LE CITTA' DEL SUDIdentità e decrescita sostenibile delle province duosiciliane |
QUESTO BLOG LANCIA LA CAMPAGNA:
- CONSUMI + RINNOVABILI = CITTA' SOSTENIBILI
UN FUTURO MIGLIORE E' POSSIBILE SOLO SE RINUNCIAMO A
QUALCOSA OGGI PER GARANTIRLA DOMANI AI NOSTRI FIGLI
NOI VOGLIAMO CHE LE NOSTRE CITTA' DEL SUD DIVENTINO CITTA' RINNOVABILI E QUINDI SOSTENIBILI
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"campagna citta sostenibili"
L’Italia continua a soffocare a causa delle polvere sottili. Esposizioni, anche di breve durata, ad elevate concentrazioni di PM10 possono causare gravi conseguenze alla salute dei cittadini. Per ridurre l’inquinamento da polveri sottili servono interventi strutturali quali il rilancio del trasporto pubblico, la limitazione dei veicoli più inquinanti, la riduzione dei limiti di velocità, la diffusione del “car sharing” e della mobilità “dolce”, ovvero quella ciclabile e pedonale, con l’aumento delle aree a traffico limitato e delle isole pedonali.
LE CITTA' VANNO RIPENSATE NELL’OTTICA DELLA MOBILITA’ SOSTENIBILE E DEL MIGLIORAMENTO DELL'EFFICIENZA ENERGETICA DEGLI EDIFICI
SALVIAMO LA NOSTRA ECONOMIA
ATTENZIONE!!!
E' DISPONIBILE UNA NUOVA APPLICAZIONE PER CHI VUOLE FARE LA SPESA PREMIANDO LE AZIENDE DEL SUD ITALIA E A KM O
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SE OGNI MESE UNA FAMIGLIA DI MERIDIONALI (CIRCA 6 MILIONI IN ITALIA) SPENDE 200 euro DI PRODOTTI DEL SUD, OGNI ANNO LE NOSTRE IMPRESE INCASSERANNO 14,4 MILIARDI DI EURO CHE POTRANNO AIUTARE L'ECONOMIA DEL SUD.
DIAMO UN AIUTO CONCRETO ALLO SVILUPPO DELL'ECONOMIA DEL SUD
NOVITA': SCARICA IL VOLANTINO "COMPRA PRODOTTI DEL SUD" E DISTRIBUISCILO DAVANTI AL TUO SUPERMERCATO
(campagna promossa dal Partito del Sud e Insieme per la Rinascita)
PENSA GLOBALE, MANGIA LOCALE
TRE BUONI MOTIVI PER ACQUISTARE PRODOTTI A "CHILOMETRI ZERO"
1) privilegiando l'acquisto di prodotti locali e di stagione si può risparmiare oltre 100 euro al mese rispetto ai 467 che ogni famiglia destina mensilmente in media all'acquisto di alimenti e bevande al mese
2) i prodotti non subiscono troppe intermediazioni e non devono percorrere lunghe distanze prima di giungere sulle tavole subendo i rincari dei costi di trasporto dovuti al caro petrolio.
3) in questo modo diamo una mano a salvare la terra dal surriscaldamento globale e aiutiamo le economie locali ad uscire dalla crisi
per maggiori informazioni CLICCA QUI
Lo spreco è diventato uno stile di vita che possiamo correggere con efficacia e leggerezza, cercando di evitarlo anche attraverso i piccoli comportamenti.
Il suo contrario, non sprecare, è una chiave per affrontare il cambiamento con più ottimismo e con qualche sogno. Entra nella community di uomini e donne che vogliono provare a non sprecare. Che cosa? I beni materiali, certo: cibo, acqua, oggetti, soldi, risorse naturali. Ma anche i beni immateriali: la salute, il corpo, il tempo, il talento. E innanzitutto la vita
SALVIAMO IL NOSTRO AMBIENTE
NO AL NUCLEARE
Il popolo italiano ha votato a larghissima maggioranza, con i 3 referendum del 1987 e con l'ultimo del 2011, contro il nucleare. Germania, Belgio, Olanda, Spagna, Svezia e per ultima la Svizzera, hanno deciso di non costruire più centrali nucleari nel loro territorio, puntando sulle energie rinnovabili. Esistono 5 buone ragioni per dire NO con forza al nucleare:
1) per far funzionare le centrali dovremmo importare uranio il cui prezzo sta salendo ancora più rapidamente del petrolio; L'URANIO, COME IL PETROLIO, E' UNA FONTE ESAURIBILE, QUINDI DOPO LE GUERRE PER IL PETROLIO CI SARANNO LE GUERRE PER L'URANIO
2) non esiste il nucleare “sicuro” e “pulito”: i reattori di “quarta generazione” sono previsti tra 25-35 anni e intanto il governo vuole costruire centrali di “terza generazione” (vedi Cernobyl)
3) le centrali hanno il problema dello smaltimento delle scorie che restano radioattive per centinaia e migliaia di anni.il nucleare è fuori mercato, vive grazie a sovvenzioni statali e militari:
4) le stime Usa per i nuovi impianti danno il costo del kWh nucleare addirittura del 20% in più del gas o del carbone, e per questo negli Usa, nonostante gli enormi incentivi stanziati da Bush, nessun privato ci investe dal 1976.
5) la strada da seguire è l’affrancamento dalla schiavitù del petrolio investendo grandi risorse sulle fonti rinnovabili e puntando sul risparmio energetico
CLICCA QUI PER ACCEDERE ALLA RETE NAZIONALE ANTINUCLEARE
NO ALLE DISCARICHE ED AGLI INCENERITORI
La strategia Rifiuti Zero”, permette il più alto bilancio energetico (e quindi il più alto risparmio in rapporto a tutti gli altri sistemi (inceneritori, rigassifficatori, dissociatori molecolari) si articola in:
1) il recupero dei materiali “post consumo” attraverso l’allungamento del ciclo di vita delle merci (sia in fase di progettazione che di uso mediante il riutilizzo);
2) la messa al bando della plastica monouso e la riduzione degli imballaggi inutili a monte;
3) la raccolta differenziata porta a porta che rende possibile percentuali di recupero vicine all’80 %. Con il raggiungimento di queste percentuali così come avviene in migliaia di città nel mondo, che fanno a meno di inceneritori e discariche, il problema “rifiuti” sarebbe per la gran parte risolto;
4) l’attivazione della filiera per il riciclo del secco da trasformare in nuova materia e dell’umido da inviare a compostaggio;
5) l’utilizzo degli impianti di TBM trattamento a freddo o meccanico/biologico, capaci di inertizzare, il residuo 20% dei rifiuti attraverso un processo del tutto naturale e paragonabile a ciò che avviene normalmente in un bosco in inverno (digestione aerobica). Questo processo permetterebbe la riduzione di peso di circa la metà ed il deposito sicuro del materiale di risulta, tra l’altro utilizzabile per la sotto pavimentazione stradale. Gli impianti di TMB a chiusura del ciclo in alternativa agli inceneritori, oltre che essere sicuri sotto il profilo ambientale e sanitario sono anche molto più economici e forse è proprio questo il vero motivo di tanto ostracismo;
6) la visibilità dei residui del ciclo è fondamentale per il fatto che attraverso di essi è possibile affrontare a monte il problema in termini di una diversa progettazione dei beni e degli stessi materiali in maniera tale da abolire a monte, dal lato della produzione i rifiuti non recuperabili.
Come possono le nostre città rispondere ai rischi e alle opportunità che ci si presentano a causa del Picco del Petrolio e del Cambiamento Climatico?
Come possiamo aumentare la nostra resilienza (per mitigare le conseguenze del Picco del Petrolio) e ridurre drasticamente le nostre emissioni di CO2 (per mitigare gli effetti del Riscaldamento Globale) in tutti gli aspetti della vita e delle attività di questa comunità?
Il modello di Transizione (Transition Town) cerca di dare una risposta a questi interrogativi partendo dal riconoscere due punti cruciali:
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Abbiamo usato un’immensa quantità di creatività, ingenuità e adattabilità durante il percorso di crescita energetica che la nostra civiltà ha compiuto fino ad oggi grazie alle fonti di energia fossili e non c’è ragione per non fare lo stesso anche nel percorso di decrescita che dobbiamo fronteggiare.
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Se agiamo subito, in modo collettivo, è molto probabile riuscire a creare un nuovo e piacevole modo di vivere con maggiori relazioni tra le persone e maggiore integrazione con l’ambiente rispetto all’attuale frenetico sistema dipendente dal petrolio.
La Transizione è un esperimento sociale su grande scala che lavora attraverso reti di comunità. Coloro che intendono considerare, adottare, adattare e implementare il modello della Transizione all’interno della propria comunità avviando una Iniziativa di Transizione locale. Il Transition Primer è il documento che riassume in poche pagine tutto quello che è importante sapere sulla Transizione.
scarica qui il documento
Negli ultimi decenni il processo di trasformazione di suoli agricoli e boschivi ad usi urbani in Italia ha assunto ritmi impressionanti e impatti sempre più rilevanti in termini ambientali e sociali. Il boom dell'edilizia residenziale dal 1994 ad oggi ha portato a realizzare oltre 11milioni di nuove stanze a fronte di una popolazione in leggerissima crescita. Il primo paradosso è che questa edilizia speculativa non ha dato alcuna risposta al disagio delle persone che realmente hanno bisogno di una casa, se mai ha favorito il riciclaggio dei proventi illeciti della criminalità organizzata. Il secondo è che nessuno (Ministeri o Regioni) monitora la crescita del consumo di suolo e ha ancora definito una chiara politica in materia. Il tema dello stop alla crescita del consumo di suolo deve entrare nell'agenda politica delle Regioni perché queste hanno competenza esclusiva in materia urbanistica. Per fermare i processi occorre dare priorità al recupero delle aree già urbanizzate, fissare dei tetti massimi di nuove aree trasformabili, fermare la localizzazione di insediamenti commerciali e residenziali fuori da qualsiasi logica di pianificazione urbanistica e dei trasporti, obbligare la compensazione ecologica degli impatti creando nuovi boschi. (dal rapporto Legambiente "Ambiente Italia 2010")
Gli attuali modelli di crescita urbana e suburbana delle nostre città minacciano seriamente la nostra qualità della vita. I sintomi del male sono: l’aumento della congestione e dell’inquinamento atmosferico come conseguenza dell’aumentata dipendenza dall’automobile, la perdita di prezioso suolo libero da costruzioni, la necessità di costosi investimenti per strade e servizi pubblici, la iniqua distribuzione di risorse economiche, una perdita di senso della comunità. Con la progettazione, a partire dalle migliori soluzioni del passato e del presente, noi possiamo, in primo luogo completare gli insediamenti esistenti, e poi, pianificare nuove comunità che rispondano meglio alle esigenze di coloro che vivono e lavorano al loro interno. Una tale pianificazione dovrebbe rispondere a questi principi fondamentali.
I processi di diffusione e dispersione insediativa e la crescente crisi da congestione delle città hanno spinto molte amministrazioni, sopratutto americane, ad attuare consistenti investimenti in infrastrutture di trasporto su ferro in ambito urbano e Regionale. Questo ha contrubuito ad accrescere la consapevolezza del ruolo delle infrastrutture su ferro come occasione di riqualificazione urbana e di riorganizzazione degli assetti insediativi, ovvero, del ruolo delle aree delle stazioni come determinante nell’organizzazione dei sistemi urbani.
Attraverso il TRANSIT ORIENTED DEVOLOMENT (TOD) è possibile:
Favorire uno sviluppo “compatto” nelle aree di influenza delle stazioni:
Migliorare la qualità e la vivibilità delle aree di stazioni
Favorire l’accesso pedonale alle stazioni
Ridurre lo sprawl urbano
Incrementare la sicurezza
Favorire lo sviluppo economico
Favorire le opportunità di investimento dei privati
Massimizzare l'uso del trasporto collettivo su ferro:
Ridurre l'utilizzo delle autovetture
Ridurre l'inquinamento atmosferico
Incrementare i ricavi delle aziende di trasporto
Favorire l'interscambio modale
Ogni giorno in Italia si verificano in media 652 incidenti stradali, che provocano la morte di 16 persone e il ferimento di altre 912. Gli abitanti delle città passano circa un'ora (o anche più) al giorno incolonnati nel traffico, spostandosi a una velocità media che nel migliore dei casi supera di poco i 25 km/h. Vivere in una grande città significa dormire trenta minuti a notte in meno a causa dei rumori da traffico. E sono circa 20 milioni gli italiani che abitano nelle medie e grandi aree urbane. Le polveri sottili insidiano gravemente la salute dei cittadini. 57 città italiane su 88 che hanno dati completi sulle Pm10 superano il limite previsto dalla legge.
PIU STRADE E PARCHEGGI COSTRUIAMO PIU INCORAGGIAMO IL CONSUMO DI SUOLO E L'USO DELL'AUTO
Campagna di sensibilizzazione contro l'uso delle auto nei centri urbani
I Sistemi Urbani necessitano di “spazi di riserva” sia per l’allocazione delle infrastrutture tecnologiche, sia per la realizzazione dei nuovi progetti urbani che devono soddisfare le necessità di sviluppo economico e sociale dei suoi attuali abitanti e di quelli futuri. Tale riserva di spazio costituisce la fonte cui la città deve attingere per creare nuove infrastrutture ed ampliare e/o migliorare quelle esistenti per adeguarsi alle necessità di modernità ed efficienza limitando il consumo di suolo. Il sottosuolo, quindi, non può più essere considerato come una risorsa illimitata ma come un bene “limitato”, come risorsa essenziale e “finita” e in quanto tale da gestire in maniera più razionale attraverso idonei strumenti di pianificazione.
SALVIAMO IL NOSTRO PATRIMONIO CULTURALE
Utilizzata dai Borbone come riserva di caccia, ora e' una riserva marina inserita nel parco naturale del Cilento. La riserva conta un grande varietà faunistica e nel 2006 ha ospitato delle uova depositate da una tartaruga "caretta caretta".
NONOSTANTE SIA PUBBLICIZZATA SU TUTTE LE GUIDE TURISTICHE E SIA CONSIDERATA DA LEGAMBIENTE FRA LE 11 PIU' BELLE SPIAGGE D'ITALIA,
È INACCESSIBILE.
Inviamo una e-mail al principe Angelo Granito Pignatelli di Belmonte (info@palazzobelmonte.com) per chiedere di rendere fruibile un bene universale, aprendolo al pubblico e dotandolo di una pista ciclabile e di una navetta elettrica che colleghi San Marco e Ogliastro Marina.
Un altro pezzo di storia meridionale svenduto
RESTITUITE LA REAL CASINA DI PERSANO E I SUOI CAVALLI AL PROPRIO TERRITORIO
Persano e i cavalli sono sempre stati una sola cosa, i segni comuni di un grande amore che i Borbone avevano per la nostra terra. La Real casina fu voluta da Carlo III di Borbone e realizzata tra il 1752 ed il 1754, prima dall’ingegnere militare spagnolo Juan Domigo Plana e poi dal Vanvitelli. Nel 1741, il sultano di Costantinopoli donò quattro cavalle purissime di razza araba che furono usate come riproduttrici gettando le basi della razza Persana. Con l’unità d’Italia la razza fu prima soppressa (decreto Ricotti del 1874), poi ricostituita nel 1900 e infine trasferita a Grosseto. Oggi la razza è stata recuperata e salvata grazie all'interessamento del principe Alduino di Ventimiglia. Gran parte del territorio di Persano è ora demanio militare dell’esercito: Persano è sinonimo di Esercito Italiano e la Real Casina Borbonica è ora sede di un comando militare, quindi di non facile accesso per studiosi e turisti. Così il territorio di Persano è solcato, ancora oggi, dai cingoli dei carri armati e non da quelli, ben più importanti e pacifici, dei trattori. Una perdita incalcolabile per il nostro turismo e la nostra economia già così depressa. Lanciamo un’appello ai nostri politici affinchè capiscano l’importanza di Persano e della razza Persana per lo sviluppo dell'economia locale e e si adoperino per farle ritornare entrambe al proprio territorio.
Per saperne di più sulla "real razza" clicca qui: "Il cavallo Persano tra passato e futuro"
Manda una mail all’indirizzo: lecittàdelsud@libero.it e sostieni questa iniziativa per ridare dignità alla nostra cultura e sviluppo ai nostri territori.
S A L V I A M O C A R D I T E L L O
La Tenuta di Carditello, a metà strada tra Napoli e Caserta, oltre a essere una delle più importanti opere di architettura neoclassiche della Campania (realizzata da Francesco COLLECINI, con affreschi di Jacob Philipp Hackert), in quasi un secolo di lavoro ha rappresentato un laboratorio innovativo per la produzione della mozzarella, l'allevamento di cavalli, bufale e vacche e la coltivazione di cereali, foraggi, legumi, canape e lino. Nonostante le dichiarazioni di intenti e gli impegni assunti dalle Istituzioni pubbliche locali e nazionali, il Sito Reale di Carditello attende ancora una precisa destinazione d'uso e un progetto complessivo di rilancio, inserito nell'area territoriale di riferimento e nell'ambito più generale del futuro disegno di sviluppo provinciale e regionale.
LEGGI il manifesto-appello
Sottoscrivi il documento inviando una e-mail a: carditello@sitireali.it
oppure su facebook al gruppo Salviamo Carditello
VOTA CARDITELLO COME LUOGO DEL CUORE
Alle porte di Salerno, tra i comuni di Pellezzano e Baronissi esiste un oasi naturale che pochi conoscono
IL “PARCO FLUVIALE DELL’IRNO”
Dopo lunghi anni di incuria e di sprechi, nonostante l'aria sia riconosciuta dalla Comunità Europea come Zona di Protezione Speciale, il parco continua ad essere un sogno: le acque delle falde sono inquinate, accumuli di detriti e rifiuti ovunque, i sentieri inaccessibili e parzialmente franati, le piste ciclabili mai realizzate, il recupero del patrimonio architettonio mai avviato.
ABBIAMO PERSO UN VERO E PROPRIO ECOSISTEMA, UN’OASI DI BENESSERE PER NOI TUTTI. RIPRENDIAMOCI IL NOSTRO PARCO
FIRMA LA PETIZIONE PER SENSIBILIZZARE L'OPINIONE PUBBLICA ED I MASS-MEDIA E FARE PRESSIONE SULLE AMMINISTRAZIONI DI SALERNO, PELLEZZANO E BARONISSI AFFINCHE' CONSEGNINO IN TEMPI RAPIDI QUESTA AREA PROTETTA ALLA FRUIZIONE DEI CITTADINI.
CLICCA QUI PER LA PETIZIONE
GUARDA IL VIDEO
VOTA IL PARCO FLUVIALE DELL'IRNO COME LUOGO DEL CUORE
BREVE STORIA DELLE DUE SICILIE |
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da: "DUE SICILIE" Periodico Indipendente - Direttore: Antonio Pagano |
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La storia della formazione dello Stato italiano è stata così mistificata che non è facile fornire un quadro fedele di tutti gli avvenimenti che portarono all'unità. Dal 1860 in poi è stato eretto dal potere italiano un muro di silenzio Molti importanti documenti sono stati fatti sparire o tenuti nascosti, e ancora oggi sono secretati negli archivi di stato; |
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INDICE |
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ITINERARIO STORICO NEL REAME DELLE DUE SICILIE
tratto da Giuseppe Francioni Vespoli (1828) e Antonio Nibby (1819)
Itinerario 1 (Napoli Capitale)
Itinerario 1 (da Portici a Pompei)
Itinerario 1 (da Pozzuoli a Licola)
(Intendenza di Napoli)
Itinerario 2 (da Nola al Matese)
Itinerario 2 (dal Garigliano a Venafro)
(Terra di Lavoro)
Itinerario 3
(Principato Citra)
Itinerario 4
(Principato Ultra)
Itinerario 5
(Basilicata)
Itinerario 6
(Capitanata)
Itinerario 7
(Terra di Bari)
Itinerario 8
(Terra d'Otranto)
Itinerario 9
(Calabria Citeriore)
Itinerario 10
(Calabria Ulteriore Prima)
Itinerario 11
(Calabria Ulteriore Seconda)
Itinerario 12
(Contado di Molise)
Itinerario 13
(Abruzzo Citeriore)
Itinerario 14
(Secondo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 15
(Primo Abruzzo Ulteriore)
Itinerario 16
(Intendenza di Palermo)
Itinerario 17
(Intendenza di Messina)
Itinerario 18
(Intendenza di Catania)
Itinerario 19
(Intendenza di Girgenti)
Itinerario 20
(Intendenza di Noto)
Itinerario 21
(Intendenza di Trapani)
Itinerario 22
(Intendenza di Caltanissetta)
I SONDAGGI
LE INIZIATIVE
PER ADERIRE ALL'INIZIATIVA CLICCA SULL'IMMAGINE E COLLEGATI ALLA PAGINA DI FACEBOOK. PER PARTECIPARE AL FORUM CLICCA QUI
SCATTA L' ECOMOSTRO
inviaci una foto all'indirizzo:
lecittadelsud@libero.it
Ripe Rosse (Montecorice - SA)
Hotel Alimuri (Vico Equense - NA)
Punta Saponara (Porto Cesareo - LE)
Lido Rossello (Realmonte - AG)
Crescent piazza della Libertà (Salerno)
TURISMO E BENI CULTURALI
FAI PARTE ANCHE TU DEL PRIMO CAMPER CLUB PER CHI VUOLE RISCOPRIRE I LUOGHI E I SAPORI DEL NOSTRO ANTICO E GLORIOSO REGNO DELLE DUE SICILIE
info: duesiciliecamperclub@libero.it
Giuseppe Garibaldi è “responsabile di aver violato nel 1860 la sovranità di uno Stato sovrano, il Regno delle Due Sicilie, dichiaratamente in pace con l’intera comunità internazionale, organizzando e utilizzando formazioni di combattenti irregolari, e di aver violato il diritto del popolo meridionale alla propria autodeterminazione, favorendo con ciò gli interessi di più potenze straniere”, interessate a quel tempo all’usurpazione delle risorse economiche e minerarie dell’Italia meridionale. È la “sentenza di condanna” arrivata dopo 45 minuti di camera di consiglio, al termine del processo storico celebrato il 25 giugno 2011 a Saludecio, borgo sulle colline riminesi che ospita anche un museo garibaldino, dove l’eroe si è trovato accusato di invasione di Stati esteri e spregio delle leggi di diritto internazionale, in un evento organizzato dall’associazione Identità Europea in collaborazione con il Comune romagnolo. Fonte: http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=109975 |
Post n°108 pubblicato il 29 Giugno 2011 da lecittadelsud
Il concetto di emergenza si riferisce a qualcosa di temporalmente ridotto.Un'emergenza può nascere da un fenomeno naturale, come un terremoto, che può durare pochi secondi, eppure avere conseguenze devastanti. L'emergenza rifiuti della Campania dura invece da 16 anni, e non è un fenomeno naturale, ma assolutamente antropico, provocato da esseri umani. Naomi Klein lo citerebbe come un caso lampante di Shock Economy, ovvero di creazione (e prolungamento) di un'emergenza al fine di ricavarne profitti. Tutto inizia nel 1994, quando viene nominato per la prima volta un Commissario del Governo, con poteri straordinari, al fine di risolvere le problematiche legate allo smaltimento dei rifiuti urbani. Il problema principale, e mai risolto, era l'infiltrazione dei clan camorristici nella gestione delle discariche e nella raccolta e nel trasporto dei rifiuti. Da allora, in 17 anni, non è stato fatto nulla per risolvere il problema rifiuti, sono state solo tamponate le prevedibili emergenze. E i rifiuti non dovrebbero essere un problema, ma una risorsa: se differenziati e riciclati, infatti, potrebbero diventare di nuovo materia utilizzabile dalle industrie. Recuperando correttamente carta, vetro, plastica, alluminio e umido (gli scarti di cibo, che possono essere trasformati in concime), si riesce a riciclare quasi l'80-90% dei rifiuti. Un esempio? San Francisco. Con la riduzione a monte dei rifiuti, eliminando l’usa e getta e gli imballaggi inutili e vietando, man mano, l’utilizzo da parte delle industrie, dei materiali non riciclabili, attraverso una riprogettazione industriale di scarti e imballaggi: così puntano, entro il 2020, all’obiettivo Rifiuti Zero (Zero Waste). Inoltre esistono tecnologie che permettono di recuperare anche la frazione residua, quel 20% che non è riciclabile, trasformandolo in una sabbia sintetica, come succede nell'impianto di Vedelago (1) o nell'impianto Revet di Pontedera, che utilizzano queste sabbie plastiche per produrre mattoni, oggetti da giardino, componenti per motorini, mp3, e a breve anche articoli casalinghi. I Rifiuti Zero sono possibili, anche in Italia. Cosa è accaduto invece in Campania? Un piano criminale è stato costruito per prolungare l'emergenza, dato che emergenza significa denaro, tanto denaro. Una multinazionale italiana, Impregilo, vince, nel 2000, la gara d'appalto per gestire i rifiuti campani, perché offre un prezzo per lo smaltimento dei rifiuti decisamente basso e tempi più rapidi per la consegna, mentre la qualità del progetto presentato è decisamente scadente rispetto a quello presentato dall'altra concorrente (voto: 4/10). Il progetto prevede la costruzione di due inceneritori, 7 impianti per la trasformazione dei rifiuti in ecoballe (combustibile degli inceneritori), nonché varie discariche per tamponare l'emergenza. Altro che Zero Waste! Il rifiuto è un bene, è una merce, ed ha quindi un valore economico, è denaro. Brucereste mai denaro? In un’epoca in cui la quantità di materie prime che prendiamo alla Terra aumenta perennemente, possiamo permetterci di bruciare o buttare via tonnellate e tonnellate di plastica o di carta?Inoltre gli inceneritori sono altamente inquinanti: «Gli inceneritori uccidono», così come sostiene Paul Connet, professore emerito di chimica alla St Lawrence University di Canton, New York; «Negli Stati Uniti, dal 1985 al 1995, è stata bloccata la costruzione di circa 300 inceneritori». Connet li ha definiti «un vero crimine ambientale»: immettono nell'atmosfera e nella catena alimentare grandi quantità di inquinanti tossici (diossine, PCB, furani, metalli pesanti, nanoparticelle di particolato fine ed ultrafine). E producono 1/3 di ceneri tossiche, che vanno smaltite in discariche speciali. Centinaia di studi a livello internazionale hanno accertato i danni: uno dei più famosi e tremendi è stato redatto su 5000 bambini che abitano nei pressi dell'inceneritore di Osaka, in Giappone, con danni registrati che vanno dalle difficoltà di concentrazione ai tumori e alle malformazioni. E allora perché si è puntato su un progetto del genere? Perché in Italia bruciare i rifiuti conviene. Le industrie che li costruiscono sono potenti, e vengono appoggiate dalla politica. Da molti anni, infatti, ricevono sussidi statali, un 7% preso dalle nostre bollette Enel, che dovrebbe essere destinato allo sviluppo delle energie rinnovabili, per bruciare i rifiuti, attività che non è per niente “rinnovabile”. Inoltre, guadagnano altri soldi vendendo l'energia prodotta bruciando i rifiuti: un'attività davvero lucrativa. Così la raccolta differenziata dei rifiuti, destinati al riciclo, viene boicottata da anni. Perché più rifiuti finiscono nell'inceneritore, e più soldi si fanno, perché più energia si vende. E sono le industrie e le banche italiane che lo hanno deciso: queste ultime, tramite l'Abi, Associazione Bancaria Italiana, inviarono una lettera al Commissariato in cui affermavano che avrebbero garantito i prestiti alla Impregilo, se avessero avuto come garanzia le ecoballe, i rifiuti da bruciare. I rifiuti così diventarono davvero denaro. Il piano è semplice: riciclare pochi rifiuti, bruciarne il più possibile. Ma la situazione in Campania, è molto più complicata, proprio perché i progetti della multinazionale Impregilo, come detto in precedenza, sono molto scadenti. L'inceneritore viene quindi attivato, non completamente e con grosse difficoltà, solo nel 2010, e viene continuamente bloccato per gravi problemi tecnici. I 7 impianti previsti per trattare i rifiuti e trasformarli in ecoballe, combustibile per l'inceneritore, non hanno mai funzionato come dovevano: i rifiuti non vengono trattati e quindi inertizzati, resi non pericolosi, ma solo tritati e imballati. E non essendoci un inceneritore dove bruciarli per 10 anni, con gravissime conseguenze ambientali, vengono sistemati sul territorio campano, in quelle che sono diventate vere e proprie discariche: parliamo di più di 8 ML di tonnellate di ecoballe di rifiuti inquinanti che marciscono sul territorio. Anche le discariche fatte in questi anni sono state costruite in maniera pessima: delle semplici buche, isolate malamente, che lasciano scivolare nel terreno e quindi nelle falde acquifere il liquido tossico che i rifiuti producono, il percolato. Ed anche sulle discariche i clan hanno lucrato con la collusione del Commissariato di Governo, attraverso le compravendite dei terreni dove sono poi sorte le discariche: pochi giorni prima della scelta ufficiale di un sito, i clan acquistavano a poco prezzo i terreni, che venivano poi venduti allo Stato a prezzi molto maggiori. Questa l'intricata vicenda che ha portato a 17 anni di emergenza, a milioni di euro spesi e alla devastazione ambientale, ha prodotto diverse inchieste giudiziarie che stanno coinvolgendo la Impregilo, i clan camorristici e i politici campani. Un altro motivo per cui l'emergenza perdura, infine, è sicuramente la questione rifiuti tossici, che interessa le mafie e le industrie del Nord Italia: una situazione di emergenza, in cui c'è confusione e mancanza di controllo, conviene a tutti. E qual è una delle attività che si inserisce perfettamente in questo contesto? Lo sversamento dei rifiuti industriali, i rifiuti tossici, che le aziende del Nord Italia producono, ma non vogliono smaltire legalmente (costa parecchio, ed esistono impianti pronti a trattare non più del 60% dei rifiuti industriali, un 40% resterebbe comunque non trattabile): li affidano ai clan, che li sversano ovunque, li bruciano e li buttano nelle campagne, nelle cave, nei corsi d'acqua, specie al Sud Italia, specie tra le provincie di Napoli e Caserta. E questi rifiuti tossici, sono stati spesso nascosti anche nelle discariche di rifiuti urbani. Le due emergenze, quella dei rifiuti urbani e quella dei rifiuti industriali-tossici, si mischiano, fino a confondersi. E tutto ciò continua senza problemi, ogni giorno, ogni notte. Si distrugge un territorio, senza che nessuno dei responsabili paghi. Il riciclo dei rifiuti viene boicottato. Discariche e rifiuti tossici inquinano irrimediabilmente la terra, l'acqua e il cibo. E ogni anno, anno e mezzo, l'emergenza torna, distribuendo denaro a imprenditori, politici e clan. Una prova del disastro? Ce la offrono gli Usa: il ritiro delle truppe americane dalla provincia di Caserta, al confine con la provincia di Napoli, per i pessimi risultati delle analisi ambientali, che hanno evidenziato la presenza di elevate percentuali di sostanze chimiche solventi nelle acque dei rubinetti domestici. L’ammiraglio Mark Fitzgerald, due anni fa, raccomandò al comando della Us Navy di non bere acqua del rubinetto... E va sottolineato che la Campania era una regione a vocazione agricola, anche se ormai ha l'inquinamento di una regione industriale, ma senza aver avuto industrie, tranne pochi casi isolati. Diossina nel sangue, arsenico nell'acqua. E poi cadmio, mercurio, piombo. Con i picchi nei comuni più vicini alle discariche e agli inceneritori. È quello che afferma un rapporto rimasto nascosto per mesi nei cassetti della Regione Campania, il Sebiorec, uno dei più imponenti studi epidemiologici con biomarcatori mai fatti in Italia. Sono stati trovati anche i pericolosi Pcb, policlorobifenili. E si parla espressamente anche di quella diossina chiamata “tipo Seveso”, la più pericolosa, e la si associa al consumo di mozzarella e verdure. Aggiungendo che nel quartiere di Pianura c'è più diossina che nel resto della regione. La preoccupazione è alta per tutte le patologie indicate dagli scienziati: allergie, malattie respiratorie, danni agli organi. Quello che li spaventa maggiormente è l'aria, ma il timore è che l'intera catena alimentare sia compromessa. Nel frattempo, siamo all'ennesima emergenza creata ad arte. Il presidente di Asia, l’Ing. Claudio Cicatiello, addirittura afferma che la mancata raccolta dei rifiuti di aprile non ha motivo, apparentemente: «L’emergenza di questi giorni non ha ragione d’esistere perché nelle altre province ci sta ampio spazio per smaltire tutti i rifiuti che oggi stanno a terra nella provincia di Napoli. Anche perché bisogna considerare una cosa: Napoli è messa male, ma tutta la provincia è in condizioni ben peggiori del capoluogo». Che sia un modo per esasperare i cittadini, al fine di aprire nuove discariche sui nostri già martoriati suoli? Il tutto sotto le imminenti elezioni amministrative, nello scaricabarile generale. E quest'ennesima emergenza porta alla creazione di nuove soluzioni per succhiare soldi allo Stato: una delle ultime in voga è la spedizione dei rifiuti, semplicemente tritati, nelle altre regioni. Un'inchiesta dell'Espresso testimonia come siano state mandate circa 30.000 tonnellate di munnezza, ovvero i rifiuti prodotti a Napoli in un mese, in Sicilia, pagando oltre 6 milioni di euro, in una discarica privata. Con un semplice accordo tra privati, evitando il necessario accordo tra le regioni quando si devono trasportare rifiuti indifferenziati, considerando invece i rifiuti tritati (ma non biostabilizzati) come rifiuti speciali. Nella totale mancanza di trasparenza: alcuni dei rifiuti campani entrati in Sicilia hanno fatto perdere le loro tracce! Si aprono così nuove inchieste della magistratura. E l'emergenza continua. di Massimo Ammendola (Maggio 2011) |
Per triangolo della morte si intende la vasta area della provincia di Napoli compresa tra i comuni di Acerra, Nola e Marigliano, un tempo nota per essere tra le più fertili della Campania, nella quale è stato riscontrato negli ultimi anni un forte aumento della mortalità per cancro che per alcune patologie raggiunge livelli molto più alti della media italiana. La causa dell'aumento di mortalità è attribuita all'inquinamento ambientale, principalmente dovuto allo smaltimento illegale di rifiuti. La definizione triangolo della morte è stata data nell'agosto 2004 dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale The Lancet Oncology (edita da Elsevier) che ha pubblicato uno studio di Kathryn Senior e Alfredo Mazza, quest'ultimo ricercatore del CNR di Pisa, dal titolo: Italian “Triangle of death” linked to waste crisis (Il "Triangolo della morte" italiano collegato alla crisi dei rifiuti). Nel triangolo abitano circa 550.000 persone e l’indice di mortalità (numero di morti l'anno per ogni 100 000 abitanti) per tumore al fegato sfiora il 38.4 per gli uomini e il 20.8 per le donne, dove la media nazionale è del 14. La mortalità è più alta che nel resto d’Italia anche per quanto riguarda il cancro alla vescica e al sistema nervoso, per quanto in maniera più modesta. Questo a fronte di una mortalità generale per tumori in Campania in generale inferiore della media italiana. L'incremento della mortalità viene attribuito all'inquinamento causato dallo sversamento illegale di sostanze tossiche di varia provenienza, in particolare dalle industrie del nord Italia, operata da parte della Camorra. Un ulteriore studio del 2007 dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, Istituto Superiore di Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche e Regione Campania ha monitorato in 196 comuni campani la mortalità per tumori e le malformazioni congenite nel periodo dal 1994 al 2002. Lo studio ha applicato elaborate tecniche statistiche, comprensive di una stima degli intervalli di confidenza associati a ciascuna stima di mortalità grazie ad un'analisi bayesiana. Lo studio ha evidenziato che «la mortalità per tutte le cause è risultata in eccesso significativo per gli uomini del 19% nei comuni della provincia di Caserta e del 43% nei comuni della provincia di Napoli; per le donne del 23% nella provincia di Caserta e del 47% nella provincia di Napoli». Sono stati inoltre riscontrati eccessi di malformazioni congenite. La relazione evidenzia che «Le zone a maggior rischio identificate negli studi sulla mortalità e sulle malformazioni congenite in buona parte si sovrappongono e sono interessate dalla presenza di discariche e siti di abbandono incontrollato di rifiuti», ma sostiene che «è comunque difficile stabilire se la corrispondenza dei numerosi eccessi con la possibile occorrenza di esposizioni legate allo smaltimento dei rifiuti sia di natura causale e, nel caso, stimare l’entità di tale impatto». La presenza di pericolose sostanze inquinanti, come la diossina, in particolare nella zona di Acerra, è comunque accertata, oltre che per le attività illecite di smaltimento dei rifiuti, anche in relazione all'attività della Montefibre, e già nel 1987 un decreto del Ministero dell'Ambiente definiva Acerra territorio “ad elevato rischio di crisi ambientale”. La tesi che lega l'aumento dell'incidenza dei casi di tumore all'inquinamento ambientale, che in realtà coinvolge anche altre aree della Campania, è avvalorata dalle confessioni del boss Gaetano Vassallo, legato al clan dei Casalesi, che avrebbe per vent'anni lavorato per sversare sistematicamente in Campania rifiuti tossici corrompendo politici e funzionari del commissariato di Governo. La maggior parte dei rifiuti arriva dal nord Italia, come anche affermato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel giugno del 2008. Nelle campagne campane e nel sangue di alcuni abitanti sono state misurate alte concentrazioni di policlorobifenili (PCB), che sono prodotti da industrie chimiche assenti in regione. Fanghi industriali provenienti da Porto Marghera, per un ammontare di ottomila tonnellate, sarebbero stati smaltiti nelle campagne di Acerra dai clan dei Casalesi, grazie a proprietari dei terreni compiacenti, mascherandoli da compost fertilizzante. Emblematico è il caso di una ditta, i cui beni sono stati sequestrati dai carabinieri nell'ambito di un'inchiesta partita il 2006, che smaltiva illegalmente rifiuti provenienti da industrie del Veneto e della Toscana riversandoli nei territori di Bacoli, Giugliano e Qualiano, per un totale, in tre anni, di circa un milione di tonnellate e per un fatturato di 27 milioni di euro. La ditta era già stata oggetto di un'inchiesta nel 2003, ma ha continuato ad agire indisturbata ancora per anni. A Marigliano è stata ritrovata interrata un'intera autocisterna piena di sostanze velenose sotterrata in una discarica abusiva. A queste attività, si aggiungono i roghi appiccati per eliminare copertoni, o per recuperare il rame dai cavi elettrici. I roghi, che producono diossina, sono diventati più frequenti quando potevano essere confusi tra i numerosi roghi appiccati ai cumuli di immondizia durante la crisi dei rifiuti in Campania del 2007-2008. I carabinieri hanno accertato che solo tra gennaio e marzo 2007 sono stati incendiati in terreni agricoli 30.000 chilogrammi di rifiuti con un ricavo di oltre 118.000 euro. La presenza di roghi ha dato il nome all'area a nord di Napoli di terra dei fuochi, nome usato da Roberto Saviano nel libro Gomorra come titolo del XI ed ultimo capitolo. Lo sversamento di rifiuti industriali altamente inquinanti riguarda anche in discariche legali. Già nel 2000 un'inchiesta della commissione parlamentare sui rifiuti ha messo in luce che probabilmente fanghi dell'ACNA di Cengio sono stati smaltiti nella discarica di Pianura, a Napoli, per un ammontare di almeno ottocentomila tonnellate. Tra gli abitanti delle zone limitrofe alla discarica di Pianura, un'indagine epidemiologica ordinata dalla Procura di Napoli ha dimostrato che almeno 60 persone hanno contratto il linfoma di Hodgkin. Irregolarità negli sversamenti nella discarica di Villaricca emergono anche nelle intercettazioni telefoniche ordinate della Procura di Napoli sulla gestione dei rifiuti da parte della FIBE (società del gruppo Impregilo) che si occupa dello smaltimento dei rifiuti in Campania. La mancanza di fiducia nelle istituzioni, che negli anni hanno permesso o non si sono efficacemente opposte a sversamenti illeciti di rifiuti pericolosi, anche in discariche autorizzate, che hanno causato casi di tumore accertati è tra i motivi della protesta della popolazione di Chiaiano nei confronti dell'apertura della nuova discarica prevista dal piano straordinario del commissario Guido Bertolaso. Analoghe motivazioni suscitarono violente proteste per la riapertura della discarica di Pianura, paventata dal commissario di governo Giovanni De Gennaro, e poi smentita. La protesta degenerò in vera e propria guerriglia urbana tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008 tra Napoli e le zone limitrofe di Quarto e Pozzuoli, anche per l'azione di esponenti criminali che agivano sotto la regia di politici locali collusi con i delinquenti per interessi legati alla speculazione edilizia. Analogamente, il timore per un'ulteriore fonte di inquinamento, rappresentata dall'inceneritore di Acerra è stato motivo della protesta degli abitanti del luogo. Nel marzo 2008 furono riscontrate presenze di diossina nel latte di bufale provenienti da allevamenti del casertano, attribuite all'inquinamento ambientale, tanto da causare la temporanea sospensione delle esportazioni verso alcuni paesi tra cui Corea del Sud e Giappone. A seguito della notizia, che comunque riguardava in maniera limitata gli allevamenti impiegati per produrre la mozzarella di bufala campana DOP, la vendita di prodotti caseari della Campania è diminuita significativamente, non solo in Italia, ma anche all'estero. Lo sversamento illegale di rifiuti tossici in Campania viene affrontato nel libro Gomorra dello scrittore Roberto Saviano e rappresentato nell'omonimo film di Matteo Garrone, e nel film-documentario Biùtiful cauntri.
Fonte: Wikipedia |
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Dopo l'annessione sabauda, il paese napoletano e la Sicilia erano scomparsi progressivamente come realtà, degradando, prima, a Questione meridionale -qualcosa che stava tra lo storiografico e l'antropologico- approdando, poi, a mera espressione geografica: territori popolati da uomini che assumevano rilevanza demografica se e quando utili alla patria italiana. Caso eclatante, la guerra all'Impero austriaco, che i fanti padani e le brigate alpine non se l'erano sentita d'affrontare da soli. In tale circostanza i contadini meridionali erano stati proclamati italiani a tutti gli effetti militari e invocati a difesa della lontana, sconosciuta e oppressiva Valle Padana. Casi meno eclatanti, ma non meno importanti: il ripianamento della bilancia estera italiana con lo spudorato uso delle rimesse dei terroni emigranti, e l'impiego della corrispondente valuta per convertire l'immane debito pubblico (padano) e per dotare di impianti moderni la nascente industria (sempre gloriosamente padana); ciò nello stesso momento in cui il Sud invocava spasmodicamente lavoro (in sostanza nuovi investimenti). In verità, l'opera di assoggettamento del Sud era stata condotta con spregiudicata eleganza; quasi senza lasciare tracce. Intonando patriottici inni, facendo squillare vibranti ottoni, sventolando tricolori, labari, gagliardetti e medaglieri, producendo una legislazione apparentemente appoggiata su una sola gamba, ma in effetti articolata su due, come la gru di Chichibio, l'Italia aveva piegato il Sud alle sue necessità di aspirante potenza militare ed economica. Ovviamente la soggezione presupponeva la negazione dell'identità storica meridionale. Ma la cosa funzionava soltanto con le classi istruite, che sin dalla prima elementare -anzi sin dall'asilo- potevano essere rieducate al disprezzo della propria terra e all'esaltazione dell'ethos venale e del verbiloquente epos guerresco dei toscopadani. Non aveva invece senso presso i contadini e il proletariato urbano. Volendo riparare, italianamente e pretescamente si escogitò un darwinismo terronico, contemplante l'inferiorità razziale dell'homo sudico, non sempre erectus, meno che mai sapiens, immancabilmente deficitario di scatola cranica e di materia grigia, di pubblica e privata moralità (su detta linea c'è ancora tanti, per esempio l'americano Putnam e persino il sudico Arlacchi, presidente, o quasi, dell'ONU). Arretratezza storica, malgoverno borbonico, crocianesimo, lombrosismo contribuirono a comporre l'alibi vincente con cui la nazione una poté ribaltare le responsabilità del colonialismo interno addossandole tutte sugli stessi meridionali, quelli vivi e quelli morti. Certo, anche il Sud era Italia, una parte della patria, ma solo come Questione meridionale. Per il suo bene supremo, era necessario che si emendasse, che si riscattasse dalle sue storiche ed etnografiche colpe, ovviamente, servilmente imitando l'Italia restante. Commossi, straziati, i meridionalisti avevano condotto defatiganti inchieste, le quali avevano stabilito che tutto il Sud era uno sfasciume pendulo fra due mari. Senza, però, ricordare né a sé né agli altri che lo sfasciato sfasciume manteneva il paese e pagava, con le sue esportazioni agricole, il debito estero padano. Pur assolvendo a tale nazionale e patriottico ruolo, i contadini sudici rimanevano poveri. Essendo poveri erano anche denutriti. Bisognava quindi che italianamente mangiassero qualche pagnotta di più. Per farlo, erano necessari dei soldi. Ma i soldi non c'erano. A qualcuno venne anche in testa che i soldi non c'erano, perché se li pappava lo stato, cioè il Nord. Ma evidentemente non era una cosa seria, degna dell'Italia una (neanche Arlacchi l'avrebbe ben giudicata). Inoltre i contadini erano analfabeti. Lo erano perché non andavano a scuola. Ma non andavano a scuola perché le scuole non c'erano. E se le scuole non c'erano, la colpa era tutta dei borboni, che non avevano provveduto ad elevare il popolo. Dopo tanto ben architettato trattamento, alla data del 1970, il Sud era ridotto a meno di un morto che parla. In effetti non parlava. Era ammutolito, esterrefatto, inebetito, non possedeva più le idee e le risorse per comunicare umanamente con il mondo. Di esso si sapeva soltanto quel che raccontava Amleto: che c'era del marcio in Danimarca. Un cratere che vomitava clientelismo, malaffare politico e malavita organizzata. La discriminazione nazionale era stata introiettata e aveva messo radici. Il Sud era alla vergogna di sé, alla prostrazione economica e politica. Svisato del passato e del presente, negato a se stesso, aveva sopportato tutto: offese, spoliazioni, sopraffazioni d'ogni genere. Sempre applaudendo i proconsoli di turno; ieri Ferdinando Nunziante e Giovanni Nicotera, all'atto, il colto Misasi e l'intraprendente Mancini. Ciò spiega la sorpresa dell'opinione pubblica nazionale per la Rivolta di Reggio -benché preceduta dal moto di Battipaglia- e contemporaneamente la finta indignazione dei giornali.
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SCAFATI – Una giornata intensa e piena di significato quella trascorsa a Scafati che ha ricevuto la visita di Sua Altezza Reale Carlo di Borbone. Martedì il Duca di Castro è arrivato in visita nella città del Salernitano accompagnato dai vertici del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e dai più stretti collaboratori della Real Casa di Borbone.
Il Sindaco di Scafati saluta la numerosa platea di autorità e borbonici IL REAL POLVERIFICIO BORBONICO Prima tappa della giornata la visita al Real Polverificio Borbonico, inaugurato meno di un anno fa e restaurato grazie alla volontà dell’amministrazione comunale e della Soprintendenza ai Beni Artistici e Culturali di Salerno e Avellino. Ad attendere Sua Altezza Reale, arrivato puntualmente alle 15.30 al Polverificio, oltre un centinaio di persone tra autorità civili, militari, membri dell’Ordine Costantiniano, e, soprattutto, tanti afficionados dei Borbone giunti da tutto il Sud per applaudire il Principe. Tra i tanti erano presenti i componenti e i dirigenti dei Comitati Due Sicilie, del Movimento Neoborbonico, del movimento RdS (rinascita del Sud), dell’Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie e dell’Ass. Culturale De Mollot. La manifestazione vera e propria è cominciata con l’introduzione del Primo Cittadino, Angelo Pasqualino Aliberti che ha ricordato la visita effettuata dallo stesso Carlo di Borbone al Real Polverificio nel 1996 quando venne presentato il primo piano di restauro. A presentare la storia del Polverificio è stato lo storico Angelo Pesce. A volere la struttura fu Re Ferdinando II di Borbone (1830 – 1859) nell’ottica di quel piano di auto sostentamento dello Stato, incremento della produzione nazionale e di creazione di posti di lavoro necessari a mantenere la popolazione. Avviata la costruzione nel 1851, tre anni dopo il polverificio venne inaugurato e, assieme alla bonifica del Sarno (che da allora fu navigabile nel suo ultimo tratto fino al mare), fu la principale impresa avviata dal Grande Re Ferdinando II in quell’area. Pochi anni dopo anche Scafati fu annessa al Regno di Sardegna e nel 1895 la produzione di polvere fu sostituita (era divenuto meno costoso e più semplice produrre polveri infumi dalla lavorazione della nitroglicerina) con l’insediamento, nelle strutture, del Regio Istituto Sperimentale per la coltivazione del Tabacco. Tra alti e bassi le strutture furono vissute fino al 1980 anche se con progressivo degrado. In occasione del terremoto dell’Irpinia vennero completamente abbandonate al degrado e messe a disposizione dei vandali. Alla metà degli anni ’90 Comune e Soprintendenza pensarono di riadattare la struttura per farne un centro della cultura. Un lavoro di restauro durato dieci anni ha restituito al Sud una delle creature borboniche più utili e apprezzate dalla popolazione locale. Un apprezzamento dimostrato proprio in occasione della visita di Carlo di Borbone il quale, assieme al Sindaco, ha scoperto una lapide marmorea del 1860 che celebra l’interesse per la struttura dimostrato dall’ultimo Sovrano delle Due Sicilie, Francesco II.
Il Duca di Castro scopre la lapide dedicata a Francesco II e in posa accanto al Sindaco e allo storico Pesce LA LAPIDE IN RICORDO DI FRANCESCO II Come già detto la lapide commemora l’interesse dell’ultimo Re al Polverificio. In particolare, va aggiunto che Francesco II donò alla struttura nuovi mezzi e strumenti per rendere ancora più produttivo lo stabilimento semplificando il lavoro degli operai. La lapide (come si vede dalle preziose immagini scattate dall’amico e compatriota Giancarlo Rinaldi che ringraziamo per l’ottimo lavoro fatto con le foto a corredo di questo resoconto) è spezzata nel mezzo. Essa è stata utilizzata, fino a pochi mesi fa, come tavolo da lavoro presente nella parte retrostante la struttura restaurata. Il Polverificio dispone infatti di un’area verde che lo storico Pesce ha affermato essere superiore ai 200mila metri quadrati. Nell’area verde, oggi abbandonata anche se c’è l’impegno dell’amministrazione comunale di puntare al recupero di questo maxi parco, sorgevano i veri e propri capannoni industriali di ferro e vetro all’interno dei quali si lavorava e si realizzava la polvere. Questo perché in caso di esplosioni accidentali non si danneggiassero le strutture principali e si potesse rapidamente rialzare il luogo di lavoro evitando una eccessiva interruzione dei lavori. In quest’area si trovava la lapide che oggi ricorda quella donazione e che è stata scoperta proprio da Sua Altezza Reale Carlo di Borbone. La lapide celebra:
FRANCISCUS II PIUS FELIX SEMPER AUGUSTUS QUO PULVERIS IGNIGENAE CONFLATIONI NIHIL MATERIATIS AEDIFICIS AB INCLITO MAXIMOQUE PARENTE VEL INCHOATIS VEL DECRETIS TABERNAS MISTARIORUM OFFICINAS ELUTRIENDIS ELEMENTALITIIS SUBSTANTIIS STATIONEMQUE MILITARI PRAESIDIO PRAESTRUCTAM EXCITAVIT VEL AD CUMULUS PERDUCTAS CONSUMMAVIT SUB ASCIA ANNO R.S. MDCCCLX (Francesco II Pio Felice sempre Augusto affinchè nulla mancasse ai nuovi edifici lignei
VISITA ALLA FERDINANDO II DI BORBONE Dopo aver lasciato il Polverificio Borbonico, Sua Altezza si è spostato presso la scuola media di Scafati che il Dirigente Scolastico, Vincenzo Giannone, ha fatto titolare lo scorso anno proprio alla memoria del Re Ferdinando II. Lo spettacolo visto alla scuola di Scafati martedì pomeriggio ha superato le più rosee previsioni. Confermando l’antico legame tra i Borbone e il proprio popolo, una folla composta dal corpo docenti, dai bambini della scuola (con in mano le bandierine del Regno delle Due Sicilie), dalle autorità e dai tanti afficionados arrivati dal Polverificio, ha accolto nel migliore dei modi Carlo di Borbone. Il Principe ha visitato la scuola media, all’interno della quale erano esposte decine di foto che ritraevano le bellezze del nostro Sud, monumenti e paesaggi, rimanendo favorevolmente colpito dal calore dei presenti che non hanno perso occasione per continui e ripetuti attestati di stima. Assieme al Sindaco e al Preside Giannone, il Duca di Castro ha scoperto una targa commemorativa della visita e ha consegnato, assieme a S.E. l’Ambasciatore Giuseppe Balboni Acqua, il cavalierato al merito del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, allo stesso Preside per la tenacia e la costanza dimostrata nella intitolazione della scuola al Re Ferdinando II nonostante il clima che si respira nel Paese che festeggia i 150 anni dell’unificazione politica della penisola. Carlo di Borbone, contrariamente alla ritrosia di cui si pensa possano essere affetti esponenti di casati illustri, ha dimostrato di apprezzare e non si è lesinato nelle foto e nelle firme che il suo popolo gli domandava. Non si è negato fino all’ultimo nonostante i suoi collaboratori gli facessero presente gli impegni della sera fissati a Napoli, fatto questo, che ha amplificato il sentimento di simpatia e stima nei suoi confronti. La visita a Scafati ha mostrato chiaramente quanto siano ancora importanti per il Sud i Borbone e quanto siano ancora amati, segno che la memoria è ancora viva nel popolo meridionale. Una lezione per il futuro, con l’auspicio che queste visite possano essere sempre più frequenti. Roberto Della Rocca Fonte: http://istitutoduesicilie.blogspot.com/2011/06/scafati-la-visita-di-carlo-di-borbone.html
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Quando nel 1861 l’Italia venne unita, il valore aggiunto pro capite del Sud non era lontano anni luce da quello del Nord come adesso. A ripercorrere la storia del Pil pro capite nelle province italiane è Unioncamere, che oggi ha pubblicato anche i dati sul 2011: quest’anno ogni italiano produrrà mediamente 23.500 euro di valore aggiunto, 570 euro in più rispetto al 2010. Solo che si va dai 35.000 euro di Milano ai 13.200 di Crotone. Considerando il valore aggiunto medio per abitante nel 2011, il Nord-Ovest registrerà il 120,2, il Nord-Est 119, il Centro 11,7, il Mezzogiorno soltanto il 67,1. di Rosaria Amato |
Nel primo lustro di vita politica ed amministrativa unitaria, si ebbe un incremento delle rete stradale ed in particolare nei primi tre anni, dal 1860 al 1863, furono costruite strade «nazionali» per un importo di 26 milioni di lire, mentre ne erano in progetto altre per una spesa di 18 milioni, il che portò alla realizzazione di tredicimila km. di strade. In realtà gran parte di questo incremento fu dovuto al completamento di opere già iniziate con i Borbone, mentre altre già progettate e finanziate furono sospese con l’avvento dei piemontesi. In molti casi si registrarono fenomeni di corruzione e di ritardi nelle relizzazione con enorme spreco di denaro pubblico. Insomma già dai primi anni di unità si verificarono numerosi scandali negli appalti pubblici, fenomeno poi destinato a diventare uno dei mali incurabili dello stato italiano. In particolare suscitò all’epoca molto clamore lo scandalo per la realizzazione di una strada di collegamento tra Salerno, Vietri di Potenza ed Acerno, complessivamente 250 km di strada di cui ne furono appaltati, però, solo 100. La nuova provincia di Salerno aveva ottenuto un prestito di 560.000 lire e stipulato il lavoro con l’impresa Giordano di Napoli. Il primo lotto sarebbe costato 1.700.000 lire. Questo primo lotto, la cui costruzione fu prevista in sei anni, restò a lungo incompiuto e diede luogo ad un vero e proprio “caso”. Nel 1865, a tre anni dall’inizio previsto dei lavori, non era stato assegnato neanche 1 km di strada, mentre la provincia aveva versato alla ditta appaltatrice, su certificati degli ingegneri dipendenti, 1.515.130 lire. Fu lo scandalo. Venne aperta un’inchiesta e fu sospettato di concussione persino il prefetto di Salerno Cesare Bardesono di Rigras, piemontese e uomo di Cavour, il quale avrebbe forzato la mano agli ingegneri. L’inchiesta assodò che i lavori effettivamente eseguiti ammontavano a 849.428 lire, mentre gli ingegneri della provincia ne avevano certificato l’esecuzione per un’importo di 1.415.130. lire! Il fatto che Bardesono fosse un piemontese non deve sorprendere: alla fine del 1866, su 59 prefetti esistenti, ben 43 erano piemontesi ed il resto emiliani o toscani; anche la toponomastica di strade e piazze fu cambiata e nel Sud toccò a Venafro, il 12 febbraio 1861, la sorte d’essere la prima cittadina ad avere una “Piazza Milano“, in memoria di un battaglione mobile formato da milanesi; seguirono poi le centinaia di piazza Garibaldi, Mazzini, corsi Vittorio Emanuele ecc. La costituzione, le leggi, il codice penale, l’ordinamento giudiziario, le istituzioni pubbliche e il sistema finanziario piemontese furono imposte a tutte le ex intendenze duosiciliane e si avviò il processo di “piemontesizzazione” delle province meridionali. Il modo e le motivazioni “vere”, non quelle di facciata, con le quali fu raggiunta l’unità furono il peccato originale che intorbidò, fin dall’inizio, i rapporti tra il Nord e il Sud. Nel suo libro “L’Italia e i suoi invasori” Girolamo Arnaldi ha scritto: “La visione dell’Unità come conquista dell’Italia da parte dei piemontesi si è affermata anzitutto come stato d’animo. Molti italiani, soprattutto nel Mezzogiorno, si sentirono infatti “conquistati”, non unificati in una patria comune. Ai loro occhi, prima Garibaldi e poi Vittorio Emanuele II apparvero come conquistatori stranieri” Ma ritornando allo scandalo di Salerno, mentre gli ingegneri furono rinviati a giudizio, l’opinione pubblica e il mondo politico salernitano furono accesi da aspre polemiche a tutti i livelli. Ai “mazziniani” di Salerno, che da qualche anno rappresentavano la sinistra in seno al consiglio comunale ed a quello provinciale, non parve vero poter diffondere ai quattro venti notizie e particolari dello scandalo in cui era implicato il prefetto Bardesono, che come detto era un uomo di Cavour, poichè aveva fatto parte della segreteria particolare prima di essere assegnato a Salerno. Ma il prefetto, nonostante lo scandalo nel 1867, divenne poi addirittura senatore del regno. Al coro di proteste e contro il partito di governo aggiunsero le proprie voci anche l’elemento cattolico e quello filoborbonico, non dimentichi dell’ostilità del Bardesono contro l’istituzione del Real Liceo cittadino e nei confronti di tutto l’ambiente magistrale di salernitano. Anche questo non deve meravigliare: l’ostilità del Bardesono non è personale ma corrisponde ad un disegno della cultura post-unitaria che si adoperò per sradicare dalla coscienza e cancellare dalla memoria il modo piratesco e cruentisissimo con il quale l'unità si ottenne, ammantando di leggende "l'eroico" operato dei Garibaldini, sminuendo il fatto che la reale conquista del meridione fu ottenuta, in realtà, dall'esercito piemontese, attraverso le vicende della guerra civile, e tacendo la circostanza che le popolazioni del sud, salvo una minoranza di latifondisti ed intellettuali, non avevano nessuna voglia di essere "liberate" e anzi reagirono violentemente contro coloro i quali, a ragione, erano considerati invasori. Per contro si diede della deposta monarchia dei Borbone delle Due Sicilie un'immagine traviata e distorta, e del '700 e '800 napoletano la visione, bugiarda, di un periodo sinistro d'oppressione e miseria dal quale le genti del sud si emanciperanno, finalmente, con l'unità, liberate dai garibaldini e dai piemontesi dalla schiavitù dello "straniero". Nel 1860, prima dell’invasione piemontese, il real Liceo di Salerno aveva le seguenti Cattedre: fìsica chimica e farmacia, istoria naturale, anatomia e fisiogia, patologia generale e medicina legale, medicina pratica e clinica medica, chirurgia teoretica, ostetricia e operazioni. Inoltre aveva un gabinetto di mineralogia, di fisica e di chimica. Poco dopo l'unità d'Italia, esattamente nel 1865, il Real Liceo con le sue cattedre viene soppresso, diventando il Liceo-Ginnasio "Torquato Tasso". Questo episodio suscitò l’indignazione dei studenti salernitani che riuniti in un comitato protestarono contro Vittorio Emanuele per chiedere la riapertura delle cattedre, ma senza esito. Bisognerà attendere circa un secolo per veder risorgere un ateneo a Salerno e solo nel 2006, infine, per riavere la Facoltà di Medicina e Chirurgia. Lo scandalo di Salerno si concluse con la sola rimozione del Bardesono che fu sostituito dal nuovo prefetto Decoroso, affinchè questo, si legge negli atti della provincia di Salerno, “facesse quanto occorre presso il governo per correggere un esempio cosi riprorevole di pubblica immoralità e di tradita fiducia, sostenuto in prima linea dal conte cesare Bradesono, giacche se un prefetto è potente non è certo onnopotente”. Le responsabilità dell’appltatore Giordano, invece inspegabilmente, risultarono non molto gravi tanto che gli fu rinnovato l’appalto, pur essendo state fatte da altri appaltatori offerte piu vantaggiose, e fu elevato il prezzo da 17.000 a 21.000 lire per chilometro ancora da costruire. Al di la delle vicende giudiziarie e di corruzzione, che rimangono purtoppo immutate fino ai giorni nostri, è interessante sottolineare come questi eventi rappresentavano l’occasione per denunciare l’abbandono in cui era lasciato il meridione, soprattutto nell’ambiente politico salernitano ad opera di Giovanni Nicotera, il quale, commemorando la Spedizione di Sapri a Salerno nel primo anniversario (4 luglio 1875), disse: “Penso non essere né giusto, né possibile che una parte di questa Italia perduri in condizioni economiche poco dissimili da quelle in cui si trovava prima di entrare a far parte della grande famiglia italiana; e per spiegarmi più chiaramente dirò che queste province meridionali hanno diritto di avere nel più breve tempo possibile quei facili mezzi di comunicazione, di cui da un pezzo sono fornite le altre province del Regno”. Le strade, dirà a sua volta un altro consigliere provinciale di opposizione, Luciano Saulle di Pisciotta, “sono questione di lavoro e di sicurezza; le doglianze sono immense e se il brigantaggio non è ancora finito, colle strade finirebbe. Evvi emigrazione continua dalla provincia per l’America a cagione dello scarso lavoro ... e invece, principiando nuove strade e riprendendo quelle sospese, il proletariato troverà lavoro, il proprietario vantaggerà i suoi prodotti. E son già sei anni che tanti desideri e tante speranze vengono deluse”. Effettivamente, dopo sei anni da che era stata fatta l’Italia, nonostante leggi e circolari, si era al punto di prima se non addirittura peggio: negligenza, illeciti amministrativi, soprusi, si perpetravano a discapito delle zone più depresse. In sei anni era stato ultimato solo il tratto Sarno-Foce, pochi chilometri in pianura nella parte settentrionale della provincia, e non compresi nel programma del ‘61, mentre nel Cilento tutto languiva, fatta eccezione per pochi tratti. |
Voglio essere 'sindaco per Napoli' perché come napoletano non posso permettere che la mia città, la nostra città, sia inghiottita dalla rassegnazione rispetto a tutte le sue problematiche, perché non possono permettere che prevalga la triste coscienza che niente possa cambiare e,soprattutto, migliorare. Luigi de Magistris |
Non ci sono parole, una legge inimmaginabile: questi si occupavano di estendere il diritto di cittadinanza a stranieri che avessero reso o che “renderanno” importanti benefici allo Stato; a stranieri che “introdurranno” nello Stato “dei talenti distinti, delle invenzioni, industrie utili”; a stranieri che avessero acquistato “beni immobili” nello Stato; a stranieri che avevano la residenza da 10 anni e dimostrassero avere “onesti mezzi di sussistenza”; a stranieri residenti da 5 anni che avessero “sposato una nazionale”!!! (alla faccia ‘e sti quatt’ cape ‘e puorc ra Lega Nord e governanti). Con decreto, poi, n. 10406 datato Napoli, 19 ottobre 1846, avente ad oggetto “Decreto circa la naturalizzazione degl’individui nati nel Regno da genitori stranieri”, Ferdinando II stabiliva: L’attuale legge italiana per l’acquisto della cittadinanza per “nascita e residenza” stabilisce due criteri fondamentali inderogabili: E. Gemminni fonte: http://www.ilfrizzo.it/Luceriae0957.htm |
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L'AFORISMA
Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.
Italo Calvino, da “Le città invisibili”
LA RICETTA
Paccheri Al Regno delle Due Sicilie
Paccheri di Gragnano ripieni di ricotta di pecora e Gamberetti di Mazzara su ragout di pomodorini del Vesuvio e salsa di Gamberi
vedi la ricetta in dettaglio
LA POESIA
"E ' a Riggina! Signò! … Quant'era bella! E che core teneva! E che maniere! Mo na bona parola 'a sentinella, mo na strignuta 'e mana a l'artigliere… Steva sempre cu nui! … Muntava nsella Currenno e ncuraggianno, juorne e sere, mo ccà, mo llà … V''o ggiuro nnanz' 'e sante! Nn'èramo nnammurate tuttequante! Cu chillo cappellino 'a cacciatora, vui qua' Riggina! Chella era na Fata! E t'era buonaùrio e t'era sora, quanno cchiù scassiava 'a cannunata!… Era capace 'e se fermà pe n'ora, e dispenzava buglie 'e ciucculata… Ire ferito? E t'asciuttava 'a faccia… Cadiva muorto? Te teneva 'mbraccia…".
(tratto da O' surdato 'e Gaeta di Ferdinando Russo)
PER RIDERE UN PO
Cavour è un tale che muore dal freddo piuttosto che dividere il fuoco con gli altri (G.Garibaldi)
LA FOTO
LIBRI IN VETRINA
Il Sud e l'unità d'Italia
Giuseppe Ressa
Centro Cult. e di Studi Storici
Brigantino-Il Portale del Sud, 2009
Scarica la versione in pdf
Terroni
Tutto quello che è stato fatto
perchè gli italiani del sud
diventassero meridionali
Pino Aprile
Piemme, 2010
La Rivoluzione Meridonale
Guido Dorso
Edizioni Palomar, 2005
Fuoco del Sud
Lino Patruno
Rubbettino Editore, 2011
I VIDEO DALLA RETE
INNO DELLE DUE SICILIE
(Giovanni Paisiello 1787)
IL MERIDIONALISMO E IL SUO PROFETA
(Nicola Zitara a Mizar-TG2)
I PRIMATI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE
(sotto la dinastia Borbone dal 1734 al 1860)
CARO NORD
(liberamente tratto dall'omonima lettera di Giuseppe Quartucci)
LINGUE E DIALETTI MERIDIONALI
Wikipedia Napoletano
Wikipedia Siciliano
SEGNALATECI INIZIATIVE DI RECUPERO E VALORIZZAZIONE DELLE LINGUE E DEI DIALETTI MERIDIONALI ALL'INDIRIZZO: lecittadelsud@libero.it
CAMPAGNE E INIZIATIVE DAL WEB
LE PETIZIONI
SEGNALA LA REGGIA DI CARDITELLO COME LUOGO DEL CUORE
SEGNALA IL PARCO FLUVIALE DELL'IRNO COME LUOGO DEL CUORE
L''ecomostro in costruzione nel cuore di Salerno
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L'uso criminoso dei NOSTRI soldi per avvelenare le NOSTRE FAMIGLIE deve finire.
HANNO DETTO SUL MERIDIONE
Il governo piemontese si vendica mettendo tutto a ferro e fuoco. Raccolti incendiati, provvigioni annientate, case demolite, mandrie sgozzate in massa. I piemontesi adoperano tutti i mezzi più orribili per togliere ogni risorsa al nemico, e finalmente arrivarono le fucilazioni! Si fucilarono senza distinzione i pacifici abitatori delle campagne, le donne e fino i fanciulli
L’ Osservatore Romano (1863)
Il Piemonte si è avventato sul regno di Napoli, che non voleva essere assorbito da quell'unità che avrebbe fatto scomparire la sua differenza etnica, le tradizioni e il carattere. Napoli è da sette interi anni un paese invaso, i cui abitanti sono alla mercè dei loro padroni. L’immoralità dell’amministrazione ha distrutto tutto, la prosperità del passato, la ricchezza del presente e le risorse del futuro. Si è pagato la camorra come i plebisciti, le elezioni come i comitati e gli agenti rivoluzionari
Pietro Calà Ulloa (1868)
Sorsero bande armate, che fan la guerra per la causa della legittimità; guerra di buon diritto perché si fa contro un oppressore che viene gratuitamente a metterci una catena di servaggio. I piemontesi incendiarono non una, non cento case, ma interi paesi, lasciando migliaia di famiglie nell’orrore e nella desolazione; fucilarono impunemente chiunque venne nelle loro mani, non risparmiando vecchi e fanciulli
Giacinto De Sivo (1868)
L’unità d’Italia è stata purtroppo la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico sano e profittevole. L’ unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse lo stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che in quelle meridionali
Giustino Fortunato (1899)
Sull’unità d´Italia il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata, è caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone
Gaetano Salvemini (1900)
Le monete degli stati pre-unitari al momento dell’annessione ammontavano a 668,4 milioni così ripartiti:
Regno delle DueSicilie 443,2, Lombardia 8,1, Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, Roma 35,3, Romagna,Marche e Umbria 55,3, Sardegna 27,0, Toscana 85,2, Venezia 12,7
FrancescoSaverio Nitti (1903)
Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l´Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti
Antonio Gramsci (1920)
Prima di occuparci della mafia dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita, in Sicilia. La mafia nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia
Rocco Chinnici (1983)
L’ufficio dello stato maggiore dell’esercito italiano è l’armadio nel quale l’unificazione tiene sotto chiave il proprio fetore storico: quello dei massacri, delle profanazioni e dei furti sacrileghi, degli incendi, delle torture, delle confische abusive, delle collusioni con la sua camorra, degli stupri, delle giustizie sommarie, delle prebende e dei privilegi dispensati a traditori, assassini e prostitute
Angelo Manna (1991)
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