anche una delle poche variabili per le quali i divari interni tendono a ridursi. Dal I semestre 2011 al I semestre 2012, le esportazioni nel Mezzogiorno sono aumentate, infatti, del 7%, più di quanto siano aumentate nel Centro-Nord (+3,9%). Tuttavia, le imprese meridionali che esportano sono ancora relativamente poche (33,2% contro il 54,9% in Italia, secondo le stime per il 2012) e la percentuale media di fatturato realizzata all’estero è pari a 32,9% (38,2% in Italia). In conclusione, per l’economia del Mezzogiorno il momento della ripresa sembra non essere ancora arrivato. La “febbre” è ancora alta, ed i medicinali per farla scendere sono più che mai necessari, visti gli effetti estremamente negativi che si stanno producendo sulle imprese, sui lavoratori, sui cittadini meridionali. Tre appaiono, perciò, gli ambiti prioritari di intervento. In primo luogo, l’impresa. Il processo di selezione in corso rischia di condurre ad un significativo depauperamento della base produttiva meridionale: è necessario intervenire con decisione, sia sul versante pubblico sia su quello privato, per favorire la ripresa degli investimenti, il superamento della limitazione dimensionale, l’orientamento all’export, la capacità creditizia, l’innovazione delle imprese del Mezzogiorno, così come va ampliato il numero di tali imprese, sostenendo soprattutto i giovani nell’avvio di nuove attività imprenditoriali innovative e capaci di esaltare caratteristiche e potenzialità del territorio. In secondo luogo, il lavoro. L’aumento rilevante del ricorso agli ammortizzatori sociali, la riduzione del potere d’acquisto, la perdita vera e propria di centinaia di migliaia di posti di lavoro, l’assenza di opportunità occupazionali, soprattutto per giovani e donne, impongono alle Istituzioni, alle imprese, alle organizzazioni di rappresentanza degli interessi, l’adozione di misure urgenti per frenare l’emorragia e porre le basi di una struttura economica e di una disponibilità di capitale umano più capace di rispondere nel lungo periodo alle sfide del mercato. In terzo luogo, le condizioni di vita dei cittadini del Mezzogiorno. Gli effetti congiunti di una lunga crisi e di politiche di bilancio sempre più restrittive stanno peggiorando il livello di benessere del Sud: il processo di costruzione delle condizioni di contesto, prima di tutto infrastrutturali, affinché nel Mezzogiorno si possa restare e vivere bene, e vi possano di conseguenza essere attratte imprese e persone, traffici e turisti, va rafforzato al più presto.
Fonte: http://www.confindustria.it/Conf2004/hp.nsf/hp?ReadForm Per vedere il testo completo del rapporto “Chek-Up Mezzogiorno” clicca qui |
CARLO AFAN DE RIVERA, IL GRANDE INGEGNERE DUOSICILIANO CHE VOLEVA COLLEGARE IL TIRRENO ALL'ADRIATICONel 1832 Carlo Afan de Rivera (Gaeta, 12 ottobre 1779 – Napoli, 11 gennaio 1852), direttore generale del Corpo di Ponti e Strade, Acque, Foreste e Caccia del Regno delle Due Sicilie dal 1824, scrive al Re per presentargli un progetto ingegneristico maestoso quanto avveniristico: congiungere Gaeta a Pescara, e quindi il Tirreno all'Adriatico attraverso un canale navigabile. E lo fa attraverso un testo in cui minuziosamento descrive costi e benfici dell'opera, nonchè tutti i dettagli costruttivi. "Benefica natura ha prodigamente versato i suoi doni sulle due Sicilie, alle quali nulla ha negato di tutto ciò che può renderle ubertosissime, ricche e prosperevoli. Situate sotto un ciel temperato quasi in mezzo al mediterraneo, bagnate tutto all'intorno dal mare tranne la breve frontiera (Carlo Afan De Rivera, Considerazioni sul progetto di prosciugare il Lago Fucino e di congiungere il Mar Tirreno all'Adriatico per mezzo di un canale di navigazione - Napoli 1823) |
Dal 1898 al 1912 il campionato italiano di calcio fu riservato alle sole squadre del nord, in particolare del nascente triangolo idustriale Torino, Genova e Milano. Nel 1912 per garantire la definitiva patente di nazionalità al titolo, la FIGC aveva però bisogno che il campionato coinvolgesse anche tutto il Centro e il Sud, e non solo la Pianura Padana. |
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Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.
Italo Calvino, da “Le città invisibili”
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Paccheri Al Regno delle Due Sicilie
Paccheri di Gragnano ripieni di ricotta di pecora e Gamberetti di Mazzara su ragout di pomodorini del Vesuvio e salsa di Gamberi
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LA POESIA
"E ' a Riggina! Signò! … Quant'era bella! E che core teneva! E che maniere! Mo na bona parola 'a sentinella, mo na strignuta 'e mana a l'artigliere… Steva sempre cu nui! … Muntava nsella Currenno e ncuraggianno, juorne e sere, mo ccà, mo llà … V''o ggiuro nnanz' 'e sante! Nn'èramo nnammurate tuttequante! Cu chillo cappellino 'a cacciatora, vui qua' Riggina! Chella era na Fata! E t'era buonaùrio e t'era sora, quanno cchiù scassiava 'a cannunata!… Era capace 'e se fermà pe n'ora, e dispenzava buglie 'e ciucculata… Ire ferito? E t'asciuttava 'a faccia… Cadiva muorto? Te teneva 'mbraccia…".
(tratto da O' surdato 'e Gaeta di Ferdinando Russo)
PER RIDERE UN PO
Cavour è un tale che muore dal freddo piuttosto che dividere il fuoco con gli altri (G.Garibaldi)
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Il Sud e l'unità d'Italia
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Centro Cult. e di Studi Storici
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Terroni
Tutto quello che è stato fatto
perchè gli italiani del sud
diventassero meridionali
Pino Aprile
Piemme, 2010
La Rivoluzione Meridonale
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INNO DELLE DUE SICILIE
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IL MERIDIONALISMO E IL SUO PROFETA
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CARO NORD
(liberamente tratto dall'omonima lettera di Giuseppe Quartucci)
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L'uso criminoso dei NOSTRI soldi per avvelenare le NOSTRE FAMIGLIE deve finire.
HANNO DETTO SUL MERIDIONE
Il governo piemontese si vendica mettendo tutto a ferro e fuoco. Raccolti incendiati, provvigioni annientate, case demolite, mandrie sgozzate in massa. I piemontesi adoperano tutti i mezzi più orribili per togliere ogni risorsa al nemico, e finalmente arrivarono le fucilazioni! Si fucilarono senza distinzione i pacifici abitatori delle campagne, le donne e fino i fanciulli
L’ Osservatore Romano (1863)
Il Piemonte si è avventato sul regno di Napoli, che non voleva essere assorbito da quell'unità che avrebbe fatto scomparire la sua differenza etnica, le tradizioni e il carattere. Napoli è da sette interi anni un paese invaso, i cui abitanti sono alla mercè dei loro padroni. L’immoralità dell’amministrazione ha distrutto tutto, la prosperità del passato, la ricchezza del presente e le risorse del futuro. Si è pagato la camorra come i plebisciti, le elezioni come i comitati e gli agenti rivoluzionari
Pietro Calà Ulloa (1868)
Sorsero bande armate, che fan la guerra per la causa della legittimità; guerra di buon diritto perché si fa contro un oppressore che viene gratuitamente a metterci una catena di servaggio. I piemontesi incendiarono non una, non cento case, ma interi paesi, lasciando migliaia di famiglie nell’orrore e nella desolazione; fucilarono impunemente chiunque venne nelle loro mani, non risparmiando vecchi e fanciulli
Giacinto De Sivo (1868)
L’unità d’Italia è stata purtroppo la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico sano e profittevole. L’ unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse lo stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che in quelle meridionali
Giustino Fortunato (1899)
Sull’unità d´Italia il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata, è caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone
Gaetano Salvemini (1900)
Le monete degli stati pre-unitari al momento dell’annessione ammontavano a 668,4 milioni così ripartiti:
Regno delle DueSicilie 443,2, Lombardia 8,1, Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, Roma 35,3, Romagna,Marche e Umbria 55,3, Sardegna 27,0, Toscana 85,2, Venezia 12,7
FrancescoSaverio Nitti (1903)
Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l´Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti
Antonio Gramsci (1920)
Prima di occuparci della mafia dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita, in Sicilia. La mafia nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia
Rocco Chinnici (1983)
L’ufficio dello stato maggiore dell’esercito italiano è l’armadio nel quale l’unificazione tiene sotto chiave il proprio fetore storico: quello dei massacri, delle profanazioni e dei furti sacrileghi, degli incendi, delle torture, delle confische abusive, delle collusioni con la sua camorra, degli stupri, delle giustizie sommarie, delle prebende e dei privilegi dispensati a traditori, assassini e prostitute
Angelo Manna (1991)
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